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Autore: Playful_Dog_of_the_Night    17/02/2019    0 recensioni
Tetsukeika è una grossa città nei nostri tempi moderni. In questo ambiente così "umanizzato" non esistono solo uomini, ma a coesistere vi sono anche i cosiddetti Senkuma (o figli dei demoni). Questa specie è una specie evoluta di demoni che caccia gli esseri umani per cibarsi di essi o della loro energia vitale. Oltre a questo tipo di coesistenza però esiste anche chi scende a patti con essi, rendendosi così padrone di un Senkuma, però questa pratica è vista molto male dalla società e molto spesso è punita con pene gravissime. Seguite passo passo la storia che porterà lo sfortunato, ma molto furbo Shoyu, e il suo gruppo di amici, a dover vivere e compiere le proprie scelte in questa città al di fuori della norma...
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Furry, Violenza
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La notte giunse, come ogni giorno a Tetsukeika. Sarebbe stata come ogni altra notte in quella città ma purtroppo non fu così. La luna risplendeva sui tetti degli edifici, sui vestiti dimenticati ad asciugare, sui balconi delle case, qualche “uomo di famiglia” approfittava della piccola brezza notturna, in quella primavera più calda del solito, per rinfrescarsi e riposarsi dai raggi del sole che li colpivano durante il giorno, i gatti giocavano tra le cime della città miagolando ogni qualvolta si prendessero; una notte perfetta almeno guardandola nel suo insieme, ma quella sera non soffermandosi sul quadro formato dalla città, uscendo verso la periferia si poteva scorgere qualcosa che rompeva quella apparente “perfezione”. Le strade di ciottoli erano comuni a Tetsukeika e molto strette, inoltre la città era molto intricata ed era facile perdervisi se non si conosceva la zona o semplicemente se non si stava troppo attenti. Lungo quelle strade correvano due ragazzi sui vent’anni, correvano come se qualcosa li inseguisse, le loro facce erano bianche, viso completamente deformato dalla paura, ansimando per la fatica che stavano facendo. Cercando di seminare ciò da cui scappavano, e di cui sentivano ogni singolo rumore, dal più piccolo ciottolo che si spostava, ai suoni sinistri di come quando una lama stride contro il ferro; finirono in un vicolo cieco... Tetsukeika punisce sempre chi non fa attenzione a dove va. Si trovarono in trappola contro un muro, si girarono verso la direzione da cui provenivano mentre il loro subconscio ancora li faceva cercare di indietreggiare quasi si volessero autoconvincere che il muro non esistesse. Passò qualche secondo quando il loro inseguitore si palesò, era alto, altissimo, forse tre metri, camminava a quattro zampe, ogni artiglio lungo quasi quindici centimetri, il pelo nero come il carbone, la bocca era furiosa, così tanto che la bava colava dagli enormi canini, gli occhi assetati di sangue completamente rossi, non vi era né iride né pupilla, solo sclera. Uno dei due ragazzi dalla paura cadde per terra e iniziò a piangere, l’altro era completamente paralizzato per imitare l’amico, ma lo avrebbe fatto di sicuro. La bestia si avvicinò, alzò l’enorme zampa e due voci echeggiarono per tutta la zona. 

