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Autore: killian44peeta    25/02/2019    0 recensioni
-No, non proprio. Non volevo essere baciato da lui. Volevo essere baciata da... te- questo avevo detto.
Mi si incise perfettamente nella mente l'espressione di Diana in quei secondi che passavano a rilento, come se qualcuno avesse rallentato ogni singola cosa fino a farla diventare di troppo.
Non riuscivo a distogliermela dalla testa, non a cancellarla neppure di un minimo, non a rilasciare la tensione che questa mi scatenava inesorabilmente.
Era rimasta tra lo shock e il paralizzato, un espressione che mi aveva stretto lo stomaco e mi aveva portato un dolore immenso al petto, come se mi avessero tirato un calcio pesante e intenso proprio in quello stramaledetto punto.
"Tanto lo sapevo" mi ero detta, pregando che i miei occhi non iniziassero a bruciare come folli, stringendo i pugni "Lo sapevo che non mi avrebbe degnata di una sola, vera attenzione"
"Lei non è come me. Non lo è mai stata... E a dimostrarlo è la sua faccia"
-Penso che non dovremmo essere più amiche- avevo quindi continuato, sentendo l'insulso desiderio di scoppiare in lacrime, sapendo perfettamente che mi sarei allontanata da lei.
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli Elementi- saga'
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Lilhian

Pulire le latrine non era mai stato così difficile.

Le bambine parevano affaticarsi ogni tre per due e il ragazzo dai capelli viola non sembrava voler lavorare molto, rifugiandosi spesso negli angoli, quasi a contemplare i muri, dondolandosi costantemente, con i secchi che buttavano fuori acqua da tutte le parti ad ogni movimento che faceva.

Alzavo gli occhi al cielo dall'irritazione cosí spesso che non mi sembrava di poter fare altro a momenti, ma nonostante tutto, non gli dicevo nulla.

Era mezzo matto e per qualche strano motivo sentivo che, anche se avessi soltanto provato a protestare, ogni tentativo sarebbe stato più che vano, con una quantità di ascolto sotto lo zero.

Difatti, neanche nel giro di tre minuti contati, si mise a parlare da solo dicendo cose parecchio inquietanti di cui avrei fatto a meno, partendo a canticchiare.

- Uccello in gabbia, morte sicura.
Non aver timore, non aver paura.
Uccello che vola, le fauci di una bestia lo ferman'e lo ingoian~.
Sogni liberi spariscono, più non tornan~.
Chi si prende un ala, l'altra ruberà, trascinando il cadavere nella fossa.
Suvvia, suvvia, dì addio alle tue ossa.
L'animale la carne ti spolpa, la sottopelle seppellisce nella terra...
Il sangue cola, il rosso macchia mentre il demone gli attacchi sferra-

La cantilena continuava, raccapricciante, mentre il ragazzo dai capelli viola, ogni tanto, ridacchiava, agitandosi con scatti abbastanza inquietanti a destra e manca, muovendosi come un pendolo.

Sì, decisamente quel ragazzo era ben poco affabile e questo diminuiva ancora più che in precedenza la voglia che fosse a 'collaborare' per questo lavoro.

Mi avvicinai, anche senza accorgermene seriamente, alla ragazza corvina, l'unica che lavorava per tutto il tempo, costantemente e che pareva parecchio assorta in esso, facendolo soltanto per via del pulire generale.

Un ricciolo nero le era appiccicato alla fronte sudata e gli occhi tra nero e grigio fissavano con decisione le pareti da sciacquare.

Per istinto, mi venne da parlarle, non volendo ascoltare altro della canzone del Teschio29.

-Ciao- la salutai, continuando a strofinare le pareti nel punto a cui mi ero dedicata, vedendola con la coda dell'occhio che si girava leggermente a guardarmi, tornando sul lavoro.

-Ciao a te- rispose al saluto, agitando leggermente la testa con un che di affermativo e di composto.

