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Autore: _Agrifoglio_    14/02/2019    17 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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L’ombra dell’ambiguità
 
Nei giorni che seguirono alla cooptazione di Oscar, André e Girodel nel Consiglio di Reggenza, la situazione, sia alla reggia sia nella capitale, divenne instabile ed effervescente.
Alla reggia, soltanto Madame Élisabeth era stata contenta della composizione del Consiglio di Reggenza mentre il Conte di Provenza e il Conte di Artois – in particolar modo il secondo che, dei due, era quello con le idee più reazionarie – non avevano gradito che Oscar, Girodel e soprattutto André, pur essendo del tutto privi di sangue reale, ne facessero parte. La presenza del Duca d’Orléans, poi, aveva scontentato tutti, ma Maria Antonietta, pur detestandolo, in considerazione della stretta parentela che lo legava al Re, era stata costretta a invitarlo e quello non se lo era fatto ripetere due volte.
– E’ davvero un’ironia della sorte che, dopo tutto quello che il Duca d’Orléans ha fatto alla famiglia reale e a noi, adesso, dovremo sedere tutti intorno a uno stesso tavolo! – aveva commentato André, al culmine dell’incredulità.
– Forse, non tutto il male viene per nuocere – gli aveva risposto Oscar, sorridendogli divertita – Bisogna tenersi stretti gli amici e ancora di più i nemici. Lavorandoci gomito a gomito, avremo più possibilità di tenerlo d’occhio, di studiarne i comportamenti e di intuirne le mosse.
– E lo stesso farà lui con noi….
– Noi, però, a differenza di lui, non abbiamo scheletri nell’armadio.
Negli ambienti rivoluzionari e in quelli dell’Assemblea Nazionale, invece, Bernard Châtelet, dietro suggerimento di Oscar e di André e nel tentativo di mettere pace, aveva diffuso la notizia che la Reggente aveva accondisceso a promulgare la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino e a creare una commissione con l’incarico di redigere la Costituzione. La notizia aveva scontentato i componenti delle frange più estremiste, fra cui Saint Just e Théroigne de Méricourt, che avrebbero preferito arrivare a quel risultato a seguito di una lotta armata e non per gentile concessione di Maria Antonietta. La promessa spontanea di una Costituzione da parte di un Sovrano che non era stato messo con le spalle al muro a loro neanche sembrava un traguardo. Robespierre, in tutto ciò, osservava e taceva.
Il popolo, in quei giorni, era felicissimo e ciò riempiva di frustrazione Saint Just e Théroigne de Méricourt. La notizia della prossima emanazione della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino e dell’inizio dei lavori dell’Assemblea Costituente aveva riempito tutti di giubilo, come se bastasse la proclamazione di qualche principio, necessariamente formulato in modo generale e astratto, a riportare il mondo a una leggendaria età dell’oro. Oltre a quel motivo, ce ne era uno molto più concreto e immediato che aveva scatenato la gioia dei francesi: André aveva deciso di devolvere la metà del suo raccolto di grano per sfamare la popolazione e l’esempio di lui era subito stato seguito dal Generale de Jarjayes e dalla famiglia de Saint Quentin. In breve, tutti i proprietari terrieri della Francia del nord avevano imitato i loro illustri concittadini e, poiché, negli ambienti che contavano, sembrava che, se uno non devolveva metà del suo grano, non era nessuno, la famiglia dei Marchesi d’Amiens si era dovuta adeguare e ciò aveva accresciuto l’acredine della taccagna Marchesa nei confronti di André, reo di averla costretta a privarsi del suo prezioso frumento oltre che di avere sdegnato quella perla della figlia. Ai donanti si aggiunsero il vecchio Conte de Girodel, vittima di un raro accesso di generosità, la Principessa di Lamballe e tanti altri nobili della capitale e del regno. Ben presto, anche i ricchi borghesi, che volevano sempre imitare gli aristocratici in tutto, fecero altrettanto e tutte queste elargizioni compressero il prezzo del grano. Fu così che all’ampia schiera dei nemici di André si aggiunsero gli speculatori.
Non senza fatica, Oscar, André e Girodel convinsero Maria Antonietta ad avviare una riforma del sistema tributario che sarebbe stato nazionalizzato e dell’ordine giudiziario, da affidare a Magistrati professionisti e imparziali. I titoli nobiliari sarebbero stati conservati, ma i feudi si sarebbero trasformati in proprietà private e le corvées gratuite non sarebbero più state ammesse.
