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Autore: Koa__    16/03/2019    7 recensioni
Questa raccolta conterrà storie più o meno brevi, incentrate sulla coppia John Watson e Sherlock Holmes e (anche, ma non soltanto) sul loro ruolo di genitori.
La storia: "La geniale imperfezione di Sherlock Holmes" partecipa al contest "Tante navi per una palma" indetto da GiuniaPalma sul forum di EFP.
Alcune di queste storie partecipano alle Challenge dei gruppi: "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart" e "Aspettando Sherlock 5".
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il detective con il cuore di glitter
 
 
 


 
“(Do I wanna know?) If this feeling flows both ways”
Arctic Monkeys
 
 
 


Per quanto avesse provato a farti credere d’avere un cuore di pietra, Sherlock Holmes era sempre stato tutt’altro. Sensibile, premuroso, attento… E l’aveva nascosto così bene che non ti eri mai accorto di nulla. O meglio non avevi voluto vederlo, al punto che per tanto tempo l’avevi definito un sociopatico, una persona senza sentimenti. La macchina calcolatrice che pensava soltanto al lavoro e non aveva amici né qualcuno da amare. Te n’eri detto convinto, perché era più facile pensare che fosse lui il problema e non tu a non essere adatto. La verità era che lo credevi irraggiungibile, specialmente per un uomo semplice e anche un po’ banalotto come John Watson. Il soldato ferito nell’orgoglio che era tornato da una guerra nella quale aveva visto morire una parte di se stesso, e che non aveva più niente per cui vivere. Un medico a cui non andava neanche più di curare i malati perché incapace di guarire persino se stesso. L’uomo che Sherlock aveva salvato, in una qualche incomprensibile maniera ma che c’era riuscito anche grazie ai suoi casi strambi, alle corse in giro Londra. C’era riuscito con le rispostacce date a sconosciuti impazienti, con la genialità ostentata, con le risate sulle scene del crimine. Lo aveva fatto con quella parte meravigliosa di se stesso che ti aveva concesso di vedere fin da subito e che tu ti eri rifiutato di guardare con maggior attenzione. No, Sherlock non l’aveva mai avuto un cuore di pietra e da quando tu e Rosie siete tornati a Baker Street, te ne sei reso conto.

 
Sono passati tre anni ormai e nel vostro rapporto non è cambiato niente. Tu ti dividi tra i due lavori che fai e tua figlia a cui dare attenzioni mentre lui è sempre il solito strano, lunatico e pazzo genio che ti fa diventare matto. È sempre tutto preso dalle sue cose, dagli esperimenti e dai delitti misteriosi. Sherlock con le scritte sui muri e i puzzle da risolvere. Lui con tre cerotti alla nicotina sul braccio, quando il caso è da otto. No, è sempre lo stesso e grazie a Dio non cambierà mai. La differenza l’ha portata Rosie. Per lei, con lei, Sherlock fa cose meravigliose. Ride e gioca, racconta favole della buona notte, l’aiuta a vestirsi ed è con lei quando non vuole mangiare. Sherlock che è capace di restare incantato per minuti interi a fissare un cuore di glitter stampato su un braccio, ma tu questo non lo sai. Perché non lo vedi. Tutto ciò di cui sei certo lo intuisci e ci riesci grazie a quel: «Così guarisci» che gli ha appena detto Rosie, premendo con forza il trasferello sul braccio scoperto. Ma neppure questo sai, perché non sei lì con loro e perché senza sapere neppure il motivo ti sei fermato a metà della scalinata, incapace di muovere un passo in avanti. Se scendessi di qualche gradino noteresti la scatola di cerotti alla nicotina, intonsa, sul tavolo. Quella che gli hai comprato per impedirgli di rimettersi a fumare. Tu tutto questo però non lo vedi, lo percepisci soltanto. Lo intuisci grazie al parlare di Rosie, che non tace mai. Ed è lì che lo senti, l’uomo dal cuore di glitter che adesso parla di amore con una bambina di quattro anni, e che non sa che sei acquattato in cima alle scale e che stai ascoltando tutto. Tu che adesso non respiri, che ti siedi sui gradini senza frenare il tremore. Tu che ora l’hai capito. Finalmente.


«Anche papà ce l’ha il cuore» trilla Rosie, felice «così adesso vi potete sposare.»


