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Autore: Mary P_Stark    18/02/2019    1 recensioni
Clearwater, Canada. 2018.
Il pellegrinaggio forzato di Irish Walsh ha una battuta di arresto a causa di un banale pneumatico forato. Ma, grazie a questo incidente - o al destino -, ciò le permetterà di scoprire particolari di un passato che non conosce e di una vita che non ha voluto ma che le è stata imposta da mani disattente.
Clearwater sarà il punto d'inizio di un viaggio di ri-scoperta di se stessa e delle sue radici ancestrali e, grazie ad altri come lei, depositari dell'antico sangue di Fenrir, i misteri di un passato comune e antico avranno finalmente una risoluzione.
Niente però avviene con facilità, e lunghe ombre si addenseranno su di loro, complicando un cammino di per sé già impervio. Starà ad Iris e ai suoi nuovi compagni di viaggio, riuscire a fare in modo che nulla interferisca con la scoperta della verità. - Segue le storie de La Trilogia della Luna
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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2.

 

 

 

 

I ragazzi di Wilford Johnson furono velocissimi nel cambiare lo pneumatico del camper di Iris.

Si complimentarono inoltre con lei per il mezzo super accessoriato – dotato, tra l’altro, di una Smart ForTwo nel gavone – così come per il suo lungo viaggio.

Percorrere quasi tremilacinquecento miglia, spaziando dalle Montagne Rocciose, lo Utah, il Colorado, Wyoming, il Montana e poi sconfinare a nord per attraversare il Manitoba, il Saskatchewan e infine la Columbia Britannica, non era da tutti.

Nell’attendere che il lavoro fosse ultimato, infatti, Iris si era sbilanciata a chiacchierare un po’ con loro, informandoli sul suo peregrinare per gli Stati dell’ovest e sulle prossime mete da raggiungere.

Quando infine poté riavere il camper, Iris salutò tutti con calore e, con calma, imboccò la via principale per dirigersi al camping.

Sì, quella gente le piaceva davvero e sarebbe stato un piacere fermarsi in quel luogo per un po’.

Il solo pensarlo la portò a ridere tristemente, e i pensieri le andarono alla Iris di un paio di anni prima, così come alle compagnie che aveva sempre frequentato prima di tutto.

Sarebbe stato impensabile, per lei, trovare piacevole la semplice compagnia di un meccanico, così come di una cameriera in un bar.

In questo, era stata molto superficiale e frivola, ma ciò che le era successo era almeno servito a darle la batosta necessaria per farla cadere con il didietro a terra. Questo le aveva fatto comprendere quanto, soldi e celebrità, fossero futili, se non erano conditi da un minimo di cervello e tanta, tantissima umiltà.

Senza avere certezze per il futuro, o dei genitori con cui condividere un destino comune, a cosa le erano serviti i suoi soldi e le sue amicizie? A nulla.

La vecchia Iris non avrebbe mai potuto affrontare da sola quell’impresa. Era stato perciò necessario sostituirla, darle il benservito, diventare qualcun altro. Qualcuno, lei sperava, di migliore.

«Di sicuro, avrei preferito maturare senza tutti questi grattacapi al seguito ma, visto che non ci posso fare niente…» brontolò lei con un mezzo sorriso.

Era inutile arrovellarsi sui difetti di un passato che non poteva cambiare, ma da cui poteva trarre il massimo per migliorarsi. Poteva solo sperare di essere diventata un poco più matura rispetto a come era stata in passato.

Fu con quell’atteggiamento pragmatico che si presentò all’entrata del camping. Oltrepassando l’alto arco di legno su cui capeggiava il nome del campeggio, avvicinò quindi il camper alla casupola in tronchi della reception, e lì parcheggiò.

Sulla veranda assolata, e seduto su una poltrona di vimini a leggere una rivista, Iris vide un giovane dai ricci capelli castani, su cui brillavano perfetti colpi di luce a far risaltare le chiome corte e ordinate e il viso piacente.

