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Autore: Mary P_Stark    22/02/2019    1 recensioni
Cosa succederebbe se gli dèi dell'Olimpo e gli eroi greci camminassero tra noi? Quali potrebbero essere le conseguenze, per noi e per loro? Atena, dea della Guerra, delle Arti e dell'Intelletto, incuriosita dal mondo moderno, ha deciso di vivere tra noi per conoscere le nuove genti che popolano la Terra e che, un tempo, lei governava assieme al Padre Zeus e gli Olimpici. In questa raccolta, verranno raccontate le avventure di Atena, degli dèi olimpici e degli eroi del mito greco, con i loro pregi, i loro difetti e le loro piccole stravaganze. (Naturalmente, i miti sono rivisitati e corretti)
Genere: Commedia, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2.
 
 
 
La risalita dal tempio sotterraneo di Érebos verso l’Oltretomba fu silenziosa. Gli unici suoni udibili nella coltre di nebbia perenne, che avvolgeva la scala a chiocciola in un eterno abbraccio, erano i passi di Atena ed Érebos sui gradini di metallo.

Null’altro era udibile, non una parola, non un sospiro.

Atena aveva troppo a cui pensare, per poter parlare, e il dio dell’oscurità primigenia aveva a sua volta molti pensieri a carezzargli la mente, ora nuovamente reattiva.

Quando infine raggiunsero la spianata sassosa che conduceva ai Campi Elisi, Érebos prese per mano Atena e, sorridendole, disse: “Io sono fiducioso. So che sei abbastanza forte e coraggiosa per affrontare qualsiasi sfida, se è il tuo cuore a dirtelo.”

Lei accettò la stretta, trovandola rassicurante e, a passo lesto, si incamminò con lui per parlare con Ade della scoperta del dio. Il dubbio, in ogni caso, serpeggiava nella sua mente, e lo disse.

“Vorrei avere la tua stessa fiducia, amico mio, ma ciò che mi preme davvero è Alekos. Lui è ancora un bambino, e quei fiumi sono terribili per un motivo. Ade non li ha creati così a caso. Solo Orfeo, in tanti secoli, tentò l’impresa, e sappiamo bene entrambi come andò a finire.”

“Ne sono consapevole, ma è l’unica occasione concessavi per strappare le catene che trattengono Alekos a questa terra” le ricordò il dio, accentuando per un attimo la stretta sulla sua mano. “Sono sicuro di quello che dico.”

“E io ti credo… ma non di meno ho paura” sottolineò lei con sincerità.

Lui rise, e Atena non poté che trovare quel suono splendido. Érebos aveva sempre avuto una voce meravigliosa, tanto da far invidia a Euterpe, la Musa del Canto. Lei stessa, in gioventù, si era ritrovava a invidiare un simile timbro musicale, non avendo avuto in dono una voce altrettanto splendida.

“Saresti folle a non avere paura dei fiumi infernali creati da Ade, mia cara, ma resto dell’idea che potete farcela entrambi” dichiarò la divinità, prima di scorgere in lontananza Nyx, intenta a giocare a girotondo assieme ad Alekos e Ares.

La sola vista del gigantesco dio della guerra impegnato in un’attività così poco virile lo fece sorridere ma, al tempo stesso, lo portò a dire: “Lui ha dimostrato molta più forza di me.”

“Non era così coinvolto” gli rammentò Atena. “Ma sono grata ad Ares per le sue attenzioni.”

Érebos, allora, sollevò la mano di Atena ancora stretta alla sua, ne baciò il dorso e infine la lasciò per raggiungere il trio sulla collina.

Il dio dell’oscurità richiamò quindi l’attenzione di Alekos che, a un sussurro di Nyx, si aprì in un caldo sorriso di benvenuto e corse verso di lui per abbracciarlo con calore.

Érebos letteralmente cadde in ginocchio dinanzi al bambino e lo strinse a sé con calore, scusandosi per la sua viltà. Alekos, però, lo sorprese ancora, baciandolo sulle guance e asciugandogli le lacrime con gesti gentili delle mani.