Tutto questo fermento attirò l’attenzione del Conte di Mirabeau, un singolare aristocratico dalla vita dissoluta e dalle idee illuminate, che si era fatto eleggere fra i rappresentanti del terzo stato e che era parte attiva dell’Assemblea Nazionale. Mirabeau, auspicando la fine dell’assolutismo, l’eliminazione di quel che restava del feudalesimo e l’instaurazione di una monarchia costituzionale e, allo steso tempo, paventando lo scoppio di una sanguinosa ribellione popolare, aveva deciso di accostarsi alla Reggente e, soprattutto, al Consiglio di Reggenza per tentare una mediazione.
– Tutto ciò è fuori questione! – tuonò Maria Antonietta – Non perdono a quell’uomo di essersi fatto eleggere fra i rappresentanti del terzo stato e di avere disapprovato la mia Reggenza! Mai un debosciato troverà posto nel mio Consiglio di Reggenza!
– Maestà – replicò Oscar – Non bisogna sottovalutare il ruolo di mediazione che potrebbe svolgere quell’uomo. Ogni passo falso ci precipiterà di nuovo nell’incertezza.
– L’unica cosa incerta, qui, è se in quell’uomo prevalga la bruttezza o la depravazione!
– L’unica cosa auspicabile – disse Oscar con decisione – è che, in questi momenti difficili, in Voi prevalgano lucidità e buon senso!
I Conti di Provenza e di Artois, pur conoscendo Oscar da molti anni, furono stupiti da tanto ardire e il Duca d’Orléans ne approfittò per seminare zizzania:
– Tutto ciò è inaudito! La Regina Maria Antonietta ha il sacrosanto diritto di scegliersi i collaboratori senza dovere rendere conto ai suoi nobili e scartare un libertino dissoluto mi sembra una posizione condivisibile! Generale de Jarjayes, il Vostro contegno è inqualificabile!
– Cara Sorella – intervenne Madame Élisabeth – Siedo in questo Consiglio per motivi di parentela e sono l’ultima a potere parlare, essendo del tutto digiuna di politica, ma credo che, nelle questioni di Stato, occorra scindere fra abilità e moralità. Il Generale de Jarjayes è sempre stata uno dei Vostri servitori più devoti e i modi schietti che ha lo dimostrano. Se Vi ha consigliato di ascoltare il Conte di Mirabeau, malgrado la vita dissoluta che egli ha sempre condotto, lo ha fatto a ragion veduta.
Maria Antonietta, fidandosi di Oscar e della cognata più di chiunque altro ed essendosi insospettita per l’inattesa sponda offertale dal Duca d’Orléans, dopo qualche istante di silenzio, disse:
– Sia come volete Voi – e, subito dopo, con aria sprezzante, aggiunse – Che il Conte di Mirabeau sia convocato alla prossima adunanza del Consiglio di Reggenza.
 
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Testa enorme, capigliatura leonina, volto sfigurato dal vaiolo, denti irregolari, corpo deformato dall’obesità e andatura claudicante a causa di un piede storto, il Conte di Mirabeau si imponeva al mondo con una bruttezza grandiosa e folgorante. Figlio primogenito di un Marchese che lo disapprovava in tutto, era reduce da un matrimonio male assortito e da alcune relazioni burrascose, una delle quali gli era valsa una condanna a morte in contumacia e diversi anni di prigionia nel castello di Vincennes. Perennemente al verde a causa dei debiti contratti, fra un imprigionamento e l’altro, aveva scritto diversi libelli polemici e alcuni capolavori letterari, finché l’inizio degli Stati Generali non gli aveva dato la possibilità di uscire dal cono d’ombra di una vita disordinata e di emergere, facendo conoscere al mondo le sue idee illuministe.
– Avete chiesto udienza, Conte – disse Maria Antonietta, con una freddezza che mal celava l’ostilità verso di lui – Dunque, parlate.
Gli occhietti inespressivi del Conte, persi in un volto enorme e flaccido, non tradirono la minima emozione.
Voi mi disprezzate come un vile debosciato mentre io Vi stimo, perché siete l’unico uomo di Casa Borbone – pensò il politico, ma l’unica cosa che disse, con voce calma e per nulla incrinata dal dispetto, fu:
– Vi ringrazio, Maestà, per l’onore che mi fate nel ricevermi.
– Passiamo al dunque – tagliò corto Maria Antonietta, per nulla rabbonita dalla frase di cortesia – Siete qui per illustrarci il Vostro piano di salvataggio. Ebbene, illuminateci.
