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Autore: Karyon    21/02/2019    4 recensioni
Sirius Black è un mago distrutto. Continuano a dire che è rimasto incastrato, anima e corpo, all'età di quindici anni - quando poteva ancora sorridere e c'era qualcosa di bello nel mondo. E forse è davvero così.
Hermione Granger è un'adolescente precoce. Continuano a dire che è una strega brillante, che è una donna adulta limitata nel corpo di una quindicenne. E forse è davvero così.
Possono due animi affini incontrarsi, nonostante tutto?
Una profezia da compiere e un'altra ancora da svelare, il mistero di due fratelli, un segreto da mantenere a ogni costo, una ricerca senza fine, antiche sette da conoscere... Su tutto, una guerra da combattere e la Morte - agognata, sfuggita, amata, odiata - che muove i suoi fili. Schiavi, tutti, del suo disegno.
[Più generi: guerra, mistero, romantico, angst, introspettivo, malinconico]
[Più pairing: SiriusxHermione, RemusxTonks, HarryxGinny, DracoxNuovo personaggio, RonxNuovo personaggio]
[Storia corale, molti personaggi]
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Il trio protagonista, Regulus Black, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Harry/Ginny, Hermione Granger/ Sirius Black, Remus/Ninfadora
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Da VI libro alternativo, Più contesti
Capitoli:
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Il piano di Hermione
Sirius si risvegliò solo molte ore più tardi, quando ormai l’orologio segnava le quattro del mattino.
Il salone era freddo e immerso nel buio; il fatto che la finestra fosse ancora spalancata come l’aveva lasciata lui gli fece capire che Remus non era più tornato a vedere cosa stesse facendo. Quello poteva voler dire sia che dormiva sia che era morto, ovviamente propendeva per la prima.
«Ahia!»
Senza pensarci aveva provato ad alzarsi facendo leva sul polso sinistro, ma una fitta di dolore gli aveva ricordato dello strano svenimento. Si toccò il polso ma la pelle era liscia e senza tracce di disegni, bruciature o ferite da coltello.
A quel punto sembrava non fosse accaduto nulla ma sapeva che la magia aveva sempre delle conseguenze, anche se non immediatamente visibii, così si preparò psicologicamente a un altro paio di notate insonni alla ricerca di spiegazioni.
Al momento però era più urgente capire se Remus fosse o meno ancora nel regno dei vivi. 
Sirius si avviò lungo il corridoio del primo piano, sempre sfregandosi il polso pruriginoso, ed entrò nella camera. Solo quando vide Remus dormire placido senza tracce di sangue si permise di respirare.
«Ah, Moony mi farai venire un infarto prima o poi…» mugugnò, chinandosi su di lui per osservarlo meglio.
Lo spostamento d'aria allertò i sensi del lupo e Remus spalancò gli occhi, subito vigile e completamente sveglio.
Anche in passato Sirius era sempre stato affascinato dalla Licantropia e i suoi effetti, ma non aveva mai osato chiedere.
«Cosa stai facendo?» Gli chiese Remus con tono circospetto.
«Ti guardo dormire» replicò Sirius, con la sola intenzione d’irritarlo.
Infatti Remus si accigliò ancora di più «È una cosa inquietante, devi farlo per forza?»
«Eppure dicevi di amarmi!» Esclamò Sirius, portandosi una mano al petto e sgranando lo sguardo.
Remus scosse la testa e si mise a sedere «Sei un idiota».
Sirius rise, poi scrollò le spalle «Senti, dopo la terza volta che si riapre una ferita che io ho chiuso devo per forza controllare. Non sarà un medimago, sono sempre stato piuttosto bravo a richiudere la gente».
«Quanta modestia… beh, allora, verdetto?»
«A parte i soliti danni cerebrali niente di nuovo, ma per quelli non c’è più nulla da fare…» ironizzò Sirius, per poi zittirsi quando cominciò a chiedersi se fosse i vaso di raccontargli dello svenimento e della misteriosa ferita.
«Cos’hai?» Gli chiese Remus, vedendolo troppo silenzioso.
Sirius scosse la testa «Niente, torniamo dormire. Domani contatterò Silente» disse.
In condizioni normali Remus sarebbe stato in grado di fiutare tutto quello che gli era accaduto, odore del sangue o ormoni sballati o roba del genere, ma chiaramente era ancora troppo indebolito. Sirius lo interpretò come il segno di lasciarlo buono.
«Non è necessario, posso restare un altro giorno e poi tornare in missione» provò a dire Remus
«Lo sai cosa ci ha detto Silente: “se notate qualsiasi cosa di strano, devo saperlo”, e quello che ti sta accadendo è decisamente strano. Non puoi permetterti di ritornare tra i licantropi e rischiare il dissanguamento» ribatté Sirius.
Tanto la decisione era già presa, Remus non aveva voce in capitolo in quel caso.
«Ti ho già detto che non mi lascerebbero a dissanguare… persino loro hanno-»
«-delle regole sì, ho capito! Sarà la centesima volta che me lo dici... Che poi un giorno dovrai parlarmi di queste fantomatiche regole, ma nel frattempo scusami se mi fido più di Silente che di un pugno di licantropi sconosciuti» ironizzò, buttandosi sul letto lì accanto.
«Hai ancora intenzione di dormire qui?»
«Certo che sì, sono la tua infermiera, baby» replicò Sirius, con espressione persino troppo seria per quello che diceva.
Remus inarcò un sopracciglio «C’è qualcosa di sessista in questa frase».
Sirius roteò lo sguardo in cielo: persino da ferito riusciva a essere pedante come un ammuffito professore.
«Mi riferivo alla mia splendida chioma, ovviamente, non alla professione».
«Ecco, a proposito di chioma…»
«Non sei Walburga Black, non puoi dire nulla. Ma se vuoi fare certi tipi di discorsi posso mettere te nel quadro».
L’allusione a sua madre fu abbastanza grave da zittirlo, così Sirius considerò vinta la battaglia e si sistemò meglio per dormire. La mattina successiva, che poi era quella stessa mattina, si svegliò dopo le canoniche quattro ore di sonno, mantenendo così inalterata la solita aria da vampiro che ormai gli stava così naturale.
Lanciò un’occhiata a Remus e lo invidiò per l’aria rilassata che riusciva a emanare. Sirius si rigirò più volte nel letto cercando di riaddormentarsi, ma  la cosa non faceva altro che innervosirlo così si alzò e si avviò in cucina.
Cucina dove gli venne quasi un infarto quando vide chi era seduto compostamente al tavolo, in attesa.
«Oh, Silente» esalò con tono piatto.
Il preside di Hogwarts se ne stava seduto tranquillo con le mani abbandonate in grembo e una sgargiante tunica azzurro cielo. Gli occhi dietro alle lenti a mezzaluna erano vigili, ma divertiti.
«Sirius perdonami, ti ho preso alla sprovvista?»
Sirius inarcò un sopracciglio: in nessun modo avrebbe potuto dargli a bere che quella fosse una coincidenza.
«No, non c’è problema. Vuole… vuole del tè?» Gli chiese, cercando di prendere un tono gentile.
«Sì, sarebbe perfetto. Ho ancora qualche minuto prima dell’appuntamento al Ministero…» fece, tirando fuori l’orologio da taschino tra gli strali della lunga tunica. «Come sta andando qui al Quartier Generale?» Gli chiese, concentrando l'intera attenzione su di lui.
Sirius, che in un recesso di adolescenza continuava a sentirsi a disagio davanti a quello sguardo così penetrante, si girò per mettere il bollitore sul fuoco e ne approfittò per cercare di controllare l’espressione scettica.
«C’è Remus al piano di sopra» disse alla fine, con tono neutro.
«Oh, davvero?» Chiese Silente e, dalla sua espressione, Sirius non avrebbe saputo dire se fosse sorpreso o meno.
«Sì, lui ha avuto dei… problemi. Stavo per inviarle un gufo per metterla al corrente» spiegò, appoggiando la schiena al ripiano della cucina e incrociando le braccia.
Silente fece un breve sorriso «Si direbbe che io ti abbia fortuitamente anticipato allora. Come sta?»
Sirius sospirò «Bene, sembra. Tonks è riuscita a portarlo qui due notti fa. Era ferito gravemente, ma sono riuscito a fermare l’emorragia e richiudere la ferita».
Silente annuì «La signorina Tonks ha dimostrato prontezza di spirito, ha sicuramente preso la decisione migliore».
