Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: StarCrossedAyu    13/03/2019    0 recensioni
L'essere umano si è sempre spinto oltre i propri limiti: ha modificato la natura, valicato confini inaspettati, seguito il progresso incessantemente.
Eppure per Hanji Zoë nulla è più interessante delle radici che hanno dato origine alla civiltà odierna e, quando Historia Reiss le offre su un piatto d'argento la possibilità di mostrare al mondo la veridicità delle sue teorie, si butta a capofitto nell'impresa.
Levi Ackerman è un uomo dai saldi principi, dotato di un carattere ruvido e scostante che nasconde innumerevoli ferite e spaccature profonde nel suo animo martoriato.
Insieme, affronteranno uno sconvolgente e pericoloso viaggio all'altro capo dell'universo, dove un antico nemico li attende minacciando ciò che hanno di più prezioso.


|EreRiren||Storia liberamente ispirata al film "Stargate" (1994)|


|¦🏆 Vincitrice del contest Instagram - La Grande Sfida - nella categoria "Undiscovered Gems" indetto dal profilo @AmbassadorsITA¦|
Genere: Avventura, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Stargate

 

 

 

 

- Capitolo 4 -


Era trascorso l'intero giorno dal momento in cui il Capitano Ackerman, Ral e Bossard si erano allontanati dal campo base all'inseguimento della Dott.ssa Zoë.

Erd e Gunther avevano ultimato i preparativi per quello che sarebbe stato - contro ogni pronostico iniziale - un lungo soggiorno su quel pianeta dal clima torrido e la vegetazione quasi inesistente. Monitoravano costantemente la radio, in attesa di ricevere una comunicazione o degli ordini, ma questa rimase muta fino alla sera, quando la tempesta li costrinse ad abbandonare momentaneamente le tende e a rifugiarsi nel cunicolo ai piedi dello Stargate. Sperarono che i loro compagni avessero trovato un riparo e non fossero rimasti in balia delle intemperie. Le condizioni atmosferiche ostili, comunque, non furono le sole a suscitare la loro preoccupazione.

Nel pieno della notte, col vento che ululava rimbalzando sulle pareti di roccia, il suolo prese a tremare. I due soldati si guardano, decidendo di muto accordo che era meglio rischiare la sorte avventurandosi fuori piuttosto che restare sepolti vivi in quel buco.

Ciò che accadde, però, non diede loro il tempo di fare alcunché.

Uno strano meccanismo, di cui non sospettavano l'esistenza, si attivò ai piedi del varco stellare. Un fascio di luce illuminò l'ambiente altrimenti buio, ed imbracciarono saldamente i fucili.

«Cos'è?!» chiese Gunther al compagno d'armi, lo sguardo fisso dinanzi a sé.

«Non ne ho idea...!» fu la sola risposta di Erd.

Inginocchiata di fronte a loro, comparve una figura: il capo chino, la chioma bionda, apparentemente priva di qualsiasi indumento.

Erano addestrati per combattere contro qualunque nemico e in ogni condizione, i nervi sempre saldi e i riflessi pronti. Eppure, quando lo sconosciuto sollevò il viso, non poterono impedirsi di tremare.

Iridi dal colore gelido come i ghiacci secolari, le carni in bella mostra quasi fossero state dilaniate ed esposte come un monito, il corpo nudo e scattante, una lancia tra le mani. Sembianze femminili, in apparenza, ma fu il demonio in persona a scagliarsi contro di loro.

La tempesta continuava a imperversare, incurante della sorte dei due soldati.

 

-


Levi era rimasto l'intera notte seduto ai margini del villaggio. Aveva preferito non tornare indietro consapevole che, ancora una volta, avrebbe dovuto dormire con E'ren.

Si passò una mano sul viso, frustrato. Non riusciva a non immaginare cosa sarebbe potuto accadere, se non si fosse allontanato. Se semplicemente lo avesse voluto.

Sentiva i propri palmi percorrere la pelle caramello dell'altro, le loro lingue muoversi all'unisono e i loro respiri spezzarsi nell'istante in cui lo avrebbe intrappolato contro un'abitazione decadente.

Una fantasia tanto potente da sembrargli concreta come la pietra su cui sedeva.

Il nuovo Sole rischiarò il cielo, ma il corvino non riusciva a scorgerlo oltre le mura che, imponenti, ne impedivano la visuale. Vicino, eppure lontano tanto da desiderare di poter volare pur di vederlo.

Si alzò, riscuotendosi, e andò a cercare la propria squadra. Ral e Bossard dormivano ancora, premurosamente coperti dai nativi affinché non patissero il freddo. Di Zoë, invece, nessuna traccia.

Setacciò l'intero villaggio, ma l'unica cosa che trovò fu un taccuino logoro e vissuto nei pressi del fuoco oramai estinto. Apparteneva alla donna.

«Dove accidenti si sarà cacciata quell'idiota...?»