– Grazie di avermi concesso la parola, Maestà – disse Mirabeau, senza scomporsi – Approvazione della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, formazione di una Commissione Costituente, trasformazione dei feudi in proprietà private, riforma del sistema giudiziario e dell’apparato tributario, sono tutte cose che vanno nella giusta direzione, ma che sono insufficienti. Occorre attribuire il potere legislativo all’Assemblea Nazionale, realizzare la tripartizione dei poteri e nazionalizzare i beni della Chiesa.
– ScordateVelo! – sbottò Maria Antonietta – Finché avrò vita, la Chiesa non sarà toccata!
– Sulla nazionalizzazione dei beni ecclesiastici si può anche soprassedere – disse Mirabeau mentre un lampo di soddisfazione gli brillò negli occhietti furbi – Ma la separazione dei poteri è improcrastinabile.
Il Conte di Mirabeau, da vecchia volpe, conoscendo il pensiero di Maria Antonietta sulla religione, l’aveva scandalizzata, proponendo di spogliare la Chiesa dei beni temporali, per, poi, retrocedere sul punto e indurre lei a fare delle concessioni sul resto.
– Parlate della separazione dei poteri con l’anima di Montesquieu o con chi volete, ma non con me! – rispose, stizzita, la Regina – Soltanto il Re può legiferare, perché Dio glielo ha accordato e anche i nuovi Magistrati, per quanto indipendenti, faranno sempre capo al Re.
– Questa è una contraddizione in termini, Maestà. Nessun Giudice può essere indipendente e, allo stesso tempo, fare capo al Re.
– Tutti fanno capo al Re, Voi compreso, Conte.
– Maestà, la separazione dei poteri e tutte le altre riforme non arriveranno domani – disse Mirabeau, con assoluta padronanza di sé – ma Voi dovete avviarle, se non volete che qualcuno, alla fine, Ve le imponga.
– Ma come osate? Chi dovrebbe impormi cosa?! – ringhiò Maria Antonietta, ma subito si contenne, avendo colto lo sguardo accorato e, allo stesso tempo, fermo di Oscar.
– Nessuno vuole imporre alcunché alla Maestà Vostra…. – replicò Mirabeau con voce calma e, dentro di sé, trionfando – …. Nessuno in questa sala….
– La seduta è tolta, sarete riconvocati in data da stabilirsi – disse Maria Antonietta con tono asciutto e, alzandosi di scatto dalla sedia, si allontanò con passo lesto.
Gli altri presenti, che si erano alzati subito dopo la Regina, si avviarono verso l’uscita, quando Mirabeau si avvicinò a Oscar, André e Girodel e li salutò cortesemente.
– Le Vostre proposte sono, a dir poco, ardite, Conte – disse Girodel a Mirabeau.
– Me ne rendo conto, ma a me osare piace. La vita è stata avara con l’aspetto fisico, ma mi ha concesso intelletto e ardimento a compensazione. Non temete – aggiunse, poi, con un sorrisetto malizioso – Non Vi tedierò con la storia del brutto di talento. Le mie proposte sono ardite, ma la migliore non l’ho ancora formulata.
– E sarebbe? – domandò Oscar, combattuta fra l’ammirazione per l’intelligenza di quell’uomo e la diffidenza suscitata dal modo di fare di lui, poco schietto e agli antipodi da quello istintivo e diretto di lei.
– Offrire l’incarico di Ministro Guardasigilli a Maximilien de Robespierre.
– Voi scherzate! – esclamò Oscar – La Regina non accetterà mai! Quell’uomo è uno degli oppositori più accesi di tutto ciò che ella rappresenta!
– Quell’uomo è un estremista – aggiunse André, ben memore delle parole che Robespierre aveva pronunciato nella fortezza dove era imprigionata Oscar e che lui aveva udito con apprensione mista a terrore e a raccapriccio – Voi non l’avete udito parlare!
– Siete in errore, Conte di Lille. L’ho udito e anche molto bene. E’ un idealista puro e agli ideali egli sottomette tutto. L’idea che ha della giustizia non è mitigata dalla misericordia né dal buon senso. Occorre evitare che gli estremisti prevalgano e, per farlo, bisogna creare una spaccatura nel loro fronte. Robespierre Ministro sarebbe affiancato da uomini di Stato fra i quali potreste figurare pure Voi. Come credete che reagirebbe Saint Just, vedendo che Robespierre è diventato Ministro mentre a lui non sono stati affidati incarichi? Li divideremmo, li metteremmo su due fronti opposti. Mai avrei potuto proporre una cosa del genere a Luigi XVI che era un uomo specchiato e aveva un’idea tutta sua del buon governo.