Nell’avvicinarsi, Atena gli sentì dire: “La mamma mi ha detto tutto, ma non è stata colpa tua, o di Atropo. Ci sono cose che neppure gli dèi possono cambiare.”

Carezzando quel viso dolcissimo e circondato di neri capelli, il dio replicò: “Forse, piccolino, ma credo di aver trovato il modo di poterti dare una possibilità per ribaltare ciò che è successo.”

Il bambino lo fissò stranito e così pure Ares che, accigliandosi furiosamente, spintonò Érebos con violenza e sibilò: “Non mettergli in testa delle fesserie senza senso, se non vuoi che ti spacchi la faccia, dio Ctonio dei miei stivali!”

Nyx esalò un singulto strozzato, di fronte a quell’attacco imprevisto, ma fu Atena a intervenire in difesa del dio dell’oscurità.

Rabbiosa, si interpose tra i due, piazzò un destro nel fianco di Ares – che crollò su un ginocchio per il dolore – e ringhiò inviperita: “Maledizione, Ares, cuciti quella boccaccia e ascoltalo, invece di fare l’idiota come al solito!”

Alekos ridacchiò divertito, di fronte a quel battibecco di certo non infrequente tra i due fratellastri e Nyx, scrutando il fratello, sorrise appena e disse: “Mi sembra che tu stia meglio.”

“Grazie ad Atena” le sorrise di rimando lui, lanciando poi un’occhiata guardinga ad Ares, che ancora stava lagnandosi per il colpo di Atena.

“Che c’è? Ti sei presa finalmente una vacanza, sorellina, e ora ti scaldi subito se parlo male al tuo bambolotto? Era anche ora, direi, che ci dessi dentro, ma proprio con una divinità Ctonia? Non potevi sceglierti un satiro, per spassartela? Almeno sono più allegri e divertenti” la prese in giro Ares, rimettendosi in piedi a fatica e fissandola pieno di malizia.

Atena cercò di contare fino a dieci – non le piaceva litigare davanti ad Alekos – ma riuscì sì e no a raggiungere il tre, prima di scaricare una ginocchiata nei sacri augelli del fratello.

Pallido come un cencio, il dio crollò nuovamente a terra, preda di dolori terribili e Atena, spietata, gli ringhiò contro: “Sei pregato di essere educato, di fronte ad Alekos. E poi, mi sono solo presa cura di Érebos, in questi giorni, esattamente come avrebbe fatto qualsiasi buona amica. Tutto qui.”

“Sì, sì… raccontala a qualcun altro” gracchiò Ares, coprendosi il basso ventre quando la sorella minacciò di dargli un altro calcio.

Sbuffando esasperata, lei lo lasciò perdere e, rivolta a Nyx, disse: “E’ vero. Non ho fatto nulla che…”

La dea, però, ridacchiò divertita e, lanciato uno sguardo malizioso a Érebos – che incredibilmente arrossì – si limitò a dire: “Ti credo ma, se anche avesse avuto ragione Ares, non sarebbe stato un problema. Io e lui non stiamo più insieme da secoli… e comunque non avrebbe fatto differenza in nessun caso. Sai che siamo sempre stati una coppia aperta.”

“Oh” gracchiò soltanto Atena, non aspettandoselo di certo. Era chiaro che era rimasta indietro con i pettegolezzi.

Metera, cosa voleva dire, prima, lo zio?” domandò a quel punto Alekos, fissando curioso il viso di Érebos e cercando di soprassedere sulle cose che aveva detto Ares. Qualcosa aveva intuito ma, vista l’arrabbiatura della madre, era preferibile lasciar perdere.

Atena, a quel punto, si volse verso il figlio e lo prese per le spalle, seria in viso non meno di lui, il battibecco con il fratello già dimenticato.

“C’è la possibilità che io possa portarti via dall’Oltretomba. Ma sarà una cosa molto rischiosa e assai difficile. Nessuno è mai riuscito a compiere quest’impresa.”

Alekos, però, domandò soltanto: “Cosa devo fare?”
 
