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Autore: pattydcm    23/02/2019    2 recensioni
Una ragazza viene trovata morta con inciso sul braccio uno strano disegno. Sherlock viene chiamato ad indagare e scopre che la ragazza è rimasta intrappolata in una brutta rete. Non vuole però che John lo aiuti nelle indagini, questa volta. Sarebbe, infatti, per lui troppo pericoloso stargli accanto.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 2
 
<< Ehi, mi stai ascoltando? >>.
La ragazza gli colpisce piano la mano strappandolo ai suoi pensieri. John abbozza un sorriso pronto a ribattere con un laconico ‘Sì, certo’, ma si ferma. Gli occhi truccati in modo impeccabile di lei manifestano un fastidio palese, pari a quello che lui ha provato per tutta la giornata trascorsa insieme dinanzi al suo continuo parlare.
<< Scusami, Annette >> era questo, alla fine, il nome corretto della donna. << E’ che stamattina ho avuto a che fare con una situazione davvero spiacevole >> dice e la sua mente gli ripropone due immagini: da una parte la ragazzina priva di vita; dall’altra Sherlock che lo solleva dal caso mentre scambia sorrisi e occhiatine con un vagabondo sconosciuto. Dire quale delle due lo turbi di più è una bella lotta.
<< Oh, mi spiace. Cosa è successo? >> ecco l’immancabile presa sul lato materno e protettivo femminile. Di solito si da mentalmente una pacca sulla spalla quando riesce ad attaccare da quel fronte. Questa volta, invece, la mano di lei subito posata sulla sua lo infastidisce. Deve fare un vero sforzo per non ritrarla.
<< Una ragazzina si è suicidata e la sua famiglia ha chiesto al mio coinquilino di indagare >>.
<< Brutta storia >> constata lei seria. << Sì, ma tu che c’entri? >> gli domanda e John non trattiene di mostrarsi infastidito, questa volta.
<< Io lo aiuto nelle indagini, Annette >> risponde, scandendo con un po’ troppa acidità il suo nome.
<< Sei il suo blogger >>.
<< E suo collega. Partecipo anche io ai casi, non riporto solo quel che mi racconta >> ribatte stringendo i pugni.
<< Ma tu non sei un detective, sei un medico >> ridacchia la ragazza che non si rende conto, evidentemente, di quanto stia crescendo la sua rabbia.
<< Certo, ma sono anche un ex soldato abituato al campo di battaglia e all’azione e lui non è un semplice detective ma un consulente investigativo >>.
<< Io penso che sia solo un tipo molto strano >> minimizza lei mandando giù un sorso di vino. John resta ammutolito. È irritante questa donna. Irritante il modo in cui parla, irritanti le cose che dice e come le dice ed è irritante la sua superficialità e questo giudizio del tutto campato in aria, dal momento che non conosce Sherlock e non può dire neanche di conoscere lui, a conti fatti. John ridacchia scuotendo il capo.
<< Cristo, come puoi essere così… >>.
“Idiota!” vorrebbe concludere, ma lascia morire la frase in una risata. Volge più volte lo sguardo al volto confuso di lei per poi distoglierlo scuotendo il capo.
“Quando sono caduto così in basso da perdere il mio tempo con simili soggetti?” si chiede e l’espressione di disgusto che Sherlock assume dinanzi all’umana idiozia gli salta alla mente. Non si rende conto di stare replicandola egregiamente.
<< Ehi, che succede? >> domanda lei sbattendo le lunghe ciglia sicuramente finte. Cerca di posare nuovamente la mano su quella di lui, che, però, rapido la allontana.
<< Io credo sia meglio che me ne vada >> dice alzandosi dal divano sul quale si sono accomodati, dopo una giornata trascorsa fuori porta con l’unica nota positiva di essersi scampati il brutto acquazzone che ha messo Londra a dura prova per tutto il pomeriggio.
<< Ma… perché? >>.
<< Come ti dicevo è stata una mattinata pesante >> risponde recuperando la giacca.
<< Dai, resta. Ci penso io a fartela dimenticare >> dice maliziosa tentando un approccio estremo che lui rifiuta, cercando di tenere a bada l’istinto di allontanarla da sè con uno spintone.
“Sarò inutile e strano, ma per una scopata vado più che bene, vero?” vorrebbe dirle ma morde la lingua sforzandosi di essere, nonostante tutto, gentile.
<< Annette, davvero, preferisco andare >>.