– Mentre noi siamo dei filibustieri…. – ironizzò Girodel.
– Non mettetemi in bocca cose che non ho mai detto, Colonnello – rispose Mirabeau, senza tradire il minimo imbarazzo – E’ innegabile, però, che non si può fare politica senza inzaccherarsi un poco e queste cose alcune persone le capiscono meglio di altre.
– Non potete affidare un incarico tanto delicato a un uomo così esaltato! Esaltato, poi, non è sinonimo di sciocco: si renderà conto che l’offerta è una trappola. Giuro che non Vi capisco, Conte! – esclamò Oscar.
– Ci sono abituato, Generale – rispose Mirabeau, senza perdere il controllo di sé – Mettete un estremista in un posto di rilievo…. Ho detto di rilievo e non di potere, perché il potere è quello che si può esercitare in concreto e noi staremo bene attenti a fargliene esercitare il meno possibile…. Ho detto, mettete un estremista in un posto di rilievo: quanto credete che impiegherà ad alienarsi il popolo con le sue idee poco allineate e con le sue stranezze? E alcune delle idee di Robespierre sono davvero aberranti, Ve lo garantisco…. Fategliele esprimere in un contesto dove è costantemente tenuto d’occhio e arginato e lo neutralizzeremo. Diversamente, saranno lacrime e sangue….
– Perdonate la franchezza, ma ragionate da avventato, Conte – proruppe Girodel, con voce secca.
– Al contrario, Colonnello, sono guardingo e ho studiato la storia e la storia insegna che, quando un uomo molto sicuro di sé, ma estraneo agli ambienti di comando, incontra il potere, questo incontro non è mai privo di conseguenze. Quanto ci hanno impiegato Oliver Cromwell, Masaniello e Cola di Rienzo a tirare fuori il loro lato tirannico, megalomane, istrionico e pretenzioso, una volta annusata una parvenza di potere?
– Questo è un caso diverso, Conte – disse Oscar, perplessa – Robespierre ha la fama di essere un incorruttibile e chi lo conosce dice che ha uno stile di vita molto morigerato e dei gusti estremamente parchi.
– Sono i peggiori, Generale. Gli incorruttibili, gli integerrimi e gli idealisti sono quelli che più degli altri perdono il contatto con la realtà…. Non sono soltanto le ricchezze e i piaceri a sedurre l’uomo…. L’illusione del potere esalta le debolezze umane, le porta allo scoperto e ognuno reagisce e si perde in base al lato più sensibile di sé. FidateVi di chi conosce bene la natura umana, purtroppo….
 
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Oscar e André stavano uscendo dalla Cappella Palatina di San Luigi IX, dopo avere presenziato alla funzione mattutina del venticinque agosto, celebrata in commemorazione della festa di San Luigi. Era una giornata calda, ma non umida e, poiché erano soltanto le dieci del mattino, stare all’aperto era piacevole. Oscar, che si era svegliata con un capogiro e un senso di nausea, era piuttosto stanca, ma per nulla intenzionata a darlo a vedere. I pensieri che le ingombravano la mente erano, però, più insistenti e fastidiosi del malessere fisico e, una volta fuori della chiesa, ne fece partecipe il marito.
– André, sono combattuta. Il Conte di Mirabeau è un uomo molto intelligente e un politico capace, ma ciò che propone non è corretto. Vuole tendere una trappola a Robespierre per bruciarlo politicamente e creare una spaccatura fra lui e Saint Just, la qual cosa, oltre a non entusiasmarmi, mi preoccupa non poco. Se si accorgessero del tranello, reagirebbero violentemente.
– In politica, quasi nulla è onesto e trasparente. Si dice che il fine giustifica i mezzi….
– Lo stratega che è in me plaude a questa trovata anche se il soldato è abituato ad affrontare gli avversari a viso aperto. La mia coscienza, invece, aborrisce la prospettiva di avallare comportamenti scorretti.