I sottoposti presenti all'appello, una volta svegliati dal Capitano, si prodigarono nella ricerca della studiosa. Levi si addentrò nelle stalle, trovandovi invece colui da cui sembrava non poter fuggire.

E'ren aveva appena riempito la mangiatoia di uno dei grossi animali che tanto piacevano alla bruna. Sollevò il viso asciugandosi il sudore col dorso della mano, le piccole trecce d'ebano che assecondavano quel movimento tanto naturale quanto seducente, incrociando infine lo sguardo con il messaggero di Ymir, immobile come una statua. L'aria pareva divenuta irrespirabile, satura di pensieri inespressi e sensazioni contrastanti, tanto da spezzare loro il fiato. Un risolino infranse l'atmosfera, portando entrambi nuovamente alla realtà e ciò che li circondava.

Alle spalle del ragazzo, infatti, un gruppetto di bambini li osservava divertito, coprendosi la bocca con le piccole mani. Il castano arrossí inspiegabilmente, facendo cenno ai pargoli di sparire, ma questi si strinsero maggiormente tra loro con espressioni ilari e gomitate complici.

«Avete visto Hanji per caso?»

Una dozzina di occhi puntarono inevitabilmente sull'uomo, il quale sospirò sconfitto. Non capivano la sua lingua, giusto. Decise di provare a farsi comprendere con i gesti.

«Hanji, la tipa con gli occhiali» si portò pollice ed indice di entrambe le mani al volto, simulando la forma tonda delle lenti solo per venire imitato da quel pubblico improvvisato, E'ren compreso.

«Quella che sembra avere un nido in testa» provò ancora, toccandosi ripetutamente i capelli. I presenti fecero altrettanto.

«Questo quaderno è suo» disse ancora mostrando l'oggetto consunto, e tutti sollevarono le mani come se reggessero l'agendina tra le dita.

Il Capitano iniziava a spazientirsi e, con un enorme sforzo nel tentare di mantenere la calma, ripeté le informazioni fornite scandendo bene ogni parola e mimandola al contempo.

«Ricapitoliamo: Hanji, la tipa con gli occhiali» dita intorno agli occhi, «che ha un nido in testa» mani tra i capelli, «e possiede questo blocchetto» taccuino bene in vista. Inutile dire che imitarono ogni suo gesto come delle scimmie bene ammaestrate. Levi, a quel punto, esplose al pari di una pentola a pressione.

«Perfetto! Mi trovo bloccato su questo pianeta di merda alla ricerca di una quattrocchi squinternata, che potrebbe tranquillamente ospitare dei volatili sulla sua testa di cazzo, ha perso i suoi fottuti appunti e se ne va in giro a fare coccodé!»

A quel suono, E'ren sembrò illuminarsi.

«Cσσσσƈσƈσƈσԃé!»

Il giovane mosse le braccia come una gallina e il corvino sorrise, sentendosi finalmente compreso.

«Sí, esatto, il pollo» annuí convinto, e il ragazzo gli si avvicinò. Tese la mano, chiedendogli tacitamente l'oggetto smarrito dalla donna, per poi portarlo al muso dell'animale che aveva appena rifocillato. Questo annusò il cuoio che rilegava le pagine, per poi dimenarsi nel tentativo di uscire dalla stalla. E'ren lo assecondò, intimando ai piccoli di restare dov'erano e incitando Levi a seguirlo.

Percorsero il villaggio guidati dalla bestia e dal suo olfatto, addentrandosi in una zona isolata e decisamente poco vissuta. L'essere peloso, infine, si fermò in prossimità di un cumulo di sterpaglie. Sembravano solo dei rami secchi capitati lì per caso ma quando il castano li rimosse, cipiglio severo e fronte aggrottata, rivelò un passaggio scavato nel sottosuolo. Il maggiore seguí il nativo, sensi allerta e muscoli tesi, scorgendo una fioca luce in lontananza. Poi, dei mormorii.

«Sҽყυɳ» fece la prima voce.

«...Sҽʋιҽԋ» la corresse svogliatamente la seconda.

Hanji e Mikąsa sostavano di fronte una parete rocciosa, rozzamente incisa e dai colori sbiaditi dal tempo, comunicando tra loro.

Gli occhi di Levi si ridussero a due fessure con E'ren, ora alle sue spalle, altrettanto severo nel fissare l'amica.

«Credevo non parlassi la loro lingua» sbottò il corvino, e il tono con cui lo disse fu secco come il suono di una frustata. La bruna, nell'udirlo, sorrise immediatamente.

«Levi! Beh, è così in effetti: il loro è un dialetto eldiano molto antico che si è evoluto autonomamente, è stato un puro caso individuare la giusta chiave di lettura. Utilizzano un sistema totalmente divers-»

«Arriva al sodo» le intimò, lanciandole malamente il taccuino addosso.