Come la notte trascorse arrivò la mattina, la mattina era un dolore quasi per tutti... con essa finiva il riposo, ma per alcuni era un sollievo come per Shoyu che si svegliò nella sua umile casa di soprassalto per aver appena avuto un incubo. Grondava di sudore, si guardò intorno e vide uno spiraglio di luce entrare dalla finestra, fece un sospiro di sollievo pensando che finalmente fosse tutto finito ed andò ad aprire la finestra; dopo che la luce del Sole smise di abbagliarlo si mise a fissare il mondo al di fuori di essa. Era come al solito il suo piccolo paesino di pochi abitanti ma abbastanza vivo, le persone giravano per il paese già alle prime luci ed erano per lo più brave persone. Si girò a guardare l’orologio e gli si gelò il sangue, erano le 7.30 di mattina, non era mai stato così in ritardo per la scuola come quel giorno! Prese di scatto i primi vestiti che gli capitarono a tiro e uscì dalla stanza vestendosi. Nel tentativo di saltellare giù dalle scale mentre si metteva i pantaloni ruzzolò giù finendo gambe all’aria e svegliando sua madre che era assopita sul divano della stanza vicina, visibile dalla posizione in cui era atterrato Shoyu. Senza muovere un muscolo se non la testa sua madre lo guardò mettendosi a testa in giù e con una voce più addormentata che mai gli chiese: - Come mai così di fretta? - e sbadigliò - Come mai?! Ma quando avevi intenzione di svegliarmi?! - - Perché che ore sono? - intanto si girò verso l’orologio e vide l’ora, urlò - Cavolo mi sono addormentata scusa!!!! Allora per riuscire ad arrivare in tempo a scuola tu dovrai... - Shoyu smise di ascoltarla, prese le chiavi di casa e uscì senza dare la minima importanza a sua madre, che nemmeno si accorse che il figlio era già andato e continuò a blaterare cose con un significato capibile solo da lei. Attraversò l’intero cortile che, tutto sommato, faceva risaltare molto quella piccola casa e arrivò fino al vecchio cancelletto di casa sua, si guardò un attimo intorno e ripensando al fatto che era in ritardo fece un sospiro e si incamminò verso la piazza del paese. Quel giorno per affrettare il passo prese una scorciatoia che passava per una via perpendicolare alla piazza e alla via in cui lui abitava, non era sicuro del fatto che fosse una scorciatoia ma la sua mente in quel momento pensava solo all’arrivare in tempo alla fermata del bus e quindi i dubbi sparirono “ritardo per ritardo...” pensò. Si incamminò nella via sconosciuta e la percorse guardandosi molto attorno incuriosito, come faceva ogni volta che arrivava in posti nuovi, per ricordarne i dettagli e le cose di spicco; la via era veramente molto stretta, una macchina molto probabilmente avrebbe fatto fatica a passarvici, a destra e a sinistra piccoli alberi di ulivo e querce ancora non secolari sbucavano con i loro rami verso la strada creando un mondo completamente diverso e distaccato da quello del paese, apparentemente. Camminando e osservando scrupolosamente, cercando di non dare troppo nell’occhio per eventuali inquilini delle case che tanto voleva “studiare”, finì per scorgere la sua prima “forma di vita” da quando aveva intrapreso la strada, era una ragazza con i capelli scuri e gli occhi violetto chiaro che facevano molto contrasto ma non guastavano di certo il viso delicato, era seduta su una piccola rampa di scale che conduceva alla porta di casa sua ma ad occhio e croce Shoyu si accorse che era veramente molto alta per essere una ragazza, la osservò meglio, senza farsi vedere e continuando a camminare dritto e finalmente lo notò... era una sua compagna di classe; aveva faticato a riconoscerla perché era una ragazza molto chiusa in sé stessa e quindi abbastanza invisibile e trasparente, cercò di ricordarsi il nome ma gli venne in mente solo il cognome: Toku. Non riusciva a ricordare altro, lei comunque non sembrava averlo notato e quindi la guardò finché non scomparve alla sua vista dietro alla siepe della casa di fianco. Arrivò alla fine della via e finalmente vide la fermata del bus proprio davanti a lui, prese lo smartphone fuori dalla tasca per guardare l’ora e notò che per fortuna era in orario, erano le 7.42 e mancavano ancora tre minuti. Si mise ad aspettare e come al solito il bus arrivò in spaccato orario, si fermò davanti a lui con la porta posteriore quindi salì; durante la salita si voltò un attimo verso la porta anteriore e vide la ragazza di prima salire, pensò che fosse strano perché non la aveva vista arrivare ma poi finì per pensare che fosse solo lui ad essere un po’ distratto e non ci fece troppo caso. Finì di salire e come sua abitudine si sedette nel posto esattamente dietro alla porta. 