Sirius continuò a guardarlo cercando con tutte le sue forza di non esprimere quello che pensava con nessuna parte del viso. Le parole di Silente erano gentili, ma contrastavano con gli ordini che distribuiva a destra e manca. Sapeva benissimo come lui aveva reagito all'ordine di starsene rinchiuso, così come sapeva il suo punto di vista su come guidava Harry. Si chiese se quella visita di cortesia, correlata a atteggiamenti così miti, fossero un tentativo di ammansirlo.
«Ma ci sono delle complicazioni» aggiunse Sirius, mentre gli porgeva la tazza di tè.
Silente non rispose ma continuò a guardarlo, in attesa.
Sirius si sedette «Forse è stato colpito da una maledizione o da un veleno, perché la ferita continua ad aprirsi».
Silente abbassò la tazza e rimuginò su quanto detto «La ferita si riapre…  credi che possa vederlo?»
Sirius annuì «Certo. Lui avrebbe voluto tornare subito in missione, ma ho pensato fosse il caso di tenerlo in osservazione. Se la ferita si fosse riaperta mente stava con- insomma, a fare quello che deve fare, avrebbe potuto essere un problema… suppongo» aggiunse.
Che Remus lavorasse con i licantropi non era esattamente un mistero, ma forse non era il caso di spiattellarlo così.
«Hai fatto bene, Sirius, meglio essere pronti a tutto. Andiamo».
Sirius precedette il preside su per il primo piano, fino alla vecchia camera di Ginny e Hermione. Entrò giusto un attimo  prima di lui per dare due secondi di vantaggio a Remus.
«Moony, a quanto pare Silente ci ha battuto sul tempo…» fece con sguardo significativo, mentre Remus alzava lo sguardo da “Jane Eyre” per piantarlo proprio sul preside che stava entrando dietro di lui.
«Buongiorno» fece mitemente, con una leggera aria di rassegnazione.
Silente lo salutò col capo, poi fece apparire una sedia con un colpo di bacchetta e vi si sedette, sistemandosi la veste.
«Come è andata?» Chiese, senza neanche una domanda preliminare.
Sirius si mise a braccia incrociate contro l’armadio e Remus gli lanciò un’occhiata di sbieco.
Silente lo notò e fece un sorrisino di scusa «Temo non sia colpa di Sirius, caso ha voluto che ne fossi già al corrente per via di altre… situazioni. Però non credevo che tu ne fossi coinvolto».
Remus si guardò le mani abbandonate sulle lenzuola «Lei cosa sa?»
«Oh, qualche dettaglio… c’è stato un rito di iniziazione al lupanare,vero?» Chiese lui, fissandolo.
Remus deglutì e annuì, chiudendo per un attimo gli occhi. Sirius, poco distante, si mosse a disagio, poi scelse di sedersi su una sedia poco lontano da Silente; Remus non gli aveva raccontato nulla, ma era chiaro che soffrisse al solo pensiero.
«E cosa è successo?»
«Niente, tutto è andato come… come al solito. Solo che poi qualcuno ha cambiato idea e si è rifiutato di fare l’iniziazione, è cominciata una rissa e da quel momento è tutto sfocato…»
Sirius continuò a fissarlo, registrando ogni parola e ogni gesto, poi guardò il profilo concentrato di Silente.
«Ti hanno dato qualcosa?» Chiese, un po’ più duramente, il preside.
Remus lanciò per un attimo un’occhiata a Sirius, che scrollò le spalle: era impossibile sapere cose e quanto sapesse, il suo sguardo era sempre impassibile.
«Sì».
Sirius sbuffò: quando gliel’aveva chiesto lui, Remus aveva finto di non ricordare. Oh, l'avrebbe costretto a dirgli tutto.
Silente si alzò «Cerca di riposare, adesso».
Remus alzò la testa di colpo, preso in contropiede.
«E la mia mis-» cominciò, ma l’occhiata che il preside gli rivolse fu alquanto esplicativa.
«Ora è importante che recuperi le energie, poi dovremo capire se la copertura è saltata…»
Remus strinse i denti, ma annuì con aria quasi sconfitta.
Sirius si accigliò «E per la ferita?»
Silente guardò Remus che si scostò la maglia senza dire nulla. Silente si avvicinò e la esaminò senza toccarla.
Silente si rizzò e fece un pigro movimento di bacchetta, facendo apparire una piccola ampolla ricolma di liquido colo corallo «Prendi sei gocce di questa pozione, distribuite durante l’arco della giornata e non dovrebbe riaprirsi» spiegò.
Silente posò la boccetta sul comodino, salutò e lasciò la stanza.
Sirius e Remus si scambiarono un’occhiata perplessa, poi Sirius seguì il preside lungo le scale.
Ritornarono al piano di sotto in perfetto silenzio, poi Silente si fermò all’ingresso.
«C’è altro che dovrei sapere?» Il tono rimaneva gentile, ma Sirius aveva la netta sensazione fosse una domanda retorica.
«No» disse con decisione.
Non aveva alcuna intenzione di vedersi restringe ancora di più il campo d'azione, Silente sembrpò credergli, annuì.
«Ora devo andare, intanto…»
«Sì, staremo attenti» replicò Sirius, un po’ troppo bruscamente per passare inosservato.
Silente gli mise una mano sulla spalla «Lo so che è frustrante, ma passerà. Ne abbiamo già parlato due anni fa».
Sirius annuì: ricordava fin troppo bene il dialogo avvenuto tra loro a Hogwarts. In quell'occasione avevano parlato a lungo e lui aveva raccontato tutto ciò che sapeva, tutto quello che ricordava degli ultimi anni di scuola e del periodo post-Hogwarts fino a quella fatidica notte. Poi Silente gli aveva promesso la libertà, il suo nome riabilitato, una vita normale.
Nulla si era concretizzato e a quel punto Sirius non credeva sarebbe mai stato possibile.
«Avrò pazienza» disse, senza sorridere. Silente annuì, poi si smaterializzò.
Sirius si passò una mano tremante sugli occhi, contò fino a dieci, poi tornò da Remus.
 
Hermione rilesse nuovamente e con maggiore enfasi la lettera che Sirius le aveva spedito il giorno prima, nella speranza che le parole cambiassero per magia sotto al suo naso. La verità era che avrebbe avuto bisogno di parlargli con urgenza, ma non aveva idea di come fare.
Erano giorni che la sua mente elaborava soluzioni e teorie; quell’ultimo decreto ministeriale le aveva dato il colpo di grazia: Dolores Umbridge Inquisitore Supremo di Hogwarts, probabilmente tutti i vecchi presidi della scuola si stavano rivoltando nella tomba. Erano stati quella pessima notizia e l’ultimo scontro tra Harry e la Umbridge che le avevano fatto capire che non si poteva andare avanti così.
Sbuffando per la dodicesima volta, accavallò l’altra gamba e continuò a picchiettare sul bracciolo.
«Oh, insomma, Hermione, hai una tarantola nei vestiti?» Sbottò Ginny a un certo punto del pomeriggio, sotto gli sguardi perplessi di Ron e Brienne.
Quel martedì era trascorso in modo piuttosto stanco, ma entrambi si erano resi conto che Hermione era troppo distratta, al punto da sbagliare persino un incantesimo durante la doppia lezione di Vitious. E il giorno prima aveva saltato Aritmanzia, cosa che corrispondeva quasi all’Apocalisse
Hermione li ignorò e continuò a sbuffare; la irritava che Harry fosse di nuovo in punizione dalla Umbridge, mentre lei si arrogava il diritto di fare il bello e cattivo del tempo.
«Hermione, hai finito il compito di Trasfigurazione per domani?» Fece da lontano la voce di Ron.
«Hmm».
«Cosa?»
«Sì, prendilo pure. È lì» rispose lei, indicando la sua borsa mentre si alzava di scatto
«Dove vai, e la cena?» Chiese con aria perplessa Brienne, ma Hermione scrollò le spalle.
«Guferia» urlò, scappando via.
«Ma dove ha la testa ultimamente?» Chiese Brienne a Ginny.
Ron gettò uno sguardo nervoso al buco nel ritratto. Non ne aveva ancora fatto parola con nessuno, ma aveva notato che da un paio di settimane Hermione riceveva più lettere del solito.
«Cerchiamo di finire questo dannato compito» borbottò solo, di malumore.
Hermione continuò a vagare senza una metà precisa, rimuginando sull’idea che aveva avuto qualche giorno prima; era una cosa così folle e inverosimile che quasi si vergognava di averla partorita.
