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Autore: BlueButterfly93    16/02/2019    2 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
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Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
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Capitolo 40

Valentine's Day







🎶Ellie Goulding - Love Me Like You Do (consiglio l'ascolto durante la parte finale del capitolo)🎶

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🎶Il titolo di un brano consigliato è all'interno del capitolo. Trovatelo ;)🎶

 

***

Il mattino dopo mi svegliai nella mia camera d'hotel senza capire come ci fossi arrivata. L'ultima scena che ricordavo, della notte prima, erano le labbra di Castiel e lo sfondo del mare. 

La stessa donna che mi aveva truccata al provino entrò nella mia camera permettendosi il lusso di levarmi le coperte dal corpo e facendomi rabbrividire.

"Ma insomma... Che modi!", avrei voluto urlare e colpirla lì dove non prendeva il sole, ma non ebbi la giusta forza per farlo. I muscoli delle gambe e l'interno coscia indolenziti testimoniarono ciò che la notte prima era accaduto sulla spiaggia di quel paesino magico. La mia prima volta; era ancora strano da pensare che fosse accaduto così inaspettatamente. 

«Tra quaranta minuti dev'essere pronta, si alzi e vada a fare una doccia!» 

«Buongiorno anche a lei», sbadigliai infastidita dalla presenza non richiesta. Un po' di privacy sarebbe stata gradita, ma evidentemente Rabanne ed il suo staff non sapevano neanche cosa fosse. La signora, della quale ignoravo del tutto il nome -visto che non si era neanche presentata- si limitò ad incrociare le braccia al petto e a guardarmi di sbieco. 

Lasciai perdere la sua maleducazione e mi fiondai in bagno per fare una doccia. 

Un abito stretto a sirena color vinaccia con il corpetto cosparso di diamanti, fu il vestito cucito personalmente da Rabanne per quell'occasione e che dovetti indossare appena uscita dalla toilette. Nella pubblicità avrei dovuto rappresentare la femme fatale, ed io di fatale non avevo proprio niente. Il pomeriggio prima avevo ricevuto delle indicazioni sulle movenze e pose da assumere, sperai di ricordarle. 

«Non mi è concesso neanche fare colazione?» mi rivolsi alla signora antipatica con un tono acido. 

«Se mangiasse il vestito scoppierebbe..» mi squadrò dalla testa ai piedi quasi schifata. Ma che problemi aveva?

Che cosa diavolo aveva voluto insinuare con quella battuta scadente? Che fossi grassa? 

«So truccarmi e acconciarmi i capelli anche sola, non ho bisogno del tuo aiuto. Saresti così gentile da andartene a fare in culo?» alzai la voce e per poco non la tolsi fuori a suon di pedate. Evitai di rivolgermi a lei con tono formale, non ne valeva la pena.

Okay, l'influenza di Castiel iniziava a farsi sentire, ma non ne potevo già più di quella make-up artist con la puzza sotto il naso. Non avrei concesso più a nessuno d'insultarmi, o di guardarmi con fare altezzoso. 

«Mi sarebbe piaciuto farmelo mettere in culo dal ragazzo rosso, peccato io sia stata affidata a te. E dubito che tu sia in grado di fare il mio lavoro, ma in ogni caso non potrei abbandonare questa stanza, conosci Rabanne.. Quindi: prima ti accomodi e prima finiremo questa pagliacciata!» smise anche lei di usare il tono formale, con nonchalance tirò fuori tutte quelle belle parole, mentre l'istinto di romperle in testa i quadri appesi sui muri si fece insistente. 

«Ragazzo rosso?» sperai di non aver sentito bene. 

«Sì, Castiel Black.. Il ragazzo che deve registrare la pubblicità con te, hai presente?»

«Cosa c'entra lui con te, scusa?» volevo vederci chiaro. La gelosia arrivò fino alle unghie delle mani, a breve non avrei risposto delle mie azioni, me lo sentivo. 

«Ci siamo divertiti a nostro tempo», sorrise maliziosa e sollevò gli occhi al cielo sognante. Immaginai perfettamente chi stesse bramando nella sua mente lurida. Aveva all'incirca quarant'anni e Castiel diciotto. "Dio, ti prego dammi la forza per non ucciderla."

«Senti», mi avvicinai minacciosa alla sua figura e le presi il volto tra le mani per farmi guardare dritta negli occhi. Poco m'importò della nostra differenza d'eta, portavo rispetto solo a chi ne portava a me. «Parlerò una volta sola: non osare più avvicinarti a lui. Il passato è passato, ciò che è successo, è successo, ma Castiel Black ora è il mio ragazzo; il ragazzo di Micaela Rossi, ficcatelo bene nella tua testolina vuota, okay?!» le sorrisi fintamente «Adesso possiamo proseguire. Fa' il tuo lavoro!» mi allontanai da lei e mi accomodai sulla sedia dove avrebbe dovuto truccarmi e acconciare i capelli. Lei si posizionò dietro di me senza più fiatare e prese a sistemarmi. Non rispose alla mia minaccia, ma a giudicare dai suoi occhi sgranati recepì il mio messaggio forte e chiaro. 