-Come ti chiami?- continuai abbastanza tranquilla, piegandomi sulle gambe e cominciando ad usare olio di gomito per fare anche le parti più in basso, nonostante fossero disgustose e risultassero le più sporche in generale.

-Lilíh Crew- fece una pausa, come se stesse studiando il proprio stesso cognome - E tu?-

-Lilhian- asserii - Lilhian Meyer-

-I nostri nomi sono molto simili- commentò lei, piegandosi a sua volta, lavorando nell'angolo dove sorgeva il legno a dividere i vari scompartimenti del bagno con le turche sporche da schifo.

C'era sempre qualcuno che si divertiva a lasciare la  sezione usata in maniera disgustosa, oppure era per causa maggiore, siccome davano una particolare quantità di tempo nei bagni.

Se ci mettevi troppo ti tiravano fuori con la forza, ancora sporco e ti buttavano nella vasca per evitare eventuali cattivi odori di troppo, ma questo avveniva sotto lo sguardo di tutti e non finiva quasi mai bene.

O venivano prelevate quasi subito le persone così, o venivano soffocate sott'acqua in quel bagno particolarmente lungo, rendendo quella sorta di tinozza enorme inutile per circa tre giorni di fila, rendendo il clima ben poco piacevole tra paura e un cadavere che sarebbe stato scaricato a breve.

-Già- concordai in poco tempo, dopo aver rimuginato rapidamente sui vari pensieri, provocando un ennesimo silenzio in cui si sentiva solo la voce del ragazzo che aveva preso a dire cose sempre meno sensate, portando me stessa a riscuotermi da  quello zittirmi improvviso - Le due bambine sono...?-

-Si chiamano Giocelyn e Phoebe-

-Sono figlie tue?- feci, per certi versi, a bruciapelo.

La vidi arrossire di colpo e iniziare a tossire senza tregua, scuotendo il capo, cosa che mi fece ridere leggermente e sussurrare uno -Scusa, ho detto una stupidata-

Si riprese in un paio di minuti, prendendo un grosso respiro -Sono le mie sorelle minori, nostra madre e nostro padre sono morti da tempo-

-E allora come avete...- non riuscii a completare la frase che lei mi rispose praticamente subito.

-Fatto a sopravvivere fino al punto in cui siamo finite qui? Ho chiesto un permesso speciale per lavorare a dieci anni-

-Te lo permettevano davvero?-

-Piuttosto di avere altri orfani da mantenere in una casa famiglia o  in un vero e proprio orfanotrofio? Ovviamente-

-E che lavoro hai fatto?-

-Ero l'aiutante di una sarta. Non mi piaceva, ma almeno portavo qualcosa a casa-

-E... Chi sarebbe 'fratellone Scorpius'?- chiesi, riprendendo le stesse due parole precise che una delle due sorelline più piccole aveva detto, guardandola con incertezza.

Lei prese a guardarsi fisso i piedi, probabilmente imbarazzata e io sentii una sorta di crampo allo stomaco, anche se non seppi definirne la ragione.

-Era un amico. Ci veniva a trovare spesso per fare compagnia alle bambine, a Giocelyn e Phoebe piaceva tanto... Riusciva sempre a farci  tornare il sorriso, anche quando era una giornata di magre soddisfazioni, lui c'era. Era davvero gentile -

-Lo amavi?-

-N-No! Era solo un amico!...- si strinse ancora di più su se stessa, smettendo di pulire, arrossendo a dismisura - Era davvero solo un amico! E poi anche se fosse stato così, anche se mi fosse piaciuto per davvero, era impossibile che lui mi ricambiasse in ogni caso-

-Per quale motivo?-

- Perché lui è alla ricerca di qualcuno di particolare, qualcuno che sconvolga la sua vita. E quel qualcuno non sono io-

Annuii, rimanendo in silenzio, mordendomi il labbro inferiore, chiedendomi come non avesse fatto a venire stravolto da un viso simile.