«Credevo di averlo perso, grazie! Non crederai mai a ciò che sto per dirti!» esclamò, fremendo d'eccitazione e mostrandogli dei pittogrammi. Le sue iridi parevano brillare, nella penombra di quella grotta. Lentamente, narrò la storia di quel popolo a cui, inconsapevole, era stata sottratta ogni cosa.

«Un viaggiatore, proveniente da stelle lontane, fuggí da un mondo morente per prolungare la durata della propria esistenza. Il suo corpo era in disfacimento e la sua specie in via d'estinzione.

Egli viaggiò, esplorò nuove galassie per trovare il modo di ingannare la morte. Giunse in un luogo dove incontrò una razza primitiva, che con i suoi poteri e conoscenze poteva tenere in vita eternamente. In un corpo umano avrebbe potuto rigenerarsi per sempre e mentre gli abitanti terrorizzati fuggivano e la notte diveniva giorno, un umano andò verso la luce.

Ymir se ne appropriò, come un parassita in un organismo ospite, e con le sue nuove sembianze si proclamò sovrano.

Eresse le mura, usando la popolazione come fossero schiavi, portandoli su questo pianeta attraverso lo Stargate per estrarre il minerale alla base della sua tecnologia. Con esso, può vivere in eterno. Ma sul pianeta madre - il nostro - ci fu una rivolta, e il portale fu sepolto.

Per impedire una ribellione anche qui, Ymir proibí la scrittura affinché la gente non tramandasse alle future generazioni le proprie origini, perse nei flussi del tempo.»

Il Capitano incrociò le braccia, assimilando le informazioni appena ricevute: le supposizioni della quattrocchi si erano rivelate fondate, così come la sensazione di prigionia che irradiava l'imponente muro intorno al villaggio.

«Hai scoperto altro?»

«Sí,» gli rispose, «la sequenza per attivare questo Stargate.»

Quella rivelazione lo attraversò da capo a piedi come una scarica elettrica, facendolo irrigidire sul posto. In base alle scoperte fatte, sapeva esattamente cosa volesse dire una simile eventualità.

Il corvino si voltò e i suoi occhi trovarono immediatamente due pozze verdi a scrutarlo colme di tristezza, quasi avesse perfettamente compreso cosa sarebbe accaduto.

Il momento era giunto, ma mai Levi si sarebbe aspettato che quella separazione potesse pesare tanto sul proprio petto.

 

-


Hanji ripose il prezioso taccuino, su cui aveva trascritto i simboli necessari ad aprire il varco stellare, nella tasca del suo giubbotto militare.

Ognuno aveva raccolto le poche cose con cui erano giunti in quel luogo sperduto, ed avevano oltrepassato l'enorme portone d'accesso. Il deserto li attendeva, ma erano certi di poter ritrovare la giusta strada grazie all'animale che i nativi avevano prestato alla squadra.

Il solo ad intrattenersi, dopo il cerimonioso addio, era stato E'ren. Il capo coperto, lo sguardo basso, scavava ripetutamente col piede nella sabbia creando un solco profondo.

Ral, Bossard e Zoë si misero in marcia, salutando un'ultima volta il ragazzo.

Levi invece indugiò qualche istante ancora, imprimendo nella propria mente il suo viso naturalmente scuro e i contorni della bocca che mai avrebbe assaggiato. Si sentiva in colpa nel lasciarlo in balìa del suo destino, troppo distante per proteggerlo dalla sorte poco gloriosa che gli era toccata - schiavo tra gli schiavi. Ma l'uomo era un soldato con una missione da compiere, altre vite dipendevano dalle sue decisioni e mai avrebbe permesso che non facessero ritorno a casa.

Un ultimo sguardo, estate e inverno fusi in un unico colore ancora una volta, prima di seguire i propri sottoposti.

E'ren restò lì, immobile, mentre la figura dell'uomo si faceva sempre più lontana sino a dissolversi lungo l'orizzonte cocente, un miraggio lontano quasi non fosse mai esistito.

 

-


La squadra avanzava nel deserto, lasciando impronte nella sabbia incandescente.

Tra tutti, Hanji era certamente la più provata, fisicamente impreparata a uno sforzo così prolungato e quelle condizioni tanto ostili; sudata e col fiatone, arrancava in fondo al gruppo sorseggiando rumorosamente l'acqua dalla bisaccia che i discendenti eldiani avevano donato loro per il viaggio.

«Ecco la duna. Resisti quattrocchi, siamo arrivati» le comunicò il Capitano, risalendo la pendenza per poi fermarsi in cima. Il suo cipiglio si indurí sensibilmente, mentre imbracciava la propria arma. Petra e Auruo, al suo fianco, fecero altrettanto. La Dott.ssa, invece, ruzzolò un paio di volte prima di raggiungere la meta ma, finalmente a destinazione, il suo cervello impiegò più del dovuto a registrare ciò che i suoi occhi vedevano.

