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Autore: vali_    22/02/2019    3 recensioni
[Seguito di "Wash Away"]
Sam, dopo aver perso Jessica, è tornato a cacciare con suo fratello, nonostante continui a credere che la sua vita potrebbe essere molto di più che inseguire mostri e un incubo infinito. Dean si sente meglio ora che ha nuovamente suo fratello al suo fianco, ma Ellie gli manca più di quanto voglia ammettere e, quando una persona a lui cara lo cerca per chiedergli di occuparsi di un problema che la riguarda, non esita un istante a prendere l’Impala e correre da lei.
… “«Scusa Sam, ma non andiamo in Pennsylvania».
La smorfia che compare sulla faccia di suo fratello è un misto tra il disperato e lo spazientito, ma a Dean poco importa di come prenderà questo cambio di programma. «Come? Ma se avevamo detto—»
«Non importa quello che avevamo detto» prende fiato e lo guarda intensamente; non ha voglia di discutere, ma almeno deve dargli qualche informazione su questo cambiamento improvviso. Tanto poi sa che, durante il viaggio, Sam lo riempirà di domande comunque
”…
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Prima stagione, Seconda stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Some things are meant to be'
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Note: Buonasera!
Questa volta sono più in ritardo del solito, perché non è mercoledì. Chiedo umilmente perdono, ma non ho avuto il minimo tempo di rileggere il capitolo durante la settimana e sono rimasta indietro. U_u
Questi capitoli prendono molto spunto dagli episodi 1x21 “Salvation” e 1x22 “Devil’s trap”, come troverete scritto anche nelle note. Molti dei dialoghi sono attinti da lì, a parte qualche rivisitazione personale. Spero che non sia un problema e che non vi sembri troppo di leggere una cosa già vista; ne ho sempre avuto il terrore.
Fatemelo comunque sapere, in caso fosse così, perché si può sempre migliorare :)
Saluto i miei lettori fidati e quelli nuovi *manda cuori a tutti* e vi lascio alla lettura. Spero che il capitolo vi piaccia e di essere più puntuale la prossima settimana.
Un abbraccio fortissimo, buonanotte! :***

Capitolo 24: Protection
 
With all the crap that’s going on around the world,
You kind of want to do what you can
To protect the ones you love.
 
(James Wan)
 
 
Si accomoda meglio sulla sedia sulla quale è seduto, la mano chiusa a pugno sotto la testa, il gomito destro appoggiato sul legno del tavolo che, negli ultimi giorni, hanno adibito a scrivania e l’altra che l’aiuta a portarsi alla bocca la penna a cui sta mordicchiando il tappino, consumato da altri “rosicchiamenti”. Sam ha gli occhi puntati su un foglio di carta che gli ha dato papà, un vecchio articolo su cui è riportata la vicenda dell’incendio di una villetta in cui viveva una famiglia in Arizona. Risale a una decina di mesi fa e parla della testimonianza di una giovane donna, madre di una bambina di sei mesi, che è riuscita a sopravvivere insieme alla sua piccola scappando dalla sua casa andata in fumo assieme al marito di qualche anno più grande. [1] Papà glielo ha mostrato perché stanno parlando del demone, tanto per cambiare, e degli indizi che l’hanno portato a pensare che stava tornando allo scoperto.
 
Alza gli occhi su di lui che sta fissando l’orologio al suo polso «Quindi colpisce le famiglie con i bambini?»
John lo guarda come scosso; probabilmente non si aspettava che parlasse. «Sì. S-sì… la notte in cui il bambino compie sei mesi».
Sam sgrana gli occhi «È successo così anche a noi? Io compivo sei mesi?»
Papà si accomoda meglio sulla sedia, appoggiandosi allo schienale. «Sì, proprio così».
Sam scuote la testa, irrequieto «Quindi è accaduto per questo? La mamma e Jessica sono morte perché il demone è venuto a prendere me?»
John abbassa gli occhi, rivolgendoli alla matita che rigira tra le dita di entrambe le mani. «Vorrei avere delle risposte, Sammy. Purtroppo non le ho ancora».
 
Sam storce la bocca e non dice altro, tornando a puntare gli occhi su quell’articolo.
Si sono spostati, alla fine. Non di molto, perché sono arrivati a Eastonville che per papà era anche troppo vicina a Manning, ma erano stanchi e non occorreva muoversi troppo. L’importante era coprire le proprie tracce, come sempre.
Sono qui da quasi dieci giorni e hanno avuto modo di aggiornarsi sulla caccia di papà al demone che gli ha portato via la mamma e Jessica. Ora Sam si trova nella sua stanza, che è più piccola di quella che si sono presi lui, Ellie e Dean, posizionata proprio accanto a questa. C’è solo un letto, proprio dietro a dove siede Sam, un tavolo che papà ha adibito a scrivania di fronte; alla sua sinistra la porta del bagno e alla destra quella d’ingresso. È tutto concentrato in pochi metri quadrati di moquette blu notte.
Alla parete posta di fronte a lui, quella dietro il tavolo, John ha appeso una marea di mappe, foto e pezzi di vari giornali e a Sam fa quasi paura la mole di roba che ha collezionato suo padre nel tempo. È incredibile constatare quanto sia stato dietro a quel maledetto mostro.
 
Alza nuovamente la testa quando lo sente sbuffare e lo ritrova a controllare l’orologio. Lo osserva silenziosamente «Ma Dean quando pensa di tornare?»
Sam dà un’occhiata all’ora: è quasi mezzanotte. Lui ed Ellie sono partiti da qui che non erano neanche le dieci, ma non pensa che torneranno a breve. Anzi, conoscendoli probabilmente non lo faranno prima di domattina. Osserva nuovamente il padre «Non lo so, papà. Forse più tardi o forse—»
«O forse domattina» Sam lo guarda sbuffare aria dal naso; è visibilmente irrequieto «E lo fa spesso?»
«No» ed è sincero: quei due potrebbero passare la maggior parte delle serate da soli dopo aver trascorso tutta la giornata insieme a lui, ma lo fanno raramente. Di solito preferiscono fargli compagnia.
«Da quanto dura questa storia?»
Sam stringe le spalle «Due o tre mesi. Ellie viene con noi da quando è morto Jim, ma credo… credo che lei e Dean fossero in contatto da prima». Guarda suo padre scuotere la testa in segno di disapprovazione. Tira le labbra in una linea sottile, aggiustando la sedia per accostarsi di più al bordo del tavolo. «Perché ce l’hai tanto con Dean per questa cosa, papà? È grande, sa badare a se stesso. E anche Ellie».
John lo scruta in modo severo «Non è per lui. Io mi fido di Dean, so che sa il fatto suo. Non mi piace che stia con quella ragazzina» stringe le labbra «Ho messo solo un paletto alle sue avventure: tutte, ma non quella lì. Neanche un mese dopo c’era già andato a letto» scuote la testa e sbuffa appena. «Non avrei mai dovuto dar retta a Jim. Non avrei dovuto lasciarli soli troppo tempo… a Dean piacciono troppo le ragazze, avrei dovuto immaginare che—»
Sam sorride ironico «Perché, lei ti sembra il tipo di ragazza che solitamente piace a Dean?» suo padre lo fissa senza rispondere «È graziosa, ma non è bellissima, né particolarmente prosperosa e soprattutto non è una facile» si lecca le labbra «Quindi non capisco perché dici così. È una brava ragazza, gli vuole bene. Tanto. Non avevo mai visto nessuna guardarlo con la stessa attenzione e la stessa ammirazione con cui lo fa lei».
«È una distrazione, per tuo fratello. Hai visto cosa è successo, l’altro giorno? Se non l’avessi fermato sarebbe tornato indietro a riprenderla in mezzo ai vampiri».
«Lo avrebbe fatto anche per te. O per me. Dean è un impulsivo, è… è uno che spara prima di pensare. Proprio come gli hai insegnato tu. Vuoi biasimarlo per questo?» lo guarda negli occhi; il silenzio di papà è più eloquente di mille parole «Senti… capisco che sia strano per un cacciatore come lui o come noi portarsi dietro la fidanzata, ma quei due hanno legato tanto quando io non c’ero. E, da quello che ho capito, c’eri poco anche tu» fa una pausa, continuando a guardarlo «Dean era da solo e in lei ha trovato un appoggio. Non è una ragazza qualunque, una delle tante con cui Dean è andato a letto. Non è perfetta nella caccia, è vero, ma se la sa cavare bene e… e Dean è felice con lei. Non c’è niente di male se la porta con noi, io… io credo che si siano trovati e sono fortunati ad avere l’un l’altra. Perché non li lasci respirare?»
 
Sorride appena e osserva suo padre abbassare lo sguardo, rigirando ancora una volta la matita tra le dita. Più che convinto sembra rassegnato, ma è già un piccolo passo avanti: di certo non riuscirà a cacciare Ellie facendo la guerra a lei o a Dean. Anzi.
 
Non ha potuto fare più di tanto quando papà gli ha parlato in quel modo sfrontato, giorni fa, ma adesso che ne ha l’occasione ha pensato di cercare di rimediare, considerando che Dean ha accusato il colpo più di quanto Sam pensasse. È da quel giorno che è più scontroso, più… pensieroso, cupo. Anche Ellie se n’è accorta; si vede da come lo guarda, come se volesse fare qualcosa per capire cosa gli sta succedendo senza però riuscirci. Sicuramente Dean non le ha detto niente per non mettere più zizzania e ha fatto bene: già ce n’è troppa tra lei e papà. Gettare acqua sul fuoco non farebbe che alimentarlo e Dean, da sublimatore seriale qual è, sicuramente preferisce tenersi tutto dentro. Gli fa un male cane, perché Sam lo vede che questa situazione di certo non lo fa stare bene, ma preferisce di gran lunga fare così e Sam, in un certo senso, non può dargli torto. Così, visto che non si sfoga neanche con lui, cerca di dargli una mano come può.
 