Era davvero affascinante – constatò Iris – e dal sorriso ampio, ma non fu quello a farle spalancare la bocca come un’idiota, non appena fu scesa dal camper.

Quel giovane sui trent’anni, dal fisico atletico e vestito come un boscaiolo… aveva il suo stesso odore.

Non era un odore umano, ma ferino. Sapeva di bosco, di selvatico e di animale e, quand’anche lui lo ebbe notato, il suo sorriso scemò un po’ per poi farsi quasi interrogativo. Guardingo.

Che neppure lui avesse mai incontrato prima un suo simile? Erano davvero così rari?

Iris bloccò i suoi passi accanto al suo mezzo, la mano stretta allo specchietto retrovisivo, mentre il giovane si alzava cauto dalla poltrona, gli occhi azzurri fissi sul suo viso.

Come ci si doveva comportare di fronte a un proprio simile?, si chiese tesa Iris, non sapendo cosa accidenti dire, o fare.

Il giovane dovette accorgersi della sua indecisione, o forse fu la vista della ferita slabbrata sul suo braccio – messa in evidenza dalla sua camicia a maniche corte – a metterlo in allarme.

Quella momentanea impasse venne perciò spezzata dal giovane che, sorridendole con maggiore convinzione, la invitò a entrare nella casupola, dicendole: «Benvenuta al camping di Clearwater. Lei deve essere miss Walsh. Zio Wilford ha chiamato poche ore fa per dirmi che sarebbe arrivata.»

«Sono io, in effetti. Lieta di fare la sua conoscenza, Mr Johnson» asserì cauta lei, salendo i due gradini di legno della veranda per poi entrare nella casetta di tronchi intrecciati.

Il giovane rise sommessamente, facendole strada e, nel chiudersi la porta a vetri alle spalle, replicò: «L’unico Mr Johnson che conosco, a parte lo zio, è mio padre Chuck. Io sono solo Lucas.»

«E io solo Iris» dichiarò a quel punto la giovane, allungando timidamente una mano nella sua direzione.

Lucas gliela prese con un certo vigore e, piegando leggermente su un lato il braccio ferito di Iris, sospirò e domandò spiacente: «Quando è successo?»

«Due anni fa» mormorò la giovane, sapendo bene a cosa si stesse riferendo.

Lasciando andare la presa, Lucas sospirò nuovamente e, nello scuotere il capo, mormorò: «Mi spiace davvero tantissimo. Deve essere stata una batosta coi fiocchi.»

Un groppo improvviso quanto enorme le bloccò la gola e Iris, portandosi le mani al volto nel tentativo di comprendere cosa non andasse, si ritrovò a sfiorare calde lacrime sulle sue gote.

Lucas, immediatamente, la fece sedere su una poltrona dal sedile imbottito a scacchi rossi e blu e, nell’allungarle una scatola di kleenex – che si trovava su una tozza scrivania di legno – asserì: «Okay, ho battuto tutti i record. Non avevo mai fatto piangere una ragazza in meno di un minuto.»

Iris si lasciò andare a un risolino un po’ isterico e, nel tamponarsi gli occhi, gorgogliò: «E’ la prima volta che… che parlo con qualcuno come me… scusa, non sapevo cosa fare, ed è venuto fuori il mio lato più molliccio.»

Lucas rise di quella spiegazione fatta di balbettii sconnessi e, accomodatosi che fu sulla poltrona vicina, replicò: «Due anni tutta sola nella tua testa, senza sapere che farne di quello che ti hanno lasciato in eredità, e senza che tu lo volessi, immagino? Va ancora bene se sei rimasta sana di mente!»

«Mio… mio zio lo sa» mormorò Iris, calmandosi gradatamente. Forse, la tempesta ormonale era terminata, e lei poteva tentare di non apparire solo una sciocca piagnucolosa.

«Un… senza pelo?» borbottò contrariato Lucas, accigliandosi immediatamente.

