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Autore: milly92    10/03/2019    1 recensioni
“Io sono Alice, piacere. La mediatrice culturale”.
“La che?”.
Offesa, feci una smorfia: il mio era un mestiere come tanti, non di certo uno di quelli super fighi con il titolo tradotto in inglese giusto per sembrare ancora più irraggiungibili.
“La me-dia-tri-ce culturale” rispiegai pazientemente.
“Ah, mediatrice! A causa del viaggio sto così fuso che avevo capito meretrice, ecco perché ero confuso” ridacchiò, con un palese accento romano. “Salvatore, comunque. Piacere. Faccio questo mestiere da cinque anni e non ho mai sentito parlare di una mediatrice nel team!”.
“E’ un’eccezione, oltre agli inglesi ci sono gli spagnoli e l’azienda aveva bisogno di una traduttrice. Diciamo che è un esperimento... Scusami comunque, mi sono bloccata nel bel mezzo della strada perché ho appena ricordato di aver dimenticato l’adattore e il mio cellulare è appena morto”.
“Azzò, sei perspicace, Alice la Mediatrice. Spero non dimentichi le traduzioni delle parole così come dimentichi le cose essenziali”.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Days 15- 18: Quello che succede a Galway non resta a Galway
Capitolo 12
Days 15- 18: Quello che succede a Galway non resta a Galway
Non mi svegliavo così felice ed entusiasta dal giorno in cui era arrivata Nadia, tanto da non badare alle scarse cinque ore di sonno e al fastidioso verso dei gabbiani che ormai era una componente fissa della mia routine.
Sapevo di dovermi calmare, essere razionale, eppure non riuscivo a non essere emozionata, incredula e felice per gli avvenimenti che avevano avuto luogo la sera prima.
Ero felice dopo non so quanti mesi, non volevo farmi illusioni ma il solo fatto di avere un'intesa con qualcuno dopo il mio ex mi sembrava magnifico, una sorta di miracolo che non credevo possibile dopo i mesi orribili che avevo trascorso.
Sbadigliando, mi misi a sedere e guardai una foto scattata la sera prima, dopo la riunione, in cui io e Maurizio sorridevamo, radiosi.
C'erano mille punti che avrei potuto criticare, i miei brufoli, le occhiaie, ma non m'importava perché non sorridevo così da tempo e mi era mancata quella sensazione di libertà di poter scegliere qualcuno e credere in qualcosa.
"Cazzo, sono le sette meno venti!" urlai quando mi resi conto del tempo perso sotto quelle calde coperte.
Mi alzai e mi fiondai sotto la doccia, per poi premurarmi di coprire almeno quei brufoli con un trucco giornaliero e rapido visto che per le sette e dieci Saverio mi aspettava in cucina.
Uscii dalla stanza e andai in cucina con passo rapido visto che ero in ritardo ma vi trovai già il coordinatore seduto lì con due espresso del bar sul tavolo.
"Buongiornissimo, Alice! Avevamo finito il caffé così ho rimediato" spiegò. Sembrava decisamente allegro, come lo era stato ieri alla fine della riunione.
"Grazie! Siamo di ottimo umore, vedo, sei felice per il nuovo staff esplosivo?" lo presi in giro, prendendo posto al suo fianco.
Tralasciando gli avvenimenti personali, il primo giorno di un nuovo inizio era sempre stranamente emozionante perché le carte si rimescolavano, tutto poteva succedere e la curiosità circa il futuro imminente riempiva numerosi scenari nella nostra mente.
"No. Sono felice per due membri del vecchio staff che ieri sono tornati dal supermarket radiosi e non si sono separati un attimo" mi rimbeccò, facendo l'occhiolino con l'aria di chi la sapeva lunga.
Vedendomi senza parole e probabilmente arrossita, lui mi guardò con serietà obbligandomi a guardarlo in faccia.