John abbassa gli occhi sulla matita che sta rigirando ancora tra le dita e gli spunta un piccolo sorriso, una smorfia che Sam non si aspettava di vedere, soprattutto perché carica di affetto. Lo guarda alzare lo sguardo su di lui «Mi sembra di capire che sei contento per tuo fratello».
Sam lo studia per qualche istante; non pensa di aver capito a cosa allude. «Ha trovato una persona che gli vuole bene, quindi sì… non vedo perché non dovrei».
«Hai parlato di fortuna, poco fa» Sam continua a fissarlo e ora pensa di aver capito a cosa si riferisce: al fatto che quello che aveva lui, ora, non c’è più. E quando gli chiede «Ti manca la tua ragazza?» non ha più alcun dubbio.
Non vede perché dovrebbe dirgli una bugia, perciò preferisce essere sincero «Ogni giorno» e guarda il sorriso di suo padre arrotondarsi appena in una smorfia più determinata. «Allora vediamo di farle giustizia».
Sam, a quelle parole, stira le labbra in un sorriso amaro «Sissignore».
 
In fondo, per Jessica ormai non può fare nient’altro.
 
*
 
I sedili posteriori dell’Impala non sono di certo il posto più comodo del mondo e nemmeno il più caldo, ma sicuramente rientrano nel podio della classifica di quelli dove si è sentita più amata e desiderata nell’intero universo. Almeno hanno un odore familiare – di pelle e casa – e non un cambio di lenzuola sempre diverso.
Ellie, sdraiata su un fianco con la testa appoggiata sul braccio sinistro di Dean e il viso rivolto verso di lui, gli si stringe più addosso, circondandogli la vita e allungandosi verso di lui per baciarlo sotto il mento.
 
Sono qui da un paio d’ore, ormai. Quando sono usciti, pensava che volesse portarla da qualche parte, magari a bere qualcosa o a vedere le stelle, invece non ha voluto perdere molto tempo in chiacchiere: ha parcheggiato l’Impala su questo spiazzo fuori da Eastonville, l’ha spenta e si è voltato a guardarla. L’ha lasciata chiacchierare un po’ – di cose futili come quello che le ha detto Janis nell’ultima telefonata a proposito di Mufasa – e poi, quando gli argomenti si sono esauriti, non ha perso altro tempo, cercando le sue labbra nel buio, le dita che correvano veloci a sbottonarle la camicetta celeste.
 
Sono giorni che è strano. Ellie già un paio di volte ha provato a chiedergli che c’è che non va, ma Dean l’ha sempre liquidata con un niente secco e sbrigativo e non è riuscita a spillargli una parola.
È quasi sicura che si tratti di suo padre. È strano da quando John l’ha fatta uscire per parlare con i suoi figli ed è altamente probabile che le cose siano collegate. Ha provato a chiedere anche a Sam, una volta, ma nemmeno lui ha voluto dirle nulla, il che l’ha insospettita ancora di più sulla natura di ciò che lo fa stare così. Sicuramente John l’ha rimproverato per qualcosa che la riguarda, magari gli ha detto che è un’imbranata e che non deve portarla con lui e Dean, per non scatenare altre bufere, si sta tenendo tutto dentro. Tipico.
 
Si stringe un po’ di più al suo corpo, qualche brivido di freddo che la scuote appena. La coperta che si sono messi addosso per coprirsi un po’ stasera non sembra fare al meglio il suo dovere: è la fine di agosto e lo sbalzo termico tra il giorno e la notte comincia a farsi sentire molto di più rispetto a qualche settimana fa.
 
Dean le accarezza la schiena distrattamente, i polpastrelli che percorrono un disegno invisibile sulla sua pelle. Ellie lo osserva, notando come il suo sguardo sia perso nel vuoto.
Non le ha detto nulla, come fa sempre in queste occasioni. Si è limitato a chiederle se le andava, all’inizio, quando Ellie ha fatto un po’ di storie quando si è vista togliere la camicia – non perché non ne avesse voglia, ma preferiva parlare, visto il broncio perenne che ha negli ultimi giorni – e, quando gli ha risposto di sì, non le ha fatto neanche finire la frase, limitandosi a dirle «Allora lascia che ti spogli», le dita sotto la spallina sinistra della canottiera nera.
 
Anche il sesso è stato diverso. Ellie capisce quando c’è qualcosa che non va anche da questo, perché Dean diventa un po’ più frettoloso, più veloce e irruento. Sembra quasi sfogarsi ed Ellie se n’è accorta soprattutto quando l’ha visto distogliere lo sguardo e affondare il viso sul suo collo, in modo da non incrociare i suoi occhi.
Ha anche la vaga impressione che domattina, quando si guarderà allo specchio, si ritroverà il lato destro pieno di succhiotti. Anche questo è strano, perché Dean non la marchia mai tanto a fondo, le lascia solo qualche segno ogni tanto, ma senza esagerare. Stavolta, invece, non ha fatto altro che morderla su quel punto, sotto l’orecchio, ed è convinta che troverà almeno un paio di segni più evidenti.
Non gli ha detto nulla, perché Dean l’ha sempre trattata in modo speciale e se per una volta è stato un po’ meno attento non ha importanza. Ellie sa che non le farebbe mai del male, che se ne accorgerebbe e tornerebbe indietro, chiedendole scusa con una carezza gentile, e non l’ha fatto neanche stavolta, quindi non vede un motivo valido per fargli pesare questo atteggiamento. È altro a preoccuparla.
 
Un altro paio di brividi la scuotono ancora e si tira su con il busto, allungandosi verso il sedile anteriore per recuperare la giacca di pelle di Dean – più grande della sua e sicuramente più calda – per poi mettersela sopra mentre si sdraia di nuovo. La spinge anche verso di lui e lo guarda mentre la stringe un po’ più forte «Hai freddo?»
Ellie fa spallucce «Un po’, ma con questa dovrebbe andare meglio».
Lo osserva leccarsi il labbro inferiore «Volevo restare qui a dormire, ma se senti freddo torniamo in stanza» e scuote la testa «Non ce n’è bisogno, davvero». Gli accarezza la guancia destra delicatamente. «Stai bene?»
Dean le sorride «Adesso sì».
Ellie fa lo stesso, divertita. «Non mi riferivo a quello, stupido» lo guarda ridere, cercando di rimanere concentrata sul suo discorso «Parlo sul serio».
«Anch’io».
 
Lo scruta mentre le lascia un bacio sul naso, asciutto e veloce, e un altro sulle labbra, più lento e umido, mentre con la mano destra le accarezza il viso dolcemente. Ellie comprende dai suoi gesti che non ha voglia di parlare e sa che non può insistere più di tanto.
 
Si accosta di più al suo corpo, abbracciandolo e incastrando la testa sull’incavo del suo collo. Se non guardarlo negli occhi lo aiuterà a lasciarsi andare a qualche confidenza, Ellie è disposta ad assecondarlo. Qualunque cosa pur di farlo stare meglio. «Se non vuoi parlare va bene… anzi, l’ho capito da sola che non vuoi farlo. Ma non… non tenerti tutto dentro».
Gli lascia un bacio sul collo, leggero e delicato. Dean la stringe un po’ più forte «Non ha senso star male in due» e quelle parole le tolgono ogni dubbio: John gli ha detto qualcosa di lei, qualcosa che gli ha fatto male. Qualcosa che non vuole condividere per non peggiorare l’equilibrio precario che stanno cercando di mantenere da quando è tornato. Ellie non può biasimarlo per questo, ma le dispiace che tutta questa situazione gli stia ricadendo addosso un’altra volta. Vorrebbe dire qualcosa, ma Dean la precede «Ho solo bisogno di sapere una cosa» si scosta appena per guardarlo negli occhi, in attesa «Se non stessi con me, dopo aver vendicato tuo padre avresti continuato a cacciare?»
Ellie stringe un pelo gli occhi «Che domanda è?»
«Tu rispondimi e basta» e si trova costretta a obbedire, il tono di Dean duro e deciso. «Io non… non posso saperlo… Forse avrei smesso o forse avrei continuato a farlo più sporadicamente… magari avrei passato più tempo da Bobby per dargli una mano con le ricerche anziché cacciare in prima persona, ma non… non lo so. Voglio dire, cacciare da sola non sarebbe stato semplice». Lo vede abbassare gli occhi, come se fosse scottato dalle sue parole. Gli accarezza il viso, la mano che si muove fino al mento per alzarglielo appena e permetterle di farsi guardare «Non voglio mettermi in mezzo e mi dispiace che tu viva questa situazione, ma… non farti condizionare da ciò che dice John. Io sono qui e non desidero di meglio. Non posso sapere quello che avrei fatto se tu non ci fossi stato o se non avessi voluto seguirti, perché l’ho fatto e penso che non avrei potuto fare una scelta migliore».
«Sì, ma non vorresti altro per te? Un tetto sulla testa, qualcosa… qualcosa di diverso da questa vita».
Ellie gli sorride «Ti ho già risposto: io sono felice solo con te» e si avvicina al suo viso, sfiorandogli il naso con la punta del suo per poi dargli un bacio e accoccolarsi di più tra le sue braccia.
 
Certo, non che non desideri per lei e Dean una stabilità, qualcosa di più concreto che viaggiare a destra e a manca per gli Stati Uniti, ma stanno insieme da troppo poco tempo per avanzare pretese simili. Oltretutto Ellie non si sogna minimamente di togliere a Dean la possibilità di cacciare: è il suo lavoro da sempre e non sarà di certo lei a dirgli di smetterla. Sicuramente non finché il demone che gli ha portato via la mamma non avrà fatto la bruttissima fine che merita.
 
Dean non le dice più niente ed Ellie si accomoda meglio la sua giacca sopra, stringendosi più al suo corpo per sentire meno freddo possibile. Sarà una notte lunga considerando che il sonno, con tutti i pensieri che le frullano per la testa, si farà attendere.
 
Il mattino dopo, il risveglio non è dei migliori. Ellie non è riuscita a dormire molto e, a giudicare da quanto si è mosso Dean durante la notte, non deve averlo fatto tanto neanche lui. Non gli ha chiesto nulla, però, per evitare di sentirsi dire l’ennesima bugia di questi giorni.
 