 Per tutto il viaggio si assopì mentre ascoltava la musica e quindi per lui, dei venti minuti che di solito trascorrevano ne percepì al massimo cinque, arrivando davanti a scuola e svegliandosi per la frenata del bus. Scendendo da esso si ritrovò davanti ai cancelli della sua scuola superiore, entrò dal cancello principale e, costeggiando l’intero edificio si ritrovò nel giardino interno della scuola che univa la struttura principale a quella con i laboratori e le palestre. Si fermò di fianco ad un pilastro che teneva in piedi un piccolo porticato da cui si poteva entrare nell’edificio principale, lì aspettò per qualche minuto i suoi amici, che stavano tardando, quando qualcosa distolse la sua attenzione, era di nuovo quella ragazza, Toku, di cui finalmente, dopo tre anni di convivenza nella stessa classe, aveva scoperto qualcosa: la sua abitazione; che nonostante non fosse una cosa di cui andare vantandosi per i quattro venti data l’ambiguità dell’informazione, era comunque già qualcosa. Non sapeva perché ma dopo averla vista lì, su quella rampa di scale, quella mattina stessa, era come se fosse attirato da lei, per la prima volta voleva sapere altro su di lei, forse era solo la pietà dell’aver per la prima volta pensato alla situazione di solitudine in cui restava o forse, e più probabilmente, era pura e genuina curiosità umana, tutto quel mistero che rappresentava quella ragazza così timida e solitaria, quella personalità completamente da scoprire e che nessuno avrebbe mai potuto raccontargli prima di averla conosciuta, diciamo la verità... avrebbe allettato chiunque dotato di un minimo di curiosità. Appena la vide girare l’angolo e sparire tra le colonne del porticato dell’altro edificio la curiosità prese il sopravvento e cercò di seguirla per instaurare una conversazione, ma appena arrivò dall’altra parte del giardino la perse di vista; fu in quel momento che Shoyu sentì una voce provenire da dietro di lui e si girò di scatto, era Kanze Chotsukuro la sua migliore amica, in effetti l’unica; era un pelo più bassa di Shoyu, circa 1,65 con i capelli castani corti e scompigliati che riflettevano la sua anima libera e cercatrice di guai, portava gli occhiali da vista che mettevano in risalto quegli occhi verdi e lucenti come lo smeraldo, sempre vestita da maschiaccio con gilet creati in casa strappando le maniche alle felpe e pantaloni tagliati nel medesimo modo, guanti in pelle senza le dita e la ciliegina sulla torta: una spilletta per capelli a forma di teschio che pendeva dai capelli; stranamente l’abbigliamento non minava assolutamente alla sua bellezza anche se lo faceva con la sua femminilità, per Shoyu e amici era bella perché “era ciò che piaceva a lei”. - Tsu-caro ma oggi non eravamo in “principale”? - chiese in modo solare la ragazza – Kanze, ma sei scema? Mi hai fatto venire un colpo e poi quante volte ti ho detto di non chiamarmi “Tsu-caro”? -, - Ohhh scusami tanto Tsu-caro non volevo assolutamente “farti venire un colpo” ... fighetta - - Scusami?! - accorgendosi in ritardo della battuta, di tutta risposta lei si mise a ridere a crepapelle finché Shoyu non la interruppe – Quindi dove sono gli altri? - - Beh Akugai mi ha mandato un SMS stamattina dicendomi che era ammalato mentre Kibami è in giro con la sua fidanzata... hai presente no, che lui diventa irraggiungibile quando trova qualcosa su cui mettere le mani, esattamente come fa con i videogames... - - Non cambierà mai... - rispose Shoyu e continuò - Forse è meglio se entriamo penso di aver sentito la campana suonare - - Sì, meglio entrare – e con quest’ultima affermazione i due si diressero verso la porta di ingresso della scuola. Shoyu provò a girarsi un’ultima volta preso dall’istinto di curiosità che era tornato in lui ma non vedendo nessuno smise per un po’ di preoccuparsene. 