Al contempo, però, aveva bisogno di qualcuno che ragionasse fuori dagli schemi e che avesse esperienza in attività clandestine, cose per le quali Sirius era la persona perfetta.
Temeva all’idea di contattarlo col solito metodo, perché adesso il potere della Umbridge era aumentato ancora di più. Dio solo sapeva cosa avrebbe potuto succedere se Sirius fosse stato localizzato.
Quando arrivò alla Guferia fissò il gufo fulvo di Sirius con aria tesa.
«Oh, non so proprio se darti questa missione» gli fece, mentre l’animale inclinava la testa a scrutarla.
«Sei davvero un bel gufetto, ma mi porteresti la risposta troppo tardi» mormorò, mentre lo accarezzava.
Aveva bisogno di sciogliere qualche dubbio il prima possibile, possibilmente prima del ritorno di Harry, per poter andare avanti col piano; la smaterializzazione era ancora impossibile e la lettera via gufo era il modo più lento per ottenere risposte... restava giusto la metropolvere via camino, ma come poteva fare se la sala comune era ancora- poi ricordò qualcosa che Brienne le aveva detto mentre fuggiva e si colpì la fronte: l’ora di cena!
Era un’idea ancora più folle dell’altra: non solo il tempo della cena era talmente risicato che rischiava di essere interrotta prima di ottenere le risposte che le servivano, ma rischiava anche che qualcuno restasse per studiare senza dargli campo libero. Eppure doveva provarci, era l’unica possibilità.
Presa da nuova energia, Hermione corse per i corridoi e continuò a controllare l’orologio Babbano: non voleva perdere neanche un secondo della sua preziosa ora.
Arrivò davanti al ritratto di corsa, borbottò la parola d’ordine ed entrò dentro a metà tra lo speranzoso e l’ansioso: non c’era nessuno, erano tutti scesi per cena!
«Ehm… c’è nessuno?!» Provò a dire, a voce alta, sperando che nessuno rispondesse.
La sala comune sembrava essere completamente e sorprendentemente vuota, così corse a prendere il barattolo con la Polvere Volante e ritornò di corsa al camino, sperando che Sirius potesse aiutarla.
«Grimmauld Place» fece con tono basso ma sicuro, e le fiamme del camino diventarono verdi, trasportando la sua testa verso la sala grigia e cupa di casa Black.
«Sirius!» Urlò senza riuscire a vederlo da nessuna parte.
«Hermione!» Esclamò sorpreso lui, mentre spuntava dalla pila di libri che lo nascondevano alla vista.
Hermione notò l’enorme quantità di tomi, ma non aveva tempo di fare domande in proposito. Tuttavia, quando il suo sguardo cadde su di lui non riuscì a fare a meno di esclamare «Tu porti gli occhiali?»
Sirius si bloccò di colpo «Mi stai contattando per questo?» Grugnì indignato e Hermione arrossì.
«No, scusa, hai ragione… io volevo… un consiglio».
«Un consiglio?» Mormorò lui accigliandosi, poi sedette sul tappeto per arrivare alla sua altezza. «Ma da dove mi stai contattando? A quest’ora non è pericoloso?»
«Sono tutti a cena, infatti non ho tanto tempo… senti, io avrei un’idea ma credo sia folle» rispose lei frettolosamente.
«Tu non avresti mai idee folli…»
«Ascoltami prima: abbiamo detto che la Umbridge non ci permette di sviluppare un programma decente di Difesa, giusto?»
«Ah-h…»
«E che avremmo bisogno di migliorare ed essere pronti per… beh qualsiasi cosa ci aspetti fuori».
«Certo» replicò Sirius, accigliandosi perché non capiva dove volesse andare a parare.
Hermione sospirò profondamente, un po’ come se cercasse di farsi coraggio «E se organizzassimo noi delle lezioni private di Difesa Contro le Arti Oscure?» Sparò, guardandolo di sottecchi.
Silenzio. Sirius inarcò un sopracciglio «Cosa intendi per “private”?»
Hermione esitò, mordendosi un labbro «Beh, intendo…»
«… intendi illegali?» Esclamò lui sorpreso. A giudicare dalla sua espressione imbarazzata, ci aveva preso in pieno. «Hermione Granger che propone lezioni illegali all’interno delle mura di Hogwarts? Devi davvero odiarla, la Umbridge».
Hermione ignorò il suo tono canzonatorio, ma un certo calore che non aveva niente a che fare con le fiamme cominciò a spandersi su per il collo «Sirius…»
«Ok, scusa, continua» replicò subito lui, tornando serio.
Hermione si accigliò «Beh, niente. Tutto qui» ribatté, quasi sulla difensiva.
«Tutto qui?» Sbottò lui, alzandosi in piedi. «Praticamente hai lanciato la bomba e questo è tutto?»
«Veramente io… speravo tu potessi aiutarmi…» pigolò lei, cominciando a perdere sicurezza.
Ci aveva pensato tanto ma le sfuggivano una marea di cose importanti e sperava Sirius potesse essere la persona giusta per identificarle, soprattutto considerando la sua esperienza come malandrino.
Sirius si rese tornò al camino, si sistemò di fronte a lei a gambe incrociate e cominciò «Scusami, non volevo demoralizzarti… solo che è una cosa difficile da organizzare».
«Lo so» fece Hermione, un po’ sorpresa: conoscendo Sirius si sarebbe aspettata maggiore esaltazione.
Sirius sembrò capire al volo, perché ghignò a mo’ di scusa.
«Un tempo sarei stato più entusiasta forse… e più idiota».
Hermione fece un timido sorriso «Ci vorrebbe quel Sirius adesso».
«Ti aiuterò fino dove posso, ma ci sei tu di mezzo… non posso permettermi di essere incosciente» fece lui distrattamente, di certo senza neanche far caso al significato di quello che aveva detto.
Hermione invece era senza fiato.
«Grazie» mormorò, ma Sirius fece un gesto come a dire “non è niente”.
Hermione alzò gli occhi al cielo, frustrata dalla sua assoluta cecità, ma poi raccolse un paio di pergamene e si concentrò per prendere appunti.
«Allora, ricapitolando: come vuoi iniziarla?»
«Vorrei fare una riunione. Vedere chi di quanti odiano la Umbridge vuole passare alle cose pratiche…»
«Come puoi contare sul fatto che non faranno la spia?»
«Sono studenti. Odiano la Umbridge e lei praticamente governa la scuola. Vorranno tutti fare qualcosa contro di lei, o almeno cercheranno di non ci intralciarci» replicò sicura, Sirius non sembrava convinto.
«Mmhsì, io non sarei così idealista. Vi conviene utilizzare un Incantesimo Rivelatore, così saprete se qualcuno vuota il sacco».
Hermione scrisse il nome dell’incantesimo sulla pergamena e si accigliò «Che cos’è?»
Sirius ghignò all’idea che lei fosse sconvolta di non conoscere un incantesimo, e prese la bacchetta.
«L’Incantesimo Rivelatore permette di svelare il traditore di un patto. In altre parole, di vendicarsi in qualche modo su qualcuno che non ha mantenuto una promessa» spiegò.
«Quindi… se io applico quest’incantesimo a, diciamo, una dichiarazione di silenzio, chi lo infrangerà verrà punito?» Fece Hermione.
«Già».
«Non mi piace molto… è un po’ meschino» ribatté, rendendosi conto solo dopo che poteva offenderlo. Sirius rise «Verissimo. Ma ti renderai conto che la gente è meschina, pensa solo al proprio tornaconto».
«Non tutti!»
«La maggioranza…» commentò lui, fissando la sua espressione indignata.
«Ehi, hai voluto il mio consiglio e io te ne ho dato uno: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Applica quest’incantesimo a un foglio di pergamena e fa loro scrivere il nome con la clausola di far parte del gruppo e non svelarne i segreti. Chi la infrange dovrà essere riconoscibile. Sarà utile se dovrete inventarvi una scusa su due piedi».
Sirius ammirava e un po’ invidiava la visione pura e incontaminata del mondo di Hermione, ma quello che stavano cercando di fare era una cosa seria e poteva mettere tutti in pericolo.
«Ok, spiegami come si fa» fece Hermione, con tono pratico, prendendo la bacchetta.
L’incantesimo era piuttosto semplice e Hermione lo padroneggiò nel giro di un quarto d’ora sotto lo sguardo ammirato di Sirius; riuscì persino a fargli diventare i capelli blu per un istante.
«Puoi regolare l’intensità e il tempo della “punizione”. Ti consiglio di andare su qualcosa di resistente che duri nel tempo, così avrete il tempo di capire chi è stato».