– Normalmente, sarei d’accordo con te, Oscar, ma quegli uomini sono pericolosissimi e nessun accorgimento finalizzato a renderli inoffensivi sarà mai troppo scorretto. Sono in ballo questioni delicate e non di puro principio. La cosa principale, a questo punto, è scongiurare che la Francia cada in balia della guerra civile e della violenza. Da un lato, abbiamo degli esaltati scollegati dalla realtà e, dall’altro, una Regina politicamente impreparata, orgogliosa e altrettanto distante dalla vita di tutti i giorni, seppure per motivi diversi. Fra questi due estremi, c’è un intero popolo e noi dobbiamo sforzarci di fare prevalere la ragione e il buon senso.
– Già….
– Ho udito Robespierre e Saint Just parlare fra loro, quando entrai nella fortezza dove eri tenuta prigioniera. Saint Just proponeva di farti a pezzi per incitare il popolo alla rivolta e Robespierre ascoltava senza battere ciglio.
– Sono pericolosi, André. E’ stato Saint Just a uccidere quegli uomini e ad attentare alla vita di mio padre e del Generale de Bouillé. L’ho capito quando ho visto che aveva il naso rotto e che zoppicava. E’ stato facile, a quel punto, ricollegare quei traumi fisici al pugno assestatogli da mio padre e alla caduta di Saint Just dalla carrozza in corsa.
– E tu ti fai degli scrupoli morali, Oscar?
– André, devo dirti una cosa importante – disse Oscar, cambiando bruscamente argomento.
Stava iniziando a parlare, quando una voce ben conosciuta, squillante e cristallina, da dietro, la chiamò.
– Madame Oscar, che piacere!
Oscar si voltò e vide Diane al braccio del fratello. Era vestita con un fresco abito di mussola, da lei stessa cucito, con fiori rossi su fondo color crema. Un nastro rosso chiudeva il corpetto increspato e altri due nastri dello stesso colore fermavano le maniche all’altezza del gomito, prima delle cadute in pizzo. Un quarto nastro rosso le spuntava fra i capelli ondulati, raccolti in un alto chignon e ricadenti in qualche boccolo. Alain, per l’occasione, aveva indossato la sua divisa di gala che teneva eccezionalmente abbottonata. Oscar si domandò, divertita, quanto gli fosse costato separarsi dal suo beneamato fazzoletto rosso.
Quando la ragazza vide che, accanto a Oscar, c’era anche André, ebbe un sussulto e un lieve rossore le imporporò le gote, ma si riebbe subito. Fu un attimo, sufficiente, però, a destare l’attenzione di André che, per non acuire l’imbarazzo della giovane, salutò cortesemente i due fratelli e, subito dopo, si allontanò dal gruppo, con la scusa di andare a salutare il Colonnello de Girodel e il Conte di Fersen che passavano provvidenzialmente di là.
La scena, sebbene durata pochi secondi, fu colta dai perspicaci e malevoli occhi della Contessa di Polignac.
Diane, subito ripresasi, iniziò a dare sfogo al proprio entusiasmo giovanile.
– Siamo arrivati ieri mattina e la Regina ci ha fatti sistemare in una dépendance del Petit Trianon. Una dama di corte ci ha fatto visitare tutto il complesso: il teatro, il borgo agreste, il mulino, i boschi, i giardini…. C’erano fiori e piante bellissimi, di specie che io neanche sapevo esistessero e, poi, c’erano gli animali da cortile, dei puledri con le loro madri, un’intera famiglia di asini, le scrofe con i porcellini, le caprette, gli agnellini…. Oh, e, poi, c’erano anche i fagiani e i pavoni! Uhh! – esclamò, a un certo punto, la ragazza – Ma c’è un pavone pure qui!!
A forza di camminare, il gruppo era, infatti, giunto nei giardini della reggia e uno splendido esemplare di pavone reale era spuntato da dietro un cespuglio e si stava allontanando con la sua andatura lenta ed elegante.
– Oh! Voglio seguirlo! Se sarò fortunata, vedrò anche i cigni imperiali!
Alain, che aveva accompagnato la sorella a Versailles per non farla andare da sola nella tentacolare e peccaminosa reggia, si mosse per seguirla, ma fu bloccato da un infuocato sguardo di Oscar. In tal modo, la giovane Diane ottenne qualche minuto di respiro e volò via come una cutrettola, alla scoperta di quel mondo meraviglioso e incantato.
Dopo che la ragazza fu sparita dietro gli alberi, André, il Colonnello de Girodel e il Conte di Fersen si unirono a Oscar e ad Alain e il gruppo iniziò a camminare per i giardini.