Mentre si muovevano verso la classe Kanze, come al solito, iniziò a raccontare al povero ragazzo ogni singola cosa che gli poteva venire in mente, anche sconnessa da quella precedente; di solito Shoyu rimaneva ad ascoltarla impassibile e memorizzava ogni singola parola cercando, poi, di trovarvi un nesso logico. Rimaneva ad ascoltarla per ore sia dal vivo che per messaggio, perché trovava intrigante che una persona avesse sempre qualcosa da dire e che non si preoccupasse del se avesse senso con la cosa detta in precedenza oppure no, doveva dirlo. Un tempo pensava che fosse solo stupidità, ma si accorse che tutta la montagna di parole e frasi sconnesse dette da quella ragazza, non si contraddicevano mai e se lo facevano, lei sembrava come esserne cosciente e spiegava come era giunta a sfatare le sue teorie precedenti. Forse la ascoltava con così tanto interessamento anche per altro, ma questo era il motivo che gli saltava in mente più spesso. Shoyu però durante quel piccolo tempo trascorso con la sua amica nel passare l'atrio, il salire le scale e cercare la classe non ascoltò nemmeno una parola, o almeno si limitò a sentire senza ascoltare dando qualche segno di vita annuendo ogni tanto; la sua mente era troppo rivolta verso Toku, al suo alone di mistero che celava quel viso liscio e bello come il volto di un marmo, non sapeva neanche lui perché continuasse ad interessarsene, dopotutto aveva solo scoperto dove abitasse quella ragazza, ma continuava a sentire una leggera scintilla nella sua testa, un pensiero che continuava a dirgli che c’era qualcosa in quella ragazza. Dopo qualche svolta e qualche rampa di scale i due riuscirono ad arrivare alla classe, l'aula ventitré, quella classe aveva un valore diverso per Shoyu e i suoi amici, perché gli anni precedenti cambiavano aula molto spesso e così diventò strana quella posizione statica. Shoyu entrò per primo mentre altri suoi compagni di classe già erano arrivati ed erano raggruppati intorno a vari banchi a parlare; Shoyu cercò di mettere lo zaino sul penultimo banco vicino alla finestra ma Kanze lo fermò spingendolo con il suo – Ehi, ma che diav… - esclamò Shoyu che finì addosso al banco di fianco a lui, nel dire ciò si girò e vide Toku, questa volta non le diede corda e si sedette di fianco a Kanze che lo guardò con un sorriso a trentadue denti e dondolando la testa – Che c’è Shoyu? Qualcosa non va? - - No tranquilla – si fermò un attimo ed infine continuò - Un posto vale l’altro - quasi delusa dalla reazione il sorriso scomparse dalla faccia dell’esuberante ragazza e mise il broncio girandosi dalla parte opposta. Shoyu prese dalla sua tasca destra il cellulare per controllare se fossero arrivati messaggi ma prima di riuscire a controllarlo entrò la professoressa e tutti si alzarono per salutarla, compreso lui che rimise via il telefono prima di controllarlo. La professoressa entrò con un fare diverso dal solito: era seria, non che non lo fosse anche gli altri giorni ma questa volta aveva qualcosa di strano, sembrava che la sua serietà non fosse dovuta solo a un mero motivo di professionalità ma sembrava essere dovuta anche a qualcosa che la turbasse; Shoyu se ne accorse subito e cercò di scrutarle il viso per cercare un qualsiasi movimento involontario che confermasse la sua teoria, ma non ce ne fu bisogno perché fu lei stessa a chiarire cosa la turbava. Si sedette alla cattedra e intimò il resto della classe di sedersi a loro volta, mise la sua borsa ai piedi della cattedra e iniziò a parlare – Buongiorno anche a voi ragazzi – si fermò per qualche istante, guardò tutti gli studenti da sinistra verso destra e ripartì - Oggi purtroppo non porto buone notizie... ieri proprio in questa zona, purtroppo, due ragazzi sono stati aggrediti da un Senkuma  e sono stati trovati in condizioni pietose... - su questa frase si bloccò, ma al suo fermarsi iniziò un brusìo generale, c’era chi, giustamente spaventato, faceva discorsi quasi del tutto deliranti