Non gli sfugge la smorfia di disprezzo che veloce viene trasformata in una finta tristezza.
<< Va bene, lo capisco >> mente, allontanandosi da lui di un buon due passi. John si dirige alla porta che apre da sé.
<< Buona notte >> le dice e così si salutano. Senza un bacio di comodo, senza un ‘ci sentiamo’. Ennesimo tentativo inutile di combinare qualcosa con una donna.
“Grazie tante, Sherlock!” pensa infastidito. Anche se questa volta deve dire che non gli dispiace per nulla. Dovrebbe smetterla di invitare o accettare inviti da chicchessia senza applicare un minimo di selezione. Non al punto da diventare tranchant all’inverosimile come il suo coinquilino, che considera il mondo popolato da idioti. Uno come lui ad un appuntamento proprio non riesce a immaginarselo. Sherlock Holmes che tenta di conoscere e di farsi conoscere da un altro essere umano… no, impossibile!
“Allora ciò a cui hai assistito alla fontana stamattina cos’era?”.
Storce il naso a quella domanda che gli suona nella testa con la voce della sorella. In questa anche troppo lunga giornata trascorsa in compagnia delle troppe parole di quella donna il pensiero è andato più volta a quella scena. Soprattutto a come può essere proseguita.
<< Non sarà proseguita, figuriamoci! >> ridacchia sicuro di sé, decidendo di accantonare la cosa come un dato di fatto.
Non sono neppure le dieci quando arriva al 221B. Bach lo accoglie annunciandogli che il grande consulente investigativo sta meditando sul caso dal quale lo ha sollevato. La curiosità di sapere cosa abbia dedotto quella mattina nella cameretta della ragazzina lo attanaglia. Lungo il viaggio di ritorno ha pensato a tante valide argomentazioni da proporgli per convincerlo a farlo partecipare alle indagini. Da quelle esposte con calma a quelle imposte con voce grossa e minacce. Sa già che comporrà una sorta di medley partendo dalle prime per poi andare a parare rovinosamente sulle ultime.
Stranamente la musica si interrompe quando giunge al pianerottolo. Sherlock è solito intuire dal rumore dei passi chi stia giungendo in visita e quando suona il violino prosegue indefesso, senza neppure salutarlo. Anzi, senza neppure rendersi conto che sia rientrato, a dirla tutta.
<< Che ci fai tu qui? >> lo accoglie ancor prima che compia un passo all’interno dell’appartamento.
<< Ci abito, te ne sei dimenticato? >> ribatte John spiazzato dalla sua accoglienza, mettendoci forse un po’ troppa acidità nel tono. Sì, è possibile si inizi subito dall’opzione ‘voce grossa e minacce’, questa sera.
<< Talmente noiosa da non valere la pena di passarci la notte. Lo sapevo! Mai che ci si possa fidare >> scuote il capo il consulente, indispettito.
<< Scusa tanto se ho interrotto le tue riflessioni! >> sbotta sul piede di guerra. << Perché non continui come nulla fosse, come sei solito fare? Sono abituato ad essere ignorato >> dice entrando in cucina. Un the caldo per impegnare le mani ed evitare che finisca a botte è quello che ci vuole. Avverte lo sguardo di Sherlock alle spalle. Stranamente non ribatte. Mister ultima parola non ribatte. E neppure torna a suonare.
“La giornata delle stranezze, questa!” pensa e l’occhio gli cade su uno zaino abbandonato accanto al tavolo ingombro di attrezzature da laboratorio. Si volta per chiedere spiegazioni e solo ora la vede. La custodia di una chitarra adagiata ai piedi del divano.
La gola si secca all’istante e lo stomaco richiama a sé tutto il sangue dal corpo. Volge lo sguardo a Sherlock fermo in piedi, le braccia incrociate al petto e gli occhi seri puntati su di lui. John si rende conto solo ora che indossa la vestaglia. La vestaglia e… nient’altro.
<< Ma come fai ad usare quello shampoo? Ha un odore troppo forte e… >>.
Il ragazzo si blocca. Un asciugamano sulla testa a frizionare i capelli umidi, l’altro stretto attorno alla vita. John sbatte più volte le palpebre scandagliando quella presenza inattesa e mezza nuda davanti a lui.
<< Oh… ciao! >> dice il ragazzo accomodando l’asciugamano in testa come un turbante. Sorride tendendo la mano pronto a presentarsi, ma si blocca dinanzi all’occhiataccia di John. Il musicista richiama a sé la mano e volge lo sguardo a Sherlock e poi al dottore per un paio di volte facendosi sempre più serio.