Hermione stava scrivendo tutto con tanta frenesia da macchiarsi il naso di inchiostro. Rilesse tutto, ancora non del tutto convinta, poi passò alla domanda successiva.
«Ok… poi, pensavo… ci serve un posto per incontrarci…»
Sirius ci pensò su, mentre girovagava per la stanza. Ormai era totalmente assorto nel piano e sentiva la vecchia eccitazione strisciargli nello stomaco.
«Dovreste incontrarvi fuori, lontani da occhi indiscreti».
Hermione s’illuminò «Tra un po’ ci sarà il primo incontro a Hogsmeade!»
Sirius sorrise «Mi sembra perfetto».
Hermione si rese conto che Sirius si stava divertendo un mondo a organizzare e la cosa la impensierì un po’: era come se lui fosse la sua spia del livello di… pericolosità e azzardo delle situazioni. Eppure, ogni volta che pensava al viso viscido di quella donna, la paura veniva rimpiazzata dalla voglia di rivalsa.
«Ma… avete un professore?» Chiese all’improvviso Sirius, bloccandosi
«Cosa?»
«Sì, chi vi insegnerà?» Chiese perplesso, pensando a quanto fosse stato idiota a non preoccuparsi della cosa principale. Quasi gli venne un colpo a vedere quel ghigno fiorire sul viso di Hermione.
«Harry».
Sirius rimase spiazzato per un lungo secondo, poi cominciò a ridere così forte che Hermione temette potesse richiamare l’intero castello.
«Sirius, shh!» Sbottò, guardandosi intorno.
«Pagherei mille galeoni per essere presente quando glielo dirai!» Esclamò lui, passandosi una mano sugli occhi. «Oh, Merlino… credi accetterà?»
«Harry muore dalla voglia di fare qualcosa contro la rospa» borbottò Hermione con tanta passione che Sirius non poté che ghignare.
«Sarei orgoglioso di proclamarti malandrina ad honorem».
Hermione rise «Avremo bisogno di un metodo per comunicare».
Sirius annuì «Io e James avevamo degli specchi gemelli, ma quelli sono piuttosto rari e costosi…»
Hermione si appuntò di chiedergli di quei famigerati specchi in futuro, poi tornò sulla domanda che veramente le premeva.
«Ci penserò… Senti, ma tu credi sia una buona idea?»
Sirius la fissò e capì che quella era la domanda che voleva fargli fin dall’inizio.
«È un’ottima idea! Bisogna essere preparati a ciò che verrà. Dovete solo cercare di tenere tutto sotto controllo… e cerca di tenere d’occhio Harry, per favore».
Hermione annuì «Glielo dirò stasera… ah, ho letto la lettera! Ho capito che parlavi di Remus, vero?»
Sirius sorrise perché lo sapeva che avrebbe capito, poi si grattò inconsciamente il polso sinistro e annuì. «Sì, è lui. Ma va tutto bene» fece, più che altro perché non le sembrava il caso di darle altri pensieri.
Hermione lo fissò per un lungo secondo, poi scosse la testa «No, non è vero».
Sirius si accigliò: era davvero così facile capire quando mentiva o era lei a capirlo?
«Beh, okay, non proprio-» cominciò lui, ma Hermione alzò una mano a interromperlo e tese un orecchio: le voci dietro al ritratto le fecero intuire che qualcuno stava già tornando e l’orologio che batteva le sei le fece capire che l’orario di cena era finito.
«Devo andare!» Urlò quasi, in ansia. «Grazie, davvero. Ti scriverò».
Sirius annuì «Va bene… e, Hermione: buona fortuna» mormorò.
Hermione gli sorrise, poi riuscì a uscire dal camino, spazzolarsi i capelli e buttarsi in poltrona nello stesso istante in cui i primi gruppi entravano in sala comune.
Cercando di calmare il respiro affannato, si nascose dietro un libro.
«Ah, sei qui! Non sei venuta a cena?» Chiese Aveline, sedendosi sul divano al suo fianco.
Hermione sussultò un attimo «Ehm, dovevo finire delle cose… hai visto Ron?»
«Era dietro di me che parlava con Brienne» rispose Aveline, fissandola meglio. «Tutto ok?»
«Oh, sì. Tutto bene…»
C’era troppa gente per parlare a Ron della sua idea, così Hermione passò le ore successive a fingere di studiare, rosa dall’impazienza. Chissà cosa avrebbe detto Harry di quell’idea? Avrebbe funzionato?
Sirius aveva detto che era un’ottima idea, ma il metro di giudizio di Sirius non funzionava come per le persone normali.
All’improvviso ricordò la frase che aveva detto quasi en passant, ma che lei però aveva trovato così significativa… il pensiero che qualcuno si preoccupasse così tanto per lei ere dolce, la faceva stare bene.
Pensando al sorriso di Sirius si rilassò e riuscì anche a concentrarsi sullo studio almeno per un altro paio di ore.
Verso le undici molti cominciarono ad andare nei dormitori ed Hermione ebbe finalmente la possibilità quantomeno di cominciare il discorso con Ron. Iniziò da lontano, titubante, e quando riuscì a spiegargli quasi tutto il pendolo segnava ormai le undici e mezza.
«Oh, aspetta, devo fare una cosa…»
«Cosa?» Chiese circospetto Ron, mentre lei scappava in camera e tornava con una serie di ingredienti.
«Voglio preparare la soluzione di Tentacoli di Purvincoli per Harry» fece, mentre cominciava a dosare gli ingredienti; non c’era nulla da sobillare e mettere sul fuoco, altrimenti non avrebbe potuto farlo senza un laboratorio di Pozioni.
«La cosa di cosa?» Chiese Ron, con tanto di occhi.
Hermione sospirò con impazienza «È una soluzione per i dolori, dovrebbe fargli bene…»
Lavorarono per la mezz’ora successiva mentre Ron snocciolava complimenti ogni due secondi, poi il buco del ritratto si aprì per lasciare entrare Harry; la sua mano sanguinava tanto che la sciarpa Grifondoro che aveva usato per fasciarla era pregna di sangue.
Hermione passò la pozione dall’intenso colore giallo in una ciotola e gliela consegnò.
 
*«Ecco, mettici dentro la mano, è una soluzione di tentacoli di Purvincoli filtrati in salamoia, dovrebbe farti bene».
Harry immerse la mano dolorante nella ciotola e provò una meravigliosa sensazione di sollievo.
«Grazie» disse, mentre Ron incrociava le braccia al petto.
«Io sono sempre convinto che dovresti protestare».
«No» replicò Harry in tono piatto.
«La McGranitt diventerebbe matta se sapesse...» continuò lui, ma Harry lo interruppe.
«Sì, probabilmente sì. Ma quanto pensi che ci metterebbe la Umbridge a far passare un altro decreto per cui chiunque critichi l'Inquisitore Supremo viene licenziato all'istante?»
Ron aprì la bocca per ribattere ma non emise alcun suono, e dopo un momento la richiuse, sconfitto.
«È una donna tremenda» disse Hermione con voce flebile. «Tremenda. Sai, stavo dicendo a Ron quando sei arrivato... dobbiamo fare qualcosa» cominciò, con tono titubante.
Ora iniziava la parte difficile, chissà perché la speranza che Harry aderisse senza far storie si affievoliva di secondo in secondo. Con Sirius sembrava tutto perfetto, ma Ron aveva già mostrato le sue prime rimostranze e Harry aveva già un sacco di problemi senza doversene aggiungere altri... ultimamente era un po’ difficile sintonizzarsi sulla sua lunghezza d’onda.
«Io ho suggerito il veleno» borbottò cupo Ron.
«Ovviamente intendo fare qualcosa per il fatto che è una pessima insegnante e che da lei non impareremo nulla sulla Difesa» continuò Hermione, mentre prendeva coraggio.
«È troppo tardi, no? Il posto ce l'ha e nessuno glielo toglie. Garantisce Caramell» fece Ron.
Hermione lo guardò male, realizzando in quell’istante che da quella parte non avrebbe mai avuto l’appoggio che le serviva, e cominciò più cautamente.
«Ci stavo pensando oggi... Pensavo che forse sarebbe ora che... che cominciamo a fare da soli».
«Fare da soli cosa?» chiese Harry in tono sospettoso, la mano ancora immersa nella soluzione di tentacoli di Purvincoli.
«Sai... imparare da soli la Difesa contro le Arti Oscure» rispose Hermione, lanciandosi.
