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Autore: lisi_beth99    21/03/2019    1 recensioni
Minho è stato catturato ed il resto del gruppo cerca di salvarlo dalle grinfie di W.C.K.D.
Lane dovrà lottare un'ultima volta per riuscire a lasciarsi tutto alle spalle e poter costruire una vita pacifica con Newt.
Ma ci sarà un segreto fra loro...
Riusciranno a vincere contro l'organizzazione e a raggiungere un luogo sicuro?
Questo è l'ultimo capitolo della saga, dove tutto si concluderà nel bene, o nel male
//SEQUEL DI: RUN FIGHT SURVIVE\\
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Newt, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Live, Fight, Win'
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Quando uscii dal bagno e ritornai al container, diversi ragazzi erano già stati accolti dai pochi rimasti del Braccio Destro. Chi aveva una coperta sulle spalle, chi un bicchiere di acqua in mano e chi si teneva abbracciato ad un suo compagni di sventura.
Cercai fra quelle decine di teste quella per cui avevamo messo in piedi tutta quell’operazione. Poi vidi Newt parlare con Thomas poco lontano da dove mi trovavo, così mi avvicinai a falcate – Dov’è Minho? – chiesi temendo di conoscere già la risposta. Newt mi circondò le spalle con un braccio – Stai bene? – domandò lui invece di darmi una risposta – Sì… ma io voglio sapere di Minho! – dissi scostandomi leggermente dall’abbraccio. – Non c’era… - rispose Thomas fissando un punto nel vuoto.
Sbarrai gli occhi – Com’è possibile? – sussurrai più a me stessa.
Il moro si allontanò con lo sguardo perso. E quando faceva così non ci si poteva aspettare nulla di buono: l’ultima volta se n’era uscito con “ucciderò Ava Page”. Quindi…
-Buongiorno ragazzi! – la voce possente di Vince proveniva dal molo a cui era ancorata l’unica nave ancora intera di tutta la baia, quella che ci avrebbe portati via da lì.
-State a sentire. – continuò l’uomo, mentre mi avvicinavo a Thomas che si era appoggiato ad una parete grigia del casolare – So che avete passato l’inferno, vorrei potervi dire che il peggio è passato… purtroppo non è ancora finita. W.C.K.D. è lì fuori e non si arrenderà mai perché voi avete qualcosa che vogliono. Vi hanno catturato perché siete immuni ad un virus che sta sterminando la razza umana e sono pronti a sacrificare voi per trovare una cura. Beh, io no! – affermò mentre un coro di voci esultavano – Perciò, tra due giorni, quando avremo sistemato questo rottame – continuò indicando la nave – Ce ne andremo da qui! Andremo in un posto dove W.C.K.D. non vi troverà mai! Un posto dove ricominciare. Un posto che chiamerete casa. – a quelle parole Thomas diventò ancora più serio e se ne andò. Io rimasi per la fine del discorso. Tutti i ragazzi erano euforici ed elettrizzati all’idea di non essere più nelle grinfie della W.C.K.D. e potevo capirli benissimo.
Ma noi cosa avremmo fatto senza Minho? Era ancora una cavia… se non era già morto.
Due braccia mi circondarono da dietro – Tutto bene tesoro? – chiese una voce a me molto nota. Rimasi a crogiolarmi nel suo abbraccio – Certo… Però… Minho? Che ne sarà di lui? – chiesi continuando a guardare il mare. Newt mi fece voltare – Non lo so. Non possiamo lasciarlo a Janson e alla Page. Se conosco Thomas, starà già pensando a qualcosa. Ma intanto… - disse tirando fuori da una tasca del suo giubbotto un cordoncino a cui era legata una piccola conchiglia che sfumava dal rosa al corallo – L’ho trovata sulla spiaggia qualche giorno fa. Non è molto, ma prendila come segno del mio amore. Come una promessa per la vita. La speranza che tutto questo finirà e noi due potremo avere una vita felice. – disse continuando a guardare la conchiglia. Il mio cuore quasi esplose di gioia – Scherzi? Newt non puoi neanche immaginare come questo piccolo segno mi renda tanto felice! Tra pochi giorni saremo liberi. Potremo iniziare una vita nuova, lontani da tutto. E l’idea di passare il resto della mia vita con te mi fa così… - ma non riuscii a terminare la frase perché le parole mi morirono in gola e scoppiai a piangere. Lui mi avvolse ancora nel suo abbraccio e, con una mano, disegnava dei cerchi sulla mia schiena. Come sempre, quel gesto fu un calmante. Mi scostai quel tanto per guardarlo nei suoi splendidi occhi marroni – Scusa, non so che mi è preso. – dissi cominciando a ridere seguita dal biondo.