Una navicella spaziale era atterrata sull'enorme arco di pietra, unica prova dell'esistenza del muro che avrebbe dovuto ergersi in quell'esatto punto; il veicolo tecnologico sembrava essersi fuso con l'imponente costruzione, occupando una grossa porzione di cielo terso e minacciando l'ambiente circostante.

«Cosa...?» boccheggiò la donna, tentando di elaborare correttamente cosa implicasse quella scoperta.

«Che diavoleria è quella?» scattò Bossard, stringendo maggiormente le dita intorno al fucile.

«Attendiamo ordini, Capitano» fece Ral, osservando di sottecchi il superiore.

L'uomo rifletté qualche istante sul da farsi. Chiunque fosse a bordo di quell'astronave era un possibile pericolo per il loro pianeta. Doveva recuperare quella cassa, e alla svelta.

«Yin e Schultz sono certamente stati catturati, se non peggio» disse il corvino. «Dobbiamo arrivare allo Stargate.»

I tre soldati avanzarono con passi misurati e precisi, sollevando polvere color ocra senza distogliere lo sguardo dall'oggetto alieno.

Hanji, invece, era impaurita: per la prima volta, da quando era giunta in quel nuovo mondo, la prospettiva di imbattersi in una forma di vita sconosciuta la spaventava perché, se le trascrizioni nella caverna erano affidabili, a bordo della navicella avrebbe potuto trovarsi un tiranno galattico potenzialmente immortale.

La donna si affrettò quindi a seguire i compagni d'avventura, ignara del fatto che piccole figure li avevano seguiti fin lì, spinte da curiosità ed incoscienza.

I quattro bambini, originari del villaggio, videro gli stranieri entrare nel cunicolo sotterraneo ai piedi delle rovine, per poi imitarli fermandosi prudentemente all'ingresso del passaggio.

«Aɱҽɳ ιʂιϝαԃ, Fαʅƈσ?»

«Lυɳιҽƚ, GαႦι...»

All'interno, il buio più totale.

Petra era tesa, mentre aggirava una delle colonne a sostegno della roccia, tendendo le orecchie. Oltre il respiro dei membri della sua squadra, però, non udí nient'altro.

Tutto era innaturalmente silenzioso.

Poi un colpo dietro la nuca, e l'oscurità l'accolse.

Auruo sentí un fruscío, qualcosa che veniva trascinato tra la polvere, e scorse la mano dell'amata sparire dietro un angolo.

«Petra!»

Un grugnito alle proprie spalle. Neanche il tempo di voltarsi che un essere, grosso e duro come il marmo, lo caricò alla stregua di un toro infuriato, sbalzandolo al lato opposto del lungo corridoio.

Hanji, dietro Levi, gridò nel vedere il corpo di Bossard spuntarle davanti dal nulla e tentò di correre nuovamente all'esterno.

Il corvino non fece in tempo a chiamarla: la Dott.ssa venne afferrata al collo e sollevata facilmente, quasi fosse leggera come l'aria, e le si mozzò il respiro; un energumeno dall'aspetto strano e decisamente minaccioso aveva la vita della donna nel palmo della propria mano e, con lei, l'unica occasione che i suoi sottoposti avevano di far ritorno a casa.

Sparò, mirando dritto alla fronte dello sgradito ospite, ma il proiettile non lo scalfí minimamente rimbalzando invece sulla sua pelle corazzata.

«L-Levi...!» esalò Hanji prima di svenire ed essere gettata lontano, ormai fuori gioco.

Il Capitano usò un intero caricatore, inutilmente, mentre il nemico gli correva incontro. L'impatto fu inevitabile, tanto che Levi sbatté violentemente la testa contro la fredda pietra alle sue spalle.

Percepí il sangue scorrergli lungo il collo, impregnandogli la divisa, e la vista annebbiarsi. Infine, il nulla.

 

-


Hanji rinvenne in un luogo poco familiare. Strattonata per un braccio, venne gettata malamente in una cella priva di finestre dove si riuní al resto della squadra. Si sentí meno sola e decisamente più al sicuro con i suoi compagni di viaggio, piuttosto che con quel mostro dalla scorza dura e la dialettica pari a un gorilla, ma il suo morale tornò nuovamente sotto i tacchi nel notare la sua assenza: Gunther, Erd, Auruo, Petra...

«Dov'è Levi?» chiese debolmente, senza ottenere alcuna risposta.

 

-


Aveva un gran mal di testa. Gli pulsava dolorosamente tanto da risultare insopportabile, mentre il suo corpo veniva trascinato su una superficie liscia. Era impossibile che si trovasse ancora nel cunicolo dove era celato lo Stargate.

Si chiese dove fossero i suoi uomini, se anche loro si trovassero ovunque lui fosse stato portato o se le loro vite erano state stroncate brutalmente. Non riusciva ad aprire gli occhi, si sentiva troppo debole e stanco.

