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Autore: pattydcm    23/02/2019    4 recensioni
Nel corso in un’indagine, Sherlock viene ferito al viso e i suoi occhi sono messi fuori combattimento. Continuerà, però, a lavorare sul caso, facendo fronte allo sconforto per il suo handicap.
John lo aiuterà a portare avanti le indagini per poter fermare il pericoloso dinamitardo che sta terrorizzando Londra. Gli farà una proposta che cambierà le loro vite e risulterà fondamentale per la risoluzione del caso: gli chiederà di lasciare che sia lui i suoi occhi
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sally Donovan, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 15
 
Il giudice ascolta con interesse la deposizione che Greg sta rilasciando circa la strage evitata per un soffio e architettata da Nathan O’Neel . Questi, dal banco degli imputati che lo pone in bella vista, appare orgoglioso di sé. Sembra non essere per nulla in grado di rendersi conto di quali sarebbero state le conseguenze del suo gesto, tesi sulla quale sta battendo il suo avvocato per fargli ottenere uno sconto della pena da trascorrere non in carcere, ma in una struttura psichiatrica.
Sono trascorse due settimane dalla lunga giornata in cui il traffico di Londra è impazzito e il panico si è diffuso nella popolazione, rimasta incollata davanti ai notiziari che facevano a gara per trasmettere immagini in diretta e avere le informazioni più appetitose.
John e Sherlock hanno tenuto la televisione accesa in sottofondo, mentre lavoravano alla ricerca delle prove a carico del commissario capo. Sono corsi a Scotland Yard alle undici di quella lunga giornata, con un dossier carico di documenti e il solo desiderio di congratularsi con Lestrade per il magistrale lavoro fatto nel condurre le operazioni di soccorso, che promozioni e le lodi gli sono valse.
Ancora oggi John trova ingiusto che nessuno possa sapere grazie a chi si sia davvero evitata la strage, che non solo avrebbe distrutto il bellissimo ponte in ferro a 5 archi, ma le vite di migliaia di persone. Sherlock, però, ha preferito che le cose andassero così. Lui, infondo, era ancora in convalescenza, accecato dallo scherzo tiratogli dal dinamitardo.
<< E poi noi effettivamente non eravamo lì con lui, ma a casa a fare le pulci agli ultimi tre mesi di vita del commissario capo >>.
Il processo ai danni di questo avrà inizio il giorno seguente, ma né lui, né Sherlock saranno chiamati a testimoniare. Agli occhi e alle orecchie dei media sarà fatta passare come un’indagine interna per cattiva amministrazione.
<< Se l’opinione pubblica venisse a sapere che quel pazzo di Moriarty è in grado di introdursi a Scotland Yard e fare il buono e il cattivo tempo usando funzionari e commissari a suo piacimento si giocherebbe solo a suo favore >> aveva detto Lestrade trovandoli d’accordo. Entrambi, però, sanno che al consulente criminale basta poco per decidere di mettere lui stesso in circolo la notizia e sbugiardare i detentori dell’ordine nazionale.
Greg torna al suo posto e Sherlock viene chiamato a testimoniare. È dal giorno in cui è giunta a casa loro la lettera di comparizione che John lo prega di tenere a freno la lingua, di non rivolgersi in maniera irrispettosa agli avvocati, né, tanto meno, al giudice, di limitarsi a rispondere alle domande che gli sarebbero state fatte.
<< Dovrò evitare di essere me stesso, insomma >> gli ha detto gaurdandolo storto. John si è trovato costretto a dover rispondere affermativamente a quegli occhi che migliorano di giorno in giorno, benchè la vista non sia ancora nitida.
Sherlock raggiunge con passo sicuro il banco dei testimoni, giura di dire la verità e si accomoda. Un brusio si leva dalla platea. Il pubblico lo indica col dito, parlotta di quanto gli sia successo, si chiede se sia davvero accaduto o sia solo una trovata pubblicitaria. Molti trovano impossibile sia riuscito davvero, benchè fosse cieco, a uscire incolume dai sotterranei dell’Opera Pia, portando in salvo persino un’agente gravemente ferita.
John vorrebbe urlare loro di stare zitti e che non sono degni di pronunciare il suo nome, né tantomeno di giudicarlo. Non conoscono il consulente investigativo, non sanno quanto ha sofferto e quanto ancora soffra, sebbene in silenzio, per questa condizione che forse resterà permanente. Persino Howard non è ottimista sulla possibilità che la sua vista torni nitida.
<< Potrà, però, migliorare la situazione mettendo gli occhiali. Infondo, ora è come fosse molto miope >> aveva detto il neurologo.