<< Se la mia presenza qui non è gradita posso… >>.
<< No! >> esclama John interrompendolo, la mano aperta verso di lui e l’abbozzo di un sorriso forzato sul viso. << Scusatemi voi, piuttosto. Non volevo interrompervi. Vado in camera mia. Buona serata >> augura loro raggiungendo a grandi passi la porta.
Se la chiude alle spalle e resta lì fermo, la mano posata sul pomolo della porta. Non riesce a pensare. Non riesce a muoversi. Sente solo il ritmo lento del suo respiro rimbombargli nella testa. Ci vogliono un buon numero di respiri prima che riesca a staccarsi da lì e salire lento i gradini. Resta nuovamente attaccato alla maniglia della porta della sua stanza.
“Oh, insomma, basta!” grida la voce di sua sorella. “Perché questa reazione stupida? Anche tu hai portato delle donne qui in questi sei mesi”.
“Non per farci sesso”.
“Se anche loro, come quel tipo, non avessero avuto dove stare non le avresti portate qui?”.
John ci pensa su. Domanda interessante e scomoda alla quale non vuole, però, dare risposta.
“Atteggiamento davvero immaturo” sputa acido la voce di suo padre, quella che tra tutte le voci che popolano la sua testa fa più male.
“No! Non le avrei portate per il semplice fatto che non avrei voluto vederle correre via inorridite dai cadaveri nel frigo, dagli esperimenti che conduce su organi e cellule di derivazione umana o animale o davanti alle sue deduzioni offensive!” ribatte acido e la rabbia torna a farsi sentire.
“Solo per questo?” gli chiede maliziosa la voce di sua sorella. No, ovviamente non è solo per questo. Gli è bastato una volta far salire in casa la primissima ragazza che aveva abbordato nelle prime settimane trascorse a Baker Street. Il modo in cui lei lo guardava. I sorrisi che gli lanciava e il suo flirtare impunemente con Sherlock, nonostante la sua presenza, se li ricorda fin troppo bene.
“Temi che portandole qui possano interessarsi a lui dimenticandosi di te, non è così?” continua Harry col suo tono odioso. John annuisce e passa la mano sul viso sconsolato.
“Beh, come vedi lui sta dall’altra parte” ridacchia lei soddisfatta.
“E io sto da entrambe!” la zittisce lui. Il consulente investigativo sposato al suo lavoro si è portato a casa una preda niente male. L’idea che abbiano già dato sfogo a quell’attrazione della quale è stato testimone involontario, e che continueranno per tutta la notte, gli chiude lo stomaco.
“Che egoista che sei!” continua sua sorella. “Tu da che sei qui te ne sei fatte letteralmente di tutti i colori, lui invece è la prima volta che…”.
“Ma quale prima volta! Mi sono assentato più volte in questi sei mesi, trascorrendo la notte fuori spesso e lui deve averne approfittato per portarsi a casa chissà chi!”.
“Quindi adesso lo giudichi perché si porta a letto bellissimi sconosciuti? Non mi sembra tu faccia qualcosa di diverso, Johnny!”.
<< Non sono uomini! >> esclama a gran voce, portando poi entrambe le mani alla bocca. Il respiro si blocca per un lungo istante.
“E questo cosa vorrebbe dire? Te ne sei fatti di ogni colore sotto le armi, non mi pare proprio tu sia omofobo”.
No. Non è omofobo, anzi quella è proprio una mentalità che ripudia e poco tollera. Da civile non è mai passato ai fatti con un uomo. È stata prerogativa, quella, della sua vita da soldato. Non sono mancate le occasione anche in questi mesi, ma ha lasciato perdere.
“E perché?”.
<< Lo sai perché, Harry >> dice raggiungendo il letto con passo pesante. Si lascia cadere di pancia sul materasso morbido e sulle lenzuola che gli rimandano il profumo buono e ancora fresco dell’ammorbidente. Gli sembra così immensamente vuoto questo letto stasera. Data l’ubicazione delle loro rispettive stanze sa che nessun rumore molesto dovrebbe giungere a disturbarlo. Le passioni passeggere si consumano in una notte e sicuramente lo stesso accadrà con questa. Rimanda ogni cosa all’indomani, sicuro di poter scendere a prepararsi un the senza più trovare la presenza del giovane intruso e spegne i riflettori su questa giornata lunga e carica di troppe emozioni.
 
   
 
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