Una mano gli sfiorò la gola, scorrendo lungo la catena del ciondolo che Historia Reiss gli aveva prestato. Serrò la mascella a quel contatto sgradito, prima di perdere nuovamente i sensi.

 

-


Falco rovistava tra gli strani oggetti che il messaggero di Ymir, la sciamana e i loro seguaci avevano lasciato in prossimità di quelle buffe tende. Non aveva mai visto nulla del genere, prima di allora, e si chiese a cosa potessero servire.

Aveva la testa dentro un baule quando un fulmine squarciò il cielo.

Terrorizzato, si nascose come meglio poteva imitato dagli amici, e un essere enorme si incamminò verso il deserto sollevando sabbia al suo passaggio. Si dirigeva verso il villaggio.

Attesero che fosse abbastanza lontano e poi lo seguirono di soppiatto, con Gabi che stringeva al petto una valigetta che aveva catturato la sua attenzione.

 

-


Iniziò come un lieve tremore del suolo, dapprima appena percettibile per poi intensificarsi col trascorrere dei secondi.

E'ren ricordava bene il giorno in cui si era verificato un evento simile. Sapeva cosa avrebbe visto, una volta sollevato lo sguardo verso le mura. Sapeva cosa sarebbe accaduto di lì a poco e, nonostante ciò, non era comunque pronto.

L'enorme gigante, col suo inquietante sorriso, oscurò il cielo affacciandosi oltre la parete che circondava il villaggio, fissando gli abitanti

fuggire in preda al terrore più profondo alla ricerca di un rifugio.

Tutto inutile, il loro destino era segnato: eppure non riuscì a trattenersi dal gridare, con quanto fiato aveva in gola, di correre al riparo.

Il colosso sollevò il piede e calciò il portone di legno, fragile sotto quel potente colpo, frantumandolo in mille pezzi. Le schegge volarono ovunque e con i palmi sgretolò l'orlo del muro, lanciando i detriti verso le grezze costruzioni che crollarono all'istante, seppellendo i malcapitati nelle vicinanze.

Il capo villaggio, le iridi verdi sbarrate per l'orrore, assisteva a quello scempio incapace di muovere un singolo muscolo. Udiva distintamente le urla strazianti dei feriti, i pianti delle madri che cercavano i propri figli e i singhiozzi dei bambini rimasti soli tra la polvere; una triste eco del giorno in cui aveva perso ciò che gli era più caro.

Le dita andarono a stringersi intorno al monile in osso che gli ornava il collo, quando la voce poco distante di E'ren lo riscosse da quel torpore. L'uomo allora tornò in sé e prese a impartire ordini, aiutando al contempo chi poteva.

Ai sopravvisuti, quei minuti parvero ore.

Il gigante, soddisfatto del proprio operato, indietreggiò allontanandosi dal luogo in cui aveva seminato paura e distruzione, lasciandosi la morte alle spalle.

E'ren correva tra ciò che era rimasto delle strade, delle abitazioni, della misera vita che conducevano in quell'arido deserto.

Poi, la vide.

La stoffa rossa, strappata in più punti, sbucava da sotto le macerie. Terrorizzato, prese a scavare a mani nude. Non sentiva le unghie spezzarsi o la pelle lacerarsi, solo la paura di essere arrivato troppo tardi.

«Mιƙąʂα!»

Trovò la mano della giovane, e la foga con cui il ragazzo si liberava delle pietre aumentò. Finalmente, il viso dell'amica venne alla luce, sporco e graffiato.

«Mιƙąʂα! Mιƙąʂα ɾιʂρσɳԃιɱι!»

Un rantolo, dei colpi di tosse e, infine, questa aprí gli occhi.

«E'ɾҽɳ...»

Il castano la strinse a sé, cullandola. Era viva.

Intorno a loro solo disperazione ed E'ren digrignò i denti, le iridi smeraldine accese dal fuoco dell'ira alimentato unicamente dal desiderio di libertà e vendetta.

Falco, Gabi e gli altri bambini che quel mattino avevano seguito il messaggero di Ymir fuori dalle mura, giunsero al villaggio oramai distrutto. Si guardarono attorno, spaesati, per poi dividersi e andare in cerca delle proprie famiglie, ammesso che le avessero ancora.

Il biondino vide E'ren inginocchiato a terra, con Mikąsa seduta sul suo grembo, e gli si avvicinò.

«E'ɾҽɳ... Cσʂα è ʂυƈƈҽʂʂσ?» gli chiese piano.

«Yɱιɾ ƈι ԋα ρυɳιƚι» fu la sola risposta.

«Pҽɾƈԋé...?»

«Nσɳ ʅσ ʂσ.»

Il volto di colui che il Dio aveva inviato in suo nome attraversò l'anima del giovane, inducendolo ad afferrare la tunica del piccolo con forza. Lo aveva seguito, doveva sapere dove fosse, se-

«Lҽʋι! Dσʋ'é Lҽʋι?!»

