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Autore: CHiBI cHU    19/07/2009    0 recensioni
Ok, forse è meglio che ora mi presenti. Mi chiamo Vegeta, Vegeta Urashima, e ho tredici anni. Non seguo la moda, non sono particolarmente simpatico e nemmeno tanto bravo negli sport. Non sono studioso, e forse neanche bello. Da come avete potuto capire, non sono nemmeno bravo a descrivermi. L’unica cosa che so con certezza è che mi piace suonare. Mi piace comporre, mi piace la musica. Mi piace davvero da morire. E certe volte mi viene da pensare che potrei morire davvero, per la musica.
La vicenda inizialmente può sembrare un pò contorta, ma con l'andare avanti risulterà sempre più chiara :) o almeno lo speroXD
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Rockstar!


Per nostra fortuna il soggiorno a casa del nonno non durò che pochi giorni. Con mio sommo stupore, infatti, compresi che le scuole in Giappone iniziavano intorno ad aprile, e non dopo le vacanze estive. Questo non significa però che non furono giorni duri, anzi! Durante i pasti ci si sedeva in posti prestabiliti su un lungo tavolo rettangolare, e non era permesso guardare la tv: ma nessuno aveva il coraggio di tirar fuori qualche discorso, così soltanto Taichi soleva animare un po’ la tavola, con grande disappunto del nonno, che sedeva sulla sua sedia borbottando qualcosa ogni talvolta Taichi apriva bocca. Lei però sembrava non darci peso, e continuava imperterrita con i suoi discorsi su attori, cantanti e sfilate.

Migliore non era invece il resto della giornata: visto che era un periodo di pausa per gli studenti, Maria e Narumi studiavano tutta la mattina per dedicarsi invece nel pomeriggio ad attività come arti marziali o meditazione. Taichi o stava in giro con qualche suo spasimante, o a far compere con le sue amiche: rientrava talvolta per i pasti e per dormire. Io e Corinne invece… morivamo dalla noia. Il quartiere dove abitavamo ora era lontano dal centro, ed era perlopiù popolato da anziani, essendo vicino ad una fonte termale. Il nonno ci aveva proibito di visitare Tokyo da soli, perciò uscimmo soltanto una volta, accompagnati dal suo autista: girare la città con il fiato sul collo non era certo il massimo, perciò accantonammo presto l’idea. Ci dedicammo un po’ alla scrittura di alcune basi musicali, utilizzando il pianoforte che c’era in casa e alcuni nostri strumenti che ci eravamo fatti portare dall’America.

Quando perciò una sera il nonno interruppe Taichi per darci informazioni sulla nostra nuova scuola, eravamo piuttosto curiosi e, perché no, anche felici: almeno avrebbe portato un’aria nuova.

Parlare di scuola non era però proprio esatto: si trattava infatti di una sottospecie di collegio privato, completo delle classiche uniformi alla marinaretta e tradizioni varie della scuola giapponese. Il nonno ci disse che avremmo vissuto lì per tutto l’anno, tranne per le varie festività o vacanze estive. Le materie non erano poi così diverse da quelle americane, con la differenza che ora era aggiunta anche la lingua giapponese, cosa che mi avrebbe dato non poca difficoltà, vista la mia preparazione primaria.

La discussione finì con un ‘ho molte aspettative su di voi’ e l’azionamento della sua sedia. La cena era terminata.

Tre giorni dopo le nostre valigie erano di nuovo pronte: Taichi, Maria e Narumi ci avrebbero accompagnati nella nuova scuola, che si trovava sul lato opposto della città. L’autista guidava, e Narumi e Maria dispensavano alcune informazioni sulle scuole giapponesi, che avevano una struttura completamente diversa da quella americana, oltre ad essere decisamente più severe.

Le uniformi inoltre avremmo dovuto ritirarle noi stessi il giorno dopo la festa dell’apertura della scuola, visto che non era stato possibile ritirarle in precedenza o farcele mandare via posta.

Ricordo che Corinne era particolarmente emozionata, prestava la massima attenzione alle parole della mia e della sua sorella, e non riusciva a smettere di sorridere. Era la prima volta da quando eravamo partiti che la vedevo così frenetica ed emozionata allo stesso tempo: solitamente provava certe sensazioni solamente quando stava per salire sul palcoscenico.

Taichi invece fumava una sigaretta e rideva di sottecchi quando Narumi diceva qualcosa che a suo avviso era fondamentale, e spesso mi ammiccava con fare complice: probabilmente aveva capito che di tutte quelle informazioni non m’interessava nulla.

Arrivammo alla scuola piuttosto di buon’orario, intorno alle 11: la scuola ci accoglieva con un maestoso cancello nero e uno spazioso cortile ben curato. Alcuni studenti con le loro famiglie giravano intorno i due edifici di fronte a noi, e sembravano essere spaesati proprio come me. Narumi prese però in fretta la situazione di mano e ci chiese di mostrarle un foglio che ci era arrivato per posta: prendemmo le nostre valigie e la seguimmo, visto che non appena stretto il foglio si diresse spedita verso una direzione. Entrammo nel primo edificio a sinistra, e una grande sala d’attesa ci accolse: alcune famiglie erano in fila, e anche loro stringevano in mano la missiva che avevo affidato a mia sorella. Maria ci spiegò che qui aveva luogo l’accettazione, e che ci veniva consegnata una copia della chiave della nostra camera, che avremmo condiviso con altri 2 studenti della stessa scuola. L’edificio dove ci trovavamo, infatti, era il dormitorio. C’erano ben 6 file, e noi scegliemmo la terza: erano tutte piuttosto scorrevoli, e dopo un quarto d’ora circa d’attesa arrivò il nostro turno. Narumi parlò a nome mio e di Corinne, spiegò che avevamo soggiornato per tutta la nostra breve esistenza negli States e che era il nostro primo anno in una scuola giapponese: la donna al di là del vetro ci sorrise con aria apprensiva, poi digitò i nostri due nomi sul computer e subito apparve la nostra disposizione: aprì in seguito uno dei tanti cassetti sotto la sua scrivania sulla destra e poi uno sulla sinistra per prendere due chiavi. Le mise in due bustine che erano appena fuoriuscite dalla stampante con sopra i nostri nomi. Le timbrò e poi ce le porse.

‘Dovete avere cura di queste. Un’altra copia vi sarà data solamente sotto consenso del preside e di uno dei vostri genitori. Un’altra ancora oltre ad avere le caratteristiche della seconda, avrà l’aggiunta di una sonora multa. Vedete quello che potete fare.’ E sorrise ancora.

Ci allontanammo dallo sportello d’accoglienza e ci dirigemmo verso gli ascensori: Corinne e Maria verso quello per il dormitorio femminile, io Narumi e Taichi verso quello maschile. Aprii la busta firmata Vegeta Urashima per prendere la chiave. Era la numero 405.

  
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