***

Ade si stava grattando la lunga barba da almeno venti minuti, gli occhi neri nascosti dalle palpebre socchiuse e la bocca piegata in una smorfia pensierosa.

Érebos aveva esposto anche a lui il suo piano, oltre a mostrargli il documento che aveva trovato tra i suoi libri, in cui si menzionava un caso come quello di Atena.

Alla fine, il dio dell’Oltretomba sospirò e ammise: “Onestamente, non ne avevo mai sentito parlare. Ero convinto che, essendo il bambino nato morto, non potesse essere annoverato tra le creature in grado di percorrere il Sentiero, altrimenti te lo avrei detto io stesso, Atena. Dovrò cominciare anch’io a prendere magnesio e fosforo, se comincio a dimenticare le regole stesse del mio mondo… anche se va detto che le avevo fatte scrivere a Tisifone e socie. Si vede che, mentre dettavo, avevo la testa altrove.”

“Percy” tossicchiò malizioso Ares, guardandosi intorno con espressione innocente quando Ade lo fulminò con lo sguardo.

La dea scosse il capo con un sorriso divertito, immaginandosi lo zio alle prese con erboristerie e farmacie umane, lasciando deliberatamente perdere la battutaccia di Ares.

La sola idea di pensare Ade al bancone di una farmacia avrebbe fatto sbellicare chiunque, vista soprattutto la totale inutilità dei medicamenti umani, su un corpo divino come era il loro.

Replicando pragmatica, Atena disse: “Anche quanto, Alekos non sarebbe stato abbastanza grande per affrontarlo. Avremmo dovuto attendere in ogni caso.”

Persefone stringeva a sé Alekos, preoccupata non meno degli altri, e mormorò: “Sarebbe un inferno, percorrerlo… scusate il gioco di parole, ma è così.”

Ade si lasciò andare a un’imprecazione e, sconsolato, dichiarò: “I cinque fiumi infernali furono creati proprio per rendere le cose impossibili a chiunque avesse tentato e, anche se Orfeo ed Euridice riuscirono – più o meno – nell’impresa, nessun altro tentò più perché venne reputata una via impraticabile da chiunque.”

“Non potevi sapere che, un giorno, uno di noi si sarebbe ritrovato in questa situazione” sottolineò Atena, dando una pacca sulla spalla allo zio.

Ade fece per parlare ma, proprio in quel mentre, due nuvolette dorate comparvero nei Campi Elisi e, in un tripudio di scintille, le figure imponenti di Zeus e Poseidone apparvero in tutto il loro splendore.

E furia.

Zeus, infatti, appariva più imbestialito che mai e, dalle sue mani, sottili folgori sfrigolavano come in un arco fotovoltaico.

Poseidone non era meno irritato ma, nei suoi occhi, era ben evidente anche un accenno di panico, che si intensificò quando il suo sguardo blu oltremare si posò sui nipoti.

“Oh, oh, sono arrivati anche i fratelloni…” chiosò Ade, intrecciando le mani dietro la schiena. “Non vi chiedo neppure perché siete qui. Ve lo si legge in faccia. Il punto è un altro; come l’avete saputo?”

“Io so sempre quello che fa mia figlia!” sbottò Zeus, riferendosi alla nascita davvero inconsueta di Atena.

La dea parve ricordarselo solo in quel momento perché, sfiorandosi la fronte con le dita, borbottò: “Miseria ladra, è vero. Devo sempre stare attenta a quanto penso.”

“Cos’è questa folle idea che hai messo nella testa di mia figlia?!” ringhiò Zeus, gettandosi praticamente addosso a Érebos come un caterpillar.

Atena si frappose tra loro e Ares, memore di ciò che era successo a lui, si coprì le parti intime e disse al padre: “Fossi in te, mi coprirei le palle. Atena ha una certa tendenza a tirare ginocchiate in quella zona, neanche fosse un cavallo imbizzarrito.”

“Maledizione, Ares, il linguaggio!” sbottò Atena, indicando poi con rabbia il figlio, che stava sghignazzando.

“Oh, per carità, Atena, …le palle sono palle, chiamale pure come vuoi, ma palle rimangono” brontolò Ares, facendo spallucce.