"Era da marzo che non ti vedevo così, Ali, fidati sei... Diversa. Fidati di me" esclamò, sorridendomi con aria quasi paterna. "Non voglio che tu mi dica nulla, solo di provare a continuare a stare così" continuò, deciso.
L'anno prima aveva scoperto gli altarini in un modo poco carino, proprio come io avevo scoperto la sua relazione per caso e quella volta, pur sapendo che si trattasse di una cosa ancora indefinita, non volevo far ripetere la situazione.
"E se io volessi dirti qualcosa...?" domandai, stupendolo non poco visto che evidentemente si aspettava il mio silenzio stampa.
"Ti ascolterei con grande partecipazione" rispose, incredulo, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
Risi di cuore e bevvi il caffè, scrollando le spalle.
"Ieri pomeriggio ci siamo chiariti ulteriormente e io gli ho fatto capire che non deve essere sempre timoroso di agire... Ieri sera, quando siamo usciti, mi ha baciato e poi mi ha comprato dei cioccolatini al supermercato" mi confidai, ancora incredula nel dire ad alta voce ciò che era successo.
"Mi piace questo tipo, Ali. Non lo so, lo percepisco, sembra fatto proprio per te, tu hai bisogno di qualcuno che ti dia sicurezze ma allo stesso tempo ti lasci essere indipendente e lui mi sembra così. Sono felice, spero che le cose possano evolversi".
"Lo vorrei tanto... So quali errori non devo commettere ora e ne sono felice, inoltre so che comunque vada ho fatto dei grandi passi avanti e ne sono felice. Le vacanze studio sono terapeutiche" ironizzai.
"Lo dici a me? Ho comprato un anello di fidanzamento quando un anno fa il massimo della mia vita era una bella maratona di BoJack Horseman con tanto di Pringles alla cipolla, tanto a nessuno fregava del mio alito".
Udendo quell'affermazione mi illuminai, ricordando un particolare che avevo rimosso, presa com'ero dalla mia vita al momento.
"Giusto! Ma... Insomma, ti ho fatto venire Nadia e non le hai fatto la proposta?" lo rimproverai, ricordando tutte le aspettative che avevo avuto nell'arrivo della mia amica una volta sapute le intenzioni del suo ragazzo.
"No. Sarebbe stato banale, non credi? Saprò io il momento giusto e sarà perfetto" disse, deciso al massimo.
In cuor mio immaginavo quel momento con gioia e non vedevo l'ora che la cosa si verificasse, sia per vederli felici e innamorati come non mai, pronti per un futuro migliore insieme, sia per essere un po' la zia dei loro eventuali figli.
Già per me quella coppia era una famiglia, poi se avessero avuto dei bambini mi sarei sentita legittimata a viziarli come se fossero dei nipotini.
"Confido in te ma ti do' tempo entro la fine dell'anno. La mia amica merita di sapere tutto".
"Lo so meglio di te, scema. Dai, muoviamoci, ricorda di comprare il caffè...".
"Potresti rimandarmi al supermercato con Maurizio" lo presi in giro, gaia come lo ero stata poche volte negli ultimi tempi.
"Non te ne approfittare!".


Come un film che si ripete, ci fu la prima riunione con lo staff, la firma dei contratti e la distribuzione delle magliette, cosa che confermò le peculiarità dello staff.
Toni annuiva ad ogni parola senza dire nulla, Alba parlava a raffica e compensava il suo silenzio, gli altri si guardavano un po' intimoriti, la dottoressa appena poteva cacciava uno dei libri per un concorso imminente e sperava di non avere casi gravi da gestire.
Finito il discorso di presentazione di Saverio, feci segno a Maurizio di seguirmi in ufficio e fu con grande soddisfazione che aprii la finestra e respirai aria fresca dopo l'atmosfera chiusa dell'altro ufficio.
Presi i cioccolatini che lui mi aveva regalato la sera prima e li appoggiai sulla tavola con un mezzo sorriso.
"Sono ancora qui? Fossi in te li avrei finiti già" osservò.