Falco calò lo sguardo, gli occhi lucidi e l'espressione affranta, ed E'ren seppe con certezza che tutto era perduto. Che ogni speranza era vana.

«Nσɳ αʋɾҽɱɱσ ԃσʋυƚσ αιυƚαɾҽ ɠʅι ʂƚɾαɳιҽɾι...»

La voce del capo villaggio gli giunse alle orecchie ed eccolo lì, in lacrime in mezzo a ciò che era rimasto del loro popolo. A quelle parole, il castano replicò rabbiosamente.

«A ƈσʂα ρσɾƚα ʅα ƚυα σႦႦҽԃιҽɳȥα? Iɳԃσʂʂι ʅҽ σʂʂα ԃι ƚυα ɱσɠʅιҽ, ɱα ԃαʅʅα ʂυα ɱσɾƚҽ ɳσɳ ԋαι ιɱραɾαƚσ ɳιҽɳƚҽ. Iʅ ƚυσ υɳιƈσ ʂႦαɠʅισ è ϙυҽʅʅσ ԃι ɳσɳ ɾιႦҽʅʅαɾƚι, ραԃɾҽ

Grişha non rispose. Pianse silenziosamente, vagando attraverso i resti di quella che una volta era la loro casa.


-


Levi non percepiva il peso del proprio corpo, quasi stesse fluttuando, eppure le sue membra erano saldamente bloccate da qualcosa di freddo.

Sollevò lentamente le palpebre e i suoi occhi tentarono di mettere a fuoco l'ambiente circostante senza successo. Credette fosse un deficit visivo causato dal colpo ricevuto alla testa, prima che si rendesse conto del luogo in cui effettivamente si trovasse: intrappolato in un cristallo candido, incapace di muovere un singolo muscolo ma stranamente in grado di respirare nonostante il materiale che lo inglobava.

La superficie irregolare si scheggiò, una lunga spaccatura ad attraversarlo nella sua interezza, infrangendosi completamente e lasciando cadere il corvino al suolo.

Levi atterrò sulle ginocchia, i frammenti trasparenti sparsi tutt'intorno su di un pavimento lucido, e i suoi sensi si tesero all'unisono. Le iridi plumbee saettarono lungo l'enorme sala studiando il posto, mentre si rimetteva in piedi toccandosi il capo. La ferita era svanita: sotto i polpastrelli nessun segno, grumo di sangue o altro che lasciasse intendere la presenza di una lacerazione. Alle pareti lastre di marmo, arazzi pregiati e, non fosse stato per la pedana ultratecnologica alle sue spalle che aveva plasmato il cristallo oramai andato distrutto, avrebbe giurato di trovarsi all'interno di un antico palazzo sapientemente ricostruito.

«E ƈσʂì, ʋι ʂιҽƚҽ ҽʋσʅυƚι...»

Più voci eppure una sola lo colsero di sorpresa, al di là di un magnifico trono impreziosito da oro e gemme. Una figura aggirò la maestosa seduta e, lentamente, si mostrò dinanzi a lui: gambe lunghe e snelle alle cui caviglie sfoggiava monili scintillanti, fianchi perfetti avvolti nella seta, seni piccoli e sodi esposti candidamente alla sua vista; capelli castani abilmente raccolti da un elaborato fermaglio, piccole efelidi sulle gote olivastre, occhi taglienti che lo trafissero con la potenza di mille lame e le cui iridi si illuminarono in modo sinistro, palesando la natura astrale del possessore.

«Cԋι ʂҽι?» chiese Levi, e solo in quel momento si rese conto non solo di comprendere la sua lingua, ma di padroneggiarla perfettamente.

«Iσ ʂσɳσ Yɱιɾ, ҽ ƚυ» rispose questa, «ʂҽι ʂσʅσ υɳ αʅƚɾσ ʂƚσʅƚσ ԃα ʂσƚƚσɱҽƚƚҽɾҽ.»

L'uomo non riuscí a reprimere un ghigno beffardo.

«Uɳα ԃσɳɳα. Dαʅ ɱσԃσ ιɳ ƈυι ʂҽι ƚҽɱυƚα, ɳσɳ ʅ'αʋɾҽι ɱαι ԃҽƚƚσ.»

«Lα ʋσʂƚɾα ʂρҽƈιҽ ԋα υɳα Ⴆαʂʂα ƈσɳʂιԃҽɾαȥισɳҽ ԃҽʅʅ'ҽʂҽɱρʅαɾҽ ϝҽɱɱιɳιʅҽ: ɳσɳ è ϝσɾʂҽ ϙυҽʅʅσ ιɳ ɠɾαԃσ ԃι ρɾσƈɾҽαɾҽ? Dι ƈҽɾƚσ, ϙυҽʂƚα» l'alieno indicò il corpo di cui si era impadronito millenni addietro come fosse un mero oggetto, «è ʂƚαƚα ριù ƈσɾαɠɠισʂα ԃι ƚαɳƚι ɱαʂƈԋι, ɳҽʅ ʋҽɳιɾɱι ιɳƈσɳƚɾσ.»