Era così carina e dolce, pensava sempre alle sorelle e non sembrava una che avrebbe mai tradito la tua fiducia.

Mi resi conto che, come descrizione mentale era spiccicata a Diana e sentii un crampo occuparmi lo stomaco.

"Basta. Devo smettere di pensare a lei, devo aprire una nuova pagina"

-Ho un altra domanda, poi ti lascerò in pace- dissi, lanciando un occhiata alle due bambine che, in contemporanea sbadigliarono appena per la probabile stanchezza, facendo lacrimare gli occhi ad entrambe.

Lilíh rise leggermente, con un che di davvero dolce e gli occhi che sembravano, in maniera vaga, più illuminati -Non mi stai dando fastidio, non come magari pensi tu... Però va bene, chiedi pure la tua ultima domanda-

E guardandola fissa negli occhi, non potei sentirmi più tranquilla, forse perché mi sembravano già più vivaci, anche se, per certi versi, mi rimandavano nella testa sempre lo stesso colore di occhi abbastanza preciso, inciso nella mia testa, che mi costrinsi a cacciare frettolosamente.

"Devi girare pagina, nulla di più, nulla di meno"

Presi un respiro, voltando anche il corpo completamente in sua direzione, prendendo una mano della ragazza, la quale aggrottò la fronte, improvvisamente preoccupata mentre assottigliavo lo sguardo, rimanendo in silenzio a fissarla con intensità, facendola probabilmente sentire pienamente a disagio.

-Come fai a distinguere le gemelle? Sono identiche!-

Lei rimase a bocca aperta, lo sguardo assolutamente stralunato e confuso di chi si sarebbe aspettato di tutto.

Rimase così per un po', mettendosi, in seguito, a ridere fragorosamente, quasi senza respirare, diventando sempre di più tendente al colore di un pomodoro in faccia, portandosi le mani al volto, mollando completamente la spugna.

-É vero- insistetti io, cercando di non ridere a mia volta, vedendo le due gemelle avvicinarsi alla sorella, cercando di comprendere lo scoppio improvviso, quasi avessero preso un abbaglio o che fosse un miracolo.

-Sono così identiche che sinceramente non capisco come tu le distingua!-

-Veramente siamo molto diverse, vero Phoebe?- rispose la prima, prendendo ad agitare la testa con frequenza e decisione.

-Mmh, mmmh- mugugnò la seconda -Sì veramente non capiamo dove ci vedete uguali-

-Siamo diverse, sì, sì! Io sono più alta di lei di un centimetro!-

-E lei, lei ha gli occhi meno grigi dei miei-

- Basta essere con noi per dieci mincondi per capirlo-

-Vorrai dire secondi- corresse subito Phoebe

- È la stessa cosa- ribatté Giocelyn facendo la linguaccia alla prima, portandole quindi a bisticciare animatamente.

Nel frattempo Lilíh aveva smesso di ridere, ma sorrideva in una maniera tale che mi fece percepire i brividi lungo la schiena, portandomi a ricambiare con tutta me stessa.

Riprendemmo a lavorare con buon ritmo in poco tempo, tempo in cui io e la corvina ci scambiammo sguardi che non avrei potuto definire se non in una maniera soltanto.

Mi stavo prendendo una cotta per lei, mi piaceva fin troppo per risultare un amica normale e ogni attimo che passava mi aumentava la convinzione che fosse così.

L'unico dilemma era che eravamo in un posto ben poco consigliabile per iniziare una qualsiasi relazione e in ogni caso non sapevo se fosse anche solo possibile la probabilità che arrivasse a ricambiarmi.

Come se non bastasse c'era il fatto che eravamo in due celle completamente diverse e che quindi non avrei potuto vederla con alta facilità, se non con delle sbarre a dividerci o in questo genere di occasione.

Beh, di certo non potevo chiedere loro di offrirsi per i turni successivi.

A quanto pareva, il fato non era buono con me.

  
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