Si vestono velocemente, dunque, e tornano alla loro stanza che è mattina presto. Non trovano Sam e, immaginando che sia da John, si fanno una doccia veloce – non come quelle che si sono concessi a Trinidad un paio di settimane fa, quando le cose sembravano più semplici – e si vestono – Dean con una camicia di jeans che lascia aperta come al suo solito e una maglietta grigia sotto, l’amuleto che gli ha regalato suo fratello in bella vista; Ellie, invece, indossa una maglietta a maniche lunghe di cotone bianca e un paio di jeans sopra le Converse rosse – per poi andare da John. Ha ancora i capelli umidicci quando Dean bussa alla porta di suo padre e ad aprirgli è proprio Sam che gli rivolge un caloroso sorriso. È meno acceso quello di John, che li scruta dall’alto in basso come se avessero commesso chissà quale grave reato. È seduto su una sedia posta al di là del tavolo, i gomiti appoggiati su di esso. Indossa una camicia grigia scura sotto la quale spunta una maglietta verde oliva.
Fissa Dean «Ti aspettavo, ieri sera. Pensavo tornaste a un orario decente, volevo fare il punto della situazione» che non tarda a rispondere «L’avevamo già fatto ieri pomeriggio. Credevo avessi finito col riassunto delle puntate precedenti e che avremmo parlato del resto stamattina».
 
Glielo dice con un certo astio ed Ellie vorrebbe sotterrarsi per quanto si sente in colpa. È vero, non è stata lei a costringere Dean a uscire, come non gli ha chiesto di portarla a Buckley e poi al mare giorni fa, nonostante abbia mentito di fronte a John per coprirlo, ma tutto questo si sta facendo pesante. John è severo e pretende una certa condotta dai suoi figli ed Ellie, anche se involontariamente, non permette a Dean di seguirla. Pensare che lo sgridi perché ha voglia di stare con lei da solo – perché il problema, a questo punto, non è quando sono con Sam e svolgono il loro lavoro – la fa sentire in colpa. Forse dovrebbe davvero considerare l’idea di andarsene da Bobby per un po’, almeno finché non si saranno calmate le acque e Dean avrà chiarito la questione con suo padre che, paradossalmente, a questa provocazione non risponde. Continua a guardarlo, gli occhi severi e scrutatori di chi è a tanto così dall’alzarsi in piedi e cominciare a urlare, ma non dice nulla.
 
Riprende a parlare dopo qualche istante di silenzio «Come dicevo a tuo fratello ieri sera, il demone colpisce le famiglie, proprio come ha fatto con noi. Per tanti anni non ho trovato una singola traccia, fino all’anno scorso, quando sono partito. Ne ho trovate in Arizona, nel New Jersey e in California» fa una piccola pausa «Purtroppo, non sono mai arrivato in tempo per salvare nessuno». Ne fa una più lunga, la mano destra sulla bocca e lo sguardo perso nel vuoto. Ellie, di fianco a Dean, lo guarda osservarlo in modo comprensivo, meno duro di come ha fatto prima.
«Dobbiamo riuscire a trovarlo prima che attacchi qualcun altro». Pronuncia queste parole con tono fermo, deciso e gli occhi di John si posano su di lui.
Annuisce «Ci sono dei segnali» si alza in piedi, facendo il giro del tavolo e appoggiandovisi, infilando le mani nelle tasche dei jeans. «Ci ho messo un po’ a capire, ma i giorni precedenti agli incendi accadono delle cose strane: bestiame morto, sbalzi di temperatura, temporali elettromagnetici». Un’altra pausa «Sono tornato a controllare».
Lo sguardo di Dean si fa acuto, più attento. «Tutto questo è accaduto a Lawrence?»
John annuisce nuovamente nella sua direzione «Sì, quando è morta tua madre» poi si volta verso Sam «E anche a Palo Alto, quando è morta Jessica» si ferma un istante, scrutando il figlio minore «In più, questi fenomeni stanno cominciando di nuovo».
«Dove?» la voce di Sam è aspra e determinata mentre lo chiede.
«A Salvation, nell’Iowa».
 
Ellie osserva i tre Winchester guardarsi tra loro e non deve certo chiedere per sapere quale sarà la prossima tappa.
 
*
 
Fare i bagagli, stavolta, è stato semplice. Ellie non aveva praticamente avuto il tempo di tirare fuori nulla. La stanza, oltretutto, era così piccola per tre persone che non avrebbe avuto neanche posto nell’armadio, perciò non ha potuto fare la solita cernita.
 
Hanno impiegato un po’ meno del previsto ad arrivare a destinazione. Forse Ellie ha avuto questa percezione perché ha cercato di dormire – non è che ci sia riuscita molto a lungo, ma un paio d’ore si è riposata –, ma dovevano impiegare qualcosa come dodici ore [2], invece se la sono cavata con meno. John, in queste occasioni, non si fa scrupoli ad accelerare più del dovuto e Dean nell’andargli dietro non ha problemi.
 
Una volta arrivati a Salvation, hanno preso un paio di stanze, buttato i propri bagagli al loro interno e si sono incontrati nuovamente in quella di John – che si è riservato per sé il solito buco con un letto, un armadio minuscolo e un tavolino addossato al muro – per fare il punto della situazione.
Nella contea dove si trova Salvation, ci sono due ospedali e un centro sanitario. L’idea è quella di cercare tutti i bambini che entro la prossima settimana compiranno sei mesi. Potrebbe rivelarsi una cosa lunga, come giustamente ha puntualizzato Sam – beccandosi anche un «Hai un’idea migliore?» al limite tra lo scocciato e il sarcastico da suo padre –, ma è l’unico modo per partire con le ricerche. Restringere il campo sarà difficile, ma almeno, intanto, possono stilare una lista.
 
Per velocizzare il tutto, hanno deciso di dividersi: John e Dean nei due ospedali, mentre Ellie e Sam si sono diretti al centro medico. Si presentano come agenti federali in borghese per evitare la divisa; da quello che ha capito, John non ne fa molto uso. E Dean, essendo poco amante dei “completi da pinguino”, come li chiama lui, non ha esitato a dargli ragione. [3]
Le cose vanno parecchio per le lunghe – nonostante non sia una città immensa, tra la periferia e il centro le cartelle dei pazienti da controllare non sono poche – e sono costretti a tornare anche la mattina dopo.
 
Ellie divide il suo taccuino con Sam ed entrambi vi segnano i dati che più li attraggono dei vari certificati di nascita.
È un lavoro piuttosto lungo, ma a fine mattinata riescono a controllare tutti quelli che gli interessano. Escono da lì con l’intenzione di chiamare John e Dean per chiedere loro come sono messi. Ellie prende in mano il telefono, componendo il numero di Dean.
«Ci pensi tu a chiamare tuo padre?»
Si rivolge a Sam che annuisce, gli occhi rivolti sul taccuino «Sì, tranquilla» poi la guarda e le sorride appena «Sei… sei gentile a darci una mano. Ti ringrazio molto».
Ellie gli sorride «Non devi dirlo neanche per scherzo. Dopo tutto quello che avete fatto per me, è davvero il minimo che io possa fare. E finora non ho fatto niente di diverso da quello che faccio di solito».
«Beh, questo non è un caso come gli altri… almeno, non per me».
«Lo so. Appunto, non sto facendo niente di… » s’interrompe, quando vede Sam chiudere gli occhi. Stanno camminando e si ferma quando lui fa altrettanto, premendo la mano destra sulla fronte. «Sam stai bene?» appoggia una mano sul suo braccio destro «Sam?» ma lui non le risponde per qualche istante, la mano ancora sulla fronte. La preme forte, come se sentisse una fitta tremendamente intensa. Ellie ha paura che si tratti di una nuova visione e ne ha la conferma quando lo vede aprire gli occhi di colpo.
La guarda, gli occhi quasi ridotti a due fessure «Ho… ho una visione».
Ellie lo osserva preoccupata «Lo immaginavo. Vuoi… vuoi che chiami tuo fratello?»
Sam scuote la testa; sembra piuttosto deciso «No» richiude gli occhi per una manciata di istanti, entrambe le mani sulle tempie. «No, dobbiamo… dobbiamo trovare questa casa».
«È quello che vedi?»
Lo guarda annuire «Sì. E una… una ragazza, con una bambina piccola in una culla. Nella sua cameretta, come… come è accaduto a me» le dà il taccuino per poi mettersi a rovistare nella tasca davanti del suo zaino verde. Ne tira fuori una piccola mappa e la fissa per qualche istante prima di ripiegarla rapidamente. «C’era un treno» comincia a camminare più velocemente ed Ellie gli va dietro.
 
Camminano per un paio di isolati; Ellie non sa se Sam sta seguendo l’istinto o cosa, ma si fida. Oltretutto, ci tiene a stargli vicino perché continua ad avere delle fitte: lo vede dal modo in cui ogni tanto si ferma e chiude gli occhi, stringendo forte le palpebre o addirittura portando la mani alla testa quando il dolore è più intenso.
 