Rimanemmo ad osservare i nuovi arrivati che cominciavano ad ambientarsi per qualche minuto – Sai? Nel container c’erano Aris e Sonya. – disse ad un tratto Newt. Io lo guardai – Cosa aspettavi a dirmelo? Magari sanno qualcosa. Dove sono ora? – domandai colpendogli un braccio con un leggero pugno scherzoso. – Harriet li ha portati dentro. Aris sembra che sia stato picchiato… - continuò mentre mi prendeva per mano e ci dirigevamo verso la porta del casolare.
Il sole cominciava a calare e illuminava la stanza con una luce arancione. Aris e Sonya erano seduti su degli sgabelli; lui aveva la faccia piena di lividi e graffi e lei cercava di pulirgli via il sangue con un panno. Newt si sedette di fronte ai due ed io rimasi in piedi alle sue spalle.
Thomas entrò subito dopo di noi, seguito da Brenda, e si avvicinò ad Aris. Questo lo guardò sorridendo – Ce ne avete messo di tempo a salvarci! – esclamò guardando l’ex Velocista – è sempre un piacere vederti. – rispose – Cos’è successo? – Thomas tornò serio – Mi sono ribellato. O almeno ci ho provato. – Aris sembrava maturato rispetto alla prima volta che ci eravamo incontrati nella mensa di quello che credevamo un posto sicuro. Ora era più sicuro di sé e combattivo.
-Per fortuna ci avete trovato. Ci spostavano di continuo. – proruppe Sonya dopo alcuni attimi di silenzio – Stava per succedere qualcosa. -.
Newt intervenne – Sapete dov’erano diretti? - . –So solo che parlavano sempre di una città. – rispose Aris.
Allora avevo ragione! Pensai mentre gli altri si scambiavano sguardi indagatori. – Non credevo che ci fossero ancora delle città! – esclamò sorpresa Harriet. – Infatti non ce ne sono. Ancora intere, per lo meno. – rispose senza enfasi Brenda.
Per un attimo Thomas mi fissò, poi rispostò lo sguardo su Aris – Okay, sapete niente di Minho? Perché non era sul treno? – seguì un momento di silenzio in cui Aris e Sonya si scambiarono degli sguardi che non lasciavano pensare a nulla di buono – Mi dispiace Thomas, c’era anche lui! – disse amareggiato.
Calò il silenzio nella stanza. Eravamo stati ad un passo dal nostro amico ed avevamo sbagliato il vagone… come era stato possibile? Va bene, avevamo trovato Aris e Sonya però Minho era ancora nelle mani di W.C.K.D. E ora?
Lasciammo Aris e Sonya a riposarsi e uscimmo dalla stanza. Harriet volle restare con i suoi amici mentre noi ci riunimmo nella stanza in cui avevamo progettato il piano appena sfumato.
Mentre camminavamo nei corridoi del casolare mi avvicinai a Thomas – Che ti avevo detto? Esiste una città sotto il controllo di W.C.K.D. E voi che mi avete tanto sfottuta! – dissi scherzosa.
Quando avevamo cominciato a pianificare, io avevo portato all’attenzione di tutti le voci che avevo sentito nei Laboratori che circondavano il Labirinto: W.C.K.D. aveva una città, l’unica rimasta in piedi, in cui avevano gli uffici principali e teneva al sicuro gli alti funzionari rimasti in vita. Tutti l’avevano presa come notizia poco attendibile, tutti tranne Jorge che, in separate sede, mi confessò di averla vista una volta. In più, dopo aver intercettato delle comunicazioni del nemico, avevamo appurato che i soggetti immuni venivano spostati con dei treni tra varie basi; così la mia informazione passò nel dimenticatoio. Ma ora cambiava tutto.
-Lane non ho mai pensato che dicessi delle caspiate. – si fermò un attimo rendendosi conto di aver usato un termine da Raduraio e gli comparve un sorriso nostalgico – Ma avevamo delle informazioni sicure… - io lo interruppi – Ed infatti erano giuste. Ora però ci toccherà entrare nella fortezza più inespugnabile che possa esistere nell’universo. –
Arrivammo nella sala di “comando”, il luogo più sicuro del porto. Dove c’erano i generatori di tutto il casolare e le radio da cui intercettavamo le comunicazioni. Era l’unica stanza senza finestre e quella più grande.
Thomas aspettò che ci raggiungesse Vince, era rimasto fra i nuovi ragazzi per rispondere alle loro domande.
Dopo la morte di mia madre ci vollero giorni perché superasse la cosa. Mi confidò di averla amata e mi disse anche che Mary gli aveva parlato più volte di me; rimpiangeva di avermi abbandonata ma, non sapendo cosa l’aspettasse fuori dai Laboratori, aveva deciso di lasciarmi lì: pensava sarebbe stato più sicuro per me…
Avrei dovuto parlarle quando ne avevo avuto l’occasione ma, ormai, non potevo farci nulla. I rimpianti non servono a niente. Avevo preso una decisione, ora avrei dovuto conviverci per il resto della mia vita.
   
 
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