In quei pochi giorni di relazione con Castiel non mi ero mai chiesta quante donne avesse avuto, quante esperienze avesse collezionato, ma a quel punto iniziai a chiedermelo. Dopotutto, però, il passato non poteva essere cambiato, andava solamente accettato. Ma non potei evitare di sentire le viscere contrarsi, il fastidio e la gelosia bruciarmi sulla pelle. Avrei tanto voluto essere l'unica, così come lui lo era stato per me. 

Quando la malata di sesso terminò il suo lavoro mi ammirai allo specchio, dovetti ammettere che fece un buon lavoro. Trucco leggero per dare vistosità maggiore alle labbra pitturate con un rossetto rosso scuro, dello stesso colore dell'abito che indossavo. I capelli legati lateralmente ricadevano ondulati sulla mia spalla destra; aveva optato per un semi raccolto, probabilmente consigliato da Rabanne stesso. Abbandonai la mia stanza senza neppure salutarla, o ringraziarla; era stata pagata per quel lavoro ed era addirittura stata a letto col mio ragazzo, ovviamente quando ancora non stavamo insieme, quindi il mio saluto proprio non lo meritava. 

«Non sapevo ti piacessero le donne mature..» fu l'unica cosa che dissi a Castiel appena lo incontrai nella hall dell'albergo. 

Lui, prima di rispondermi, mi fissò intensamente dalla testa ai piedi facendo bruciare la mia pelle, trattenne il respiro, e poi lo rilasciò quando mi guardò nuovamente negli occhi. «E' capitato un momento della mia vita in cui non facevo molte differenze, andava bene tutto», alzò l'angolo della bocca e poi si avvicinò al mio orecchio «Il rosso ti sta così bene addosso...» il suo respiro mi solleticò la zona superiore del collo ed inevitabilmente sussultai. 

E fui sicura che quella frase avesse un doppio senso. Il rosso del vestito ed il rosso dei suoi capelli sulla mia pelle. La sua bocca ovunque, sui miei seni, sul mio addome, tra le mie gambe, ed i suoi capelli rossi - un contrasto con la mia pelle chiara - che mi solleticavano provocando brividi e piacere lungo tutto il corpo. Quei pensieri piacquero alla mia intimità. «Stai pensando ciò che penso io?» rigirò il coltello nella piaga con quella domanda retorica insieme alla sua voce roca che tanto mi faceva impazzire. 

"Datti una calmata Micaela, siete in luogo pubblico", ogni tanto la mia coscienza faceva il lavoro per cui era stata creata. 

«Seguitemi!» la voce di Molly davanti a noi mi ridestò dai pensieri, per fortuna. 

Ci portò in spiaggia, accanto a degli scogli. Il sole era ancora basso per via dell'ora. Ci trovavamo dalla parte opposta al pezzo di spiaggia che, la notte prima, era stata spettatrice della mia prima esperienza sessuale; nonostante ciò non potei fare a meno di arrossire e trasalire al pensiero di quel momento, era inevitabile. Castiel se ne accorse, infatti si voltò verso me e strizzò l'occhio insieme al suo sorriso seducente. 

Era stato allestito un vero e proprio set cinematografico sulla sabbia. Intorno a dove ci fece posizionare Molly vidi tanti macchinari e arnesi di cui non conoscevo i nomi o l'esistenza prima di allora. Accanto alle telecamere una sedia vuota con scritto "Rabanne" spiccò tra le altre cose. Un telo bianco retto da dei ferri per creare la luce giusta. Oltre al fotografo e al cameraman vi erano altri uomini e donne, ognuno con in mano qualche aggeggio. "Caspita, che ansia!"

Frank, il fotografo, prima dell'arrivo dello stilista ci scattò qualche foto con la boccetta del profumo tra le mani, con Castiel alle mie spalle. Ci fece assumere le stesse ed identiche pose che ci aveva indicato il giorno prima, durante le prove. 

«Pronti per lo spot?» un Rabanne sorridente e vestito con un completo di lino bianco ci affiancò appena Frank finì il suo lavoro «è finalmente arrivato il grande giorno», strofinò le mani «Adesso vi dico cosa voglio da voi».

Io e Castiel annuimmo. Lo stilista parlò all'incirca per dieci minuti, ci spiegò ogni cosa alla perfezione. Quando concluse sospirai nervosa, non sarei mai stata in grado di rispettare le sue aspettative. Mi sentivo così nervosa..

«Ehi, calma. Andrà tutto bene. Respira», Castiel mi trasmise coraggio, mi abbracciò poggiando la testa sulla mia e accarezzandomi la schiena. Mi calmò. 