“Aaah” sbottò la dea, fissando il cielo fasullo di quel luogo con aria esasperata. I Campi Elisi ricreavano lo splendore di una bella collina fiorita, con un caldo sole a baciare il volto, ma Atena sapeva bene che era solo mera illusione.

Tutto ciò era creato per soddisfare e chetare le anime dei puri di cuore, giunti nell’Oltretomba al momento della morte.

Le diede comunque una certa soddisfazione squadrare il cielo azzurro, piuttosto che una parete spoglia di roccia.

“Torniamo a noi. Spiegami perché, all’improvviso, vuoi cimentarti in questa follia!” sbraitò Zeus, rivolgendosi ora direttamente alla figlia.

“Perché, se c’è anche una minima speranza di poter riavere almeno Alekos, io voglio tentare, e lui è d’accordo con me” gli spiegò caparbia Atena, poggiando le mani sui fianchi con fare battagliero.

“E’ inutile che ti atteggi a superdonna. I cinque fiumi infernali sono terribili, anche per una divinità tuo pari!” le ringhiò contro Zeus, ora denotando tutta la sua ansia.

Oltre il suo sguardo d’acciaio v’era molto altro, come poté notare suo malgrado la dea della guerra.

Vi era nascosto il panico all’idea che, non solo la figlia potesse dimenticare il figlio, ma che Alekos potesse perdere ogni ricordo di loro, diventando solo un’anima senza passato, libera dal dolore, ma anche dall’amore.

Se era più o meno sicuro che, grazie ai poteri del suo sangue di semidio, il ragazzino avrebbe potuto affrontare i primi quattro fiumi infernali, Zeus dubitava che il Lete lo avrebbe graziato. Quel fiume lo spaventava più di ogni altra cosa, anche se non avrebbe mai ammesso con suo fratello Ade quanto, quella terribile trovata, fosse terrificante.

Alekos, però, si avvicinò al nonno e, presolo per mano, gli sorrise e disse: “Io ho fiducia nella mamma. E zio Érebos si è impegnato tanto per trovare una scappatoia per me. Sono sicuro che ha ragione.”

Zeus si chetò immediatamente al suo tocco e, piegatosi su un ginocchio per essere occhi negli occhi col nipote, mormorò ansioso: “So che la mamma è forte. E’ mia figlia, perciò conosco le sue capacità. Ma il Lete è un fiume che non lascia scampo a ciò che risiede qui.”

Ciò detto, gli sfiorò prima la fronte e poi il torace, all’altezza del cuore.

“Papà mi proteggerà” lo rassicurò a quel punto il bambino.

“Come?” mormorarono in coro i presenti, non comprendendo le sue parole.

Alekos, allora, si rivolse alla madre e, leggermente titubante, disse: “Un’anima pura è venuta da me, alcuni mesi fa. Una di quelle che passeggiano nei prati di asfodelo dei Campi Elisi.”

Lei assentì tesa, non sapendo che pensare. Era mai possibile? Solitamente, le anime umane perdevano coscienza di sé e si limitavano a godersi la pace dei Campi Elisi, senza più avere memoria del passato.

“Non lo fanno mai, con me. Credo non capiscano bene cosa io sia, perciò stanno alla larga, però quell’anima si è avvicinata ed è rimasta con me per qualche tempo” le spiegò il bambino, prendendo anche la mano della madre, oltre a trattenere ancora quella del nonno.

“Ti ha… ti ha parlato?” singhiozzò Atena.

“Mmh, non so se parlato sia il termine giusto. Le anime non parlano. Però sentivo cosa provava, ed era un po’ come quando lo zio Ares mi abbraccia. Sapeva di uomo e di papà.”

Ares gongolò tutto contento, a quel commento, ma Atena lo dispensò di un’occhiataccia. Non era il momento di pavoneggiarsi come degli idioti!

“Quindi, dici che quest’anima era tuo padre. E cos’altro hai capito?” gli domandò Atena, sorridendogli tremula. Dunque, Miguel era riuscito a percepire la presenza del figlio nei Campi Elisi? Rammentava ogni cosa del suo passato, a dispetto di tutto?