Lei assentì con vigore, immaginando che quel termine così strano indicasse coloro che non si trasformavano in lupi. Immediatamente, replicò: «Sta mantenendo il segreto dal giorno in cui gliel’ho detto. I miei genitori sono morti due settimane dopo la mia aggressione, e così… beh, c’era solo lui ad aiutarmi, quindi…»

«Beh, se ti copre da allora, è a posto» asserì cauto Lucas. «Hai parlato di un’aggressione. E’ così che ti hanno ferita? Che hai contratto il marchio?»

«Un ubriaco in un vicolo, mentre rientravo a casa. Mi ferì con quelle che, subito, credetti essere degli artigli di metallo. Sai, come quelli che usano i ninja nei film… ma non lo erano affatto» sospirò Iris, ora irritandosi leggermente. «Non so neanch’io perché lo pensai, visto che è assurdo il solo crederlo possibile, ma fu l’unica cosa sensata che mi venne in mente in quel momento.»

Ricordava perfettamente quella notte tremenda.

I suoi passi veloci lungo il vicolo, le sue imprecazioni a mezza bocca per aver fatto tardi e la paura, la terribile paura quando, dietro di lei, Iris aveva avvertito il suono di passi traballanti.

Non aveva fatto in tempo a prendere le chiavi per aprire la porta del palazzo dove abitava. L’uomo l’aveva afferrata a un braccio, urlandole di darle i suoi soldi, ma Iris aveva reagito.

Dopo aver estratto dalla borsetta lo spray al peperoncino, lo aveva diretto contro il volto barbuto dell’assalitore che, colto alla sprovvista, aveva ringhiato contro di lei, ferendola e sbattendola con violenza contro il muro.

Il colpo l’aveva tramortita a sufficienza da impedirle di vedere la fuga precipitosa dell’assalitore e, quando alcuni vicini l’avevano trovata – attirati dal caos nel vicolo – avevano subito chiamato l’ambulanza.

I giorni seguenti lei li aveva passati in casa, tentando di calmare le sue paure e mantenendo il segreto con i suoi genitori per non spaventarli. Il fatto che dovessero affrontare un lungo viaggio di lì a poco, l’aveva frenata.

Con il fare della luna piena, però, Iris si era resa conto di quanto, quell’aggressione, l’avesse cambiata. In cosa, soprattutto.

Il terrore si era sostituito allo sgomento di essere stata aggredita e, già sul punto di dire tutto a suo padre, il peggio era avvenuto.

Un maledetto incidente. Un ragazzino al volante dell’auto del padre, strafatto di cocaina, si era lanciato a occhi chiusi per l’autostrada, uccidendo se stesso, l’amico al suo fianco e gli incolpevoli genitori di Iris.

Il tutto si era ridotto a un articolo sul giornale, alle condogliante dei conoscenti, a un cospicuo risarcimento danni, a un veloce processo e al vuoto nel suo cuore.

In un attimo, i suoi genitori se n’erano andati e lei era rimasta sola, con il suo atroce segreto racchiuso in gola e con l’ansia di non sapere cosa fare.

Rivolgersi a zio Richard le era parsa l’unica soluzione e, se lui non fosse stato così gentile e premuroso, Iris sarebbe sicuramente impazzita.

«… e così, mi sono messa alla ricerca di qualcuno che potesse spiegarmi cosa fare, come guarire o, al peggio, come gestire ciò che sono» terminò di dire Iris, lanciando un’occhiata supplichevole agli occhi azzurro ghiaccio di Lucas.

Le spalle rilasciate contro lo schienale della poltrona, il giovane fischiò sorpreso e asserì: «Beh, direi che hai avuto un bel coraggio a metterti in gioco a questo modo, anche se non avevi alcuna certezza al tuo fianco.»

«Lo zio pensava che forse, allontanandomi da una città popolosa come L.A., avrei potuto trovare qualcuno disposto a parlarmi, se fossi stata nella condizione di scoprire qualcosa di concreto» gli spiegò Iris, facendo spallucce.