Percepivo una grande tensione tra noi, era come se, seppur memori di ciò che era successo, ci sentivamo comunque indecisi sul da farsi, come due adolescenti timorosi di aver solo sognato quel bacio della sera prima.
"Ehi! Te li ho lasciati per addolcire la tua giornata e non lo apprezzi nemmeno?" esclamai, prendendone uno per ripicca e poi ficcandomelo in bocca con grande entusiasmo.
Probabilmente ero molto goffa perché rise e poi mi si avvicinò con cautela, quasi incerto.
"La mia giornata è già addolcita" sussurrò, lasciandomi un bacio su una guancia, per poi sospirare sul mio collo. "Alice, collabora, allontanati, sii un po' più antipatica, mi rendi tutto così... Difficile".
Rabbrividii e, ancora alzata, mi ancorai a lui, cingendogli i fianchi e chiudendo gli occhi. "A me ora sembra tutto più facile" dissi semplicemente.
Senza premeditarlo, ognuno cercò le labbra dell'altro, finendo stretti contro la parete ai lati della finestra.
Il suo modo di baciarmi era un qualcosa di unico, sembrava si sforzasse di comunicarmi quanto avesse voglia di tenermi lì, stretta contro di lui, con le mani che mi stringevano il viso come per non farmi scappare via.
Mi sfiorava la bocca con dolcezza per poi mordicchiarmi il labbro inferiore in un modo che onestamente mi mandava in tilt, mentre io appoggiavo le mani sul suo petto e provavo a conoscere un po' meglio quel corpo a me sconosciuto, un corpo su cui avrei fatto volentieri affidamento nei momenti più bui.
Risposi al bacio con grande passione, fino a che non mi ritrovai sulla scrivania, con le gambe attorcigliate contro il suo bacino.
"Dovremmo...".
"Sì...".
"Cosa?".
"Ma che ne so, Ali...".
Toc toc.
Non so cosa sarebbe successo se Jimena non avesse bussato alla porta, fatto sta che gettai Maurizio nel piccolo bagno dell'ufficio, mi sistemai subito dietro la scrivania e le dissi di entrare, cercando di non risultare paonazza e di respirare normalmente.
Da quell'episodio, però, le cose sembrarono andare con più calma, in un modo che non saprei descrivere precisamente ma che mi tranquillizzò molto considerando che non volevo perdere il senno e andarci piano, essere cosciente e capire la situazione.
Io ero sulle mie, decisa ad andarci piano e con calma per squadrare la situazione e lui sembrava dello stesso avviso, tanto da preparare una sorta di primo appuntamento carinissimo quando ci ritrovammo a Galway, quella domenica, dopo un'inversione di gite dovute alla mancanza di disponibilità dei pullman.
Eravamo in un piccolo ristorante in centro, molto luminoso grazie alla luce che filtrava dalle ampie vetrate e alla giornata soleggiata, diversa da quella burrascosa di due settimane prima.
Sapendo le sue intenzioni, avevo indossato una camicia un po' più carina e mi ero truccata di più e lui a sua volta era molto più formale visto che indossava una camicia azzurra nonostante i soliti jeans.
Saverio sapeva tutto quindi ero tranquilla, non mi sembrava di star facendo qualcosa di sbagliato, anzi, ero serena.
"Devo dire che è un passo da gigante pranzare qui rispetto a quel posto in cui siamo andati in occasione della cena mancata da Sophie's" osservai mentre aspettavamo il nostro pranzo, stranamente per nulla nervosa.
Era come se fossi a casa mia con una persona fidata, non mi sentivo sotto giudizio e nemmeno in ansia.
"Quella sera è stata la prima serata indimenticabile da quando sono qui" osservò lui, imbarazzato. "Ero nervoso, tu non hai fatto altro che farmi capire che volevi farmi cenare con gli altri!" mi rimproverò, seppur affettuosamente.