Tutt’intorno, aleggiava calma e serenità, finché Alain non vide, con la coda dell’occhio, un Tenente delle Guardie Reali. Fu questione di pochi istanti e l’uomo, da tranquillo che era, fu invaso da un’irrefrenabile furia e, mutata radicalmente espressione, con uno scatto felino e lo sguardo da pazzo, si avventò sul nuovo arrivato, afferrandolo per la giubba e assestandogli un violento pugno sul naso.
– Disgraziato! Delinquente! Vigliacco! Degenerato! Sei bravo a far soffrire le ragazzine! Misurati con me, se hai coraggio!
Il poveretto si rialzò da terra, usando la mano sinistra come leva e la destra per tamponarsi il naso sanguinante. Ancora intontito per il pugno e spaventato dall’aggressione improvvisa, si guardò intorno come un ubriaco, finché non riconobbe i lineamenti di Alain e capì.
– Alain, ma sei impazzito! – tuonò Oscar, allibita come tutti gli altri – Aggredire così, senza ragione, un Ufficiale delle Guardie Reali! Ti rendi conto che dovrò farti rapporto?!
André, Girodel e Fersen guardavano la scena ammutoliti mentre un gruppetto di Guardie Reali comandato dal Capitano de Valmy, attirato dalla colluttazione, si precipitò sul posto.
– Senza ragione un accidenti! – sbottò Alain mentre le Guardie Reali accorse soccorrevano il ferito e mettevano lui sotto tiro coi fucili – Questo verme schifoso è Tristan de Montmorency, il bastardo che ha spezzato il cuore a Diane!
Il ferito abbassò lo sguardo e assunse un’espressione contrita mentre Alain proseguiva a inveire:
– Eh, già, tanti progetti per il futuro, tante parole d’amore e, poi, è bastata la prima ragazzotta piena di soldi per fargli mandare in soffitta la mia sorellina, bella e onesta, ma senza un soldo di dote!
I presenti cominciarono a comprendere l’accaduto mentre Alain continuava a gesticolare, a lanciare sguardi di fuoco e a sputare veleno contro la vittima della sua violenza.
A un certo punto, Tristan de Montmorency, con voce pacata, ma decisa, pose fine al monologo di Alain, prendendo la parola:
– Comandante, Colonnello, Capitano e Voi, Signori tutti, mi sia concessa la possibilità di parlare a mia parziale discolpa.
Dopo che Oscar, Girodel e Valmy ebbero annuito, egli continuò:
– La mia condotta non è stata esente da colpe, ma non sono un mostro! Innanzitutto, io sono celibe, non ho moglie, non ho mai contratto matrimonio….
– Ma come?! – ringhiò Alain – Raccontatele a un altro le vostre stupidaggini!!
– Guardate il mio anulare – disse l’altro, mostrando simultaneamente la mano sinistra – Vi sembra che ci sia una fede nuziale?
Tutti guardarono, constatando che l’anulare sinistro del Tenente era vuoto.
– Vostra sorella è una persona pesante, soldato de Soisson! – continuò Tristan de Montmorency, con voce esasperata – E’ strana, piena di problemi, con migliaia di fantasmi che le si agitano nella testa! Stando con lei, avevo la terribile sensazione di camminare sull’orlo di un baratro e di guardare il fondo di un abisso!!
Alain trasecolò, come se fosse stato raggiunto da una secchiata d’acqua gelata. Ebbe, semplicemente, la forza di mormorare:
– Vi siete parlati soltanto in presenza di mia madre e, in tutte le occasioni, il comportamento di Diane è stato ineccepibile….
– Siete in errore, soldato de Soisson, ci siamo frequentati molte volte, di nascosto da Voi e da Vostra madre….
All’udire quelle parole, Alain ebbe un sussulto e si slanciò, istintivamente, verso il Tenente e gli si sarebbe avventato addosso una seconda volta se i militari non lo avessero tenuto sotto tiro.