Lui a questo non risponde, sospira pesantemente e tu puoi quasi sentire gli ingranaggi del suo cervello muoversi, in cerca di una via d’uscita. Sa di non poter sviare il discorso, non è possibile raggirare Rosie in nessuna maniera. Diventerebbe petulante e finirebbe col seguirlo dappertutto e lui ha un caso importante di cui occuparsi, quindi non ha tempo. Forse è per questo che decide di non far morire il discorso, in effetti non ne sei sicuro. Dopo anni ancora puoi ammettere di non capire del tutto Sherlock Holmes.
«Rosie, abbiamo già fatto questo discorso. Tu devi capire che io e tuo papà non ci sposeremo.»
«Ma perché?» domanda lei ed è lamentosa, e quasi ti viene da ridere. Non lo fai e soltanto perché le parole che Sherlock snocciola poco più tardi ti impediscono anche solo di respirare.
«Lo sai perché le persone si sposano?»
«Sally Fisher dice che è perché dormono insieme, ma per me non è vero. Sono come Anna e Kistof! [1] Loro non dormivano insieme e si sono sposati perché si amavano. Sono come tu e papà.»
«Rosie, non è così. Mi piacerebbe, ma non siamo come loro.»
«No, lo siete. Io lo so e lo sa anche nonna Hudson, zio Mycroft, zio Greg, zia Molly. Tutti tutti lo sanno.» Di nuovo lo senti sospirare, ma al contrario di poco fa questa volta la sua risposta è immediata.
«Rosie, se fosse per me… io amo tanto il tuo papà e lo sai. Ti ho anche già detto che non ho mai amato nessuno come amo lui, ma devi capire che ci sono molti modi di amare una persona e delle volte amare significa mettersi in disparte, e fargli vivere la vita che desidera. Lui ha bisogno di una donna al suo fianco, come lo è stata tua madre. Presto ne troverà un’altra e io gli sarò vicino proprio come ho fatto quanto ha sposato la tua mamma.»
«Ma tu poi però sei triste!»
«Sì, è vero: sono tanto triste. Ma io non conto niente, piccola John. Però sappi una cosa, anche quando ve ne andrete io ci sarò sempre per te e per il tuo papà. Qualsiasi cosa a qualsiasi ora. Sempre, piccola John.»
 

Eccolo, l’uomo dal cuore di glitter. Se ne sta appollaiato su uno sgabello della cucina e guarda Rosie negli occhi. Lei, che siede sul tavolo e che ha ancora stretta tra le dita la cartina coi trasferelli. Lei che adesso è triste e che cerca, nell’abbraccio di Sherlock, quel conforto che tu non saresti in grado di darle. Perché adesso non sei capace neppure di muovere un passo. Hai la mente annebbiata e il cuore che fa male, lo stomaco si torce e le gambe cedono facendoti crollare di nuovo sui gradini. Sherlock ti ama, lo ha detto proprio adesso e tu l’hai sentito. L’ha detto davvero e ti sembra di morire alla sola idea. Ci hai sofferto per tanto tempo, a lungo hai creduto di non essere degno di lui né che fosse possibile essere oggetto dei sentimenti di un uomo tanto meraviglioso. Perché in fondo l’hai sempre amato ma hai fatto di tutto per negarlo, dimenticartelo, soffocarlo. Cancellarlo dal tuo cuore e farlo sparire dalla testa. È per questo che sai che non gliel’avresti mai detto. Anzi, se fosse stato per voi avreste vissuto tutta la vita senza dirvi mai parlarvi e invece eccovi qua, con Rosie che è la vostra molecola impazzita. La variabile che non siete in grado di prevedere. Lei che se ne sta seduta sopra a un tavolo che sorride non appena ti vede. Lei che strizza il braccio di Sherlock con forza e ti fa vedere il tatuaggio, quel cuore glitterato che sembra brillare con un po’ più di forza adesso. E tu che sorridi, che le scompigli i capelli ma non le rispondi. Sherlock, le tue attenzioni sono tutte per lui. Lui che adesso strabuzza gli occhi e che è dominato dalla paura da una paura viscerale che gli scorre in volto e che non sa nascondere. Un terrore che non vuoi vedere e che ti preoccupi di cancellargli dalla faccia. Farlo è facile, semplice come dirsi ti amo. Difficile come dirselo davvero, quel dannatissimo ti amo.
«Ho sentito tutto» dici. Lui trema, suda quasi e sembra morire per un istante. Ma poi il suo volto si trasfigura di sorpresa e sei tu a riportarlo in vita, lo fai con quel sorriso che non accenni a tirar via. Sorridi e lui fa altrettanto, finalmente avete capito. E no, non basta questo. Anzi servirà ben altro. Parole, discorsi, baci… adesso però niente di questo vi serve, basta il vostro guardarvi e quei cuori di glitter a suggellare una promessa.
 
 

 
Fine
 
 



[1] Sarebbero Anna e Kristoff, di Frozen. Ho creduto che una bambina di quattro anni potesse avere difficoltà coi nomi stranieri.
 
Note: Questa storia l’ho scritta di getto, ispirata anche dalla canzone degli Arctic Monkeys: “Do I wanna know?” (che sono tipo la mia nuova fissazione). Era un’idea che avevo in testa da tempo e l’occasione è arrivata grazie al prompt di Sonia alias MissAdler che recitava: “Sherlock è alle prese con un caso complicato, ha bisogno di fumare ma ha promesso a John di non farlo più. Non ha cerotti alla nicotina e gira per casa come un isterico. John non lo sopporta più ed esce insieme a Rosie per comprargli i cerotti. Per lei compra un libricino di adesivi glitterati. Quando torna a casa consegna a Sherlock la scatola, ma poco prima che lui si applichi il primo, la bimba gli attacca un adesivo a forma di cuore (o altro) sull’avambraccio.”
 
Il prompt lasciava intuire che fosse meglio una narrazione classica alla terza persona, ma io ho optato per una di un altro tipo. I problemi di Sherlock sono appena accennati, così come l’introspezione su John. Il perno di tutto resta la parte centrale che il dialogo tra Sherlock e Rosie, tutto il resto è volutamente sfumato.
Grazie a tutti coloro che hanno letto e recensito fino a questo momento.
Koa
   
 
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