«Mikì, in acqua», mi ordinò Rabanne interrompendo il momento di serenità che il rosso era stato così bravo a creare. 

A malincuore mi staccai da Castiel e mi feci coraggio per entrare in acqua. Solo un matto come Paco avrebbe potuto far fare una pubblicità del genere in pieno inverno. Toccai l'acqua coi piedi e per fortuna non era eccessivamente fredda. Infilai le gambe, fino al busto, dentro l'acqua e trattenni il respiro. Il momento fatidico era arrivato, il cameraman a pochi centimetri da me aveva già azionato la telecamera. Mi voltai verso la spiaggia e chiamai Castiel con dei gesti, così come avrebbe fatto una sirena, con i palmi rivolti verso l'alto e le braccia che si muovevano alternate. 

Il rosso, come da copione, iniziò a camminare lentamente, con fare sensuale, verso di me. Indossava un papillon aperto, e una camicia bianca sbottonata di qualche bottone all'interno di pantaloni neri stretti ed eleganti. Pareva esser appena uscito da una rivista di moda ed effettivamente.. a breve sarebbe stato così. Quando mi raggiunse, mi sollevò tra le sue braccia e mi baciò con tanto di lingua. Quell'ultima parte non era tra le richieste di Rabanne, ma era risaputo... Castiel Black non amava ricevere ordini e non sarebbe mai stato capace di rispettare un copione. Non rifiutai il bacio, anzi, fui maggiormente istigata a proseguire perché non fummo interrotti. A quanto pareva lo stilista aveva apprezzato quel colpo di scena. Poi, il rosso, staccò le labbra dalle mie e trascinò entrambi sulla riva del mare. Qualcuno degli addetti, con un macchinario apposito, fece fuoriuscire del fumo per creare un effetto scenico. 

Lui sopra di me ed io sotto di lui. Dimenticai totalmente del mondo circostante, dimenticai che ci trovassimo su un set davanti ad altre dieci persone e con una telecamera alle calcagna. Castiel posò delicatamente le mani sotto le mie spalle e ci fece rotolare tra la sabbia per qualche centimetro, così come ci aveva indicato di fare lo stilista. Mi sentii un arancino o una cotoletta in fase di panatura per via della sabbia che si appiccicò al corpo, ma dettagli. Giunti al traguardo trovammo la boccetta di profumo Ivre, posizionata sulla sabbia, il rosso l'afferrò disinvolto e la mostrò alla telecamera. 

Infine, all'unisono, pronunciammo «Ivre, the new fragrance by Paco Rabanne», il fumo prodotto ancora da quell'aggeggio collegato chissà dove indicò il termine delle riprese. La telecamera venne abbassata, i volti di tutti erano soddisfatti.

«WOW! E questa affinità da dove sbuca fuori?» applaudì lo stilista mentre ci raggiunse. Noi restammo immobili, incapaci di staccare i nostri corpi, o forse solamente poco volenterosi per farlo. «Nel giro di un mese siete cambiati così tanto.. Non c'era solo alchimia, c'era fuoco, passione, desiderio. E non c'è stato bisogno neanche di rigirare le riprese due volte. Siete stati una sorpresa.. è stato un piacere lavorare con voi, nonostante tutto. Bravi!» si congratulò con noi e, senza attendere la nostra eventuale risposta, voltò le spalle lasciandoci soli. Gli addetti ai lavori iniziarono a smontare e raccogliere ogni cosa sparsa per la spiaggia. 

Ce l'avevamo fatta sul serio. 

«Grazie..» sussurrai senza fiato ancora sotto il corpo del mio ragazzo. Di risposta lui si limitò a sorridermi e a terminare quell'avventura con un bacio a stampo sulle mie labbra. 

Era stato lui a guidare i giochi durante tutti quei minuti. Aveva un talento naturale nello stare davanti ad una telecamera, era stato totalmente disinvolto. Dopo averlo ammirato anche in quell'ambito non ebbi più dubbi, il suo futuro sarebbe stato quello: il mondo dello spettacolo. Non come modello, ma come cantante. Non temeva il pubblico, le telecamere, o le persone di potere. Era perfetto, al contrario di ciò che si potrebbe immaginare nel vederlo a primo acchito. 

Quella mattina scoprii un'altra delle mille doti di Castiel Black. E ne restai irrimediabilmente stregata...

***

14 Febbraio 2015

Una camelia rossa sul davanzale della finestra fu la prima cosa che vidi al risveglio dal mio sonnellino pomeridiano. Era proprio lì, sotto al verbo scritto con la sua calligrafia che - da quattro giorni - aveva dato inizio a tutto. Ancora assonnata, e con la mente del tutto scollegata, mi alzai levando di colpo le coperte dal mio corpo. Rabbrividii per il freddo che mi colpì a causa della mancanza di calore del piumone, ma non ci badai tanto; avevo fretta di scoprire come ci fosse finito lì quel fiore. 