«Scordatelo» gemette Ron. «Vuoi darci altro lavoro? Ti rendi conto che Harry e io siamo di nuovo indietro con i compiti ed è solo la seconda settimana?»
«Ma questo è molto più importante dei compiti!» Esclamò lei, facendo sgranare gli occhi a entrambi.
In realtà la frase sorprese pure se stessa, ma si rese conto che lo credeva davvero.
«Non pensavo che nell'universo ci fosse qualcosa di più importante dei compiti!» La prese in giro Ron e Hermione sbuffò «Non fare lo scemo… La questione è prepararci, come ha detto Harry nella prima lezione della Umbridge, per quello che ci aspetta là fuori. Essere sicuri di saperci difendere. Se non impariamo nulla per un anno intero...»
«Non possiamo fare molto, da soli» disse Ron, scoraggiato. «Voglio dire, sì, possiamo andare in biblioteca a cercare gli anatemi ed esercitarci, immagino...»
«Sono d'accordo, abbiamo superato lo stadio in cui possiamo imparare solo dai libri» convenne Hermione. «Abbiamo bisogno di un insegnante, uno vero, che ci mostri come usare gli incantesimi e ci corregga se sbagliamo».
«Se stai parlando di Lupin-» cominciò Harry, ma lei lo interruppe.
«No, non sto parlando di Lupin. È troppo occupato con l'Ordine e comunque possiamo vederlo al massimo nei finesettimana a Hogsmeade, e non è abbastanza».
«Allora chi?» disse Harry, aggrottando la fronte.
Hermione emise un profondo sospiro, per poi dire «Non è chiaro? Sto parlando di te, Harry».
Ci fu un momento di silenzio, silenzio in cui Hermione notò Ron che fissava lei ed evitava opportunamente di girarsi verso Harry. Forse stava convincendo almeno lui.
«Me in che senso?» chiese alla fine lui e Hermione rispose, con molta calma «Sto parlando di te che ci insegni Difesa contro le Arti Oscure».
Harry  la fissò, poi si voltò verso Ron in ceca di sostegno; notò con sdegno che lui sembrava rifletterci seriamente: rimase un lungo attimo in silenzio, poi annuì «È un’idea!»
«Cosa è un'idea?» chiese Harry, che non capiva.
Tutta quella idea di lui come insegnante gli sembrava ridicola e faticava a credere arrivasse dalla razionale Hermione. Il fatto che Ron si stesse convincendo, poi, rasentava l’assurdo.
«Tu che ci insegni come si fa» replicò, questa volta sicuro, Ron. 
Harry sorrise, convinto che lo stessero prendendo in giro «Ma io non sono un insegnante, non posso...»
«Harry, tu sei il migliore del nostro anno in Difesa contro le Arti Oscure» lo interruppe Hermione, ma lui scosse la testa «Ma no, tu mi hai superato in tutti i test...»
«Veramente no» disse. «Tu mi hai battuto al terzo anno, l'unico in cui abbiamo fatto l'esame con un professore competente. Ma io non sto parlando di voti, Harry. Pensa a quel che hai fatto!»
«In che senso?»
«Sai, non sono sicuro di volere un insegnante così scemo» disse Ron a Hermione, con un sorrisetto.
Si rivolse a Harry. «Vediamo» cominciò, imitando Goyle che si concentrava. «Uh...primo anno: hai salvato la Pietra Filosofale dalle mani di Tu-Sai-Chi».
«Ma quella è stata fortuna, non bravura...» si giustificò Harry.
«Il secondo anno» lo interruppe Ron «Hai ucciso il Basilisco e distrutto Riddle».
«Sì, ma se non fosse arrivata Fanny-»
«Il terzo anno hai battuto un centinaio di Dissennatori in un colpo solo» proseguì Ron, a voce alta.
«Lo sai che è stato un caso, se la Giratempo non avesse-»
«L'anno scorso» continuò Ron, interrompendolo di nuovo. «Hai battuto Tu-Sai-Chi un'altra volta...»
«Ascoltatemi bene!» Esclamò Harry, quasi arrabbiato. «Ascoltatemi, d'accordo? A dirlo così sembra grandioso, ma è stata tutta fortuna... Io non ho mai saputo che cosa stavo facendo, non ho mai avuto un piano, ho solo fatto quello che mi passava per la testa e quasi sempre sono stato aiutato...»
Ron e Hermione sorridevano ancora e Harry si infuriò «Non fate quella faccia come se la sapeste più lunga di me. Io c'ero, capito? Io so che cosa è successo, va bene? E me la sono cavata non perché ero bravo in Difesa contro leArti Oscure, me la sono cavata perché... perché mi è arrivato un aiuto al momento giusto o perché ho indovinato... ma sono andato alla cieca, non avevo la minima idea di quello che facevo... Piantatela di ridere!» Urlò poi, scattando in piedi.
La ciotola di essenza di Purvincolo cadde a terra e si ruppe, mentre Ron e Hermione tornavano seri. Evitarono accuratamente di guardarsi, ma erano entrambi perplessi.
«Voi non sapete che cosa vuol dire! Voi... nessuno di voi... ha mai dovuto affrontare niente del genere! Pensate che basti imparare a memoria un paio di incantesimi e buttarglieli addosso, come si fa in classe? Invece non c'è nulla fra te e la tua morte tranne il... il cervello o il fegato o quello che è. Come fai a ragionare quando sai che tra un nanosecondo sarai assassinato, o torturato, o vedrai morire i tuoi amici? Non ce l'hanno mai insegnato, in classe, ad affrontare una cosa come questa... e voi due ve ne state lì come se io fossi ancora vivo perché sono in gamba, mentre Diggory è stato uno stupido e ha sbagliato tutto... non lo capite? Poteva capitare a me, se Voldemort non avesse avuto bisogno di me».
«Non stavamo dicendo niente del genere, Harry» ribatté Ron, sbalordito. «Non diremmo mai niente su Diggory. Hai frainteso...» disarmato, Ron guardò Hermione in cerca di aiuto ma lei aveva l’aria ferita. Come poteva anche solo per un istante credere che pensassero tutto quello?*
 
«Harry, non capisci? È per questo che abbiamo bisogno di te... dobbiamo sapere che cosa vuol dire davvero affrontarlo, affrontare Voldemort» terminò, pronunciando quel nome per la prima volta di fronte a loro. Harry si calmò, visibilmente stupito, mentre Ron tossì forte.
Harry si buttò sulla poltrona ma non parlò, così il silenzio si protrasse lento per un lungo momento.
«Allora…» fece Hermione, per spezzare quel pesante istante. «Allora pensaci, ok? Beh, io vado a letto… buonanotte!» Fece, per poi scappare al piano di sopra.
Doveva ammettere che era delusa dalla reazione di Harry, non riusciva a capire perché avesse reagito in modo così violento. Era chiaro che quello che era successo con Cedric l’avesse segnato, ma nessuno di loro intendeva infangarne la memoria alludendo al fatto che non fosse capace o qualcosa del genere. Entrò timidamente in dormitorio pensando stessero tutte dormendo, ma l’occhiata frettolosa che Lavanda e Calì le rivolsero le fecero capire che o stavano parlando di lei o avevano sentito Harry urlare. Ignorandole come sempre, Hermione si avviò al suo letto e Brienne saltò subito sul suo letto.
«Abbiamo sentito Harry urlare…» le sussurrò. «Tutto bene?»
Hermione annuì con aria stanca «Sì, ma ve ne parlerò domani…»
«Okay, oh ti è arrivata una lettera comunque. Corrispondenza intensa, eh?» Alluse, porgendogliela.
«Com’è arrivata?»
Brienne sorrise con fare significativo «Sempre con quel bel gufetto, penso che Grattastinchi volesse mangiarlselo…» fece, indicando la palla di piume rossa che Sirius stava utilizzando.
«Ma no che non voleva, ci stava giocando! Sembrano conoscersi…» aggiunse Aveline e Hermione sorrise, scrollando la testa.
Probabilmente Grattastinchi riusciva a riconoscere sia il profumo di Sirius che quello della sua controparte Animagus perché si era abituato a entrambi durante il loro terzo anno. Hermione si riscosse e si affrettò a cambiare espressione ma le ragazze, che la stavano osservando da almeno cinque minuti, ridacchiarono.
«Ahia, qui gatta ci cova…» cominciò Brienne, arrampicandosi sul suo letto.                                          
Aveline annuì «Ci dovrai raccontare a chi appartiene il misterioso gufo, prima o poi».