Ricordando quel giorno - mi sembrava fosse passato un secolo - sorrisi con nostalgia. "No, mi sentivo solo in colpa... Avevi l'opportunità di cenare lì e volevi cenare in un posto a caso con me, non capivo, pensavo fosse dovuto al tuo non volermi deludere in qualche modo visto che sono la Coordinatrice Mediatrice".
"Non volevo deludere me e perdere l'occasione di stare in tua compagnia. Non riuscivo a capirti bene, Ali, eri sempre diversa, presa da tante cose, poi quando ti ho visto affannarti per Nadia e Saverio ho capito chi sei davvero".
"E chi sono...?" chiesi, sarcastica di fronte a quella osservazione un po' presuntuosa, visto che io da ventisei anni a quella parte non mi ero ancora capita.
Maurizio mi guardò, prendendo una mano e stringendola prima di accarezzarla con lentezza e dolcezza.
"Sei la persona che mi crea tanti problemi ultimamente per quanto sono distratto" ammise, mentre io stringevo la sua mano di rimando.
Era una sensazione magnifica stare lì, senza ansia, senza problemi, con un piccolo contatto come quello che mi faceva stare tranquilla e calma come non lo ero da tempo.
"Fortuna che sono il tuo capo, allora" ironizzai, ancora stupita nel definirmi tale.
Tuttavia ero nell'umore tipico di chi si sente a suo agio e pronto a dire qualsiasi cosa, presa dal momento e dalla fiducia nei confronti di chi ha di fronte.
"Sai, io non pensavo saremmo arrivati a questo punto. Cioè, non siamo da nessuna parte, solo, insomma, ci siamo avvicinati molto ultimamente, no?" chiesi conferma, cercando di non fare una figuraccia.
Maurizio annuì.
"Quindi... Insomma, ti chiedo solo di dirmi tutto perché è evidente che ci troviamo bene e sarebbe un peccato perderci di vista" continuai, sentendo improvvisamente caldo, quasi da avere le mani sudate e ondate di calore che si diramavano a partire dal mio volto probabilmente rossissimo.
"Alice, io non voglio perderti di vista, non so spiegarlo... Non voglio dire cose scontate ma tu mi capisci e mi fai stare bene, le ore con te volano" rispose subito, prima di alzarsi e stringermi brevemente a sé.
Ricambiai la stretta, un po' imbarazzata.
"E' successo tutto così in fretta..." riflettei, perdendomi nel suo sguardo celato dagli onnipresenti occhiali che gli conferivano un'aria da nerd.
"Non sai quanto ho faticato per controllarmi e non provarci la sera del tuo compleanno, il vino per fortuna mi ha scoraggiato".
"No, Maurizio, semplicemente sapevi la situazione e sei stato corretto con me, non lo dimenticherò. Sei un gentiluomo. E non credere che io sia il tipo di persona che dimentica qualcuno in poco tempo, non è da me, ma...".
"Ti vedo diversa" mi interruppe, scusandosi con un gesto della mano. "Venti giorni fa non eri così, si vedeva lontano un miglio che avevi un macigno sul cuore, poi, dopo che è venuta Nadia, mi sei sembrata più tranquilla".
"Sì. Voglio essere felice, tutto qui" ammisi, seppur sussurrando, come se fosse una richiesta oscena.
Ci sorridemmo e finalmente il nostro pranzo fu servito, così mangiammo riuscendo finalmente a distrarci un po' e a parlare con più tranquillità per poi uscire a fare una passeggiata.
Ero leggera come un palloncino, Galway mi sembrava mia, pronta a sorridermi e a rendermi felice, tanto che in un momento di spensieratezza non ci pensai due volte e afferrai la mano del mediatore.
Sorpreso ma di certo non offeso, lui si fermò e intrecciò le mie dita alle sue, con calma, prima di indicare il mare di fronte a noi.
Eravamo arrivati in una zona abbastanza vicino al centro in cui si poteva proprio vedere il mare attraverso una zona a strapiombo, ci sedemmo e fu con felicità che avvertii il suo busto dietro di me: si era seduto e mi stava stringendo a sé, lasciandomi un bacio tra i capelli.