«Nei paesi piccoli la gente mormora e, se qualcuno è strano, lo si sa sempre» chiosò Lucas, sorridendo sghembo. «Nel mio caso, non vale molto, o meglio, non in questo senso ma, per un’altra persona, questo detto è valso eccome, anche se mai nessuno è giunto alla verità.»

«In che senso?» volle sapere Iris.

«Visto che non conosci nulla di ciò che sei, tanto vale che ti spieghi quel che so io, che ci sono nato, con questo graffiante segreto» ironizzò Lucas, facendola sorridere.

«Quindi, anche i tuoi genitori… ma non tuo zio! Non ho sentito alcun odore, su di lui!» esalò Iris, un po’ confusa.

«No, sono solo io, infatti. Non so dirti perché, e lo zio non sa niente della mia controparte pelosa, così come mio padre. Solo mia madre, Clarisse, ne è a conoscenza, visto che ho disintegrato la stanza da letto al mio primo… cambiamento. Mio padre era via per un seminario, in quel periodo, ma lei no. E vide.»

Iris ammiccò comprensiva, rammentando più che bene come aveva ridotto il suo appartamento, dopo la sua incredibile esibizione in versione pelosa. Grazie al cielo, aveva fatto montare dei muri insonorizzati perché le piaceva suonare il pianoforte, altrimenti chissà cosa avrebbero pensato i vicini!

«Quindi… cosa siamo?»

«Pelosi terminali, temo. Che io sappia, non si può invertire il processo e credimi, c’è chi ci ha provato in tutti i modi» le spiegò Lucas, intrecciando le mani in grembo. «La tizia cui accennavo prima, e che fece tanto chiacchierare il paese prima di sparire nel nulla. Sbarellò di brutto quando scoprì di essere un lupo mannaro e, solo a stento, riuscii a tenerla a freno per impedire che si gettasse sulla cittadina per inscenare un film horror in piena regola.»

Iris lo fissò sgomenta e Lucas, ombroso in viso, aggiunse: «Non mi piace sparlare della gente, ma Julia Sommers aveva davvero qualche problema caratteriale già prima di questa cosa. In paese era conosciuta da tutti come la ‘stramba Julia’ fin dai tempi del liceo. Era solita cacciarsi nei guai con piccoli atti di vandalismo e bullismo a scuola. Nessuno, neppure il suo fidanzato storico, Devereux, o i suoi genitori, sono mai riusciti a calmarla un po’.»

«E lei era…nata così?» tentennò Iris.

«No, fu ferita come te, pur se nel suo caso fu più una cosa voluta,… anche se Julia peccò di ingenuità nel farlo» scosse il capo Lucas. «Aveva all’incirca diciassette anni. Si recò in un bar di una città vicina per poter bere alcolici grazie a dei documenti falsi, visto che là nessuno la conosceva e, dopo aver incontrato un tizio del posto, lo frequentò per un po’. Durante uno dei loro festini a base di alcool e droghe, lui la sfidò a farsi sfregiare per diventare una lupa e lei, da sciocca, prese sottogamba la cosa e accettò.»

«Oddio…» ansimò sgomenta Iris.

«Naturalmente, il tizio si dileguò il giorno seguente senza mai farsi trovare e Julia, non appena raggiunse la prima luna piena e si rese conto di cosa le fosse successo, scappò nei boschi. Ovviamente, partecipai alla ricerca…» le spiegò Lucas, tastandosi il naso. «…e, quando avvertii il suo odore mescolato a quello del lupo, capii. Lei mi spiegò in lacrime la sciocchezza che aveva commesso e, colta dalla frenesia, mutò in lupo. Ciò la spinse verso gli umani che la stavano cercando e, solo combattendo contro di lei, riuscii a fermarla e a spiegarle come controllare la bestia.»

«Tu dovetti imparare da solo?»