Purtroppo anche le altre due pettegole sentirono e si lanciarono un’occhiata che prometteva gossip, ma Hermione non se ne curò. Si cambiò, andò a dare del cibo al gufetto, accarezzandolo con aria intenerita, e s’infilò nel suo letto.
«Fatevi gli affaracci vostri» sbottò ma senza reale rabbia, mentre le altre ridevano.
Alla fine poteva dire di essersi fatta delle amiche, impiccione e allusive ma pur sempre delle amiche.
«Guarda come se lo coccola quel gufo…»
«Bri, datti fuoco» le venne da dire, rendendosi conto solo successivamente di aver parlato a sproposito: l’aveva appena chiamata con un nomignolo idiota e le aveva detto di darsi fuoco? Forse la vicinanza con Sirius Black stava già dando i suoi frutti.
Aveline cominciò a ridere quasi da strozzarsi e Brienne incassò con estremo aplomb.
«Beh, Mione, lo farò domani all’aerto. Non vorrei mai dare fuoco alla tue lettere» cinguettò.
Hermione inorridì «Mione?»
«Preferisci forse Herm?» Continuò Brienne, ghignando.
«Non chiamarmi proprio, guarda» borbottò, sistemandosi meglio nelle lenzuola.
«Potrei chiamarti “Ms. Gufo Rosso”» propose ancora, prendendosi una cuscinata da Aveline.
«Grazie, Aveline» fece Hermione, ridendo.
«Non c’è di che, a me puoi chiamarmi come vuoi comunque» le disse, gentile come al solito.
Brienne roteò lo sguardo in cielo «Guardala come sviolina…» sussurrò.
Hermione rise «Siete assurde, buonanotte».
«Buonanotte!» Risposero in coro.
Hermione aspettò che tirassero le tende a baldacchino per dedicarsi alla lettera di Sirius.
Ancora una volta era firmata col nome di Krum e si chiese quanto tempo sarebbe passato prima che qualcuno cominciasse a fare domande. Hermione sorrise nello scorgere la sua scrittura elegante, si accoccolò su di un lato e cominciò a leggere.
La lettera era... strana. Hermione si bloccò più volte, prima di capire che c'era un trucco sotto.
«Cosa hai combinato Sirius?» Sussurrò, mentre rileggeva.
Il corpo della lettera si presentava come la classica chiacchierata su scuola e famiglia tra due adolescenti, ma Hermione aveva notato che la punteggiatura era diversa, sbagliata.
Sentendo la solita eccitazione che la prendeva quando aveva un problema da risolvere, Hermione cominciò a pensare furiosamente a cosa poteva essere.
Non è possibile, pensò riguardando il testo della lettera.
Hermione contò tutti i punti e si tuffò sotto al letto, cercando di non fare rumore; spostò l'asse e rivelò una piccola raccolta di libri: erano i libri di Sirius, quelli pericolosi – a detta di Ron – che nessuno avrebbe voluto che leggesse. Dopo le ultime discussioni aveva pensato fosse saggio nasconderli.
Comunque s’inginocchiò, frugò per bene e trovò quello che cercava: "La vera storia di Edgar Pollon", un libro affascinante che aveva preso a Grimmauld Place una delle ultime sere. Raccontava la storia di un ingegnoso Babbano, il quale aveva trovato un modo a dir poco geniale per comunicare con la sua ragazza, strega, ai tempi in cui alle due comunità era proibito comunicare.
Hermione tornò a letto e scorse velocemente le pagine, prima di trovare il capitolo che le interessava.
«Aha!» Sussurrò con grande soddisfazione. Tornò alla lettera e ricontò. «Sirius sei un genio».
 
Cara Hermione..
Finalmente ho un po' di tempo per scriverti - Volevo raccontarti del weekend che ho trascorso con il mio amico. Ti ricordi - quello che era venuto a trovarmi. Così, improvvisamente e di cui ti avevo parlato - ?
Bene, siamo andati al bosco.... scelta un po' bizzarra visto la nebbia.... così fitta che non si riusciva a vedere praticamente nulla a pochi metri di distanza. Però ci piaceva l'atmosfera - e volevamo vedere se riuscivamo ad arrivare al lago. Dovresti vederlo.. è un lago talmente gelido che potresti congelarti le dita dei piedi dopo pochissimi secondi, senza neanche avere il tempo di fare una nuotatina...
Però è bellissimo - circondato da imponenti conifere sempre verdi.
Siamo arrivati dopo un'ora di cammino e ci abbiamo trovato la neve. Un paesaggio magnifico - avrei voluto fare una foto e spedirtela! Il lago era ovviamente ghiacciato, ma siamo riusciti comunque a godercelo, pattinando..
Va beh.. veramente il mio amico un po' meno, perché lui non sa pattinare - ho dovuto insegnargli come si fa - e poi ci siamo lanciati! Sapessi che volo ha fatto - io naturalmente ho cominciato a ridere come un pazzo e lui si è offeso...
Alla fine... dopo varie prove, è riuscito a diventare più fluido e alla fine mi ha pure ringraziato. Dopo la pattinata siamo andati dall'altra parte del bosco e siamo finiti in una città che non avevo mai visto...
Si chiama Dunavtsi e in pratica non c'è quasi niente, però abbiamo trovato cose buone da mangiare.. comunque poi abbiamo incontrato dei nostri amici e siamo andati a bere qualcosa - Tu cosa mi racconti, invece?
Come va lo studio? Poi volevo anche chiederti....... cosa fai durante le vacanze di natale?E se ci vedessimo?
Non so se riesci a venire in Bulgaria..  magari posso venire io - in Inghilterra.
Devo solo capire se sono impegnato con il Quidditch - anche perché non ho mai un attimo di pausa -.
Fammi sapere le tue ultime,
Krum
 
Mettendo insieme tutti i punti e le linee di quella strana punteggiatura, Hermione era sicura che sarebbe risalita all'alfabeto Morse, perché lei e Sirius ne avevano parlato una sera a Grimmauld Place proprio mentre discutevano di Edgar Pollon. Lui e la sua ragazza, infatti, disseminavano le normali lettere di punteggiatura diversa, che sarebbe stata ignorata da chiunque non conoscesse quel linguaggio. Mettendo insieme lo scritto da Sirius, e combinando tutto in lettere comprensibili, si poteva leggere: 

.. | _. |  _._. | ....... | ._. | .. | ..._ | . | ._.. | .. | _ _ _ | ....... | ... | .._ | .. | _. | _._ |


Considerando che i sette puntini rappresentavano gli spazi tra le parole, si trattava di quattro parole. Hermione decrittò il testo fino a leggere: Inc Rivelio su Ink.  Cioè, Incantesimo Rivelio sull'inchiostro.
Prese la bacchetta e con lo stupore negli occhi mormorò l'incantesimo, picchiettando sull'inchiostro. Questo si sciolse a rivelare un'altra lettera, molto più lunga della precedente.
Hermione posò il libro sul comodino e scosse la testa, ammirata. S'infilò sotto le coperte, nascondendosi alla vista.
«Lumos» mormorò e cominciò a leggere.
 
Hermione,
Se stai leggendo queste parole vuol dire che sei riuscita a risolvere il mio (neanche troppo brillante, a dir la verità) rebus. Vorrei poter dire che tutta opera del mio sacco, ma ovviamente il buon Edgar mi ha dato una mano. Non ti ho mai detto di averne un'altra copia qui; proprio l'altra sera la stavo leggendo e mi è venuta l'ispirazione. Spero di non essere stato troppo superficiale a credere che nessuno possa capire lo stratagemma a parte noi: è della Umbridge che stiamo parlando, è pressoché impossibile che abbia letto quel libro. Tutta la bibliografia del buon Edgar fa ovviamente parte della lista nera stilata dal Ministero a causa delle sue… diciamo frequentazioni particolari.
E comunque so per certo (grazie a Kingsley e Tonks) che al Ministero non ci stanno neanche provando: Caramell, nella sua cecità, ha lasciato tutto ciò che riguarda Hogwarts in mano alla Umbridge. Un folle.
Spero che non vi stia maltrattando troppo, a proposito.
In fondo alla lettera ti scrivo la ricetta per l'inchiostro. Remus mi ha detto che è un equivalente magico del vostro "inchiostro simpatico", penso che potremmo usarlo per scriverci più liberamente. Che ne dici?
Harry come sta? Mi dispiace che non siamo ancora riusciti a chiarirci dopo il mio attacco di demenza nell'ultimo incontro, ma ho preferito non usare con lui questo metodo perché è più in vista di te e c'è più rischio che la copertura salti. Ti prego di nuovo di tenerlo sotto controllo (e tranquillizzarlo) anche per me, se puoi.