Chasing Cars

Era scritto su un bigliettino rosso legato al gambo della camelia. Corrugai la fronte e mentalmente feci la traduzione di quelle due parole. Inseguendo macchine; cosa diavolo significava? 

In un secondo momento sollevai gli occhi sulla finestra e confrontai le due calligrafie. Erano identiche. La consapevolezza di aver capito chi fosse l'artefice di quel bel pensiero mi arrivò dritta al cuore, con una fitta. Sapeva sorprendermi e confondermi, solo lui poteva essere capace di un tale controsenso. Così, senza perdere ulteriormente tempo, chiesi direttamente spiegazioni all'interessato. 

Miki:

A cosa devo questo gesto galante? Grazie, comunque. Ho apprezzato molto. 

PS Chasing cars?

Castiel:

Da questo posto sto guardando le macchine inseguirsi in attesa che la bella addormentata si dia una svegliata e mi raggiunga.

PS Sleeping At Last

Miki:

Quale posto? 

PS Dormire finalmente?! Mi stai facendo ammattire!

Castiel:

Dal primo giorno ti ho detto che non sarebbe stato facile.. Vuoi già arrenderti?

PS Non so bene come dire...

Miki:

Dimmi dove diavolo devo raggiungerti e falla finita!

Castiel:

In un giardino dove esplode la vita

Miki:

Sei ubriaco per caso?

Castiel:

Probabile, ma non è questo il punto. 

Se ascoltassi buona musica avresti già capito!

Miki:

Cosa caspita c'entra la musica ora?

Castiel:

Parc Floral De Paris

Miki:

Ma non è chiuso a quest'ora?

Castiel:

Per noi no

Miki: 

Mi farai arrestare un giorno di questi

Castiel:

Lo so

Miki:

Incoraggiante

Castiel:

Sbrigati invece di perdere tempo, non aspetterò in eterno!

Miki:

I veri gentiluomini aspetterebbero la loro dama sotto casa, per ore, e non direttamente al luogo dell'appuntamento. 

Castiel:

Non ho mai detto di essere un galantuomo, infatti.

PS Sbrigati!

 

Sbuffai ed evitai di rispondere al suo ultimo messaggio perché altrimenti mi sarei innervosita sul serio. Era assurdamente misterioso ed io lo amavo anche per quello. Giorni prima mi aveva detto chiaramente che non avrebbe voluto festeggiare San Valentino perché la reputava un'evenienza inutile, oltre che schifosamente romantica, ed io non avevo protestato; sapevo quanto fosse prevenuto verso quel tipo di cose. E invece... proprio il 14 Febbraio aveva organizzato qualcosa per noi, per stare insieme. Stava facendo dei gran passi avanti. 

Indossai di fretta e furia un paio di jeans, un maglione, le converse rosa e chiamai un taxi; di certo non avrei chiesto un passaggio a zia Kate, non ci rivolgevamo la parola quasi più. L'auto gialla arrivò all'incirca dieci minuti dopo, scesi velocemente e rischiai di fare le scale di sedere invece che con i piedi. Maledetto il mio ragazzo che m'invitava all'ultimo minuto a fare una passeggiata romantica. "Ah no, dimenticavo: passeggiata normale; romantica non esiste". Davanti ai miei stessi pensieri sollevai gli occhi al cielo. Prima o poi sarei riuscita a far cambiare idea a quella rapa rossa, non era possibile dover a tutti i costi privarsi di pronunciare ogni parola che avesse anche solo un'assonanza con l'amore. 

Entrata nel taxi diedi l'indirizzo al signore robusto sorridente che mi avrebbe accompagnato davanti al parco floreale di Parigi, e finalmente tirai un sospiro di sollievo. Avevo fatto tutto di corsa per evitare di rendere impaziente Castiel. 

«Signorina, lo sa che il parco chiude alle diciassette? Adesso sono le nove», il tassista mi osservò dallo specchietto retrovisore.

«Oh certamente, le ho dato quell'indirizzo come punto di riferimento. Non devo recarmi lì dentro», finii con una risata nervosa. Dannazione; in quel momento avrei volentieri riempito di schiaffi e pugni il bel fisico scolpito di Castiel.  

Dovetti divenire rossa in viso perché l'autista non mi guardò convinto, ma fortunatamente non proseguì il discorso. 

Quaranta minuti - e dieci messaggi di Castiel - dopo giunsi a destinazione. Continuava a scrivermi dove fossi e che fine avessi fatto, ma non gli risposi volutamente. Se non avesse deciso una meta così distante e, per di più, se si fosse scomodato a venirmi a prendere lui stesso sotto casa, di sicuro non ci avrei impiegato tutto quel tempo ad arrivare a quel benedetto parco. Con la moto e la guida spericolata del rosso avrei evitato i dieci minuti di traffico. Quindi era solo e soltanto dovuto a lui il mio ritardo. Ben gli stava aspettare! 