«Mamma mi fu d’aiuto, visto che è un’insegnante di yoga. La concentrazione è tutto, in queste cose» ammiccò Lucas, tastando distrattamente il piccolo Buddha in argento che pendeva da un bracciale in caucciù che aveva al polso. «Comunque, Julia non accettò la sua duplice condizione, in un primo momento e, per anni, si intestardì nel cercare un rimedio per tornare ciò che era. Mise la testa a posto e si iscrisse all’università per studiare medicina, si mise stabilmente con Devereux che, a mio dire, dimostrò fin troppa pazienza, con lei e, infine, ebbero una figlia. Chelsey.»

Iris sgranò gli occhi nel sentir nominare quel nome in particolare e, dubbiosa, esalò: «Quanti anni ha la bambina?»

Lucas levò con curiosità un sopracciglio e, ironico, le domandò: «Sei stata allo Strawberry Moose, vero?»

«Sì» assentì Iris.

Ridacchiando, Lucas asserì: «Quella ragazzina è l’esatto contrario della madre. Se Julia era chiusa e ombrosa, lei è solare e aperta… e parla come una radio.»

«Già» annuì la giovane, riconoscendo in quella descrizione la figura di Chelsey. «Quindi, immagino che Devereux sia l’uomo che ho visto con lei. E sua madre?»

«Chi lo sa? Fuggì di casa quando Chelsey aveva solo tre anni e, da quel giorno, non si è più fatta viva. Nessuno sa se sia ancora tra noi, o se sia morta, perché non ha più dato notizie di sé e, per quanto la si sia cercata, non è mai stata trovata. Pur non essendo sposati, Devereux ha potuto tenere la bambina perché figurava come padre biologico sul certificato di nascita. Da quel che so, ha fatto togliere la genitorialità a Julia, dopo tre anni dalla sua fuga» le spiegò Lucas, scrollando una spalla. «Fossi stato in lui, neanche avrei tentato una vita insieme a lei, ma Dev ha sempre cercato di strapparla ai suoi incubi personali.»

«Un buon samaritano» chiosò Iris, vagamente sorpresa.

«Forse. Ma, da quando Julia se n’è andata, quella parte di lui è morta e sepolta. Dev è cambiato e, se gli si parla di Julia, lui non ha più una parola buona per lei. L’aver abbandonato la loro figlia lo ha stroncato. O gli ha aperto gli occhi, non so.»

Iris ripensò alla figura di Devereux, ai suoi chiari occhi grigi così colmi di ombre, al suo viso privo di un sorriso – se non per la figlia – e, di colpo, comprese.

Sì, aveva tutti i motivi del mondo per essere così accigliato. Una batosta del genere avrebbe irritato anche un santo.

«La bimba, o il padre, sanno di lei? Che era una lupa mannara, intendo.»

«No. Dev non ha mai saputo nulla, infatti sto tenendo d’occhio Chelsey nel caso cambi qualcosa. Sono l’unico, qui, che sia in grado di capire i segnali di un potenziale cambiamento» asserì Lucas, prima di aggiungere: «E tu, ora… se rimarrai a sufficienza per vederla crescere, ben inteso.»

Iris si ritrovò a sorridere al giovane e, scrutando le foto appese alle pareti, ammirò le bellezze del luogo pubblicizzate con abile maestria.

Aveva trovato un lupo mannaro come lei, qualcuno con cui poter parlare, una persona che poteva capirla davvero e, quant’era vero Iddio, non sarebbe di sicuro partita tanto presto!

Ritrovandosi perciò a sorridere, Iris dichiarò: «Di certo, mi avrai tua ospite per un bel po’. Ho un sacco di cose da chiederti, e da capire su me stessa.»

«Non ne so molto, ma spero di poterti essere d’aiuto. In due, sarà sicuramente più semplice affrontare questo casino» ammiccò Lucas.

Iris annuì con prontezza, allungandogli una mano come a stringere un patto di mutuo soccorso con lui.

Fu in quel momento che, a sorpresa, fece la sua comparsa un uomo sulla trentina, dai magnifici capelli bruni legati in una coda di cavallo e una folta barba a mascherarne i lineamenti.