– Castamente – si affrettò a precisare l’altro per togliere Alain dalla graticola sulla quale arrostiva – Castamente, ma ci siamo frequentati. Quando Voi eravate in caserma e Vostra madre era fuori casa, noi ci incontravamo, facevamo una passeggiata, andavamo a bere un caffè o una cioccolata oppure la conducevo a casa dai miei genitori. Mi fidanzai con lei quasi subito, d’impulso, conquistato dalla bellezza e dalla dolcezza di Vostra sorella e dall’aria seria e innocente che aveva. Molto presto, però, mi accorsi di essere stato precipitoso…. Vostra sorella crea drammi dal nulla, soldato…. Tutta la vita di lei è un immenso melodramma…. Vedeva un cagnolino per strada e cominciava a versare lacrime sull’animale abbandonato, anche se quello era pulito, ben pasciuto, portava il collare e aveva delle persone che lo seguivano a pochi passi di distanza…. Vedeva un gattino su un ramo e iniziava a prefigurarselo a terra, in un lago di sangue, con le zampe rotte, condannato a una lunga e straziante agonia per inedia, perché nessuno lo avrebbe soccorso…. Peccato che, magari, poi, il ramo era basso e che i gatti sono gli animali più agili del mondo…. Una mattina, mia madre iniziò a tossire e Diane disse che poteva trattarsi soltanto di cancro ai polmoni o di un principio di polmonite, se proprio fosse stata fortunata…. Neanche Vi descriverò la costernazione di mia madre…. Sosteneva che i nostri figli sarebbero dovuti vivere chiusi in casa, per evitare il contagio delle malattie e la violenza dei coetanei…. Oh! E la fine del mondo era naturalmente alle porte…. Dopo avere ascoltato una predica in chiesa, le sembrava di riconoscere l’anticristo in ogni essere umano di sesso maschile che avesse le sopracciglia arcuate e i lineamenti affilati…. Vi giuro che stare con lei era diventato, per me, fonte crescente di angoscia e di macerazione…. Se dovevo incontrarla, la notte prima, avevo gli incubi oppure non riuscivo a prendere sonno e l’ansia si impadroniva di me…. Giunto alla vigilia delle nozze, non sapendo come cavarmi d’impaccio, inventai di avere trovato un’altra fidanzata…. Pensavo che, in tal modo, Diane avrebbe iniziato a odiarmi e mi avrebbe dimenticato più in fretta…. Non potevo immaginare che…. – tacque per delicatezza, allo scopo di non fare sapere a tutti che la giovane de Soisson aveva tentato il suicidio.
Alain ascoltava quelle parole inebetito e altrettanto sbalorditi erano gli altri presenti.
– Avrei dovuto essere più franco e non ricorrere all’inganno, ma, al momento, mi sentivo in trappola e non mi vennero idee migliori….
– Dobbiamo metterlo ai ferri? – domandò il Capitano de Valmy a Oscar, riferendosi ad Alain.
– Non intendo sporgere querela – disse Tristan de Montmorency.
– Lasciatelo libero – rispose Oscar.
Ad alcuni metri di distanza, nascosta dietro un albero, Diane, che era tornata indietro per riferire, tutta entusiasta, di avere visto alcuni cigni nuotare coi loro pulcini sul dorso, aveva assistito all’intera scena e piangeva calde lacrime.
 
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Il giorno seguente, il ventisei agosto, tutta Parigi esultava per la promulgazione della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino mentre, a Palazzo Jarjayes, si festeggiava il trentacinquesimo compleanno di André.
Per l’occasione, Oscar aveva preso un giorno di permesso e, in attesa che il pranzo fosse pronto, i due sposi si erano seduti in giardino, all’ombra di un odoroso cespuglio di rose bianche. Storm e Velvet, i due beagles di André, correvano felici nel parco, intenti ad abbaiare e a rincorrersi.
– Non si può certo dire che siano mancate le sorprese, ieri – disse André – Si va a teatro in cerca di emozioni e di colpi di scena, ma, spesso, il miglior teatro è la vita.
– André, ieri, stavo per dirti una cosa, ma il sopraggiungere di Diane mi ha interrotta. Ne sono felice, così te la dico il giorno del tuo compleanno.
– Ebbene?
Un passerotto, nel mentre, si era posato su un ramo di fronte a loro.
– Sono incinta, André – disse lei, con tono di voce che si sforzò di fare apparire gaio mentre era titubante.
– Davvero? Ma è meraviglioso! – esclamò, entusiasta, lui.
André era al settimo cielo dalla felicità mentre Oscar sorrideva, ma gli occhi di lei tradivano una perplessità che la volontà tentava di allontanare.
Sul ramo davanti a loro, il passerotto emise un cinguettio e, poi, spiccò il volo, per dirigersi nella più vicina fontana dove si abbeverò.
 
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Mentre, a Palazzo Jarjayes, Oscar e André conversavano, a Parigi, affacciata al parapetto di un ponte, situato nei pressi della caserma della Guardia Metropolitana, Diane, con sguardo spento e malinconico, fissava la Senna scorrere, intenta a fare l’esame di coscienza più approfondito della sua vita.