Dopo aver pagato profumatamente il tassista, e dopo aver aspettato che andasse via, afferrai il cellulare e chiamai Castiel; visto che di lui non si vedeva neanche l'ombra.

«Mi spieghi come faccio ad entrare qui dentro?», non gli diedi neanche il tempo di rispondere che subito mi accanii contro di lui. Sapevo di aver parlato con eccessivo nervosismo, ma non potevo fare altrimenti.  

«Seguimi», qualcuno mi toccò la spalla, la sua voce per metà nell'apparecchio telefonico e per metà dal vivo mi fece sobbalzare.

Mi aveva trovata. Lui mi avrebbe trovata sempre.

Prese a camminare davanti a me ed io lo seguii. I capelli sciolti, il giubbotto di pelle su quelle spalle larghe, il suo fondoschiena dentro quei pantaloni stretti. Caspita, a breve avrei dovuto chiamare il centodiciotto per quanto mi fece sentir male la sua perfezione. 

Camminammo sul marciapiede per qualche metro, poi svoltò a sinistra abbassandosi per entrare in quello che sarebbe dovuto essere il parco floreale di Parigi. Una rete verde tagliata circolarmente da un lato gli permise di posare i piedi sul verde prato, e di accedere illegalmente in quel posto. Non lo seguii.

«Non possiamo entrare. Qualcuno scoprirà che la rete è tagliata; ci arresteranno, faremo la fine che avremmo già dovuto fare per quel bagno nella fontana di Trevi. Non ci vedr-», andai in panico, ma fui prontamente interrotta dal rosso. 

Mi afferrò la mano e quasi mi trascinò fin dentro il parco. Fui svelta ad abbassare il capo ed il corpo, altrimenti sarei finita morta impigliata nella rete. Morta era un'esagerazione ma, in ogni caso, i capelli o i vestiti che indossavo si sarebbero impigliati se non avessi prestato attenzione. Dannato Castiel e i suoi modi burberi!

«Non sono mica scemo..» accompagnò le parole ai suoi movimenti; prese il pezzo mancante della rete e richiuse il buco con del ferro filato dello stesso colore della rete. Tornò come nuova, come se non fosse mai stata tagliata da qualcuno. 

Non fiatai, non servivano parole a quel punto. Aveva studiato quell'entrata alla perfezione, per non esser scoperto. 

«Vengo qui da qualche anno, quando ho voglia di stare solo, quando ho bisogno d'ispirazione per scrivere o comporre. Questo è...»

«Un giardino dove esplode la vita», conclusi al posto suo ripetendo le parole scritte da lui stesso un'ora prima per messaggio. 

«Già», mi sorrise. Il suo sorriso sarebbe dovuto divenire illegale in 159 paesi; avrebbe potuto provocare l'arresto cardiaco. 

Iniziai a guardarmi intorno e ciò che vidi mi sbalordì completamente. Tantissimi fiori dai colori sgargianti erano protagonisti di quel prato, sembrava avesse vita propria. Delle luci di piccoli lampioni mi permisero di ammirare quello spettacolo che di giorno doveva essere ancor più luminoso. Camminammo lungo una stradina di ghiaia, mano nella mano, fino ad arrivare ai lati di un piccolo laghetto artificiale dentro al quale vi erano delle oche. Fu lì che Castiel voltò. La riva del lago era totalmente cosparsa di erbetta verde e, prima dell'acqua, vi era uno spazio; lì intravidi una chitarra e una coperta abbastanza grande stesa. 

«If I lay here, If I just lay here.. Would you lie with me and just forget the world?» canticchiò all'improvviso quella domanda con una melodia che mi era vagamente familiare.

"Se mi stendessi qui, se solo mi stendessi qui.. ti stenderesti con me e dimenticheresti il mondo?"

«è una richiesta velata, la tua?»

«Be' dipende da cosa intendi», non fece in tempo neanche a finire di parlare che subito mi afferrò dalle mani e mi scaraventò su quella coperta, su di lui. 

«Ah quindi era una pretesa.. non una richiesta», mi ressi dal suo petto per poterlo guardare in volto. Eravamo così vicini, non ci eravamo ancora baciati quel giorno e la voglia di lui si fece sentire. 

«Non credo ti dispiaccia stare su questo bellissimo manzo scolpito», virgolettò con le dita le ultime parole. 

«Ma che...» corrugai la fronte cercando di capire.

«Quando sono venuto per portarti la camelia stavi sognando me che ti cavalcavo, evidentemente, e hai pronunciato testuali parole insieme ad altre che non ripeto per pudore. Sai, sono un ragazzo di una certa sensibilità..»