Dal suo aspetto, avrebbe potuto essere il re dei falegnami d’America, o Mister Ascia d’Oro, tanto era virile nell’aspetto quanto affascinante nello sguardo e, per un istante, Iris ne rimase abbagliata.

L’attimo dopo, però, sorrise dispiaciuta perché, tanto ben di Dio era già di proprietà di qualcuno e, nello specifico, proprio di Lucas.

Il possente boscaiolo ammiccò a mo’ di saluto a Iris prima di piegarsi per un bacio leggero sulle labbra del giovane che, sorridendo a una sorpresa ospite, ammise: «Lui è Rock e, immagino tu lo abbia già capito, è il mio compagno.»

Iris non poté che esalare un sospiro e chiosare: «Che posso dire? Complimenti.»

I due uomini risero divertiti e Rock, nello scrutare curiosamente Iris, asserì: «Sei nuova, di qui. Non ti ho mai vista prima, altrimenti avrei potuto pensare di tornare etero.»

A quel punto fu il turno di Iris per ridere e Lucas, dando una pacca sul braccio al suo compagno, borbottò: «Non fare l’idiota, Rock. E’ una mia cliente, perciò sii gentile.»

«Ma io sono gentilissimo» replicò l’uomo. «Era assolutamente un complimento.»

Iris sorrise divertita di quello scambio di battute ma, tra sé, si domandò se quel Marcantonio conoscesse tutta la verità sul suo compagno, e come Lucas riuscisse a gestire la cosa.

Ciò che avvenne l’attimo successivo a quel pensiero, la mandò talmente in confusione da spingerla a strillare di sorpresa.

“Certo che sa tutto.”

«Oh, Dio mio!» esclamò Iris, sorprendendo Rock e facendo sorridere spiacente Lucas.

Portandosi una mano al cuore per il gran spavento, Iris fissò sgomenta e irritata il giovane licantropo dinanzi a lei che, per tutta risposta, disse: «Scusa, mi è venuto spontaneo. Lo facevo con Julia, a volte e, da quando se n’è andata, non ho più potuto farlo, come ben immaginerai.»

Rock lanciò un’occhiata veloce a entrambi, dopo quello strano scambio di battute, fece due più due e infine borbottò: «Ho idea che sia più di una tua cliente. E’ come te?»

«Già. Ma lei è stata mutata, esattamente come Julia. Anzi, Julia se l’era cercata, lei proprio no.»

Rock divenne scuro in volto, a quella notizia e, allungata una mano a Iris, brontolò: «Beh, se vuoi darmi il nome dello stronzo che ti ha fatto questo, lo ammazzerò per te. Detesto quando fanno del male a una donna.»

«Spiacente, non so chi sia, e la polizia non lo trovò mai» replicò Iris, pur accettando quella grande mano calda. «Grazie per il pensiero, comunque.»

Per quanto, contando sulla mera forza fisica, Iris fosse certa di poterlo battere con facilità, le fece piacere quell’offerta di aiuto incondizionata e la fece sentire meno sola. Meno abbandonata a se stessa.

Finalmente, dopo due anni di ricerche infruttuose, non solo trovava un lupo mannaro, ma anche un amico senza pelo, come aveva detto Lucas, pronto a coprirle le spalle.

Questo portò a nuove lacrime e a nuovi kleenex e Iris, nell’afferrarne un paio dalla scatola protesa da Lucas, borbottò: «Davvero… ti sto facendo battere tutti i record.»

«Puoi dirlo forte, Iris» ammiccò Lucas, mentre Rock le batteva comprensivo una mano sulla spalla.

***

Allora, Iris, vuoi scendere da quello scivolo, o devo venire su io per spingerti?

La voce del padre risuonò allegra attraverso il microfono dello smartphone, da cui stava visionando uno degli ultimi video fatti alla villa dello zio.

Sua madre stava ritta dietro di lei, in attesa che la figlia si lanciasse sullo scivolo tutto curve che Richard aveva fatto montare sulla sua piscina da venticinque metri.