dicendo che non sarebbe più venuto a scuola per un bel periodo, altri che cercando di nascondere la propria paura si facevano grandi e grossi dicendo che poteva benissimo essere anche un Senkuma territoriale ma loro lo avrebbero affrontato di testa e poi c’era Shoyu – Un Senkuma?! Un figlio dei demoni... non si sentivano di aggressioni così esplicite di uno di loro da molto tempo, se è stato veramente il “Padrone di Caccia” non è una cosa da prendere sotto gamba, devo saperne di più - da un lato era spaventato come tutti gli altri ma sotto un altro aspetto era intrigato, non aveva mai visto un “figlio di demone”, un “demone evoluto” come si soleva anche chiamarli e il fatto che una creatura così potente potesse essere in attività in quel momento e che lui potesse incontrarla da vicino vinceva anche la sua paura di rimanere ucciso. Si girò verso Kanze che fece lo stesso e lo interruppe prima ancora che lui potesse proferire parola – Lo sapevo che ti saresti girato verso di me - - Ehi, aspetta cosa? - rispose Shoyu un attimo confuso – Era ovvio che avresti pensato a quello a cui stai pensando adesso – prese un respiro e continuò - Ci sto - a questo punto Shoyu era più confuso che mai e replicò - In che senso “ci sto”? - - Non vuoi andare a vedere il Senkuma che sta creando scompiglio in periferia? - lo disse con un’aria più che soddisfatta come se avesse già sentito la risposta che si aspettava, Shoyu cercò invano di dare una risposta ma Kanze lo anticipò e bloccò ogni suo tentativo di comunicare i suoi pensieri – Dai, non sono stupida, ti conosco troppo bene e non c’è bisogno che tu mi risponda, so già la risposta – dato l’eccesso di eccitazione dovuto al fatto che, secondo lei, aveva azzeccato ogni pensiero dell’amico gli comparve sul volto di nuovo quel sorriso smagliante e ricominciò a dondolare la testa, Shoyu a questo punto riuscì a replicare – Ma è comunque un’idea stupida, semmai dovessimo trovarlo e lui ci vedesse sarebbe finita per noi, non ci hai pensato? - quasi come si aspettasse anche questo tipo di risposta riuscì a replicare con ancora più determinazione e velocità di Shoyu – E allora perché dalla tua intonazione non traspare il voler veramente convincermi di questo? Sembra quasi che tu mi stia cercando di attirare ad accettare di venire con te in questa “missione”, ma non serve... ti ho già dato una risposta affermativa – Shoyu si sentì all’angolo e in realtà accadeva non con poca frequenza quando discuteva con Kanze, perché veniva sempre sorpreso da come quella ragazza, dall’aria così gioviale e stupida, potesse replicare in un modo quasi scientifico, utilizzando anche nozioni che lo stesso Shoyu gli aveva dato; dopo l’ultima affermazione Shoyu, che era stato completamente smascherato, non seppe cosa dire se non – Non hai paura? - - Certo che ce l’ho, ma saremo in due e sarà comunque interessante e poi non è detto che lo troveremo, no? - - Hai ragione – fu l’unica cosa che riuscì a dire infine Shoyu. 

I due trascorsero l’intera giornata ad ascoltare le lezioni e a discutere su quale sarebbe stato il “piano” per la sera; così, le cinque ore di scuola passarono velocemente ai loro occhi; Shoyu tornò a casa normalmente e aspettò la sera. Dopo cena si coricò sul suo letto e aspettò il messaggio dell’amica, per fortuna non era una persona ritardataria e non aspettò molto. Arrivatogli il “via libera” chiuse la sua stanza a chiave e aprì la finestra, era una classica serata primaverile, con una delicata brezza che racchiudeva un dolce fresco che rilassava l’intero corpo. Si guardò in torno per assicurarsi che nessuno lo vedesse e si mise a scendere utilizzando la grondaia lì vicino, oramai era talmente abituato a fare questo tipo di cose che riuscì addirittura a richiudere la finestra in modo che il freddo non entrasse. Una volta nel giardino posteriore lo percorse fino ad un capanno e prese la sua bicicletta, uscì dal cancello posteriore stando attento a non fare il minimo rumore, salì sul