«Oh mio Dio!» avvampai e mi coprii il viso totalmente imbarazzata. «Non è vero... Stai scherzando» mugugnai con le mani davanti alla bocca, gli occhi spalancati «Dimmi che non è vero..» finii per sdraiarmi completamente su Castiel con il volto nascosto nel suo petto. Non ricordavo di aver sognato nulla di simile e quel genere di sogni dovevano esser ricordati per forza, vero? 

«Sì che è vero.. è verissimo. Addirittura gemevi», scoppiò in una fragorosa risata per la mia reazione. Sarei voluta scomparire all'istante. 

«Perché la camelia rossa?» con ancora il viso sotterrato su di lui gli chiesi quella mia curiosità. Dovevo per forza cambiare discorso in qualche modo.

«Non può esserci una spiegazione per tutto..»

«Sì, invece» sollevai il volto tornato del colorito naturale.

«Non puoi costringermi a parlare.. La mia bocca è cucita», fece segno con le mani di avere un ago tra le mani e di cucirsi la bocca. Simpatico. 

«Sì, invece..»

«Sai bene che odio chi pretende di darmi ordini», quasi si alterò. Quant'era suscettibile!

«Sai bene di aver perso una scommessa a Roma, quindici giorni fa, e di doverne pagare pegno», sollevai un angolo di bocca furbamente. 

«Speravo te ne fossi dimenticata..» mi scrutò tentando di capire cosa avessi in mente. 

«Oh, invece no... Aspettavo solo il momento giusto per colpire».

«Quindi?!»

«Risponderai a tutto ciò che ti chiederò e farai ciò che vorrò.»

«Per quanto tempo? E in che cosa consiste?», sembrò essere quasi allarmato.

«Inizia ora.. Tempo da definire.» Restai seria «Perché le camelie rosse?»

Sbuffò prima di rispondere «Per il loro significato e perché qualcun altro ha già pensato di farti trovare mille rose rosse per tutta la stanza. Volevo essere originale, contenta?!» cantilenò volendo farmi intendere d'importarsi poco di ciò che stava dicendo. Era quasi disgustato quando si riferì alle rose regalatami da Ciak, che tenero!

«Contentissima», sorrisi mostrando tutti i denti «Dove sono le macchine che avevi detto di star guardando mentre mi aspettavi?» mi guardai intorno cercando di trovare un punto dal quale si vedesse la strada principale. 

«Nelle nostre teste», replicò tranquillo come se fosse normale la sua risposta. Ma non lo era per niente.

«Ma che cosa cavolo...» ero confusa. Tantissimo confusa. Sarei diventata matta a furia di star dietro alle sue frasi dai significati nascosti. 

Ma lui, senza badare al mio sbigottimento, si sollevò da terra - facendo drizzare anche me - e, senza alzarsi del tutto, si sporse per afferrare la chitarra. La posizionò tra le sue braccia ed iniziò a pizzicare le corde producendo una melodia rilassante e leggermente familiare. 

Non lo avevo mai visto suonare da così vicino, non lo avevo mai ammirato suonare con una chitarra acustica, dai suoni troppo dolci in contrapposizione con la sua personalità aggressiva. 

I ciuffi color cremisi gli ricadevano sugli occhi, la fronte aggrottata per la concentrazione, lo sguardo basso sullo strumento, le braccia flesse e le gambe incrociate, lo sfondo del lago con riflesso il cielo stellato, il prato, i fiori... Tutto ciò mi fece sentire quasi spettatrice di un sogno ad occhi aperti. Il mio primo San Valentino; non avrei potuto chiedere di meglio. 

Ad un certo punto accompagnò la melodia con la sua voce, mille dei miei battiti annegarono nel lago del parco floreale di Parigi. Stava canticchiando la musica della frase inglese pronunciata da lui stesso appena giunti in quel posto. E fu lì che ricollegai ogni cosa. Tutti i tasselli di frasi citate da lui in quelle ore, apparentemente disconnesse tra loro, si unirono formando un grande ed unico puzzle. 

"Non so bene come dire quello che provo... Quelle tre parole vengono dette troppo spesso, non sono abbastanza

Dimentica quello che ci è stato detto, mostrami un giardino dove esplode la vita.

Sprechiamo del tempo inseguendo le macchine che stanno nelle nostre teste..

Tutto quello che sono, tutto quello che sono sempre stato è qui nei tuoi occhi perfetti, che sono tutto quello che posso vedere. Non so dove, sono confuso anche sul come.. so solo che queste cose non cambieranno mai per noi".

Ringraziai mentalmente la mia fissazione per i cantanti inglesi che mi permise di comprendere parte del testo cantato da Castiel. Per tutta la sera mi aveva dedicato quella canzone in modo celato, non avrei potuto desiderare nessun regalo migliore per quel giorno speciale. Ormai dialogare tramite i nostri brani preferiti era divenuto automatico, quasi la regola fondamentale del nostro rapporto. Perché né io e né lui eravamo poi così bravi a confessarci qualcosa, quello era l'unico modo che conoscevamo per farlo senza troppo disagio. 