Si fermano quando si trovano davanti a una villetta bianca a due piani, il tetto grigio scuro. Dev’essere una bifamiliare, considerando che ha due portoni d’ingresso differenti, ma Ellie vede Sam puntare gli occhi sulla parte destra della casa, come se gli ricordasse qualcosa di familiare.
«È la casa della tua visione?»
Sam annuisce e punta gli occhi sulla finestra al piano di sopra: è grande e dà sulla strada dove cammina una ragazza con un passeggino. Ha l’ombrello grigio aperto e saluta qualcuno che passa con la macchina; ha un sorriso gioioso e sembra tranquilla, spensierata. Sam le si avvicina velocemente ed Ellie lo segue.
Si fermano proprio davanti alla ragazza che, con la mano sinistra, è intenta a spostare l’ombrello. È Sam a parlare «Salve!» lei lo guarda strano, ma gli sorride e Sam tende una mano verso di lei «Aspetti, la aiuto io» per poi apprestarsi a tenerle il passeggino «Così può chiudere l’ombrello».
La ragazza gli sorride ancora e, con l’aiuto di entrambe le mani, riesce a chiudere il suo ombrello. «Grazie» sorride a Sam che fa altrettanto, gli occhi puntati sulla bambina. In testa ha un cappuccio rosa chiaro e gli occhi fissi verso destra mentre con la mano si porta un giocattolo variopinto alla bocca. Ellie sorride a sua volta; è davvero bella.
«È sua figlia?» è ancora Sam a parlare e la ragazza annuisce, riprendendo a camminare; lui ed Ellie, chiaramente, le vanno dietro, camminandole di fianco. «Mi scusi, mi chiamo Sam e… » punta gli occhi verso Ellie mentre porge la mano alla ragazza «E lei è mia sorella Elisabeth. Ci siamo appena trasferiti qui».
Gli occhi della ragazza si posano prima su Sam, a cui stringe la mano, poi su Ellie che fa lo stesso gesto, ricevendo una stretta gentile. «Piacere, io sono Monica» punta gli occhi sulla bambina «E lei è Rosie» sia Ellie che Sam sorridono alla bimba «Allora benvenuti nel quartiere».
«Grazie» Sam osserva ancora la bambina, ora con gli occhi rivolti verso la strada. Poi guarda la madre «È molto buona».
«Sì, è vero. Non piange mai, ma osserva e scruta tutti attentamente. A volte, quando ti guarda, sembra che ti legga nel pensiero».
Per quanto la frase sia stata pronunciata con leggerezza, a Ellie fa venire i brividi. Anche Sam aggrotta la fronte «E lei, Monica, abita qui da molto tempo?»
La ragazza indica una casa, proprio quella che Sam ha visto nella sua visione «Io e mio marito abbiamo comprato quella casa prima che nascesse Rosie».
«E quanto ha la bambina?»
«Compie sei mesi proprio oggi».
 
Ellie deglutisce, cercando di mascherare la preoccupazione con un piccolo sorriso verso la ragazza. Sam, invece, aggrotta la fronte; forse sta cercando di sforzarsi allo stesso modo, ma con meno successo.
Salutano la ragazza e si allontanano, osservandola accelerare il passo per andare verso il marito. Sam si ferma nuovamente poco più avanti, portando entrambe le mani a coprirsi gli occhi e gemendo appena per il dolore. Ellie stringe le labbra, afferrando con la mano destra il cellulare che aveva riposto nella tasca della giacca. «Chiamo Dean».
 
*
 
«E cosa hai visto?»
Sam, seduto su una sedia accanto alla “scrivania” – se così può chiamare il piccolo tavolo che vi hanno trovato dentro – della loro stanza, continua a premere le mani sulla testa e sugli occhi. Ellie, appoggiata al muro accanto alla finestra in fondo alla camera, osserva la scena con le braccia conserte, in silenzio, un po’ in disparte. Dean e suo padre, invece, sono seduti ognuno su un letto e lo scrutano con attenzione, soprattutto quest’ultimo che ha un’espressione particolare sul viso, che oscilla tra l’incredulo, il sorpreso e l’arrabbiato. E forse l’ultima è quella che prevale di più.
 
Hanno deciso di venire qui, anziché andare da John, perché la stanza è sicuramente meglio di quella minuscola che lui si è preso per sé: è abbastanza grande e spaziosa per essere una camera di motel. Accanto alla porta d’ingresso c’è un piccolo “angolo cucina”, che consiste in un ripiano con un rubinetto e, di fronte, un tavolino con tre sedie. Più avanti, oltre a una specie di separé, ci sono i due letti – posizionati entrambi contro la parete destra –, accanto ad essi un paio di comodini con sopra delle eleganti abat-jour color magenta e, sulla sinistra, la porta del bagno, che non è immenso ma è accettabile. In fondo, un’altra finestra, coperta da un paio di tende beige e bordeaux. L’unica pecca è che dalla moquette non proviene esattamente un ottimo odore, ma sono stati abituati ad ambienti peggiori. [4]
 

Osserva Sam stringere con l’indice e il pollice della mano destra la parte superiore del naso «Il demone. E poi quella donna che bruciava sul soffitto».
Il tono di John è duro «E credi che succederà alla ragazza che hai incontrato?»
Sam si volta verso di lui «Di solito le cose succedono esattamente come nella visione».
Dean si alza «Prima erano incubi notturni, poi ha cominciato ad averli anche da sveglio» si muove verso l’angolo della cucina per riempire una tazza vuota con del caffè.
Sam torna a toccarsi la fronte «Non so come mai, ma più mi avvicino alle cose che… coinvolgono il demone, più forti sono le visioni».
John, le mani giunte e i gomiti sulle ginocchia, continua a fissare i suoi figli in modo sempre più arrabbiato. «E quando pensavate di dirmelo?»
Dean si volta verso di lui, un po’ perplesso «Non ne conoscevamo il significato» ma John non sembra voler mollare «Appena sono cominciate queste visioni avreste dovuto alzare il telefono e chiamarmi».
Dean sbatte la tazza sul ripiano prima di voltarsi nuovamente verso suo padre, un’espressione dura dipinta sul volto. «Chiamarti? Mi prendi in giro?» gli si avvicina, fermandosi quando è tra Sam e il primo letto, quello dove è seduto suo padre «Ti ho telefonato da Lawrence e Sam lo ha fatto quando stavo morendo. È più facile vincere alla lotteria che comunicare con te».
 
John lo guarda in silenzio ed Ellie si morde le labbra, irrequieta. La situazione, già di suo, non è delle migliori, e sicuramente questo non aiuta, ma non aveva mai visto Dean così spavaldo e spontaneo nei confronti di suo padre. Se lo ricordava quasi remissivo, sempre attento a renderlo orgoglioso a costo anche di farsi mettere i piedi in testa. Adesso, invece, è diverso: è più sicuro delle sue scelte, più deciso nel voler difendere ciò che pensa. Le sembra un notevole passo avanti, per quanto magari potrebbe moderare un po’ il tono. Sembra sempre troppo arrabbiato quando si rivolge a lui, ultimamente. 
 
John sbuffa aria dal naso prima di rispondere. «Hai ragione» a giudicare dal modo in cui Dean alza appena la testa e rilascia le spalle, Ellie scommette che è stupito dalle parole del padre. «Anche se non mi piace il tono che hai usato, hai ragione. Vi chiedo scusa».
«Comunque, a parte le mie visioni, sappiamo che il demone verrà questa notte» Sam riprende a parlare e lo fa in modo molto pragmatico «E questa famiglia dovrà passare lo stesso inferno che abbiamo vissuto noi».
«No, invece» gli occhi di John sono sicuri «Non stavolta. Mai più» il suo sguardo è incredibilmente determinato ed Ellie capisce la sensazione: quando si comprende di essere così vicini alla cosa che ti ha portato via un pezzo fondamentale della tua famiglia, è la rabbia a farla da padrona, la sensazione di essere finalmente a un passo dallo schiacciare lo scarafaggio che ti ha rovinato la vita.
 
La suoneria di un telefono interrompe il suo flusso di pensieri. È quello di Sam che si appresta a rispondere.
«Pronto?» segue qualche istante di silenzio «Chi parla?» un’altra pausa, più lunga, poi i suoi occhi si spalancano per lo stupore «Meg?»
 
*
 
Osserva silenziosa la porta d’ingresso del negozio di antiquariato di Salvation, l’unico che sono riusciti a trovare su internet, le dita incrociate sperando che possa fornire a Dean quello che cerca. Accarezza la pelle del sedile anteriore dell’Impala quasi alla ricerca di una sicurezza, qualcosa di così precario in questo momento particolarmente difficile.
 
Meg, la ragazza pazza volata dal settimo piano del palazzo dove li aveva intrappolati qualche settimana fa, è in realtà viva e vegeta e tiene in scacco John: sa che ha la Colt e che è vicino a far fuori il demone, perciò l’ha minacciato di far fuori tutte le persone che l’hanno aiutato negli anni se non gli consegna la pistola. Il primo a rimetterci – proprio mentre parlava con lei – è stato Caleb [5], lo stesso che ha aiutato Ellie a costruire la pira per papà quando il Formichiere l’ha ucciso. Ellie non ha preso bene la notizia: non solo perché leggerla dagli occhi di John – distrutti dal dolore – mentre si passava una mano sul viso è stato abbastanza terrificante, ma soprattutto perché Caleb era stato così gentile con lei, così delicato quando le chiedeva se stava bene e se poteva fare qualcosa e le dispiace sapere che è morto, per di più in modo così ingiusto.
Ora la situazione non è affatto delle migliori: John si dovrà recare a Lincoln, nel Nebraska, e consegnare una finta Colt a Meg – che, essendo sopravvissuta a un volo del genere, temono sia un demone, o comunque che sia posseduta da uno di loro – e lasciare l’originale a Sam, Dean ed Ellie, incaricati di far fuori Occhi Gialli stasera stessa, quando si verificherà la visione di Sam.
 
I ragazzi non sono molto convinti della validità del piano di John; più che altro hanno paura che, se Meg scoprisse l’inganno, lui non riuscirebbe a farla franca. Per questo Ellie è venuta a fare compagnia a Dean per prendere la finta Colt: ha notato che è parecchio preoccupato e vuole cercare di infondergli un po’ di speranza. O almeno provarci.
 
Si sporge verso l’ingresso del negozio, al piano terra di un palazzo in pietra, e lo vede uscire poco dopo per poi dirigersi verso l’Impala. Apre lo sportello e si siede, richiudendoselo alle spalle. Ellie lo guarda «Tutto a posto?» e Dean annuisce, infilando la mano destra nella tasca interna della sua giacca nera e tirando fuori un piccolo cartoccio di carta marrone. Glielo consegna ed Ellie lo afferra, scoprendone il contenuto: la pistola è davvero simile alla vera Colt, praticamente identica all’originale. Stringe le labbra in una linea sottile «Beh, non sarà semplice riconoscere la differenza con quella vera».
Dean si riprende la pistola e la ripone nella tasca interna «È quello che mi auguro».
 