"Voglio restare sempre così. Insomma, non si può essere più felici di così, non credi?" chiesi retorica, voltandomi e ritrovandomi il suo volto a pochi centimetri dal mio.
Si stava alzando un po' di vento ma non ce ne importava, eravamo pronti a tutti così, abbracciati, contro chiunque.
"Potremmo esserlo. Io e te, in giro per Milano, mentre attendiamo la nostra fila per mangiare in quel nuovo ristorante che ha appena aperto e poi, in perfetto nostro stile, molliamo tutto per un hamburger mangiato mentre guardiamo i Navigli... Non ti piacerebbe?" propose, allietato anche solo dall'immagine di quel pensiero felice mentre giocherellava con una ciocca dei miei capelli.
Per tutta risposta lo strinsi a me, con la testa contro il suo petto e lui che mi accarezzava la schiena con dolcezza, come se non facesse altro da una vita.
Avevo paura invece di godermi il momento e provare semplicemente ad essere felice perché se ero stata male per uno per cui ero sempre stata indecisa e dubbiosa, non osavo immaginare il ritorno alla realtà dopo aver passato tanto tempo con una persona chiara, dolce e premurosa che mi non mi aveva fatto mettere nulla in discussione.
"Se ci sei tu mi piace tutto. Riesci a farmi sentire.... Non te lo so descrivere, vorrei solo che non finisse mai" risposi, infischiandomene di applicare filtri o di recitare un ruolo.
Quel ragazzo mi aveva vista struccata, in pigiama, addormentata, triste, scazzata, allegra, impegnata, dubbiosa, tutto in poco più di due settimane, che senso aveva fingermi una persona impostata in un modo che non mi apparteneva?
Per tutta risposta, Maurizio mi strinse forte a sé.
Non so come ma ci ritrovammo stesi sull'erba, abbracciati, io con la testa appoggiata sul suo petto e lui che giocherellava con le nostre mani intrecciate.
"Mi sento felice" rivelò, prima di aumentare la presa ancora di più e facendomi beare della sensazione di tranquillità e affetto che mi stava circondando.
Non risposi perché ero in una situazione in cui avrei potuto cacciare fuori un fiume di parole e volevo evitare di fare la figura della logorroica, per questo mi limitai ad alzare lo sguardo e a lasciare che mi baciasse dolcemente, sentendo un moto di calore nei pressi dello stomaco quando vidi che mi guardava con tenerezza prima di calarsi su di me.
Sapevo di volere di più da lui, non potevo negarlo, ma volevo controllarmi e restare lucida per poi agire quando il momento sarebbe stato un po' più opportuno, senza rischi di eventuali e ulteriori delusioni.
Certo, starmene stesa su un prato con lui che mi sovrastava non mi aiutava - quando avvertii la sua presa su un fianco pregai internamente che continuasse con il suo tocco gentile ma deciso - ma cercavo di fare il possibile per restare lucida.
Ci guardavamo, lui un po' stranito nel vedermi da un'altra prospettiva, io divertita e dilettata da quel pomeriggio fuori dal comune, ma non osò spingersi oltre se non continuando a baciarmi e a stringermi a sé.
L'orario di ritrovo con il resto delle persone venne troppo velocemente e a malincuore andammo al punto di ritrovo, dove trovammo un Saverio spazientito e non proprio di buonumore.
Ritornare alla realtà in cui non cercavo la mano di Maurizio per stringerla a me fu un po' strano ma mi concentrai sul mio amico per distrarmi.
Mentre i group leader si sforzavano di ripescare tutti i ragazzi in giro per Galway, io mi avvicinai al coordinatore.
"Hai una faccia..." sussurrai, incredula nel vederlo così.
Saverio accese una sigaretta che di sicuro era una delle tante fumate quel giorno e annuì, aspirando il fumo e poi gettandolo via con un gesto liberatorio.