Sherlock aveva sorriso e annuito, ma John sa quanto l’idea di dover vivere schiavo degli occhiali lo butti giù. I suoi occhi hanno ritrovato l’eterocromia che li caratterizza, ma sono diventati più chiari di quanto già non fossero, segno del trauma ancora presente. Forse così resteranno per sempre, obbligandolo, seppure la vista dovesse ritornare ad essere quella di un tempo, a indossare perennemente gli occhiali scuri.
John ha temuto di vederlo crollare, nonostante il miglioramento evidente della vista. Ci sono ancora momenti in cui lo vedere perso a fissare il vuoto, assorto in chissà quali pensieri che nulla di buono promettono.
Il timore che possa decidere di fare qualcosa di terribile non lo ha ancora abbandonato. Ogni volta che lo lascia da solo per qualche ora, per andare a fare la spesa o semplicemente per concedersi un meritato sonno, teme di trovarlo senza vita. Proprio come era successo con Bryan.
Anche per questo John ha temuto l’arrivo del processo. I suoi occhi sono per Sherlock argomento molto sensibile, e sia la difesa che l’accusa punteranno molto su questi.
<< Ci può dire, signor Holmes, perché indossa quegli occhiali? >> gli chiede, infatti, l’avvocato dell’accusa, dopo le prime domande di circostanza sul suo ruolo in tutta la faccenda.
O’Neel ridacchia apertamente e John raggiungerebbe volentieri il banco degli imputati, giusto per assestare qualche pugno su quella faccia da schiaffi.
La risposta che Sherlock da, per fortuna risulta essere semplice, priva di fronzoli e chiara. Il consulente racconta il caso, ma l’avvocato continua a interromperlo facendogli domande più personali circa la sua convivenza con la disabilità visiva. John lo vede irritarsi e spera che si ricordi di quanto importante sia ai fini del processo la sua testimonianza e che desista dall’esplodere dinanzi alla corte.
Quando la parola passa alla difesa, John sente di aver già esaurito la sua dose di pazienza. Vorrebbe solo togliere se stesso e il suo uomo da quella situazione snervante e imbarazzante.
<< Come ha tenuto più volte a sottolineare il collega dell’accusa, lei, signor Holmes, oltre ad avere accusato il mio cliente, il signor Nathan O’Neel, di essere l’artefice delle esplosioni che si sono verificate a Londra nei mesi scorsi e delle due sventate da Scotland Yard due settimane fa’, lo accusa anche di averla accecata gettandole negli occhi della polvere urticante unita a benzina, durante il precedente tentativo di cattura >>.
<< E’ così, avvocato. Ho rischiato seriamente di restare cieco in modo permanente >>.
<< Come può, però, dal momento che non solo è rimasto cieco, ma ha anche perso la memoria dei giorni appena precedenti il fatto, essere sicuro che la persona che l’ha accecata sia la stessa che oggi siede qui al banco degli imputati >>.
<< Ho continuato a lavorare sul caso ricominciando da dove i miei ricordi si interrompevano. Questi poi col tempo sono ritornati, confermando quanto avevo nuovamente scoperto. Non ho bisogno della vista, bastano i fatti e le prove recuperate a dimostrare la colpevolezza del suo cliente >>.
<< Eppure il riconoscimento attraverso la vista è una prova fondamentale per l’accusa che lei muove al mio cliente >>.
<< Una persona la si può riconoscere anche attraverso gli altri sensi. Basta recuperarne la memoria sensoriale. Come potrebbero vivere, altrimenti, le persone non vedenti? >>.
<< Lei, però, è rimasto cieco a seguito di un incidente, non ha avuto il tempo di affinare gli altri sensi e costruire memorie sensoriali >>.
<< Il metodo investigativo di cui mi avvalgo ha alla base l’uso di tutti e cinque i sensi, oltre che il ragionamento logico deduttivo. Per portare avanti un’indagine è riduttivo basarsi sulla sola vista, benchè, purtroppo coloro che lavorano alla divisione investigativa si limitano troppo spesso a questa >>.
John chiude gli occhi e si prepara al peggio.
<< Lei vuole davvero farci credere, quindi, di essere in grado di riconoscere una persona usando olfatto ed udito e di essere così bravo da non sbagliare >>.
<< Non voglio farvelo credere. È così >>.
<< Mi perdoni, ma non le credo >> ridacchia l’avvocato dell’accusa.
<< Non mi aspetto apertura mentale, né accettazione da parte di chi, come lei, è solito correggere il primo caffè della giornata con della grappa >>.