Lo guarda mettere in moto e immettersi nella carreggiata, la testa dritta e gli occhi fissi sulla strada. Il punto d’incontro con Sam e John è vicino a un vecchio ponte un po’ fuori da Salvation; non ci vorrà molto per raggiungerli.
Ellie si sporge appena verso di lui, poggiando la mano sinistra sulla sua coscia destra. Dean non le dice nulla ed Ellie si sente libera di parlare. «Andrà tutto bene, Dean» non glielo dice tanto per dire: vuole crederci davvero. La situazione è complicata, è vero, ma spera con tutto il cuore che le cose vadano per il meglio. È ciò che Sam e Dean si meritano e la stessa cosa vale anche per John che ha sacrificato tutta la vita dietro a quel bastardo di demone. È più che giusto che ottenga finalmente giustizia.
Dean appoggia la mano destra sulla sua ed Ellie ne intreccia le dita con dolcezza, appoggiandosi un po’ a lui, la testa piegata sulla sua spalla.
Lo guarda, ma Dean non fa lo stesso e non solo perché sta guidando. Ormai lo conosce bene e si accorge che vorrebbe dire qualcosa ma che è allo stesso tempo frenato dal farlo. «Ho un brutto presentimento».
«Lo capisco, però… però cerca di stare tranquillo. Tuo padre—»
«È una trappola, una fottuta trappola. Lo sa anche lui eppure… eppure va lo stesso».
Ellie si morde appena il labbro inferiore, stringendo la sua mano più forte «Tu non avresti fatto la stessa cosa?» Dean si volta a guardarla per un istante «Voglio dire… ci stanno andando di mezzo le persone che lo hanno aiutato, a cui tiene. Persone come Caleb» lo guarda e Dean fa altrettanto prima di tornare a fissare la strada. I suoi occhi sono pieni di indecisione, sono spaventati ed Ellie può capirlo perfettamente. «La loro morte sarebbe ingiusta, perché non hanno niente a che vedere con tutto questo. Io… io sono convinta che tu avresti fatto lo stesso, al suo posto» fa una piccola pausa e appoggia la mano destra sul suo braccio, cercando di dargli ulteriore conforto. «È in gamba, sa il fatto suo. Tornerà tutto intero».
Dean si limita a stringere un altro po’ la sua mano. «Speriamo» e non pronuncia un’altra parola fino a che non arrivano a destinazione.
 
La strada non è asfaltata e Dean rallenta appena prima di fermarsi sullo stesso spiazzo dove Sam e John stanno sistemando qualcosa dentro il grosso armamentario che John tiene dietro il suo pick-up.
Ellie si scosta, perché sono arrivati e perché un po’ non le va di farsi vedere abbracciata a Dean da suo padre. La mette in imbarazzo.
Dean ferma la macchina a qualche metro da quella di John e apre lo sportello velocemente per poi scendere. Lei fa lo stesso.
Si guarda un po’ intorno: la strada appena percorsa – fatta di fango e pozzanghere – è continua e costeggia un lungo ponte di legno, forse una ferrovia abbandonata o qualcosa di simile. Sulla destra, invece, vi è una fitta vegetazione, un piccolo boschetto di alberi praticamente secchi.
 
Sia John che Sam, vicini dietro il pick-up nero, guardano Dean. È John a parlare «L’hai trovata?»
Ellie affianca Dean che, proprio come ha fatto prima con lei, estrae la pistola dall’involucro di carta marrone e la porge al padre dopo averlo guardato negli occhi. Non è convinto che sia la mossa migliore, Ellie glielo legge in faccia, ma lui stesso sa che non avrebbe potuto fare altrimenti. Lo guarda leccarsi le labbra mentre John osserva attentamente la pistola «Lo sai che è una trappola, vero?» Dean lo fissa, ma gli occhi di John sono fissi sull’arma. «Per questo Meg vuole che tu vada da solo».
John alza lo sguardo su di lui, sorridendo ironico «Posso farcela. Ho un arsenale completo: acqua santa, amuleti… » ma Dean lo interrompe «Papà» e John lo guarda ancora, la sua espressione cambiata, più… risoluta. «Che c’è?»
Dean esita un istante ma, nonostante l’espressione titubante che ha dipinta sul viso, Ellie sa che non riuscirà a tenere ciò che pensa per sé. «Promettimi una cosa» fa una piccola pausa, le braccia lungo i fianchi; lo guarda negli occhi «Se le cose si mettono male, non fare l’eroe. Non farti ammazzare: da morto non puoi aiutarci».
Ellie ha l’impressione che vorrebbe dire qualcos’altro, ma Dean tace, continuando a guardare suo padre che abbassa la testa prima di puntare nuovamente gli occhi su lui e su Sam. «Lo stesso vale per voi». Lo guarda estrarre la vera Colt dalla tasca della sua giacca, gli occhi bassi. «Ascoltatemi: la pistola è caricata con proiettili speciali. Ne restano solo quattro. Senza quelli è inutile» il suo sguardo vaga da Sam a Dean che sospira appena. «Usateli con molta attenzione».
Stavolta è Sam a rispondere «Sissignore».
John riprende a parlare, guardando i suoi figli negli occhi «Sono molti anni che aspetto questo momento e, adesso che è arrivato, non ci sarò. Ora tocca a voi, ragazzi» abbassa la testa per poi tornare a guardare prima Dean poi Sam «È la vostra battaglia, finitela voi» fa una pausa, gli occhi pieni di determinazione «Finite quello che ho cominciato».
Sam si limita ad annuire mentre Dean, le spalle tese e la testa dritta, non dice nulla. John gli consegna la pistola e Dean la rigira tra le mani, in silenzio. È Sam a parlare ancora: «Ci vediamo presto, papà» e nei suoi occhi Ellie scorge un quantitativo spropositato di speranza, qualcosa di così massiccio che è impossibile non notare.
John gli sorride appena; guarda Dean per lunghi istanti, poi Sam e il suo sorriso si allarga. «Sì, ci vediamo presto». Gli poggia una mano sulla spalla e s’incammina verso il pick-up, dandogli un’ultima occhiata prima di entrare e mettere in moto.
Sam si volta a guardare la macchina partire, alla sinistra di Dean e quello che segue è un silenzio carico di parole non dette, di ansie e di paura. Per loro, che dovranno affrontare il loro incubo peggiore senza il loro padre che è la loro guida e per John, che sta andando verso una trappola altamente mortale.
 
Dean tace a lungo; poi, fissando l’orizzonte, stringe la mano di Ellie, quasi in cerca di un po’ di forza. «Sta attento» [6] e la sua voce è poco più alta di un sussurro, carica della stessa speranza e preoccupazione che ha Sam negli occhi.
 
*
 
I momenti che precedono un agguato sono lenti e sembrano non passare mai. È quello che ha imparato sul campo in questi ultimi anni: non importa quanto si è preparati e quanto si è desiderato arrivare a questo momento, ma sarà il più lungo di sempre, pieno di ansie e aspettative.
 
Ellie è seduta sul sedile posteriore dell’Impala, le braccia appoggiate allo schienale di quelli anteriori, in mezzo tra Sam e Dean. Gli occhi dei tre sono rivolti verso la casa di Monica, la ragazza che lei e Sam hanno incontrato stamattina. La tenda della finestra che dà sulla strada è scostata e possono vedere bene cosa succede: Monica e suo marito sono intenti a cenare. Stanno aspettando un segno, qualcosa che gli indichi che il demone ha fatto il suo ingresso nella casa. O di trovare una scusa che regga per fargli evacuare la casa.
«Potremmo dire che c’è una fuga di gas e farli uscire per qualche ora».
È Sam il primo a rompere il silenzio; Dean lo osserva perplesso «Sì, e quante volte ha funzionato per noi?»
Sam storce le labbra «Già» Ellie si sporge un po’ di più per guardarli meglio e vede Sam fare una smorfia indecisa con la bocca, portandone gli angoli all’ingiù «Potremmo dire loro la verità» li osserva guardarsi negli occhi e scuotere entrambi la testa «No, lo so. Hai ragione. È solo che sono… preoccupato per quello che succederà».
Dean stringe appena le spalle «Abbiamo una sola possibilità: aspettare che il demone si faccia vivo e prenderlo… prima che prenda loro».
Sam sospira appena dopo qualche istante di silenzio «Chissà come sta papà».
Ellie osserva Dean puntare gli occhi sulla strada di fronte a lui, sviando lo sguardo del fratello, il tipico gesto con cui tenta di nascondersi. «Sarei molto più tranquillo se fossimo con lui, se potessimo dargli una mano».
Le labbra di Sam si piegano in una smorfia mesta «Mi sentirei meglio se lui fosse con noi a darci una mano». Dean lo guarda e non dice niente; torna a controllare fuori e Sam, dopo qualche attimo di silenzio, parla ancora. «È una sensazione strana, non trovi?» Dean si volta di nuovo, un’espressione perplessa sul viso «Dopo tutti questi anni siamo finalmente qui. Non mi sembra vero».
Dean svia nuovamente lo sguardo «Dobbiamo essere lucidi e fare il nostro lavoro come sempre».
«Sì, ma questo non è come sempre».
Dean lo guarda di nuovo «Hai ragione» e Sam stringe le labbra in una linea sottile.
 
Ellie rimane in silenzio, ascoltandoli conversare. Quello di cui stanno discutendo è qualcosa di molto personale, una battaglia che stanno vivendo da tutta la vita e, sentendosi arrivati alla resa dei conti, è normale voler tirare le somme. Sam, infatti, sembra avere molta voglia – oltre che bisogno – di esternare ciò che pensa. Dean, invece, è più taciturno ed Ellie crede che abbia la testa piena di pensieri. Chissà di quale natura. Sembra… distratto. O forse vorrebbe sviare certi argomenti che suo fratello potrebbe voler tirare fuori.
 