"Quella Alba io l'ammazzo prima del tempo, non ce la faccio, è una piaga! Non conosce la privacy, mi ha seguito fuori al pub mentre parlavo con Nadia, nella sua testolina bacata era divertente farmi dei video! Si stava facendo beccare a bere birra dai ragazzi, poi parla sempre, sempre, non ne posso più! Quelli delle risorse umane quest'anno me l'hanno fatta grossa" sbottò, battendo un pugno per terra per la frustrazione. "E Toni? Un pesce lesso, non serve a nulla, guarda il vuoto, sta nel suo mondo... La dottoressa! Oh, la cara dottoressa, probabilmente crede di essere il dottor Nowzaradan visto che mi ha detto che bere birra e mangiare patatine a pranzo non fa bene! Ma va, non lo sapevo, ecco a che serve la laurea in medicina!".
Era paonazzo, nervoso al massimo, tanto che per provare a calmarlo gli misi le mani sulle spalle dato che non smetteva di muoversi in maniera forsennata.
"Calma. Sei stanco e vedi tutto nero, devi calmarti, mancano ancora dieci giorni, capisci?".
Mi aspettavo mille reazioni ma non di certo quella in cui sbuffava e si allontanava senza dirmi nulla, come se avessi detto qualcosa di insensato.
Alzai gli occhi al cielo e quando mi voltai vidi Mario che mi guardava con aria comprensiva, come a dirmi che ci aveva provato a sua volta ma la cosa non era andata come voleva lui.
Non aggiunsi altro, semplicemente mi accomodai su una panchina vuota in attesa dell'arrivo del pullman e osservai le dinamiche del nuovo gruppo.
"Ma vi siete perse ragazzeeee? Aspettate che alla prossima gita mi perdo con voi" stava urlando Alba, felice come se avesse ricevuto una botta in testa che le aveva cancellato tutti i pensieri negativi.
Scossi il capo, immaginandola in gruppo con Luca e quel Clemente e iniziai a capire il perché dell'esperienza negativa del mio ex.
Il malumore di Saverio si trascinò anche in riunione visto che disse l'essenziale e ci congedò subito.
"Non l'ho mai visto così, dovresti parlargli" suggerì Maurizio, accigliato, mentre eravamo sulla soglia della porta.
Annuii per poi sorridergli. "Caffè da me, domani?" proposi.
Maurizio mi fece cenno di guardarmi alla mia destra e notai Alba che ci guardava, per poi fingere di essere interessata a qualche altra cosa.
Onestamente non me ne fregava nulla, erano passati i tempi in cui nascondevo ciò che provavo e pur essendo discreta non volevo sbagliare come in passato, quindi scrollai le spalle.
Maurizio parve comprendere ed annuì, facendomi un occhiolino prima di andarsene verso la sua stanza mentre io rientravo in ufficio e fingevo di dare una mano a sistemare dei documenti.
Piano piano, i fumatori scesero in cortile per l'ultima sigaretta della giornata, Mario ci salutò insieme a Salvatore e, a ormai mezzanotte, riuscii a restare da sola con il mio amico che continuava a non guardarmi in faccia e la cosa mi dava sui nervi in un modo assurdo perché il suo essere così ostinato a non parlarmi quando eravamo ormai confidenti di vecchia data mi turbava non poco.
Era di spalle, di fronte alla vetrata che dava sulla città persa nel caos della domenica sera.
"Ali, puoi andare, buonanotte" mi congedò rapidamente.
"Io non vado da nessuna parte, voglio capire che succede! Lo sai che con me puoi parlare" gli ricordai pazientemente, avvicinandomi a lui e guardandolo insistentemente.
"Che cazzo, Alice, sei insistente! Posso avere i miei momenti no o dobbiamo per forza giocare a fare i migliori amici sempre e comunque? Sto coordinando questo caos da quasi venti giorni e voglio un momento da solo, in santa pace, senza gente petulante tra i coglioni, intesi?" esclamò, continuando ad ingnorarmi e a non guardarmi in faccia.