mezzo e iniziò a pedalare verso Tetsukeika. Pedalò per circa mezz’ora e si ritrovò davanti alle mura antiche della città, cercò di affrettare il passo e in circa un’altra decina di minuti riuscì ad arrivare nel punto di incontro. Ovviamente era in centro, che oltre ad essere il punto più sicuro della città era anche la zona in cui abitava la famiglia Chotsukuro. Si fermò e scese dalla bici per cercare Kanze e dopo essersi ripreso dalla lunga pedalata la trovò, era con la schiena contro ad un grosso palo della luce, una gamba era piegata e si appoggiava allo stesso palo, la testa e lo sguardo erano persi nel cielo, ascoltava la musica dondolandosi a ritmo di essa e “ovviamente” masticava una gomma e ogni tanto ne faceva bolle. Shoyu arrivò da lei destreggiandosi un po’ tra l’agglomerato di gente che passava da una parte e dall’altra e riuscì a raggiungerla, con poco stupore più si avvicinava più riusciva a sentire chiaramente la musica che stava ascoltando, si riuscivano a distinguere chiaramente la chitarra elettrica e il cantante, anche se non si sentivano le parole. Quando la raggiunse lei se ne accorse, si girò verso di lui e appena si tolse le cuffiette sembrò quasi ritornare nel mondo reale, come se quella musica per lei fosse un portale per un’altra dimensione che le permetteva di mettersi in contatto con tutta sé stessa, Shoyu ci faceva sempre caso e ogni volta ne rimaneva stupito e pensava a quanto una cosa semplice come la musica potesse far viaggiare l’uomo; i suoi vaneggiamenti furono interrotti dalla allegrissima e penetrante voce di Kanze che lo salutò, lui rispose al saluto scrollandosi la testa, come se anche lui prima fosse in un'altra dimensione, e invitò la ragazza a salire sulla bici. Dopo che lei fu salita Shoyu iniziò a pedalare verso la periferia, che era il luogo da cui avrebbero potuto avere più piste da cui incominciare la ricerca del loro obiettivo.  

Più si allontanavano dal centro più si poteva chiaramente notare come la sua atmosfera allegra e viva si affievoliva gradualmente, tanto quanto le persone che giravano per le strade. Mentre Shoyu pedalava Kanze rimase stranamente in silenzio per più di metà del viaggio, poi decise di rompere il silenzio con una domanda – Quindi... qual è il piano di battaglia? - - È lo stesso che abbiamo deciso a scuola stamattina ricordi? Quando saremo sul punto dell’aggressione della scorsa notte cercheremo qualche indizio che possa portarci da lui, i Senkuma non attaccano mai due notti di fila quindi non abbiamo nulla da temere, non verremo attaccati fino a che non lo troveremo e lui non ci vedrà - stettero in silenzio ancora per qualche minuto e ancora Kanze ruppe quello stato – Cavolo, la tensione inizia ad essere tagliabile, eh? - - Ehi, Kanze qualche problema? Sei strana rispetto al solito - Shoyu smise di pedalare e si fermò - Beh è naturale avere un po’ di paura in queste situazioni, no Shoyu? - rispose Kanze – Se vuoi ti riporto a casa - - Ma sei completamente fuori?! Secondo te riuscirei a dormire sonni tranquilli sapendo che tu, da solo, continui a cercare uno degli esseri più pericolosi del mondo? - Shoyu replicò - E se ti promettessi di tornare immediatamente a casa dopo averti riaccompagnato? - - Non lo faresti mai, pensi che io non ti conosca? - - Ehi, sei la mia migliore amica non ti mentirei mai e poi a chi fregherebbe di una stupida e pericolosa curiosità rispetto al sapere che un proprio amico non si sta preoccupando, inoltre più resto fuori più c’è il rischio che i miei mi scoprano, quindi sta a te la scelta – Kanze restò zitta per qualche secondo pensando ai pro e ai contro, pensando a se credere a Shoyu o no e alla fine rispose – Non prendermi come una codarda ti prego... - - Chi lo farebbe mai? Io di sicuro no... dopotutto è una reazione normale, anch’io sto scoppiando dalla tensione – detto ciò prima ancora che Kanze potesse dire qualcosa come un “grazie” o uno “scusa” Shoyu si girò e ripartì alla volta del centro. 