Ymir camminava senza alcuna fretta, osservando curiosamente il Capitano quasi fosse un animale da compatire, girandogli attorno.

«Cσʂα ɱι ԋαι ϝαƚƚσ?» gli occhi dell'uomo si assottigliarono, ogni fibra del suo essere pronta a scattare.

«Sιҽƚҽ ƈσʂì ϝαƈιʅι ԃα ɾιραɾαɾҽ, ɱα ɳσɳ αʅƚɾҽƚƚαɳƚσ ιɳƚҽʅʅιɠҽɳƚι.»

La giovane si allontanò, andando a sollevare un lembo di stoffa che ricopriva un cesto e mostrando cosa vi era celato al di sotto. Levi rabbrividí.

La bomba, che il Capitano aveva portato con sé dal proprio pianeta, giaceva in bella vista dinanzi a lui.

«Nσɳ ԃσʋҽʋαƚҽ ɾιαρɾιɾҽ ιʅ ρσɾƚαʅҽ. Iɳʋιҽɾò ɳυσʋαɱҽɳƚҽ ʅ'σɾԃιɠɳσ αʅʅα ƚυα ɠҽɳƚҽ ƈσɳ υɳ ƈαɾιƈσ ԃҽʅ ɳσʂƚɾσ ɱιɳҽɾαʅҽ, ιʅ ϙυαʅҽ αυɱҽɳƚҽɾà ԃι ƈҽɳƚσ ʋσʅƚҽ ʅα ʂυα ϝσɾȥα ԃιʂƚɾυƚƚιʋα.»

«Pҽɾƈԋé?»

Ymir rise.

«Pҽɾƈԋé ρσʂʂσ: ισ ԋσ ƈɾҽαƚσ ʅα ʋσʂƚɾα ƈιʋιʅƚà, ισ ʋι ρσɾɾò ϝιɳҽ. Mα, ρɾιɱα ƈԋҽ ι ɱιҽι ʂυԃԃιƚι ƈσɳƚҽʂƚιɳσ ʅα ɱια αυƚσɾιƚà, ɱσʂƚɾҽɾαι ʅσɾσ ƈԋҽ ʂσɳσ ʅ'υɳιƈσ Dισ. Pҽɾιɾαι ρҽɾ ɱαɳσ ԃҽι ƚυσι ƈσɱραɠɳι.»

«Sҽ ʂι ɾιϝιυƚαʂʂҽɾσ?»

«Uƈƈιԃҽɾò ƚҽ ҽ ƚυƚƚι ƈσʅσɾσ ƈԋҽ ƚι ԋαɳɳσ ʋιʂƚσ. Pυò ҽʂʂҽɾƈι υɳ ʂσʅσ Yɱιɾ» sorrise lei, andando a sfiorare il ciondolo che pendeva al suo collo per poi strapparglielo.

L'uomo avrebbe dovuto ucciderla: afferrarla e spezzarle il collo sottile sarebbe stato semplice e veloce; il pensiero di E'ren, però, affollava la sua mente senza lasciare spazio ad altro.

Se non si fosse sacrificato, l'intero popolo sarebbe stato trucidato e il ragazzo insieme a loro. Non poteva permettere che morisse. Non poteva lasciare che la bomba venisse inviata nel suo mondo.

Internamente dilaniato tra ciò che era razionale e l'istinto di proteggere un singolo individuo, Levi non si accorse delle due figure che gli si erano affiancate.

Una fanciulla dai capelli biondi e un giovane muscoloso si erano inginocchiati al cospetto della tiranna, prestandole omaggio, completamente nudi. Con le dita andarono a sfiorare un piccolo congegno posto sulla loro nuca, trasformandosi sotto i suoi occhi increduli, e il soldato riconobbe nel maschio l'individuo corazzato che li aveva attaccati nella grotta. Quest'ultimo sembrò sorridere malignamente, prima di colpire Levi in pieno viso.

 

-


E'ren fissava la parete di roccia su cui era scolpita la storia della sua gente, proveniente da un mondo lontano di cui non sapeva assolutamente nulla. Lo stesso da cui era giunto Levi.

Mikąsa, ancora dolorante, gli si avvicinò cautamente.

«Yɱιɾ ԋα ƈσɳʋσƈαƚσ υɳ'αʂʂҽɱႦʅҽα. Cι ʂαɾà υɳ'ҽʂҽƈυȥισɳҽ.»

Le iridi del ragazzo brillarono alla luce della fiaccola sorretta dall'amica. Se il Dio aveva indetto un simile evento, forse non era tutto perduto.