Offesa, alzai le mani, indignata.
"Io non ho mai giocato, Saverio, sono felice di sapere che tu lo stai facendo così mi adeguo. Vaffanculo, và" sbottai, prendendo il mio zaino e la mia felpa come una furia e uscendo dall'ufficio, arrabbiata nera per quel comportamento maleducato e rude che non potevo giustificare.
Petulante, io? Petulante?
Corsi al piano terra con furia per scaricare la tensione ma fu inutile, ero senza parole, sorpresa, tanto da fermarmi vicino a Salvatore una volta arrivata in cortile. Se ne stava da solo a fumare e quando mi notò mi fece un cenno.
"Ma che è successo a Saverio?" sbottai, ancora con il fiatone e l'ira che mi scorrevano in corpo.
"Lo sa lui, sta così da oggi..." mi rispose, scrollando le spalle. "'Sto turno fa schifo, Alì, so 'na banda de scemi".
Sospirai e annuii, guardando in lontananza i group leader che ridevano, correvano per il cortile e quasi si menavano per chissà cosa mentre Alba commentava il tutto e li riprendeva con il cellulare.
"Sei un po' scomparsa, ultimamente" aggiunse il group leader, indagatore.
"Sono successe un po' di cose" mi giustificai, evasiva.
Stare lì con Salvatore aveva un effetto calmante al momento perché era il tipo di persona che parlava genuinamente, senza falsi filtri e secondi fini.
"Ho visto come ti guarda il mediatore, ma mi faccio i fatti miei".
"Se ci sono novità ti racconto" promisi, senza negare ma senza nemmeno perdermi in particolari che era poco opportuno condividere.
Poco dopo mi ci volle uno sforzo enorme per andare in camera mia e non passare da Maurizio, provai a rilassarmi con una doccia chilometrica ma non servì a molto perché ero comunque irritata da Saverio e dal ciclo che, puntuale come al solito, aveva deciso di presentarsi nel momento meno opportuno.
Per questo, dolorante, nervosa con i crampi che non mi davano tregua e felice solo davanti alla prospettiva di non avere escursioni il giorno successivo, mi misi a letto e mi addormentai all'istante, esausta.
Il giorno dopo alzarsi fu un'impresa visto che avevo la schiena a pezzi, mal di pancia e mal di testa: stavo vivendo il momento che più temevo da quando avevo visto le date di partenza.
L'anno prima ero stata molto fortunata ma stando un mese fuori quella volta ero costretta a farmi forza e a lavorare, correndo da un posto all'altro, in una situazione che mi rendeva instabile e anche rompiscatole.
Vedendomi con i pantaloni da tuta, i capelli legati in una coda non proprio perfetta, un gigantesco brufolo sul mento e udendo il mio "Ahia" quando presi posto, Maurizio subito comprese.
"Sempre grazie ai numerosi esempi pratici delle mie sorelle penso di sapere che succede. Devo procurarti una borsa d'acqua calda...?" domandò, ironico ma cercando di essere delicato come sempre.
"No, mi basta un caffè" bofonchiai.
"Subito!".
Vederlo all'opera mi fece sorridere, mi guardava mentre preparava la caffettiera e faceva un sorrisino particolare che non gli avevo mai visto dipinto in faccia fino a quel momento.
"Ecco qui" sussurrò pochi minuti dopo, porgendomi il solito bicchiere di carta che sostituiva le nostre amate tazzine.
"Grazie, mio eroe" ironizzai.
"Puoi mandarmi in giro per i vari uffici se ti va, non lo prenderò come un abuso di potere... Vederti così mi fa male al cuore, sono abituato a vederti schizzare per la struttura come se non facessi altro da tutta la vita" aggiunse, accarezzandomi un braccio con premura per poi bere il suo caffé.
"Spero che oggi Jimena e Sandy siano un po' più tranquilli. Sto sognando una spa, te lo giuro, ho il collo tutto teso" mi lamentai, ricordando le richieste assurde dei responsabili degli altri staff di quei giorni.