Il pubblico ride e il giudice richiama tutti all’ordine. John scuote il capo sconsolato. Sapeva che Sherlock non avrebbe resistito e a dirla tutta non può dargli torto. Questo avvocato sarebbe capace di far perdere la pazienza ai santi, figuriamoci a uno come Sherlock che non figura neppure nella schiera dei beati.
<< Signor Holmes non mi sembra il caso di offendere chi esprime un parere contrario al suo >> dice il giudice e John si chiede se hanno da parte soldi a sufficienza per pagargli la cauzione, dal momento che si aspetta lo sbattano dentro per oltraggio alla corte.
<< Vostro onore, non era mia intenzione offendere. Ho solo dato una dimostrazione di quanto mi si accusa di inventare. Sono sicuro che se chiedesse a uno qualunque del pubblico di annusare l’alito dell’avvocato della difesa vi direbbe che persiste una consideravo fragranza di grappa unita a quella del caffè >>.
<< Questo non dimostra assolutamente nulla! >> sbotta l’avvocato. << Potrebbe avermi visto chiedere la correzione stamattina al bar del tribunale >>.
<< Quindi lei ammette di essere abituato a correggere con l’alcol il caffè già alle 8 del mattino? Pessima abitudine, avvocato >> scuote il capo Sherlock fomentando le risate e l’indignazione dei presenti. Il giudice li richiama all’ordine. << Le ricordo, poi, che per quanto siano trascorse tre settimane dall’arresto di O’Nell, i miei occhi sono ora in grado di vedere, certo, ma la mia vista non è ancora nitida. Se mi fossi affidato solo a questa lei sarebbe stato un’immagine sfocata tra le tante e nel trambusto che c’è nel bar di un tribunale al mattino presto avrei dovuto esserle molto vicino per sentire il sussurro da lei fatto al barista. Se aggiungiamo, poi, che non sono tipo da frequentare i bar e che sono arrivato direttamente in aula da casa mia, ritengo del tutto impossibile la sua ipotesi >>.
Il pubblico è in visibilio e il giudice batte forte il martello sul supporto per metterli a tacere. John porta una mano sugli occhi ormai rassegnato alla fine tragica del suo intervento.
<< Signor Holmes direi che può bastare >>.
<< Io non avrei neppure iniziato, vostro onore. È questo avvocato che si ostina a tentare di salvare chi non merita altro che di marcire in galera per il resto dei suo giorni >> ringhia voltandosi in direzione di O’Neel.
<< Io mi limito a fare il mio lavoro, signor Holmes. Lei, invece, è mosso esclusivamente dal livore personale per quanto le è successo >>.
<< Ammette, quindi, che è stato il suo cliente ad accecarmi? >>.
<< Basta, signor Holmes! Non sta conducendo un interrogatorio! È qui esclusivamente per rispondere con dei fatti >>.
<< Lo farei molto volentieri se mi fossero poste le giuste domande, vostro onore >>.
<< Provi ancora a insinuare di volerci insegnare il nostro lavoro e la faccio arrestare per oltraggio, signor Holmes >>.
Sherlock apre appena la bocca per ribattere, ma poi si ferma. John prende un sospiro di sollievo. Forse tutti i predicozzi di questi ultimi due giorni non sono caduti nel vuoto.
<< Avvocato della difesa ha altre domande per il teste? >>.
<< Nessun’altra domanda, vostro onore >>.
<< Bene. Signor Holmes, direi che può andare >>.
John sospira sollevato dalla fine di quel calvario. Sherlock si alza e con passo sicuro ma lento abbandona la sua postazione.
<< Il gioco non è finito, consulente investigativo >> ride O’Neel nel suo modo agghiacciante. << Ti brucerà il cuore e non ti resterà niente >> aggiunge, sordo ai richiami del giudice e del suo avvocato.
Sherlock si ferma, toglie gli occhiali scuri e volge gli occhi belli, ma ancora parzialmente velati, verso O’Neel.
Il silenzio cala come una coperta. Persino il dinamitardo si zittisce dinanzi agli occhi chiarissimi e al viso sul quale sono ancora presenti, seppure in via di guarigione, i segni della scottatura.
John scende veloce dal suo posto sugli spalti, deciso a trascinare via il suo uomo dalle minacce di quel pazzo. Lo raggiunge e gli posa la mano sulla spalla.
<< Andiamo via >> sussurra, ma Sherlock non gli da retta. Il suo sguardo gelido è puntato contro O’Neel e se questi occhi potessero uccidere del ragazzo non ne resterebbe che polvere.