Sempre legandomi a questo, come sta andando il tuo piano? Gliene hai parlato? Fammi sapere cosa ti ha risposto... io sto cercando di far ricerche per aiutarti a trovare le soluzioni meno pericolose possibili.
Per quanto riguarda G.P., invece, Remus è ancora qui: è stato ferito in missione, non è grave ed è già pronto a ripartire, anche se Silente gli ha consigliato caldamente di starsene buono.
Io sto... bene. Frustrato, forse, innervosito da Silente, anche, ma tutto sommato sto bene. Il momento in cui potrò dirmi libero sembra sempre più lontano e ormai non ci spero neanche più.
Però in tutto questo volevo solo dirti che ti ringrazio. Se non ci fossi tu avrei fatto qualche follia molto prima.
Harry è il mio contatto col passato, la testimonianza vivente che Lily e James sono esistiti davvero e hanno dato vita a qualcosa di meraviglioso, ma tu... tu sei il mio legame col futuro. Non con me, non per forza, solo... mi dai speranza che ci sia la luce in fondo a questo tunnel. O forse è solo molto tardi e io sono molto stanco.
Tornando a qualcosa di più leggero, leggerezza che senza dubbio connota la mia splendida persona, avresti dovuto vedere Tonks quando ha visto Remus ferito: ha dato di matto e stava per ammazzarlo lei, solo per il colpo che le ha fatto prendere. Mia cugina ha un cuore di panna e quell'idiota ammuffito di un bibliotecario in pensione (senza offesa per la vostra... specie, insomma) non se ne rende neanche conto. Come dicevamo a G.P., certa gente non vuole essere felice.
Ora sta ronfando accanto a me con "Ragione e Sentimento" di una certa Jane Austen sulla faccia. Ci scommetto che è un altro dei vostri mattoni Babbani. L'hai letto? Lo consigli a un personaggio come me?
Perché se la risposta è affermativa glielo rubo prima che si risvegli di nuovo.
Ah, tutto il trambusto derivato dal suo arrivo ha avuto come conseguenza che ho dovuto affrontare nientedimeno la mia mitica cugina, quella vera, Andromeda Black. Ti avevo raccontato di lei, ricordi? È stata debellata dal ritratto perché ha sposato il Babbano Ted Tonks. Ieri l'ho rivista e non è cambiata di una virgola: è identica a Bellatrix, ma pazza in un modo tutto suo: serafica, elegante, gelida, potrebbe strangolarti senza fare un fiato. Ti piacerebbe.
Sembra uno di quei personaggi vittoriani dalla storia tutta scritta addosso, tra le rughe di espressione e gli abiti d'epoca. Lo squilibrio che lei e Ted creano quando sono nella stessa stanza (lui è maldestro, impacciato, bonario) ti divertirebbe senza dubbio. Forse ci scriveresti persino qualcosa. Io lo leggerei di sicuro.
Ora sto parlando un po' a vanvera perché avrei voglia di averti qui a farmi da scudo contro la notte: è il momento in cui dovrei dormire ma non ci riesco mai. Non dormo davvero da almeno quindici anni, la mente si è abituata a non lasciarsi andare e il corpo a non rilassarsi. E anche quando voglio parlarti con leggerezza non ci riesco, spero sempre che questo peso si sciolga – attraverso di me, le mie dita, la penna – sulla carta, insieme alle parole. Forse è l'onnipresente Azkaban con il suo buio spettrale, o forse sono i Dissenatori perenni della mia anima, forse è la guerra o Voldemort. Forse sono solo io. Il mio spirito che si dissolve sotto i tuoi occhi, ogni volta che leggi di me.
Temo che questa cosa non cambierà mai, sono solo troppo inadeguato per questo mondo.
Ma tu capirai lo stesso, ci scommetto. Buonanotte, Hermione.


Tuo,
Sirius
 
Hermione non ebbe neanche il tempo – forse per la prima volta in vita sua – di riflettere sulle parole o sul tono o su tutto quanto, perché cominciò a piangere. Così senza motivo.
Non era esattamente felicità, non era veramente tristezza. Era più una combinazione delle due cose.
Si sentì vicina a Sirius come non mai, quasi avvertiva di poterlo toccare sul divano di Grimmauld Place. Nessuno le aveva mai scritto qualcosa di così malinconico e poetico e triste e dolce allo stesso modo; avrebbe potuto sembrare in contrasto col Sirius che conosceva, ma lei sapeva che in fondo quello era Sirius, lo intuiva con ogni fibra del suo essere e si sentì grata che glielo mostrasse.
Si addormentò, esausta, con la lettera tra le mani.
Continuò a consumare la lettera nei giorni successivi, quando restava l’unico modo per poterlo sentire.
Per tutta la settimana successiva Sirius non la contattò, anche se Hermione gli aveva rinviato la risposta solo due giorni dopo quando aveva già imparato a padroneggiare l’inchiostro.
Inviò pure una lettera casuale a Tonks, giusto per mostrarle vicinanza senza farle capire che parlava con Sirius, ma era sicura che l'avrebbe letta solo dopo tutti i ferrei controlli del Ministero.
L’argomento su Sirius ritornò il sabato mattina, quando proprio il gufo di Ron arrivò planando sulla porzione di tavolo dove stavano mangiando. Leo allungò la zampa, dopodiché affondò il becco nella ciotola piena d’acqua che gli aveva preparato, arruffando le penne.
Ron srotolò la pergamena e lesse, prendendo un’espressione strana «Quello che non capisco è cosa stiano facendo i miei» esordì, mentre gli altri due si giravano a guardarlo.
«In che senso?» Cominciò Harry e Ron scrollò le spalle «Mi scrivono frasi strane, ambigue…»
«Magari ti scrivono in codice, sai, per sicurezza» fece Hermione, dalla Gazzetta del Profeta che stava leggendo. Le notizie erano le solite costruzioni ad hoc pianificate dal Ministero per dimostrare come tutto andasse bene; ormai leggere il giornale le faceva venire l’ulcera.
Ron terminò di leggere poi sospirò, passando la lettera a Harry «Non lo so, sono perplesso…»
Harry terminò di bere il suo succo di zucca e prese la lettera «Ehi, ma parlano di Remus!»
Ron s’incupì «Sì, pare sia ferito… addirittura Silente è andato a vedere come sta…» commentò, abbassando la voce di colpo.
Non sapevano quanto fossero incriminanti quelle parole, ormai dovevano stare più attenti a tutto.
Hermione aspettò di avere un'espressione neutrale – ovviamente Sirius le aveva anticipato tutto –, poi chiuse il giornale e provò «Quindi chi si sta occupando di lui?»
Harry le lanciò un’occhiata «Beh, Sir-Tartufo, no? O pensi che non ne sia capace?» Grugnì, già piccato. Hermione roteò lo sguardo in cielo «Sta’ calmo, non ho detto niente del genere. Tartufo è perfettamente in grado di farlo. Mi chiedevo se ci fosse qualcun altro… magari i tuoi genitori?»
Ron scrollò la testa «Mio padre deve per forza andare a lavoro, non può assentarsi per evitare domande… Qui non c’è scritto, ma è chiaro che la situazione al Ministero è difficile».
«Già, ci scommetto! Magari controllano tutti quelli più vicini a Silente o una cosa del genere» sbottò acidamente Harry, lanciando un’occhiata alla Umbridge e alla sua espressione tronfia.
«E tua madre?» Chiese imperterrita Hermione.
«Credo che vada davvero poco a… insomma, là. Dopotutto alla Tana non c’è nessuno, anche Bill ha il suo bel da fare alla Gringott, a sentir parlare lui pare siano tutti impazziti…»
«Cosa?» Chiesero contemporaneamente Harry e Hermione.
«Beh, non so, dice che stanno andando tutti a prendere i loro soldi e a chiudere i conti per… andare via o scappare, credo».
Harry fischiò, ma Hermione era pensierosa «Quindi le persone che non credono al Ministero sono più di quelle che pensiamo…»
«Magari cercano di insabbiare tutto, no?» Chiese Harry, infilzando di malumore una salsiccia. «Chissà come sta Remus e se è grave...»
«Mamma me l’avrebbe detto se lo fosse stato» replicò Ron con buonsenso, ma Harry in realtà stava pensando a Sirius: quanto doveva essere pesante per lui non solo vivere segregato, ma anche occuparsi degli altri quando tornavano feriti senza poter fare altro? Per una persona reattiva come lui essere così passivo doveva essere terrificante.