Durante il tragitto inverso Kanze sembrava essersi ritrasformata nella solita Kanze di tutti i giorni e ripartirono i suoi discorsoni “senza senso”, a Shoyu intrigò moltissimo questa cosa e rimase affascinato di come la tensione e la paura potessero rendere una persona come Kanze, il suo opposto. Come al solito rimase ad ascoltare ogni singola parola e a memorizzarla. La tensione era scomparsa anche dal suo corpo e il viaggio di ritorno gli sembrò estremamente più veloce di quello di andata, nonostante fosse lo stesso. Finalmente, per Kanze, i due arrivarono davanti a casa sua, lei scese dalla bici e si sgranchì la schiena e le braccia con rumori di ossa, che tornano alle loro posizioni originali, che neanche una persona ferma immobile da anni avrebbe fatto. Sputò la gomma che aveva in bocca, si girò verso Shoyu e gli fece un cenno con la mano che contava come saluto, gli sorrise e mettendo le mani in tasca da una tirò fuori un’altra gomma, mentre dall’altra le cuffiette. Dopo che fu entrata in casa Shoyu tirò un sospiro di sollievo che non sapeva neanche lui a cosa era dovuto e ricominciò il suo viaggio verso il suo paesino. Trascorsero circa venti minuti da quando era partito e contava il suo ritorno in circa un’altra mezz’ora, dato che al contrario dell’andata questa volta non stava pedalando a tutta gamba, quando sentì un rumore spiacevole al suo udito: uno stridio, ma continuò a pedalare senza dargli troppo peso; poi iniziò a sentire un rumore diverso, era simile al ferro che fa attrito contro l’asfalto; all’inizio lo sentì molto lieve, ma ogni secondo che passava lo sentiva sempre più vicino, dopo qualche secondo iniziò a sentirlo come se ce lo avesse nell’orecchio, iniziò ad avere terrore di cosa potesse causare questo rumore e quando divenne più forte che mai, quasi come se provenisse da sé stesso, si voltò, ma non vide nulla, il rumore era cessato ma la sensazione non era svanita, anzi era aumentata esponenzialmente, non pensò che fosse tutto finito ma che fosse solo una calma prima della vera tempesta. Si voltò nuovamente più velocemente possibile per poter correre fino a casa con tutta la forza che aveva in corpo, ma fu proprio quando si girò che lo vide: occhi completamente rossi senza iride e senza pupilla, solo sclera, era enorme con il pelo nero come il carbone, artigli lunghi quindici centimetri ciascuno, sembrava che la fame fosse la sua unica ragione di vita e dopo questa considerazione Shoyu capì che lui stesso sarebbe stato la sua cena se non avesse fatto qualcosa. Per la prima volta il suo cervello non riusciva a trovare una soluzione, non riusciva ad elaborare i dati che gli venivano offerti dai suoi cinque sensi e andò nel panico, per la prima volta nella sua vita provò una tale sensazione di terrore che neanche lui si aspettava di poterla provare, l’unica cosa che riuscì a dire fu – Quello è un Senkuma – e lo disse balbettando. A questo punto la bestia iniziò ad avvicinarsi a lui lentamente, quando fu abbastanza vicina Shoyu agì d’istinto e gli lanciò la bici, mossa completamente inutile dato che una sua artigliata disintegrò completamente quel fragile oggetto. A questo punto si potè realmente avvertire che la bestia si era arrabbiata sopra l’immaginabile e caricò Shoyu, che riuscì a schivare per il rotto della cuffia facendo finire l’artigliata della bestia contro il terreno. A lui non restava altra possibilità che scappare e quindi scappò nella prima direzione che gli sembrò diametralmente opposta al suo cacciatore. Corse come non aveva mai fatto ma la bestia lo superò in fretta e lo colpì con gli artigli rispedendolo dove era partito. Shoyu rimase stordito da questo brutto colpo ma non sentiva nulla, alzò la testa per vedere se aveva danni gravi e gli si gelò il sangue: aveva un gigantesco squarcio nel petto all’altezza del cuore da cui usciva sangue copiosamente. Nonostante la sua mente continuava a dirgli che era finita il suo corpo agiva in modo contrario continuando ad attaccarsi con le unghie e con i denti alla sua vita, non voleva cedere. Di scatto si girò a guardare se c’era qualche oggetto nel luogo in cui era caduto e vide ciò che gli sembrò la sua ancora di salvezza: un artiglio spezzato appartenente alla bestia, pensò che fosse la sua unica possibilità quindi arrancò fino ad esso. Quando la bestia se ne accorse iniziò nuovamente una carica per finirlo definitivamente ma Shoyu raggiunse l’artiglio prima che la bestia raggiungesse lui; con le ultime forze prese l’unghia aguzza staccata dalla bestia, si mise a pancia in su, sospirò per la fatica ed infine... svenne. 

   
 
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