<< Che ci provi. Mi troverà pronto ad accoglierlo con tutti i riguardi >> ribatte. John stringe la spalla di Sherlock ancora più forte. Il consulente inforca gli occhiali e finalmente si decide ad andare via da lì.
<< Sì, segui il tuo paparino >> ridacchia O’Neel, che il giudice richiama all’ordine senza, però, alcun risultato. Lo sentono ancora ridere mentre lasciano l’aula.
<< Ho bisogno del bagno >> dice Sherlock e insieme lo raggiungono. Il consulente si porta ai lavandini, ripone gli occhiali scuri nel taschino della giacca e bagna il viso con abbondante acqua fresca.
John non riesce a stare fermo. Le parole di O’Neel, le stesse pronunciate da Moriarty in quella maledetta piscina gli girano per la testa. In questi giorni ha volutamente evitato l’argomento, per quanto fosse importante, dal momento che lo  riguarda da vicino. Ora, però, controlla che tutti i cessi siano liberi e si avvicina al suo uomo che ancora massaggia il viso trovando sollievo nell’acqua fresca.
<< Sherlock, perché Moriarty ce l’ha con te? È delirio di onnipotenza? Desiderio di essere il più intelligente e perspicace, come la matrigna di Biancaneve che voleva essere la più bella? >>.
Sherlock ride portando avanti il massaggio.
<< Devo dire che hai scelto il luogo giusto per pormi finalmente queste domande sul suo conto >> dice, osservando la sua immagine riflessa nello specchio. Sospira e prende un tovagliolo di carta col quale terge il viso. << So, come ti ho già detto, che si è messo in testa di fare di tutto per separarci, ma cosa lo muova… non lo so John. Sulla risposta a questa domanda ci sto sbattendo la testa da quella sera alla piscina. Certo, per quanto ora i miei sensi siano più acuiti, il fatto che la vista ci stia mettendo un’eternità a tornare non mi aiuta >>.
<< Tornerà, Sherlock. Dalle tempo >> dice accarezzandogli la guancia umida. Sherlock si volta verso di lui e sprofonda tra le sue braccia.
John ha scoperto in queste settimane quanto questa sia la manifestazione d’affetto preferita dal suo uomo. Tra le sue braccia Sherlock si concede di abbandonare ogni tensione e affidarsi a lui totalmente. Ed è questa una cosa che riempie John d’orgoglio e commozione. Sapere di essere l’unico ad avere il privilegio di assaporare i suoi momenti di affetto e bisogno di cura.
<< E’ stato terribile, John >> sussurra, il viso affondato sulla sua spalla.
<< Lo so >> lo stringe a sè posandogli un bacio sulla fronte.
Sherlock raggiunge le sue labbra e vi posa un bacio leggero. Lo guarda poi con i suoi occhi chiari e bellissimi, carezzandogli lentamente la guancia.
<< Io non ti lascio, John >> lo rassicura baciandolo nuovamente. << Hai deciso di rimanere al mio fianco nonostante ora tu sappia il pericolo che corri. Non ho alcun motivo per allontanarmi da te. E ti do la mia parola che mai farò ciò che fece il tuo… amico sotto le armi >>.
John strabuzza gli occhi e fatica a prendere fiato.
<< Come… come fai a sapere di Bryan? >> gli chiede imbarazzato.
<< L’ho dedotto da come hai parlato di lui quando tutto questo ha avuto inizio e da come i miei momenti di sconforto ti spaventino. Vedi in loro l’ombra della morte e non ti nego che ci sono stati momenti in cui l’ho vista anche io. Ora non più, però >> lo rassicura con un altro bacio intenso. << La battaglia contro Moriarty è appena cominciata e io non potrei che combatterla con te al mio fianco, mio capitano >> sussurra posando la fronte contro quella di lui.
John lo stringe forte a sé. Non può fare a meno di sorridere sollevato, benchè Sherlock abbia appena parlato di battaglie e di pericolo. Nulla in confronto al timore di perderlo per sempre. Lui che è così importante.
<< Andiamo a casa, che ne dici? >>. Sherlock annuisce allontanandosi da lui con riluttanza. Inforca gli occhiali e si prepara a seguirlo, la mano sulla spalla, benchè ora sia perfettamente in grado di vedere dove mette i piedi.
Scendono le scale che dal tribunale li porta sulla strada e stanno per fermare un taxi quando una donna li chiama.
Sally Donovan li osserva sorretta dalle stampelle. La gamba destra ingessata fino a metà coscia le conferisce un’aria traballante e precaria. Muove quei pochi passi che li separa da loro dimostrando di essere diventata molto abile nel camminare con l’ausilio di quei bastoni.