Iris sorrise mesta nel vedere se stessa con quel volto così annoiato, quasi lo stare coi propri genitori le fosse venuto a noia troppo presto.

«Quanto sapevi essere sciocca, bella mia…» mormorò tra sé Iris, spegnendo il telefono per gettarsi lunga riversa sul suo letto.

La sera era giunta senza che lei se ne accorgesse e, dopo un frugale pasto a base di pasta e polpette, Iris aveva dato la buonanotte a Lucas – che l’aveva raggiunta per accordarsi per una visita guidata al parco – e si era chiusa dentro il suo camper.

In quel periodo, era sola nell’immensa area, se non si consideravano un paio di campeggiatori armati di tenda canadese e tanta, tanta passione.

Iris era incredula di fronte alla loro impressionante resistenza al freddo. Pur se in aprile, di notte quelle lande raggiungevano ancora temperature ragguardevoli al di sotto dello zero.

Lei, naturalmente, non avrebbe avuto problemi, visto che come lupo mannaro la sua temperatura si attestava stabilmente intorno ai quaranta gradi… ma loro?

Non poteva che ammirarli per il loro coraggio. O la loro insana follia.

Rigirandosi su un fianco, Iris scrutò il telefonino, non sapendo bene se chiamare lo zio per metterlo a conoscenza della novità, o attendere ancora un poco per essere certa di dargli notizie veramente buone.

Lucas aveva ammesso candidamente di aver imparato ciò che sapeva per esperienza diretta, e non perché istruito da qualcun altro. Inoltre, come lei in quei due anni, a parte la fantomatica Julia, neppure lui era mai venuto in contatto con qualche altro licantropo.

C’era la concreta possibilità che Lucas non conoscesse molte più cose di lei, sulla licantropia, di quante non ne avesse scoperte Iris stessa durante quei due anni di esperimenti.

Era forse perciò preferibile aspettare almeno una settimana per scoprire come, effettivamente, Lucas avrebbe potuto aiutarla. Nel frattempo, si sarebbe limitata a informare lo zio della sua permanenza a Clearwater.

«E’ inutile dargli false speranze, se non ve ne sono» mormorò tra sé, chiudendo gli occhi per un istante.

La foresta sembrava parlarle per sussurri, con il fruscio del vento a portare il mormorio degli abeti, l’odore degli ungulati alla ricerca di una tana per la notte e quello dei predatori alle loro calcagna.

Non fosse stato per questo, sarebbe certamente impazzita molto tempo prima.

Avere questo contatto indiretto ma privilegiato con il mondo della natura, la galvanizzava. La faceva sentire speciale, non soltanto strana e, per come erano messe le cose, era già qualcosa.

Le fosse rimasto solo questo, avrebbe avuto la certezza di avere un luogo in cui perdersi e in cui, forse, non sarebbe stata così fuoriposto.

«Dopotutto, però, Lucas è così da anni» mormorò tra sé, spegnendo le luci di cortesia per poi rintanarsi sotto una leggera coperta. «Imparerò anch’io e, alla fine, tornerò a casa.»

Sapeva di poterlo fare. Ora, ne aveva la forza. Le mancavano solo le nozioni per poter mettere in pratica la cosa.

 

 

 

N.d.A: ed ecco che fanno la loro apparizione Lucas, il nostro primo licantropo oltre a Iris, e Rock, il suo compagno senza pelo, ma che è a conoscenza di tutta la verità.

Scopriamo anche chi è la madre di Chelsey, e perché suo padre – Devereux – sia apparso a Iris un tantino distante e freddo. Chi non lo sarebbe, dopo il trattamento che Julia gli ha riservato?

P.s.: Per darvi un'idea di come sia il camper di Iris, vi lascio il link per poterlo visionare. (cliccare sulla parola "visionare")

E questa è Clearwater, con le sue cascate e il suo parco bellissimo. (cliccare su "Clearwater)
  
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