«Povero Tartufo…» mormorò, come a conclusione del suo ragionamento mentale.
Hermione lo fissò con una strana espressione «Ti stai sentendo in colpa per l’altra volta, vero? Quando gli hai detto di no per incontrarlo…» fece, intuitiva come al solito.
Harry sbuffò ma non rispose, così lei continuò «Guarda che hai fatto benissimo! Una cosa sono le lettere o la Metropolvere, una cosa venire di persona vicino al Castello… e dove c’è la Umbridge, per giunta. Sarebbe pericoloso!»
«Lo so, lo so… solo che a volte mi chiedo se…» cominciò, per poi fermarsi di botto.
Ron si accigliò «Se? Guarda che puoi parlarne con noi».
«Beh, se avesse ragione. Forse sono davvero così arrendevole come ha insinuato lui… insomma, guarda cosa sta combinando la Umbridge!»
Ron e Hermione si lanciarono una singola occhiata perplessa.
«A parte che non è vero che sei così e c’è una lunga lista di punizioni a supporto, fai quello che ti dice Silente come tutti, il che è giusto» fece Hermione.
«Sì, Silente… seguo gli ordini di qualcuno che mi ignora costantemente…» masticò lui e Hermione non poté fare a meno di ripensare a Sirius, a quanto sembrassero uguali in quel momento.
«Insomma, piantala. Silente è l’unica persona che sembra sapere quel che fa, davvero» s’inserì Ron.
«E poi anche Sir-Tartufo segue i suoi ordini, anche se li contesta» precisò Hermione. «Harry, Silente ha già troppo nemici così, non possiamo permetterci di avere dubbi a nostra volta…»
Harry sbuffò, pensando che non voleva dare l’aria di un moccioso petulante.
«Ok, lo so. So anche che ha mille cose da fare e non può pensare a me ventiquattro ore su ventiquattro, però… non so, voi non pensate che dovrei fare qualcosa di più?»
Ron sgranò lo sguardo «Di più di quel che hai fatto fino ad ora
Hermione preferì evitare di dirgli che era proprio quello di cui parlava quando gli aveva proposto le lezioni illegali di Difesa e preferì non ricordargli tutte le scuse che aveva usato allora, così da evitare la lite sul nascere. Però la sua espressione si fece talmente oltraggiata che Harry capì lo stesso.
«Hermione…»
«Io non sto dicendo niente» commentò subito lei. «Però penso che potresti essere un po’ più coerente».
Harry non disse nulla, ma continuò a pensarci: come poteva dirle che la cosa a cui non riusciva a smettere di pensare era l’idea di non essere coraggioso come suo padre, come Sirius aveva sottinteso?
Tutto il resto del week-end passò piuttosto pigramente, tra sortite veloci nel parco quando il tempo migliorava e intenso studio sepolti nelle sale comuni. La domenica sera assistettero a uno dei soliti spettacoli dei gemelli, che ormai sfornavano prodotti alla velocità in cui la Umbridge affiggeva cartelli, e anche a un vero e proprio tentativo di omicidio ad opera di Brienne.
«George Weasley, io ti ammazzerò» proclamò, mentre sventolava in aria braccia senza mani.
Mani diventate invisibili appena le aveva, scioccamente, infilate in un paio di guanti dall’aria ambigua.
«Dai, ritorneranno entro mezz’ora!» Replicò il gemello, col sorriso appassito.
In realtà non ne era sicuro, visto che era la prima volta che testavano i Guanti Houdini. Tuttavia non potevano continuare a provare i prodotti solo su loro stessi e, per colpa di Hermione, non potevano nemmeno provarli su un numero alto di innocui studenti, quindi avevano deciso di scegliere una sola persona alla volta e tentare la sorte.
«Io ti ho chiesto solo se avevi bisogno di aiuto non di farmi sparire una parte del corpo, razza di-»
«Ok, che succede?» S’inserì Hermione pigramente, sprofondata in poltrona in un angolo della sala.
Non si era neanche data la pena di chiudere il libro tanto era usuale quel tipo di scena.
«Quest’idiota» cominciò Brienne alzando un braccio, alla fine del quale supponeva ci fosse una mano che indicava George. «Mi ha fatto sparire le mani! Come dovrei studiare adesso?»
«Beh, sono solo invisibili mica ti sono cadute» replicò ragionevolmente il gemello, prendendosi un’occhiata di fuoco.
«Ottima notizia, almeno potrò strangolarti!»
Hermione sospirò «Un altro prodotto dei vostri? Io non ce la faccio più, non so davvero… dieci punti in meno, prodotto requisito e fatele tornare le mani, accidenti a voi» fece, col tono di chi recitava un copione a memoria.
Neanche George se la prese più di tanto e lanciò i guanti a Hermione con uno sbuffo «Tanto lo sai che ne abbiamo altri…»
«Beh, per ora non ne ho visti in giro, per cui… le mani a Brienne…»
George inarcò un sopracciglio «Non posso. Dobbiamo aspettare la fine dell’effetto».
Hermione fece un sorriso che ricordava più un ghigno «Siete così geniali, trovate la soluzione. O così o chiamo la McGranitt seduta stante».
George la fissò come per decidere se fosse seria, poi pensò non fosse il caso di stuzzicarla più del dovuto; sbuffò di nuovo, afferrò il fratello al volo e se ne andarono confabulando qualcosa.
«Torniamo subito» fecero.
Brienne roteò gli occhi e si lasciò cadere sul divano accanto a Ron «Non lo faranno, vero?»
Ron, che in tutto quello non aveva neanche alzato la testa dagli innumerevoli fogli di pergamena che aveva davanti, rispose «Probabilmente no».
«Bene» grugnì lei, guardandosi attorno speranzosa. «Harry, che ne dici se scrivi il compito di Piton per me che non vedo le mie mani?» Provò a dire, mentre l’altro inarcava un sopracciglio.
«Ti sembro poco impegnato, per caso?» Ironizzò, indicando il mucchio di libri alla sua destra. Ovviamente lui e Ron continuavano a essere in estremo ritardo sulla tabella di marcia.
Hermione non disse nulla, ma Brienne era abbastanza intelligente da sapere che non doveva neanche osare chiederglielo o sarebbe stata picchiata con l’enorme tomo che aveva sulle gambe.
«Cosa stai leggendo, “Storia di Hogwarts parte mille”?» Le chiese, invece.
Ron accanto a lei sbuffò «Ti prego, non nominare quel libro o non la finisce più!»
Hermione lo guardò male «Sei un idiota… è un libro sulla magia del sangue. L’ho preso in biblioteca».
«I tuoi interessi sono sempre più inquietanti» cominciò Ron e, per fortuna, arrivarono Ginny e Aveline a distrarli perché Hermione sembrava pronta alla battaglia.
«Dove sono finite le tue mani?» Chiese Aveline, senza neanche un “ciao” preliminare.
«I Weasley» rimbrottò solo Brienne, mentre Aveline annuiva.
«Ah, certo» liquidò come se fosse normale, poi si girò verso Hermione. «Ho notato una cosa: la prossima settimana è il tuo compleanno!» Esclamò.
Tutti si girarono a fissare Hermione.
«Ehm, già» borbottò lei a disagio.
Non avevano mai festeggiato il suo compleanno perché era sempre uno dei primi e, beh, se lo dimenticavano tutti.
«Non abbiamo mai festeggiato» fece infatti Ron, senza particolare intonazione.
Aveline lo guardò quasi male e Brienne sbuffò, come al solito dando voce ai pensieri peggiori.
«Perché voi siete uomini», calcò come se fosse la peggiore delle offese. «Quest’anno però si festeggia!» Esclamò lanciando i pugni invisibili in aria.
Aveline sorrise e annuì, sedendosi accanto a Harry con l’aria di chi avesse già deciso tutto.
Hermione lanciò uno sguardo preoccupato intorno a sé «Ma, veramente…» cominciò con un balbettio.
Harry sorrise «Hanno ragione, siamo stati dei cretini a non festeggiare prima, ma rimedieremo…»
Vide Ginny avvicinarsi e le fece «Ehi, Ginny, organizziamo una festa per il compleanno di Hermione?!»
Hermione osservò il ghigno dell’amica con sommo orrore. Oh no.
Ginny si sedette tra loro e lanciò un’occhiata divertita alla sua espressione terrorizzata.
«Ok, parlerò con Fred e George» sentenziò. Oh no.
Hermione nascose il sorriso dietro uno sbuffo, pensando che sarebbe stata una lunga settimana.
 
   
 
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