«Dean… » Sam sospira appena, catturando nuovamente l’attenzione del fratello «Ti voglio ringraziare» che lo guarda perplesso «Per cosa?»
«Per tutto. Tu mi hai sempre coperto le spalle. Tutte le volte che ero in difficoltà potevo contare su di te e ora… volevo solo che lo sapessi. Nel caso… »
Dean non lo lascia finire, voltandosi meglio nella sua direzione. «Non cominciare con questi discorsi d’addio. Perché pensate sempre che quando c’è un ostacolo più grande, un mostro diverso dagli altri, voi dobbiate rimetterci la vita?»
Ellie si morde le labbra, sapendo perfettamente a cosa si riferisce Dean. Sam, invece, lo guarda confuso «Voi chi?» ma Dean lo ignora «Mettitelo bene in testa: stanotte morirà solo quel figlio di puttana di demone e nessun altro, mi hai capito?»
Il suo tono è duro e irremovibile; Sam lo osserva perplesso e alla fine annuisce, mettendo fine alla discussione.
 
Nessuno parla più per un po’. Il tempo scorre anche più lento di prima e Dean, dopo qualche minuto, si appresta a chiamare John che però non gli risponde.
La tensione è alle stelle, Ellie lo percepisce, ma qualcosa cambia nei loro occhi quando Sam sente un rumore alla radio, qualcosa che gli fa drizzare le orecchie e alzare il volume. Il segnale è disturbato e tutti e tre si guardano negli occhi; quelli di Sam e Dean sono pieni di adrenalina e terrore, consci che il momento tanto atteso è arrivato. Forse non ci credevano neanche, forse gli sembrava comunque un miraggio nonostante la sua visione parlasse piuttosto chiaro.
 
I momenti che seguono sono estremamente veloci, al contrario di quelli passati: loro tre che escono dalla macchina di corsa, aprono il portone della casa di quella ragazza e per poco Dean non si becca una mazzata in testa da parte del marito. Si susseguono urla, Ellie e Sam che si lanciano sulle scale per salvare la ragazza e la bambina e la ritrovano a mezz’aria contro la parete, il demone in piedi accanto alla culla; Sam che, dopo un attimo di titubanza, si decide a sparare e il demone che sparisce in un batter d’occhio, Monica che cade a terra ed Ellie che prende la bambina prima che il fuoco cominci a divampare nella piccola cameretta mentre Sam scorta fuori la ragazza in pieno panico. Dean gli corre incontro quando sono sulle scale e si volta non appena si rende conto che sono tutti al sicuro. Fuggono fuori mentre le fiamme continuano a divampare e ritrovano il marito di Monica che tace quando lei gli dice di farlo, giustificandoli per aver salvato lei e la bambina che Ellie le dà in braccio, lasciando che la coccoli.
Ellie sente il cuore schizzarle nel petto, ancora di più quando, alla finestra, scorgono la sagoma del demone e diventa tutto ancora più veloce: Sam che vorrebbe rientrare e Dean che lo afferra di peso per le spalle, impedendogli di fare una cosa simile perché sarebbe un suicidio e di morire così non ne vale la pena.
 
Di certo, Ellie ha imparato una cosa nuova, questa sera: Sam sarebbe disposto a farsi uccidere pur di ottenere la sua vendetta e Dean, ora che l’ha visto con i suoi occhi, dovrà sforzarsi più di quanto abbia fatto finora per impedirgli di farsi fregare dall’istinto, di fargli fare delle sciocchezze. Uno sforzo, data la determinazione di Sam nel voler uccidere il demone, tutt’altro che semplice.
 
*
 
Siede sul letto di Sam, al suo fianco, le mani tra le gambe e le labbra strette tra i denti mentre osserva Dean camminare da una parte all’altra della stanza con passi lunghi, il telefono all’orecchio. Sam, invece, ha la testa bassa e le braccia abbandonate lungo i fianchi. Sembra pensieroso. O arrabbiato, Ellie non sa dirlo.
 
Sono tornati qui, nella loro stanza di motel, subito dopo l’arrivo dei pompieri, dopo essersi assicurati che Monica, il marito e la piccola Rosie stavano bene. Uscire di scena era inevitabile: in caso arrivasse la polizia o altre forze dell’ordine, non avrebbero saputo spiegare il loro intervento. Era meglio dunque stare alla larga.
Sam non ha detto una parola per tutto il viaggio di ritorno; anche Dean ha parlato poco, premurandosi di chiamare ripetutamente il padre per avere una qualche notizia. John, però, non ha mai risposto. Sarebbe prassi, in circostanze normali, ma erano d’accordo che, una volta che tutto fosse concluso, si sarebbero sentiti per telefono, e il fatto che non risponde non è un buon segno.
 
Ellie continua a osservare Dean che guarda il cellulare e preme un bottone. Sospira forte «C’è qualcosa che non va» si volta a guardare Ellie che ricambia il suo sguardo con una forte preoccupazione e su Sam che, invece, rimane immobile. «Mi stai ascoltando?»
Il fratello risponde a denti stretti «Se mi avessi lasciato entrare lì dentro, avrei posto fine a tutto questo».
Ha la testa ancora bassa e Dean gli si avvicina di qualche passo, gli occhi fissi su di lui «Sarebbe finita soltanto la tua vita, Sam» ed è allora che il più piccolo lo guarda. Ellie, seduta alla sua destra, non riesce a vedere la sua espressione, visto che le dà le spalle «Questo non lo sai».
Dean continua a guardarlo negli occhi e gli si avvicina ancora «Quindi sei disposto a sacrificarti?»
Sam, in risposta, si alza in piedi, facendo qualche passo verso di lui «Sì, è proprio così».
«Beh, questo non accadrà mai, non finché ci sarò io».
«Ma che diavolo stai dicendo?» il tono di voce di Sam è più alto e aspro «È tutta la vita che cerchiamo questo demone, è l’unica cosa di cui ci è mai importato».
Dean lo scruta seriamente «Sam, anch’io voglio ucciderlo. Ma non vale la pena di morire» scandisce bene quelle parole e fa una piccola pausa «Sta zitto e ascoltami: se cacciare questo demone vuol dire farti ammazzare, allora… allora spero con tutto il cuore di non trovarlo mai».
«Quel demone ha ucciso Jessica. E ha ucciso la mamma».
Lo sguardo di Dean si fa più cattivo «Una volta l’hai detto anche tu: non importa quello che facciamo, sono morte. E non torneranno più».
 
È un attimo: a quelle parole, Sam afferra Dean per il colletto della camicia di jeans che indossa e lo scaraventa contro il muro. Ellie, di scatto, si alza in piedi, spaventata dalla furia con cui Sam ha compiuto questo gesto. Si ripromette di non intervenire, però, a meno che Sam non alzi le mani su Dean. Non perché pensa che abbia ragione o altro, ma sono cose di famiglia, quello su cui stanno discutendo, ed è bene che lei si faccia da parte. A meno che la situazione degeneri. Di certo non vuole vederli picchiarsi.
 
«Tu non puoi dirlo!» Sam urla, furioso «Dopo tutto questo, tu non puoi dirlo!»
«Sam… » la voce di Dean è più flebile; lo guarda negli occhi intensamente, senza paura.
«Come ti sentiresti se ci fosse la tua ragazza al posto della mia, eh? Cosa faresti?» la voce di Sam è carica di rabbia «Scommetto che se Ellie fosse morta non la penseresti così!»
Dean non fa una piega a quelle parole; continua a fissarlo e rimane calmo, deciso «Ascoltami… tu, papà e… » sbuffa aria dal naso «E lei siete tutto ciò che ho. Sacrificarsi non… non ne vale la pena. Quel demone ci ha già portato via tutto, non possiamo dargliela vinta».
A quelle parole, Sam allenta la presa sulla camicia di Dean e abbassa la testa. Si allontana, un po’ pentito, le dita della mano destra a stropicciarsi gli occhi.
 
Ellie stringe le labbra in una linea sottile. Questa situazione non è facile, non lo è per nessuno e in un certo senso capisce il punto di vista di entrambi: quello di Dean, che tiene più alla sua famiglia e a mantenerla unita dopo tanto lottare che alla morte del demone e di Sam che, invece, ha una perdita più fresca alle spalle e un carattere diverso da quello del fratello maggiore, molto più simile a quello di John di quanto lui non creda. Forse è per questo che passano la maggior parte del tempo a discutere.
 
Non ha tempo nemmeno di realizzare cosa ha detto Dean sul suo conto che osserva Sam voltarsi nuovamente verso il fratello «Prova a chiamare di nuovo papà, dai. Avrebbe già dovuto farlo lui» che annuisce, riprendendo il cellulare in mano e ricomponendo il numero. Porta il telefono all’orecchio e rimane in silenzio per secondi che sembrano ore, tanto sono lunghi e carichi di aspettativa. Ellie lo vede irrigidirsi, poi, gli occhi fissi su Sam.
«Lui dov’è?» da quelle parole, Ellie intuisce immediatamente che non è stato John a rispondere. Probabilmente Meg. La conferma arriva quando chiude la telefonata senza rispondere altro, gli occhi fuori dalle orbite, pieni di terrore. Si avvicina a Sam «Hanno preso papà».
Ellie affianca Sam, le braccia lungo i fianchi. La loro preoccupazione era più che fondata. «Era Meg?» Dean annuisce «Che ti ha detto?»
La voce di Sam è piena di rabbia; Dean, al contrario di pochi minuti fa, è visibilmente agitato. «Niente, solo che l’hanno preso» si porta la mano destra sugli occhi e poi sulla bocca, nervoso. Lo sguardo, poi, gli cade sulla Colt, appoggiata su un comodino. La prende in mano e la infila dietro ai pantaloni prima di avvicinarsi al borsone, prenderlo e metterlo sul letto.
Sam lo guarda perplesso «Che stai facendo?»
«A te che sembra? Dobbiamo andarcene».
«Perché?»
«Perché il demone sa che siamo a Salvation, perché sa che abbiamo la Colt e perché ha preso papà. E noi saremo i prossimi».
Sam gli parla fiducioso «Bene, abbiamo ancora tre pallottole. Che venga!»
Dean lo scruta con rabbia «Stammi a sentire: non siamo pronti, non sappiamo quanti ce ne sono e da morti non serviamo a nessuno. Quindi ce ne andiamo. Adesso» ed Ellie non ricorda di aver mai sentito il suo tono così perentorio e deciso.
 