“Ho capito che mi proteggerà sempre, e mi sono sentito sicuro, le volte che ero con quest’anima. Non può che essere papà, vero?”

“Credo di sì. Miguel era una persona speciale, e ti ha amato fin dal giorno in cui gli ho detto che saresti nato” assentì Atena, prima di avvertire un brivido a lei familiare.

Levando il capo per scrutare l’orizzonte, la dea scorse una luminescenza nei pressi del gazebo dove soleva studiare Alekos e, portandosi una mano al petto, mormorò: “Miguel…”

Ade tossicchiò imbarazzato, a quella vista davvero inconsueta, e borbottò: “Non abbiamo niente di meglio da fare, oltre a guardare? Su, su, allontaniamoci un po’.”

Di comune accordo, le divinità si allontanarono una dopo l’altra ed Érebos, sfiorandole una spalla, le sussurrò: “Vai da lui. Credo ti servirà.”

Lei assentì nervosa e, dopo aver lasciato Alekos nelle mani di Persefone, si avviò verso il gazebo per comprendere se, effettivamente, quell’anima appartenesse a Miguel.

I suoi piedi incespicarono più volte nell’erba smossa dal vento – anche quella, un’illusione dei Campi Elisi – e, quando infine raggiunse il gazebo, ripeté: “Miguel… sei tu?”

L’anima si illuminò maggiormente, costringendo Atena a socchiudere gli occhi e, con voce incrinata dall’emozione, allungò una mano per sfiorare quella luminescenza e disse: “Sei tu. Ti sento.”

Atena…

Fu solo un sussurro, niente più di questo, ma per Atena fu come un’epifania.

Sorrise, si terse una lacrima ribelle dal viso e disse: “Hai… hai mantenuto i ricordi.”

Alekos… sentivo lui… e te in lui… questo mi ha fatto ricordare… la mia dea, il mio bambino…

“Stai… stai bene?” mormorò lei, prima di ridere di se stessa. “Che razza di domanda vengo a farti…”

Sto bene. Ho amato te e amo nostro figlio. Qui c’è pace, e un mare infinito, oltre quella collina. Le sue acque sono placide e calde.

Dopo qualche istante di esitazione, l’anima domandò: Davvero lo porterai via di qui?

Atena non si stupì di questa sua conoscenza. Se davvero era rimasto vicino ad Alekos in quell’ultimo periodo, si era creato un legame così profondo da rendergli semplice percepire le emozioni del figlio.

“E’ nelle nostre intenzioni, però…”

Se lei fosse riuscita nell’impresa, Miguel sarebbe rimasto solo. Era così egoista da negargli anche quella piccola fiammella di gioia?

L’anima, però, si illuminò maggiormente, e la voce di Miguel inondò la mente di Atena.

Negargli la vita sarebbe un abuso, visto che lui ha la possibilità di tornare alla vita vera.

“E tu? Rimarresti solo.”

Se affonderò nel Lete al posto di Alekos, lui potrà oltrepassarlo senza rischi e io… forse perderò i ricordi, ma l’amore per voi, mai. Ne sono certo.

Atena sgranò gli occhi, a quelle parole, e nella sua mente ogni ricordo di Miguel tornò con prepotenza, scuotendola.

“No, no… non posso chiederti anche questo.”

Non sei stata tu la causa del mio incidente in mare, Atena. Fu una mia negligenza. Non tenni conto dei margini di sicurezza perché mi credevo troppo esperto, troppo superiore alle forze che stavo sfidando, per abbassarmi a prendere qualche precauzione. Giocai la partita tra la vita e la morte con le carte sbagliate. Tutto qui.

“Miguel…”

Saprò di aver amato qualcuno, e di essere stato riamato, anche se non ricorderò i vostri volti. Posso sopportarlo. Lasciami fare almeno questo, per nostro figlio. Fu colpa mia, se tu avesti quell’aborto. La mia morte portò alla sua. Permettimi di salvarlo almeno stavolta.

