Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: whiteyourself    20/07/2009    1 recensioni
Riposto una delle prime storie che avevo scritto, su richiesta di Malvina {non immagini che piacere mi ha fatto sapere che ti era piaciuta, non ho potuto risponderti perchè non mi avevi lasciato nessuna mail..!}. Sul numero uno, il migliore, Severus Snape, ispirazione da uno dei grandi amore della mia vita, Ludwig van Beethoven.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

o.6 __ I won’t leave you, you know


“L’amore mi ha insegnato a vivere; la morte mi insegnerà ad amare”

 

La primavera li trovò vicini,abbracciati, insieme ad amarsi; lui completamente rinato, ringiovanito, uno sconosciuto agli occhi di chi conosceva il tetro e chiuso in se stesso Severus Piton; lei, felice, sì, ma sempre più magra, sempre più piccola, sempre più fragile..
Come un ombra dietro di lei si intravedeva il tarlo che la stava rodendo; per quanto Piton si sforzasse, insieme a Madama Chips, per quanto volgessero ogni loro capacità alla ricerca di una cura, ogni volta che sembravano essere giunti a un risultato, esso non la guariva completamente.
Magari la faceva sentire meglio, magari alleviava il suo dolore temporaneamente, ma a distanza di pochi giorni Blanc si sentiva male di nuovo, e febbrilmente Piton cercava fra tutti i più antichi e rari libri di Pozioni una soluzione, invano.
Tuttavia non poteva impedirsi di essere felice; a volte si odiava, per questo, si faceva disgusto, quando la vedeva distesa su quel solito lettino, con l’aria rassegnata, che gli diceva di non preoccuparsi, che lo rassicurava, quasi fosse lui quello che avesse bisogno di essere consolato, quasi fosse lui quello che rischiava di morire in un modo così ingiusto.
Ma era più forte di lui; al suo fianco non poteva fare a meno di ricercare la serenità in ogni giorno, riscopriva le sue passioni e gustava al massimo ogni secondo della sua nuova esistenza.
Erano sempre insieme; Severus andava a prenderla fuori dalle aule, anche solo per parlare con lei per cinque minuti, e al termine delle lezioni passavano insieme il tempo in giardino, lei fra le sue braccia ad accarezzargli i capelli, all’ombra del grande faggio, oppure in Sala Grande a suonare insieme, oppure uno per l’altra, o la aiutava a studiare, o per meglio dire la contemplava silenziosamente mentre leggeva pagine e pagine di libri polverosi, pensando a quanto fosse bella..
La notte lei sgattaiolava fuori dalla sua stanzetta e sempre  a ore diverse irrompeva ridendo nel suo studio, gli buttava le braccia al collo e lo baciava.
E ogni volta lui non poteva fare a meno di ridere con lei, e di risentirsi completo guardandola negli occhi; e stavano semplicemente insieme, una notte sulla sua poltrona scaldati dal fuoco, un’ altra distesi nel suo letto, un’altra ancora lei seduta sulla sua scrivania a osservarlo mentre correggeva i compiti, e lui invariabilmente alzava lo sguardo e sorrideva incontrando gli occhi azzurri che più amava.
Potevano passare le ore a guardarsi in silenzio negli occhi; o potevano passare le ore a raccontarsi ogni cosa di se stessi, a fare lunghi discorsi profondi, a ricordare il passato; ma non parlavano mai di un futuro, sembrava troppo lontano, e loro preferivano stare a viversi secondo dopo secondo.
Blanc gli aveva raccontato molte cose della sua infanzia; il rapporto che aveva con il fratello, quello totalmente differente, per non dire inesistente, con i genitori, le emozioni che provava quando si metteva al pianoforte, quel suo dono così strano di manipolare le persone; e cosa strana, Severus si sentiva raccontare di quando era bambino lui, le sue esperienze, i suoi ricordi, la sua famiglia, la sua musica.
Lui, che mai si era aperto a persona alcuna, con lei non aveva segreti, non riusciva ad impedire alla sua anima di nascondere alcunché alla sua gemella.
Una notte, come al solito baciati dalla luna, si trovavano sul letto di lui, nudi, distesi su un fianco a guardarsi in faccia; e Piton la guardò, e in mezzo al silenzio chiese “Perché mi ami?”
Lei spalancò gli occhi; e rispose “Non lo so, non so quando, né perché, né da dove..”
E lui la continuò a guardare assorto, allungando una mano per sfiorarle una guancia; “Ho scritto una poesia”
“Davvero?”
“Sì. Ma non l’ho finita.. Un giorno la finiremo insieme, Blanc.”
“Certo Severus..”
E sorrise; stancamente, ma con quella sua grandezza infinita, quella sua eterea irraggiungibilità onnipresente.
Perché Blanc era così; era tutto ed era niente, una persona sola, così piccola, così fragile, e al contempo l’aveva ricostruito da zero, aveva tirato fuori da lui ciò che vi era sin dalla nascita, senza che nemmeno lui lo sapesse. Non si può dire che Blanc l’avesse cambiato; Blanc l’aveva fatto diventare sé stesso.
A questo pensava Severus Piton mentre Blanc gli si stringeva contro e sospirando chiudeva gli occhi, quasi si stesse addormentando; ma dopo poco sussurrò :”Severus?”
“Si?”
“Non ti lascerò mai, tu lo sai. Sono parte di te, come tu lo sei di me”
Sorpreso, Piton abbassò gli occhi per guardarla; teneva gli occhi chiusi, la testa nell’incavo fra la sua spalla e il suo collo, e aveva un’ aria serena, rilassata.
“Ma che discorsi..”
“Severus, tu lo sai..”
Sì, Severus Piton sapeva cosa stava dicendo.. E non sapeva cosa rispondere; dentro sé sapeva che era vero, che lei come era stata dentro lui, sempre, lo sarebbe stata anche nel futuro che probabilmente non avrebbe mai avuto. Ma allo stesso tempo l’idea di perderla un’ altra volta lo uccideva, gli pareva impensabile..
“Si, lo so,lo so, amore mio.. Non ti preoccupare, dormi, vedrai, io veglierò su di te”
“..ti amo, Severus..”
Era la prima volta che glielo diceva direttamente; le parole fra loro, riguardo al sentimento che li univa, non erano necessarie; il cuore di Piton mancò un colpo, e una lacrima gli solcò una guancia.
“Anch’io ti amo, Blanc..”
E lei sorrise; e si addormentò, silenziosamente.
Dopo poco l’uomo si alzò e come ogni sera andò a prendere un altro libro, per  cercare una risposta, una soluzione; e alla debole luce della luna sopra di loro leggeva pagine e pagine;e poi gli venne l’ispirazione, e prese una pergamena vecchia e ingiallita, dove c’erano già scritte alcune parole,poi evocò una piuma con la bacchetta e aggiunse righe e righe in una calligrafia stretta e sinuosa;  finito di scrivere, rilesse un attimo il tutto,e  soddisfatto finalmente  appoggiò il capo su quello della ragazza stretta al suo fianco, e si addormentò insieme a lei.