Nonostante Sam non sembri tanto d’accordo, sia lui che Ellie assecondano Dean e preparano le valigie in un tempo brevissimo, forse il più breve di sempre.
Saltano in macchina e i ragazzi litigano ancora durante il tragitto. Dean pensa che gli serva un piano, che devono trovare il posto dove nascondono John e poi scambiarlo con la pistola, mentre Sam insiste sul fatto che ce la potrebbero fare da soli e che il loro padre, per quanto lo tormenti il solo pensiero, potrebbe essere morto, considerando anche che Meg non ha fatto alcun riferimento ad alcuno scambio. Alla fine, Dean mette a tacere la discussione e prende le redini della situazione – come ha già fatto in queste ultime ore – e decide che hanno bisogno di una mano. Sia Sam che Ellie sanno che allude a Bobby.
 
Arrivano a destinazione la mattina successiva, dopo sei ore abbondanti. [7] Il viaggio è silenzioso, carico di tensione, qualcosa che c’era già prima ma che è aumentata a dismisura quando Sam ha osservato che John potrebbe essere morto. Non che Ellie non ci avesse pensato e probabilmente l’aveva fatto anche Dean, ma dirlo ad alta voce l’ha reso quasi più possibile, più plausibile. O almeno questa è stata la sensazione che ha provato Ellie.
Né lei né Sam sono riusciti a chiudere occhio. Ellie non ci sarebbe riuscita nemmeno a pensarci e Sam ha provato a chiedere il cambio a Dean per guidare, ma non ha insistito quando lui non glielo ha ceduto. Probabilmente era il suo modo per scaricare un po’ della tensione accumulata.
 
Bobby li accoglie con il solito entusiasmo celato dietro al suo berretto vecchio e logoro e una smorfia sulle labbra, la cosa più simile a un sorriso che Ellie gli abbia mai visto fare. Qualcosa che cambia notevolmente quando i ragazzi gli raccontano quello che gli è accaduto negli ultimi giorni, del demone e soprattutto del fatto che hanno preso John.
Il vecchio cacciatore offre a Dean una sorsata di whiskey e si mette a sedere di fronte a Sam che, seduto su una delle sedie del suo studio, è più incuriosito da un disegno in grado di scacciare i demoni raffigurato su un vecchio libro polveroso che dall’alcol.
 
Sembrano già entrambi un po’ più tranquilli. Aver raggiunto Bobby è stata un’ottima idea, probabilmente gli dà un po’ della calma necessaria per affrontare la situazione con più lucidità.
 
Bobby allunga gli occhi verso il libro che ha in mano Sam «Quella è la chiave di Salomone. Se ci fai entrare un demone, per lui è finita: perde tutti i poteri. È come… una specie di trappola per topi». Sia lui che Sam si sorridono. Ellie si avvicina e si mette accanto a Bobby per vedere quel disegno: una stella a sei punte all’interno di un ettagono a sua volta contenuto in un cerchio. Lo guarda sospirare appena «Questa storia è pericolosa, ragazzi. Non prendetela sottogamba».
Sam lo guarda dubbioso «Davvero? Perché?»
«Di solito, in un anno, ci sono tre o al massimo quattro persone possedute dai demoni. Quest’anno, invece, sono ventisette, fino adesso» Ellie lo osserva puntare gli occhi sia su Dean che su Sam «Capite cosa intendo? Ogni giorno sempre più demoni camminano in mezzo a noi. Molti più di prima».
«E sai il perché?»
Bobby stringe lievemente le spalle «No, ma tutto questo non mi piace per niente. Quel che è certo è che sta per arrivare una tempesta e voi ragazzi, insieme a vostro padre, siete proprio nell’occhio del ciclone».
 
Uno strano silenzio avvolge le sue ultime parole, ma non dura a lungo: la porta che dall’esterno porta allo studio si spalanca, grazie a un poderoso calcio di Meg che la sfonda ed entra trionfale, seria in volto. Dean prova a buttarle addosso dell’acqua santa, ma viene scaraventato lontano, in mezzo a una pila di libri. Ellie rimane immobile, per quanto muoia dalla voglia di andare a vedere come sta Dean, mentre Sam fa scudo a Bobby – più vicino rispetto a lei – con il suo corpo.
«Adesso basta con le stronzate» il tono di Meg è fermo e perentorio; ha gli occhi fissi su Sam che si muove, stringendo la manica della maglietta di Bobby per portarlo con sé «Voglio la Colt, Sam. Quella vera. E la voglio adesso».
«Non l’abbiamo con noi. L’abbiamo seppellita».
Meg sogghigna «Ho detto basta con le stronzate. Ti consiglio di non prendermi in giro. Ho sentito delle cose su voi Winchester che mi hanno molto delusa» Sam continua a spostarsi e Bobby con lui; Meg, ovviamente, gli va dietro e quando lasciano la stanza per muoversi verso quella adiacente, Ellie si sente libera di andare a vedere come sta Dean. Lo trova sdraiato in mezzo a pile di libri, gli occhi aperti. Sta bene ed Ellie lo aiuta ad alzarsi, porgendogli entrambe le mani. Meg, nell’altra stanza, continua a parlare e può udirla distintamente. «Prima John cerca di rifilarmi una pistola falsa, lasciando quella vera nelle mani di due imbecilli come voi e quella sciacquetta… un’idea davvero geniale». Ellie e Dean sbirciano la scena dalla porta: la stanza dove sono finiti è il salotto dove vengono d’inverno, quello con il camino; Meg continua ad avanzare mentre Sam e Bobby indietreggiano fino a che il muro gli impedisce di farlo ancora. «Ma ragazzi, pensavate davvero che non vi avrei trovati?»
Dean le dà un leggero colpo su un braccio e le indica il soffitto, su cui Ellie trova dipinto un disegno familiare: una chiave di Salomone, proprio come quella che indicava prima Bobby a Sam nel libro. Lo guarda ghignare alle parole di Meg «Veramente, è quello che speravamo» guarda in alto, Meg dopo di lui e così anche Sam: lei si trova proprio sotto al disegno. È in trappola come un topo. Dean le sorride beffardo «Presa».
 
I ragazzi la legano a una sedia mentre Bobby ed Ellie si occupano di mettere il sale alle finestre, in modo da impedire ad altri eventuali demoni di entrare, e di preparare un paio di bottiglie di acqua santa. Giusto per rinfrescarle la memoria. Ellie le consegna a Sam che, appoggiato allo stipite della porta, guarda la ragazza con disprezzo, qualcosa di comunque non paragonabile all’odio che sprigiona Dean dagli occhi.
Le gira intorno, camminando in cerchio vicino alla sedia «Dicci dov’è nostro padre».
Lei sorride beffarda «Non me lo hai chiesto per favore».
«Dicci dov’è nostro padre, stronza».
Meg si finge stupita «Oh, che cattivo. Baci la tua mammina con quella bocca?» poi sorride «Dimenticavo, non c’è più».
«Ti assicuro che non sto scherzando! Dov’è? Che gli hai fatto?»
Dean urla e lo fa in modo furioso, ma Meg non sembra scomporsi. «È morto implorando e urlando. L’ho ammazzato io con le mie mani».
 
Ellie deglutisce; non ci crede, pensa che lo stia dicendo solo per provocarli, ma ha comunque paura: di questa situazione, del fatto che sia tutto precario e che non hanno certezza di nulla, tantomeno della vita di John.
Dean è fuori di sé, tanto che non ci mette niente a mollare uno schiaffo a Meg, così sonoro da girarle la faccia. Ellie sussulta: non l’aveva mai visto così.
 
Meg, ancora una volta, non sembra ferita; anzi, continua a sorridere. «Vedo che ti eccita picchiare una ragazza» la guarda negli occhi «Forse a te piace di meno saperlo così violento, dolcezza. O fa così anche con te?»
Dean nemmeno si volta verso di lei. Continua a fissare Meg con profondo disprezzo, le mani appoggiate sui braccioli della sedia e la schiena curva in avanti «Piantala con questi giochetti. E poi… e poi tu non sei una ragazza».
La voce di Bobby che lo richiama lo fa voltare. Si muovono tutti verso lo studio accanto, disponendosi a cerchio.
Sam lo guarda comprensivo «Sta calmo».
«Non è morto, sta mentendo», ma Bobby lo ammonisce «Dean, non prendertela con lei, non farle del male».
Il suo sguardo è duro e freddo come il ghiaccio «Perché?»
«Perché lei non c’entra niente» sia Ellie che i ragazzi lo guardano perplessi. «È solo una povera ragazza posseduta da un demone».
 
Dean si volta verso Meg, come se non credesse a quelle parole. A Ellie vengono i brividi. Immagina quanta sofferenza può provare la sua anima, torturata da un’altra, più nera e perversa, e quanto possa essere forte il demone per tapparle la bocca e non permetterle di uscire fuori. Come possa sentirsi ad aver ucciso delle persone senza averlo fatto davvero, a essere come un burattino mosso da tanta cattiveria. Le fa male anche pensare che, ormai che è nelle mani di Sam e Dean, non avrà lunga vita, perché faranno di tutto – soprattutto Dean e questa è forse la cosa che le fa più male – pur di trovare il loro padre. Anche passare sul suo cadavere.
 