Voleva suggerirmi di lasciare il passato alle spalle; di aiutare lui a farlo. Voleva dirmi di essere confuso, di provare qualcosa di strano per me, che non sapesse come fosse accaduto. Sentire quelle parole uscire dalla sua bocca mi fece volare, il cuore batté velocemente sembrò quasi uscirmi dal petto, le mani tremarono, le farfalle tornarono a farmi compagnia. Erano tante le emozioni che quel singolare ragazzo dai capelli rossi mi fece provare, sensazioni mai percepite prima e dalle quali non avrei mai voluto allontanarmi. 

Quando terminò di strimpellare quel brano gli diedi appena il tempo di poggiare la chitarra a lato della coperta che subito mi precipitai su di lui gettandogli le braccia dietro al collo. Senza più dilemmi, o pensieri, mi fiondai sulle sue labbra e lo baciai delicatamente. Finalmente potevo farlo, finalmente Castiel era mio. Mio sul serio. Il mio ragazzo. Davanti al mio gesto così naturale sentii il suo cuore aumentare i battiti: era un suono magico, dolce, un suono cullato dal vento freddo invernale. Ma io, come mi capitava spesso quando ero in sua compagnia, non percepivo il gelo; grazie alla sua vicinanza annullavo ogni cosa. 

Il mio cuore a mille, sentivo battere i due muscoli all'unisono mentre le nostre labbra si mossero armoniosamente l'una con l'altra. La sua mano sfiorò la mia guancia bollente, la mia sfiorò il suo fianco, poi la schiena, percepii il calore del suo corpo. Tremai per quanto fosse bollente; il mio inferno personale. Era bello sentire le nostre labbra giocare; era fantastico sentire le nostre lingue sfiorarsi gentilmente... tutto in quegli istanti era dannatamente perfetto. 

Senza staccare le nostre labbra lo sentii armeggiare alle mie spalle, quando avvertii la coperta sulla testa ed un senso di calore confortante intorno al corpo capii. Ci aveva chiusi nel plaid enorme che aveva portato per noi. Si creò la nostra bolla, lasciammo il mondo fuori. 

«Chasing Cars, cover degli Sleeping At Last», il suo fiato sulla mia bocca, sul mio viso «la canzone originale è del 2006, degli Snow Patrol. Quando l'ascolterai pensa a noi, a questa sera...» il tono di voce sensuale mi fece desiderare di più. Non lo vedevo a causa del buio totale, ma quell'aspetto fu ancor più elettrizzante. Finalmente compresi il significato dei suoi messaggi e seppi il titolo del brano che aveva appena suonato davanti a me, per me

Non risposi a parole, ero completamente inebetita dal suo profumo che in quello spazio ristretto  m'invase tutti i sensi. Mi avventai, invece, nuovamente sulla sua bocca; come se ne fossi dipendente. Ma in quel caso il bacio si trasformò in qualcosa di più passionale, bisognoso. Castiel, da qualche giorno, mi aveva permesso di scoprire un nuovo mondo: un mondo di piacere fisico e di appagamento totale, un mondo di connessione assoluta tra i nostri corpi; ed io ero desiderosa d'imparare, di scoprire di più. 

«Spogliaci», sussurrò con la voce rotta dal desiderio. Le sue mani erano impegnate a reggere la coperta, in quel caso sarebbe spettato a me il ruolo principale. Ero su di lui, sulle sue gambe, il suo membro mi desiderava così come io desideravo lui. 

Non mi feci ripetere quell'ordine due volte. Gli tolsi la giacca lentamente e la maglietta; quando gli sfiorai l'addome nudo inspirò rumorosamente. Poi passai al mio cappotto e al maglione. Non provai vergogna perché lui non poteva osservarmi visto il buio provocato dalla coperta, fu quello a darmi l'input finale per slacciare anche il reggiseno. Castiel si abbassò sui miei seni e li lambì entrambi, sospirai togliendo l'aria che non sapevo neanche di star trattenendo. Fu quasi una liberazione. 

«Continua», m'incitò scorrendo la lingua dai seni al collo e alternandosi con dei baci. Chiusi gli occhi per un attimo, la mia intimità pulsante, scariche elettriche lungo tutto il corpo. 

Slacciai entrambi i pantaloni, mi sollevai per toglierli insieme agli slip e così fece anche lui. Con fretta prese i vestiti tolti, li appallottolò e li gettò fuori dalla coperta, senza guardare dove. Per un attimo sorrisi; dentro di me sperai vivamente non fossero finiti nel lago, sarebbe stato un bel problema. Approfittai di quel breve attimo di luce per ammirare il suo fisico tonico, sarei stata anche intere giornate ad ammirarlo senza annoiarmi mai.. Quasi come fosse un quadro di Van Gogh. 

Ci coprì nuovamente e divenne tutto completamente scuro. 

