Winter
is coming
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Komeroshi
Nives
camminava velocemente, il respiro leggermente affannato, la guance
arrossate e i piedi che iniziavano a bruciare per lo sforzo che
quella camminata scattante imponeva.
Si
era attardata troppo in biblioteca e no, non aveva preparato nemmeno
metà dell’esame, ma in compenso si era caricata di libri, che
ovviamente non c’entravano nulla con la sua facoltà. Il risultato?
Rischiava di perdere l’ennesimo autobus.
Aveva
quasi raggiunto la fermata e con orrore vide che l’autobus era già
lì, fremente di ripartire; si obbligò ad uno scatto felino ma
qualcosa la bloccò un attimo prima di fare quell’ultimo salto
nell’umido calore del mezzo.
Era
il vento. Ma non era un vento qualsiasi no, quel soffio impetuoso lei
ormai aveva imparato a riconoscerlo e aveva il potere di risvegliare
qualcosa nel suo intimo. I suoi capelli sfuggirono dal cappotto,
librandosi nell’aria, il suo corpo fremette mentre l’autobus
chiudeva le porte e ripartiva, lasciandola lì inchiodata.
Un’altra
folata la colpì, era fredda, pungente, si insinuò fra i vestiti
lasciando una carezza gelida sulla pelle.
Il
suo corpo prima tremò, poi emanò un calore nuovo, Nives si strinse
ancora di più negli abiti pesanti. Un sorriso allegro nacque sulle
sue labbra rubre, il naso piccolo e leggermente all’insù
puntò verso il cielo, i suoi occhi si bearono del cielo
azzurrissimo, così carico che le sembrò un colore impossibile da
riprodurre. L’aria già fresca e limpida mutò, riempiendosi di
tinte terse e fredde, di pigri e tiepidi raggi solare, di notti buie
e silenziose.
La
ragazza afferrò il cellulare e digitò veloce un messaggio. La sua
meta ora era decisamente cambiata.
La
graziosa villetta a schiera risaltava sulle altre per il rigoglioso
giardino all’inglese che collocava l’intera proprietà in
un’altra epoca.
L’espressione
sul volto di Nives si fece dolce non appena scorse la porta della
veranda aprirsi e un’anziana signora, dall’aspetto curato
nonostante l’inclemenza del tempo incedere verso di lei.
«Nives!
Mia dolce Neve!» la sua voce era soave come una carezza e chiara
come lo scroscio fresco dell’acqua, non pareva la voce di un
ultrasettantenne, ma di qualcuno che ancora molto aveva da dire.
«Nonna!
L’hai sentito? Dimmi che l’hai sentito anche tu!».
La
risata aperta di sua nonna la contagiò, la abbracciò venendo
avvolta dal familiare e rassicurante profumo di pipa, legno bruciato
e arancia, che a Nives ricordava la stagione in arrivo.
«Certo
che l’ho sentito, il Maestro
dei venti
ha
deciso di onorarci con la sua presenza» la ragazza sorrise, seguendo
l’anziana all’interno dell’abitazione.
Il
Maestrale era giunto, preannunciando l’arrivo dell’inverno.
Se
per molte persone l’inverno era solo una gran scocciatura e con
tristezza osservavano gli indumenti pesanti, detestando l’idea di
seppellircisi dentro, Nives non era dello stesso avviso.
Per
la giovane l’inverno era una stagione magica: fatta di calore
cercato e donato, di fuoco scoppiettante nei camini, di profumi dolci
amari, di tessuti caldi e morbidi e del Natale. E sua nonna non era
da meno, era lei che le aveva insegnato a riconoscere il Mistral
e
ciò che portava con sé. Come da tradizione sua nonna le passò una
fumante tazza di tè caldo, sempre lo stesso ogni anno, mentre lei
stendeva sulle gambe di entrambe la grossa coperta di lana e cashmere
rossa.
Erano,
come sempre, sedute sulla panchina in ferro battuto nel retro del suo
lussureggiante giardino.
Nives
assaporò grata il caldo liquido profumato, chiuse gli occhi e rimase
lì ad ascoltare i sussurri carichi di promesse del vento.
Komeroshi: il vento freddo che inizia a soffiare quando l’inverno sta per arrivare.
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Buongiorno a tutti! Eccomi tornata con un nuovo capitolo one shot, questa volta ho prediletto un momento di famiglia: nipote-nonna, e per farlo ho scelto un altro termine giapponese Komeroshi.
Ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo e chi recensirà questo e a chiunque arriverà a leggere fino a qui!
Buona giornata!