Dean torna a guardare Bobby «Quindi è una vittima innocente anche lei?» che annuisce. «Questa è una buona notizia» ed Ellie non capisce come faccia ad esserlo finché non vede Sam tirare fuori dagli scaffali di Bobby un libro di esorcismi.
Tornano nell’altra stanza; Sam inizia a leggere un salmo in latino e Meg, tra un insulto e l’altro, comincia a tremare. Ellie non ce la fa a vedere la scena, soprattutto ad osservare Dean risponderle per le rime, senza nessuna pietà per quell’involucro di carne che sicuramente perderà la vita una volta che il demone l’avrà abbandonato. Si reca nello studio non appena capisce cosa sta succedendo, la schiena appoggiata al muro freddo.
 
Ascolta ogni cosa: Dean che le urla contro e che incita Sam a leggere ogni volta che Meg dice qualcosa di spiacevole, i suoi lamenti strazianti, le domande che i ragazzi continuano a porle. Scoprono che John è a Jefferson City, in Missouri, ma non ha notizie né del demone né del luogo preciso in cui è tenuto nascosto. Nonostante tutto, Dean non ha pietà e ordina a Sam di finire di leggere. Non lo ferma neanche sapere che la ragazza, dopo che è caduta dal settimo piano, ha tutte le ossa rotte ed è il demone a tenerla in vita. Viene esorcizzata comunque: il mostro abbandona il suo corpo dopo l’ennesimo urlo ed Ellie accorre con lo stomaco in tumulto e il cuore in gola.
 
La trova con il capo chino in avanti, un piccolo rivolo di sangue che le esce dalla bocca. I fratelli e Bobby la stanno fissando, come se fossero increduli di quello che vedono o che hanno fatto ed è Ellie ad andare verso di lei prima che muova la testa. Ha il naso e tutta la bocca sporca di sangue, le ciglia imperlate di lacrime e le piange il cuore a vedere una persona ridotta così, a maggior ragione sapendo che il carnefice è stato proprio Dean.
Da un certo punto di vista dovrebbe capirlo: c’è suo padre di mezzo ed Ellie sa che quando c’è da fare scelte difficili e ci sono di mezzo le persone che si amano l’impulsività prevale sempre. Quello che le fa più male è sapere che Dean non ha avuto la minima pietà o perplessità, lasciando che andasse a finire in questo modo.
 
È lui a chiedere a Bobby di chiamare un’ambulanza quando la vede muoversi, ad accovacciarsi accanto ad Ellie per aiutarla. Sam le sussurra di non dire niente ed entrambi la stendono a terra per evitare che si faccia più male, nonostante lei strilli ancora di dolore. Ellie si alza per trovarle un cuscino e un bicchiere d’acqua e lo prende dal salotto, per poi portarglielo velocemente. Quando torna, trova Dean a chiederle se stava dicendo la verità su John e Sam ammonirlo. Ellie si abbassa per porle il cuscino sotto la testa e sostituirlo alle mani dei ragazzi senza dire una parola.
La voce di Meg è tremendamente flebile. La aiutano a bere e non la smettono di farle le domande. Ellie sa che è necessario, ma le dà così fastidio che gli chiederebbe di farla finita se solo non fosse tanto importante. Non è la sua caccia, però, e non è suo padre quello chissà dove tra le mani di un demone potente, perciò preferisce tacere.
Meg rivela che il demone che stanno cercando non è uno solo, ma che sono molti e che nascondono John vicino al fiume e fa in tempo ad aggiungere un’unica parola, Sunrise, qualcosa che pare totalmente privo di senso prima di emettere l’ultimo respiro.
 
Ellie la osserva con un nodo in gola; stringe le labbra e le posa le mani sulle palpebre per chiudergliele. Non solo perché non riesce a guardare quello sguardo vitreo. Alza gli occhi e osserva sia Sam che Dean che sembra sentirsi terribilmente in colpa, tanto da non riuscire a staccare gli occhi di dosso da quello che è ormai il cadavere di quella povera ragazza.
L’ambulanza è ormai inutile e Bobby, che forse aveva capito prima di tutti quale sarebbe stata la sua fine, fortunatamente non l’ha chiamata. [8] Avrebbero solo avuto problemi a spiegare le dinamiche dell’accaduto.
 
Li lascia a discutere sul da farsi mentre se ne va di sopra, nella “sua” stanza. Porta il suo borsone con sé; ha bisogno di un cambio di vestiti e per fortuna aveva già lasciato qui qualcosa.
È di spalle, il sacco sul letto e un mucchietto di vestiti sparsi lì sopra quando sente la porta aprirsi. Non si volta; sa che è Dean e ne ha la conferma quando se lo vede accanto, le gambe che gli dondolano appena contro il bordo del letto. È visibilmente nervoso.
 
«È tutto ok?» Ellie stringe le spalle, la testa bassa. «Sei silenziosa, da quando hanno preso papà».
Fa di nuovo spallucce, in mano una camicetta sporca che non ha bisogno di essere piegata, così la ripone sul letto insieme alle altre. «Non ho molto da dire».
Dean rimane un attimo in silenzio prima di aggiungere qualcosa. «Lo sai che i tuoi consigli mi sono d’aiuto, vorrei che—»
Ellie lo interrompe «E sai che quando ne avrai bisogno sarò qui per dartene, ma tuo padre è una questione su cui dovete discutere tu e Sam e comportarvi come meglio credete».
 
Lo guarda annuire con la coda dell’occhio, le labbra strette tra i denti. Non è che non vuole dirgli ciò che pensa, ma… non gli sembra il momento giusto. In fin dei conti, John è ancora disperso ed è la priorità, al momento. Poi verranno le sue “prediche” su come trattare ragazze possedute da demoni bastardi.
 
La sua voce la distoglie da quel pensiero. «A questo proposito, volevo dirti che… che io e Sam andiamo a Jefferson City».
Ellie si volta di scatto verso di lui; capisce che, dal tono e dalle parole che sta usando, c’è qualcosa di strano «Sono solo venuta a prendere un cambio di vestiti, vengo anch’io».
Continua a guardarlo e Dean scuote la testa, evitando i suoi occhi «No» Ellie aggrotta la fronte, ma lui si ostina a non guardarla «È troppo pericoloso».
«Non ha importanza, voglio aiutarti».
È solo a quelle parole che Dean alza gli occhi su di lei «Non hai sentito Meg?» alza la voce, in un modo che ad Ellie non piace. Odia quando lo fa: sembra sentirsi il padrone del mondo invece è un povero stronzo come lei e tanti altri. «È pieno di demoni, sono ovunque e non abbiamo idea di cosa ci stia aspettando. Voglio che rimani qui».
«E io voglio venire con te. Tu e Sam non siete dei supereroi e una mano in più può farvi comodo» ma dall’espressione che ha Dean in volto sa che non è riuscita a convincerlo. Non ha alcuna intenzione di stare calma «Perché fai così? Sono sempre venuta ovunque».
«Lo so, ma stavolta è diverso e non voglio che ti fai male».
«Non è mai diverso, è sempre pericolo».
Lo guarda passarsi le dita sugli occhi e prendere un respiro. «Non mi va di discutere. Ti ho detto che per questa volta non ti voglio tra i piedi e non intendo cambiare idea».
Ellie lo scruta, delusa «Ah, è questa la considerazione che hai di me? Allora non aspettarti di trovarmi al tuo ritorno». Cerca di suonare il più realistica possibile nel pronunciare quelle parole, ma Dean non si spaventa: anzi, stringe le spalle e le labbra prima di sporgersi verso di lei che, però, si scansa. «Dico sul serio».
Dean sorride di sbieco «Anch’io» e non aggiunge nulla. Si limita ad avvicinarsi alla porta e a rivolgerle un sorriso triste prima di chiudersela alle spalle, lasciandola lì come una stupida, con le braccia abbandonate lungo i fianchi e sul viso l’espressione di una bambina abbandonata.
 
Qualche secondo più tardi, il rombo dell’Impala che lascia la rimessa di Bobby le conferma che no, Dean non scherzava affatto e che ha fatto la scelta più egoistica di tutte: lasciarla fuori in una storia che riguarda la sua famiglia.

 

[1] All’inizio dell’episodio 1x21 “Salvation”, John fa un resoconto ai suoi figli su ciò che ha scoperto su Occhi Gialli, parlando di segni che ha visto a partire dall’anno precedente dall’Arizona fino a Palo Alto, dove si trovava Sam. Ho pensato che questo caso di mia invenzione potesse essere uno di quelli che hanno incominciato a insospettirlo e a farlo mettere sulle tracce del demone in solitaria.
[2] Salvation è una località immaginaria. La distanza l’ho calcolata da Eastonville a un posto situato vicino a Iowa City, non troppo lontano dalla capitale Des Moines.
[3] Nell’episodio 1x16 “Shadow”, Dean confida a Sam che lui e papà “ce l’hanno sempre fatta senza ridicoli costumi” (cit. XD) Nella puntata 1x21 “Salvation”, infatti, tutti e tre si presentano nei vari ospedali e centri sanitari con il distintivo o comunque un falso badge di riconoscimento, ma senza divise.
[4] La stanza descritta è quella che si vede nell’episodio 1x21 “Salvation” e all’inizio del successivo “Devil’s trap”. 
[5] Il primo a rimetterci le penne nell’episodio 1x21 “Salvation”, in realtà, è stato il pastore Jim, ma considerando che il padre di Ellie è “ispirato” a quel personaggio, ho omesso quel dettaglio e fatto morire il povero Caleb al suo posto.
[6] In questa scena dell’episodio 1x21, Dean dice «See you later» ovvero «Ci vediamo più tardi», praticamente la stessa risposta che dà Sam a John nel vedere il padre partire. In italiano, invece, dice «Sta attento». Ho preferito lasciare la frase in italiano perché credo esprimesse meglio la preoccupazione e lo stato d’animo di Dean in quel momento.
[7] Anche questa distanza è stata calcolata e approssimata, considerando che Salvation è una cittadina fittizia. 
[8] Nell’episodio preso in esame, 1x22 “Devil’s trap”, Bobby invece chiama l’ambulanza e invita i ragazzi ad andarsene prima del suo arrivo per fargli evitare domande scomode.
  
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