«A te l'onore..» mi porse il profilattico, non mi ero accorta neanche che l'avesse recuperato dai pantaloni. 

«Cos... No! Io n-non...» andai in panico.

«Ehi, calma piccola Ariel», posò le mani sul mio volto scoprendoci le teste e mi guardò come forse non aveva mai fatto. Dio... Stavo per svenire.

Piccola Ariel. Quell'aggettivo accompagnato al nomignolo che usava spesso per chiamarmi mi fece terminare i battiti a disposizione. Morta e sepolta.

«Ci sono io qui con te, ti dirò come fare», mi rassicurò con un tenero bacio sulla fronte. Le farfalle dallo stomaco emigrarono dritte nel mio cuore. Quel ragazzo era capace di farmi provare sensazioni che pensavo non esistessero sulla terra. 

Con le mani tremanti aprii la bustina e presi il preservativo, lo abbassai sulla sua virilità, e mi bloccai indecisa sul da farsi. Castiel mi soccorse posando la mano sulla mia e, accompagnandomi, scendemmo il latice lungo tutta la sua intimità. Era la prima volta che sfioravo la parte più prominente di lui. Tirai un sospiro di sollievo e lui mi sorrise. 

«Visto?! Era così difficile?!» 

Feci segno di no con la testa e a quel punto mi sentii nuovamente a disagio. Cosa diavolo dovevo fare dopo?

«Adesso, ecco i-io n-non credo di essere brava a...» mi portai un ciuffo di capelli dietro l'orecchio e abbassai il volto arrossito. 

«Ehi...» mi posò due dita sotto il mento sollevandomi il viso. «Ti guiderò io, okay?» mi carezzò una guancia «Dopotutto.. Siamo qui per imparare, no?» e lo vidi nonostante il buio, la mia mente lo riprodusse nitidamente. Lo vidi quel suo sorriso omicida, tenero e sensuale al tempo stesso. Capace di uccidere, annientare. 

Dopodiché posando le mani sui miei fianchi, trasportando la coperta con sé, mi sollevò lentamente e senza fretta mi condusse fino ad entrare dentro di lui. Il fastidio fu lieve rispetto alla prima volta, scomparve dopo un breve attimo. Da quella posizione lo sentivo più a fondo, quasi fino allo stomaco. Fu una sensazione nuova e incredibile. 

«Quando vuoi inizia a muoverti, piano, senza fretta» le sue parole mi rasserenarono «Fammi dimenticare il resto del mondo...», fece riferimento a quel brano. Involontariamente sapeva essere romantico con quelle frasi, spesso estrapolate dalle canzoni, ma non gliel'avrei mai detto; altrimenti avrebbe smesso. Ed io amavo il suo modo, ogni suo modo. 

Iniziai ad ondeggiare su di lui, prima piano e poi intensificando il ritmo. Ansimammo e gememmo insieme. Mi accese e si dissolse, lo accesi e mi dissolsi. Lì, sul bordo del paradiso mi fece precipitare tra gli abissi accendendo il mio cuore in fiamme. Caddi nel suo inferno. Quando persi la lucidità prese a muoversi lui sotto di me, decise lui il ritmo. La testa girava, non riuscii più a distinguere i nostri corpi, i nostri ansimi, i nostri respiri, i nostri battiti. Diventammo un'unica persona. Mi sentii legata totalmente a lui come neanche la prima volta era accaduto.

Perché lui divenne la luce, la notte. Il colore del mio sangue. La cura al dolore. Veleno e antidoto. Lui... L'unico che avrei mai voluto toccare. L'unico che avrei mai voluto amare e possedere totalmente. 

"Seguimi al buio
Lasciati portare oltre i nostri satelliti

Ora... Puoi vedere il mondo che hai portato alla vita

Così, amami come sai fare solo tu..
Cosa stai aspettando?"

 

 

 

 






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❤️N.A.❤️

BUON SAN VALENTINOOOO... 💘

Come Castiel e Miki anche il mio tempismo è perfetto. Pubblico il capitolo dedicato alla festa degli innamorati un giorno dopo. Che brava che sono🤛🏻

Ok, veniamo a noi. Sto fangirlando da sola per i MikiStiel, cioè... Ma quanto sono belli?! Non potevo non dedicare un altro capitolo all'inizio della loro love story, senza altri rompi balls. Probabilmente nel prossimo capitolo accadrà qualcosa, qualcosa... Ho già detto qualcosa? Ma godiamoci questi momenti va.. Io li adoro, so di esser di parte but... Sono troppo teneri. Punto. 

Ho volutamente evitato di riportare all'inizio uno dei brani consigliati per il capitolo perché volevo farvi uscire pazzi come Miki xD ho adorato questa parte. Fatemi sapere se anche a voi è piaciuta, se conoscevate la canzone e se avevate capito sin da subito. 

Adesso vi saluto,

All the love💖

Blue night🦋 

  
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