<< Sally >> dice Sherlock andandole incontro.
John resta fermo al suo posto. Dopo lo stress della testimonianza tutto si aspettava tranne che trovare Donovan fuori dal tribunale. Questa li guarda seria, la fronte perennemente corrucciata. Porta il peso sulla gamba sana, appoggia la stampella al fianco e riavvia una ciocca della chioma riccia e ribelle dietro l’orecchio.
<< Il capo mi ha detto che i tuoi occhi stanno tornando piano alla vista >> dice faticando a guardarlo in faccia.
<< A me ha detto che ne hai ancora per due settimane >>.
<< Col gesso, sì. Poi ne avrò per un mese di fisioterapia, se va bene. Insomma, per un po’ non avrete il piacere della mia compagnia >> ridacchia nervosa. << Hai testimoniato contro quel pazzo dinamitardo? >>.
<< Sì. E tu domani sarai chiamata a testimoniare contro il commissario capo >>.
<< Non posso credere che davvero si sia fatto comprare da quel Moriarty >> scuote il capo sconsolata. << Ci siete voi dietro questa accusa, non è vero? >> chiede loro col solito tono aggressivo che a John non era per nulla mancato.
<< Lui si è messo nei guai con le sue mani. Noi ci siamo limitati a fare uno più uno e scoprire il suo gioco >> le dice mettendosi protettivo al fianco di Sherlock.
<< Allora ci credo >> dice l’agente lasciandoli senza parole. Sally li guarda appena. Toglie lo zainetto che ha sulle spalle e ne tira fuori un pacchetto di carta oleata tenuta stretta da uno spago.
<< In lavanderia hanno fatto del loro meglio affinchè tornasse come nuova >> dice a Sherlock porgendogli il pacchetto.
<< La mia giacca. Ti ringrazio >> le dice chinando appena il capo. Sally non sembra prendere bene il suo ringraziamento. Scuote il capo e quando gli si rivolge sembra essere furiosa.
<< Se tu davvero fossi il sociopatico che dici di essere non saresti tornato indietro. Quindi smettila, va bene? Smettila di prendere in giro la gente mentendo su chi sei >> la voce le trema appena.
<< A quanto vedo non sono l’unico che usa una maschera per proteggersi dai mali del mondo >> le dice abbozzando un sorriso. La ragazza scuote la testa e ride nervosa.
<< Tu e le  tue maledette deduzioni >> dice tra i denti.
<< Siamo custodi l’uno del segreto dell’altra, Sally. Io manterrò il tuo se tu sarai disposta a mantenere il mio >>.
<< E quale sarebbe il mio, sentiamo? >> domanda infastidita.
<< Anche tu hai bisogno di qualcuno che ti sostenga e ti incoraggi. Fare tutto da soli e dare l’idea di non aver bisogno di niente e nessuno alla lunga è sfiancante >>.
La ragazza impallidisce e distoglie lo sguardo dalle lenti scure del consulente. Una lacrima solitaria scende dai suoi occhi a rigarle il viso scuro. Annuisce piano trattenendo i singhiozzi.
<< Va bene, accetto >> dice porgendogli la mano. Sherlock scuote il capo dinanzi alla mano tesa. Consegna il pacchetto a John e copre la distanza che lo separa da lei per stringerla in un abbraccio. Sally, stupita, lascia andare le stampelle, che cadono per terra. Dopo un primo attimo di smarrimento risponde all’abbraccio. Un abbraccio lungo, intenso e commovente.
<< Se tu non mi dessi contro continuamente la mia copertura crollerebbe, Sally >> sussurra Sherlock. << Continua, quindi, a chiamarmi ‘freak’, a tentare di allontanarmi dalla scena del crimine e a fare scenate con Lestrade per avermi contattato >>.
<< E tu continua a permettermi di tenerti testa e di essere costretta ad accettare la tua presenza solo perché richiamata all’ordine >>.
Ridono entrambi e in modo goffo si dividono. John raccoglie le stampelle e le porge alla ragazza che per la prima volta da che si conoscono gli sorride.
<< Hai pescato un bell’esemplare, tienitelo stretto >> gli dice facendogli l’occhiolino. Si allontana da loro al ritmo delle stampelle.
<< Chi l’avrebbe mai detto >> sussurra John restituendo il pacchetto a Sherlock.
<< Le donne per me restano comunque incomprensibili >> dice Sherlock, posandogli la mano sulla spalla. << Andiamo a casa? >>.
<< Sì, andiamo a casa >>.
 
 
 
 
 
   
 
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