L’anima divenne sfavillante, a quel punto, avvolgendo completamente Atena che, per un momento, poté rivedere il suo Miguel come lo aveva scorto da vivo.

I bei capelli neri e fluenti, la pelle bronzea, gli occhi neri e lucidi, il bel sorriso scanzonato.

“Ti amo…”

Anch’io.

Ciò detto, l’anima tornò alla normalità, niente più che un’ombra iridescente e Atena, preso il coraggio tra le mani, tornò dai suoi parenti e amici per riferire quanto deciso.

L’anima la seguì e, quando entrambi si ritrovarono nel cerchio creato dalle divinità in attesa, Atena disse: “Miguel ci aiuterà.”

Zeus annuì fiero, asserendo: “Tutto ciò è degno di grande coraggio. Mia figlia non poteva che sposare un uomo di valore.”

La dea si lasciò andare a un sorrisino ironico, rammentando le liti dei primi tempi con il padre, e proprio a causa della sua decisione di vivere con Miguel.

Ade, per nulla in vena di fare dell’ironia, scrutò ansioso la nipote e borbottò preoccupato: “Ricordati che nessuno di noi potrà intervenire. Tu sola dovrai guidarlo, ma rammenta! Non voltarti mai, non ascoltare le voci che udirai o le richieste che ti verranno fatte. I fiumi sono ingannatori e sanno cogliere i punti deboli di chiunque, anche di una divinità.”

“E… e il Lete?” deglutì a fatica Atena, terrorizzata all’idea di perdere i suoi ricordi più preziosi.

“Non dovresti subire danni, grazie all’icore1 che scorre in te, ma io userei tutti i tuoi poteri per proteggerti. Quanto ad Alekos…” le spiegò Ade, prima di guardare dubbioso l’entità iridescente. “…immagino tu sappia come fare, Miguel.”

L’anima assentì, muovendosi leggermente e diventando più brillante.

“Quando sarete all’esterno, nel mondo dei mortali, dovrai ricordarti di non girarti ancora, finché non udrai le porte dell’Oltretomba chiudersi. Ricorda che Orfeo commise questo errore, e fallì.”

affrontata solo una volta e una volta fallita.

Atena annuì con vigore e, uno a uno, li scrutò per attingere forza dalla sua famiglia. Il feroce Ares, il prode Poseidone, il saggio Zeus, l’enigmatico Ade, la dolce Persefone, la mistica Nyx e il potente Érebos.

Quest’ultimo le sorrise, asserendo: “Vi attenderò all’esterno, visto che non mi è concesso accompagnarvi. Non ho dubbi che riuscirete.”

La dea assentì e, preso per mano il figlio, disse: “Riusciremo.”

Alekos, a quel punto, guardò dubbioso Ade e Persefone e domandò: “Non potrò più venire a trovarvi, vero?”

“No, tesoro. Non saresti abbastanza potente per farlo, ma verremo noi da te” lo rincuorò Persefone, baciandolo sulla fronte.

Atena non attese un attimo di più e, assieme al figlio, si diresse verso le sponde del primo fiume. Lo Stige, il fiume dell’odio.

 


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1 Icore: secondo il mito, è il minerale che compone il sangue delle creature immortali.
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N.d.A.: A quanto pare, la faccenda ha messo in ansia più di un dio, ma Atena è ben decisa a mettersi in gioco e così pure Alekos che, forte dell'aiuto dell'anima del padre, sente di potercela fare.

Se qualcuno si chiedesse come mai Miguel non può compiere lo stesso tragitto, ricordo che ai tempi in cui si svolgono i fatti, se un morto tornasse alla vita sarebbe un bel casino, in termini tecnici. (c'erano un po' troppi testimoni che avevano visto Miguel morto, su quella spiaggia, la sua previdenza sociale annullata, le carte del funerale e quant'altro... insomma, burocraticamente, non è fattibile). Inoltre, nelle mie storie, i morti non hanno più corporeita, ma sono entità di luce senza sostanza reale, perciò apparirebbero come degli spettri, nel mondo dei vivi.
  
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