"Posso farti un massaggio io, se ti va, magari oggi quando i ragazzi avranno dei laboratori".
Inutile dirlo, guardai Maurizio con l'aria di chi non crede alle sue orecchie visto che la sua proposta aveva scatenato in me immagini non proprio caste e tranquille: eccomi, pronta ad avere le sue mani su di me, mentre dalla schiena scendevano sempre più giù...
"Ho detto una stronzata, scusami" si affrettò a dire, scuotendo il capo. "Non sembra una proposta proprio innocente quando ci eravamo promessi altro, non ci ho pensato".
Sembrava davvero imbarazzato, la cosa era davvero divertente perché in quel momento sembrava un ragazzino imbranato e non un adulto ventisettenne, per questo mi sporsi verso di lui e gli accarezzai i capelli con dolcezza, godendomi quel suo sguardo da cucciolo indifeso che tanto mi piaceva.
"Se per te era innocente ci credo, poi non è che sia proprio l'ideale cadere in tentazione visto che ho il ciclo... Vorrei davvero un tuo massaggio, un semplice massaggio" dichiarai.
Sussurravo, era un qualcosa che mi sentivo di dire così, senza urlare, come per farlo restare il nostro piccolo segreto e probabilmente ciò aveva un effetto su Maurizio visto che sospirava un po' più pesantemente.
Stavo pensando all'eventualità di baciarlo quando la porta si aprì di scatto e comparve un Saverio alquanto agitato ma risoluto.
"Buongiorno" esclamò, per poi puntare il dito verso il ragazzo. "Maurizio, devo parlarti. Alice, oggi Maurizio starà con me, mi serve una mano per Belfast, tu pensa al resto".
Basita, fissai quello che credevo un mio grande amico con incredulità, senza parole.
"Cosa? Ora mi togli anche il lavoro...? Posso sapere cosa ti ho fatto?" urlai, senza riuscire a contenermi.
"Niente, Alice, proprio niente. Almeno tu...".
"Cosa?".
"Non ho tempo da perdere, Maurizio, nel mio ufficio alle nove".
Rapido come era venuto, il coordinatore se ne andò e ci lasciò di nuovo soli con un'atmosfera totalmente opposta alla precedente e una scia di domande che mi frullavano in testa e che non avevano risposta.
*°*°*°*
Buonasera!
Eccomi con il capitolo che apre la parte "clou" e "finale" di questa seconda parte.
Alice e Maurizio si sono avvicinati parecchio ma Saverio inizia a comportarsi in maniera strana. Cosa sarà successo?
Vi avviso che mancano pochissimi capitoli alla fine, solo tre più epilogo.
Fatemi sapere le vostre opinioni se vi va, vedo che purtoppo ci sono molti lettori silenziosi ma sono felice di vedere i numeri dei preferiti aumentare. Grazie!
Eccovi qualche spoiler come al solito:
La rabbia per quei giorni di stress e solitudine si faceva sentire ed io non ne potevo più, onestamente, perché mi ero risvegliata dopo un'apparente salto di qualità in cui la mia vita finalmente sembrava essere meno cupa e seriosa.
"Sì, sono un cafone e anche bugiardo, ecco perché devi lasciarmi spiegare tutto".


"Non ho parlato di amore" mi corresse, severo. "Non siamo in una fiaba, qui esistono persone che capiscono di essere legate da qualcosa e il resto si vedrà".
"Il mio "resto" fa sempre schifo, ma non c'è problema, il problema qui non è Maurizio, sono io che per l'ennesima volta ho pensato come una stupida che qualcosa potesse cambiare" ribattei subito, piccata e arrabbiata per passare sempre per quella che crede nelle favole.


"Alice, non ce la faccio a vederti così" mormorò, sincero.
"Così come? Sto bene" minimizzai.


A presto!
Milly.






  
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