«Cԋιαɱα ɠʅι αʅƚɾι» le disse.

«Cσɱҽ...?»

«Cσɳɳî, Sα'ʂԋα, Jҽαñ. Vσɠʅισ ƈԋҽ ʂριҽɠԋι ʅσɾσ ƈιò ƈԋҽ ƚι ԋα ɾαƈƈσɳƚαƚσ Hαɳʝι ҽԃ ԋαι ɾιϝҽɾιƚσ α ɱҽ» proseguí il castano, determinato. «Dҽʋσɳσ ƈσɳσʂƈҽɾҽ ʅα ʋҽɾιƚà. Pσʂʂιαɱσ ҽʂʂҽɾҽ ʅιႦҽɾι.»

La corvina calò lo sguardo, il senso di colpa a spaccarle l'anima: se non avesse condotto la sciamana in quel luogo, il messaggero di Ymir non sarebbe mai ripartito e il gigante non sarebbe mai giunto per distruggere il villaggio; voleva fidarsi di colui che considerava un fratello e le aveva salvato per ben due volte la vita, sperando che la morte di tante persone, quel giorno, fosse servita a qualcosa.

«Lσ ϝαɾò.»

E'ren sentí i suoi passi farsi sempre più lontani fino a svanire. Strinse i pugni, fissando il simbolo che rappresentava l'essere immondo che aveva decretato la loro prigionia e, al tempo stesso, l'uomo che aveva inconsciamente portato speranza alla sua gente.

«Rҽʂιʂƚι, Lҽʋι.»

 

-


La folla era radunata ai piedi delle rovine, sulle quali troneggiava l'imponente astronave giunta dallo spazio. Un lungo tappeto rosso si protendeva verso i nativi, accorsi al richiamo del Dio, partendo dall'enorme arco sotto al quale sedeva Ymir, col volto olivastro coperto da una maschera abilmente cesellata ed attorniata dai suoi numerosi seguaci. La femmina scrutava coi suoi occhi di ghiaccio i presenti, minacciosa, mentre il corazzato vigilava sulla squadra tenuta prigioniera.

Polsi bloccati dietro la schiena e ginocchia al suolo, Schultz, Yin, Bossard, Ral e lo stesso Capitano Ackerman fissavano mestamente il loro boia: la Dott.ssa Zoë. La donna, tremante, teneva tre le proprie mani una lancia. Guardava i propri compagni, consapevole di reggere la falce che avrebbe posto fine alle loro esistenze.

«I-io n-non...!»

La punta dell'arma si aprí, pronta a sparare un raggio laser in grado di trapassare le carni di un essere umano come fosse burro fuso. Hanji era nel panico e Levi non poteva assolutamente biasimarla: era una civile, non aveva mai affrontato la morte in quei termini. Poi, un luccichio tra la calca catturò la sua attenzione.

Senza scomporsi cercò con lo sguardo la fonte luminosa e il suo cuore accelerò il proprio battito: E'ren, il cappuccio logoro sul capo spettinato, rifletteva la luce dell'astro solare muovendo la lama del coltello che gli aveva donato. Un cenno d'intesa e Mikąsa, al suo fianco, mostrò al di sotto della propria tunica uno dei fucili che aveva lasciato all'accampamento. Come se l'erano procurato, quei mocciosi?

Decise di lasciar perdere quella futile domanda, fidandosi invece del ragazzo e sperando che nessuno ci lasciasse le penne.

La studiosa, nel frattempo, era certa che sarebbe svenuta da un istante all'altro. Magari avrebbe guadagnato tempo e rimandato l'inevitabile, si disse. I suoi occhi trovarono quelli di Levi e l'uomo, impercettibilmente, mosse il viso in direzione del Dio.

Ora, mimò con le labbra, ed Hanji rafforzò la presa sull'asta.

«Dritto alla testa...» si disse e, all'ultimo secondo, puntò la lancia verso Ymir, sparandole.

Il colpo andò a vuoto, mancando l'obiettivo di diversi metri, ma serví come diversivo: Mikąsa sollevò il mitra, scaricandolo verso il cielo, e la folla si agitò immediatamente non capendo dove fosse il pericolo; grosse nuvole di sabbia si sollevarono e il Capitano seppe che quello era il momento.

«Andate!» Levi urlò e la squadra si rimise velocemente in piedi correndo verso i giovani giunti in loro soccorso, i quali li coprirono con vecchi mantelli nascondendo le vesti bizzarre alla vista. Il corvino sentí due palmi bollenti toccargli le spalle ed E'ren era lì al suo fianco, a sorridergli in un modo che era rassicurante e sfacciato insieme, conducendolo lontano.

La femmina e il corazzato attivarono le proprie armi, facendo fuoco sulla folla, ma era troppo tardi: gli stranieri erano fuggiti, ed Ymir avrebbe sfogato la propria collera, per quel fallimento, su di loro.


   
 
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