Il mattino seguente lo svegliò lei, e si recarono a colazione, sotto lo sguardo volutamente indifferente degli altri studenti; Blanc quel giorno aveva gli occhi leggermente più spenti del solito, i riflessi più lenti, una certa debolezza generale; ormai abituato alla sua malattia, Severus la cingeva con un braccio per darle forza, e la baciò sorridendo e coccolandola un po’;poi, mentre bevevano chiacchierando un caffè, discutendo delle lezioni di quel giorno della Sanve, Silente si avvicinò e sporgendosi su di lui disse :” ciao, Blanc ,Severus, scusa se ti interrompo;  Madama Chips mi ha detto di chiederti di andare a prendere queste erbe, le servono per una Pozione che sta preparando, lo faresti?”
L’insegnante di Pozioni dette una rapida scorsa alla lista, niente di impegnativo, poteva facilmente trovare tutto nella Foresta Proibita; “Certo signor Preside, ci andrò questa mattina stessa”
Sorridendo ed annuendo, Silente si allontanò per tornare al tavolo degli insegnanti; “Mi ci vorranno al massimo due ore, giusto in tempo per venire a prenderti alla fine dell’ ora di Erbologia; aspettami fuori dalla Serra, va bene?” disse rivolgendosi verso Blanc.
Questa guardava un punto fuori dalla finestra; “Guarda, si vede ancora la luna stamattina..E sta per piovere.. Farai fatica a trovare quelle erbe, Severus..”
Un po’ perplesso, questo rispose: “Non ti preoccupare, ci metterò poco; ci vediamo più tardi, devo leggerti una cosa, fra l’altro..”
Detto ciò, si alzò, evocò il suo mantello e si incamminò per uscire dalla Sala; “Severus”
La sua voce lo chiamò da dietro; l’uomo si voltò, e Blanc corse verso di lui, e lo baciò, delicatamente, come sapevano fare loro, imprimendo in quel casto bacio tutto l’ amore di cui erano capaci.
“Ricorda, sono parte di te; e ricorda, ti amo, ti amerò per sempre..”
Blanc sembrava disperata, continuava a guardare fuori dalla finestra per poi tornare a fissarlo intensamente negli occhi :”Stai tranquilla, tornerò presto, davvero”
 Perplesso ma rassicurante, Piton la baciò un'altra volta, le passò una mano fra i capelli e uscì dal castello.
Blanc aveva ragione; una piccola mezzaluna ancora resisteva, quella mattina, fra le nubi bianche che coprivano il castello; era passata circa un’ora, e Severus aveva quasi terminato di raccogliere le erbe per Madama Chips, quando cominciarono a cadere le prime gocce di pioggia.
Contrariato, l’uomo borbottò “Impervio” e si sbrigò a trovare l’ultima erba mancante, desideroso di tornare al caldo, asciutto castello; poi un tuono, ed un fulmine spezzarono la penombra ed il silenzio, e la luna restava lì, sparendo lentamente dietro a una nuvola particolarmente grossa.
Quando Piton trovò l’ultima erba pioveva ormai a dirotto; velocemente si recò all’entrata del castello, e stava mettendo un piede dentro quando la figura di Madama Chips gli venne incontro, pallida e tremante “Severus, oh, Severus, meno male che sei tornato”
“Chips. Cosa succede?” Disse allarmato Piton; non era abitudine dell’infermiera agitarsi così.
Bastò una parola “Blanc”; e Severus capì.
Non disse nulla; si fermò, come si fermò tutto il mondo intorno a lui; non sentì più le parole della donna di fronte a lui, non sentì i singhiozzi di Silente, non vide i ragazzi abbracciarsi per darsi forza; sentiva solo la pioggia battere contro le finestre, vedeva solo la luna sparita, e il corpo di Blanc che dalle braccia di Silente  passava in una tomba bianca, e pensava solo a quanto sembrava piccola e indifesa, lì dentro.
Non piangeva nemmeno.
Era uno spettatore indifferente, indifferente al discorso di Silente che diceva come fosse una grande perdita, una strega brillante, come quella malattia ingiusta l’avesse strappata loro; non vedeva i ragazzi buttare delle rose nere sulla tomba, chiusa, non sentiva gli altri insegnanti che dicevano come fosse malata da tempo, come si sapesse che un giorno sarebbe andata così; sentiva solo una cosa nelle sue orecchie, sentiva la Sonata al Chiaro di Luna che lei aveva suonato il giorno in cui si erano visti la prima volta, la sentiva come se lei fosse ancora lì al suo fianco.
Sembrarono passare ore, o forse erano secondi, o forse erano anni, o forse secoli; si allontanarono tutti, Silente passò al suo fianco e il volto ancora inondato di lacrime gli battè una mano sulla spalla e gli disse “So quanto le eri affezionato, Severus, lo eravamo tutti..”
Severus Piton rimase lì, in piedi, in maniche di camicia, di fronte alla tomba della persona che aveva più amato in tutta la sua vita; e quando fu solo, si avvinò silenziosamente alla superficie bianca, si tolse di tasca una pergamena vecchia e ingiallita, e sussurrando disse:” Dovevamo finirla insieme, ma l’ho finita io..per tutti e due..”
Spiegò il pezzo di carta, e lesse:

Ti amo,
Non so quando
Né perché
Né da dove

Ti amo,
In modo semplice,
Diretto,
Senza orgoglio,
perché è l’unico modo in cui so amarti.

Ti amo,
così vicino,
che la mia mano,
calda,
sul mio petto,
è anche la tua.

Così vicino,
che si chiudono anche i tuoi occhi
quando mi addormento



E sulle ultime parole, permettè a due lacrime di spezzargli le guance; e singhiozzando si buttò sul coperchio, mormorando “Perdonami, amore mio, perdonami..”
Appoggiò lì la sua poesia; la lasciò lì per lei, e lentamente, sfiorando un ultima volta la bara bianca, si allontanò, gli occhi offuscati di lacrime, il cuore, il corpo, l’anima, la mente, spezzati, spezzati per sempre.
E andò in Sala Grande; si mise al pianoforte, e suonò un pezzo che aveva suonato, una volta, da giovane, in malo modo, con le note perfette, ma senza comunicare nulla; ora lo suonò, suonò come lo suonava lei, la sua Blanc, imprimendo nelle dita ogni fibra del suo essere; suonò la Sonata al Chiaro di Luna, un’ ultima volta.
Poi salì nella sua stanza, nella stanza che era stata di lei; non vi era mai stato, e si sorprese nel vedere una loro foto, scattata di nascosto da qualche amica, mentre sorridevano abbracciati, in riva al lago; e sorrise ripensando a come si sentiva in quel momento.
Poi si sedette sul bordo della finestrella da cui vedeva la pioggia cadere, e cadere, e cadere, come cadeva lui, passo dopo passo, violentemente, a terra, senza freni, senza confini, senza di lei.
Si sedette; chiuse gli occhi, e si lasciò andare all’indietro.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: whiteyourself