Nei dintorni, la gente esultava per la promulgazione della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, ma lei era estranea al buonumore generale, tutta concentrata su se stessa e sul proprio male di esistere.
Mio padre non mi ha voluta, Tristan de Montmorency non mi ha voluta, André de Lille non mi ha voluta, nemmeno la morte mi ha voluta!
Si era innamorata di Tristan de Montmorency con un trasporto tanto violento quanto effimero, facendone l’oggetto di un sentimento entusiasta, ma superficiale. Era stata attratta dall’aspetto gradevole del giovane, dai modi signorili di lui, tanto diversi da quelli dei popolani da lei conosciuti, dal titolo nobiliare di cui egli si fregiava e dalla circostanza che l’uomo aveva fatto domanda di ammissione nel corpo delle Guardie Reali…. Forse, anche dal nome Tristan che evocava in lei il ricordo delle nobili dame, dei valorosi cavalieri e dei grandi amori di cui aveva letto e favoleggiato. Comprendeva, adesso, che nulla sapeva di lui, del cuore, dei pensieri e delle esigenze di quel giovane. Neppure si era accorta dell’insofferenza di lui nei suoi confronti…. Non si era innamorata di lui, ma della visione che aveva di lui, della speranza di una vita migliore, di se stessa riflessa in lui….
Perché tutti costoro dovrebbero volermi se neppure io mi voglio?
Correre dietro ai sogni e alle fantasie è un espediente per evadere da se stessi. Adesso, lo capiva anche se non aveva la minima idea di cosa fare per rifondarsi e, d’altra parte, i sogni sono un’oasi troppo dolce dentro cui rifugiarsi…. Dolce, ma con un gorgo famelico al centro del lago….
Era concentrata su questi destabilizzanti pensieri, quando udì una voce maschile salutarla.
– Buongiorno, Mademoiselle de Soisson.
– Buongiorno a Voi, Tenente Beauregard – rispose Diane, voltandosi e guardando il giovane Ufficiale Medico della caserma della Guardia Metropolitana.
– La giornata è bella e l’occasione è lieta, ma Voi non state festeggiando al pari degli altri. Non Vi interessa che sia stata promulgata la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino?
No, non le interessava. Cosa le sarebbe potuto importare di un pezzo di carta, solcato da parole altisonanti, messe insieme da quattro pavoni, tutti intenti a fare la ruota più bella con il proprio svolazzo di penna, quando la realtà ha così poche attrattive e la vita va malissimo? Questo, però, non avrebbe potuto dirlo. Henri Beauregard sembrava così contento della novità e, se lei se ne fosse dichiarata disinteressata, l’avrebbe giudicata sgarbata, strana ed egoista e, cioè, quello che realmente era.
– No, Tenente, è che il caldo mi debilita parecchio e non mi consente di riposare come avrei bisogno – il che, in parte, era vero.
– Mi rincresce, Mademoiselle de Soisson. Sapete, da quando mi sono laureato, presto servizio nella caserma come Ufficiale Medico. Parallelamente, vorrei aprire un mio studio dove esercitare la professione quando non sono di guardia. Mi servirebbe una persona fidata che aprisse la porta, ricevesse i pazienti, prendesse gli appuntamenti e pulisse e riponesse i ferri dopo che io li ho usati. Sareste disposta a ricoprire quest’incarico?
– Io…. Vi ringrazio della fiducia che riponete in me…. Quanto tempo ho per pensarci? – rispose, stupefatta, Diane, perché tutto si aspettava, in quella fase della sua vita, fuorché una proposta di lavoro.
Tutto intorno, la gente festeggiava.







Ben ritrovati a tutti!
Nella prima parte del capitolo, signoreggia Mirabeau con la sua “proposta indecente”. Proposta a parte, che è di mia invenzione, la descrizione e la biografia del Conte sono storicamente vere.
Veniamo, adesso, alla rivelazione sul passato di Diane. Di quest’idea, devo ringraziare Tixit con la quale, qualche mese fa, ho avuto una scambio di messaggi. In quell’occasione, lei, scherzando, mi disse che stanno tutti a criticare l’ex fidanzato di Diane, quando, magari, il poveraccio non si era mai sposato e aveva inventato una scusa per rompere con la ragazza che era troppo pesante e problematica. Io, quindi, chiedendo il permesso a Tixit, ho sviluppato il concetto, elaborandoci questa parte del capitolo.
Nel prossimo capitolo, invece, faremo la conoscenza di una parente di Maria Antonietta.
Buona lettura!
 
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