IL SECCHIO
Dicevano che sarebbe stato un lungo
inverno,
il più lungo degli ultimi anni.
Ma il tepore,
la siccità estrema
hanno già invaso le nostre terre di
confine,
dove l’umanità languisce
e dove non ha importanza se c’è una
ragione.
L’importante è vincere.
Qui i fiori sono sbocciati da tempo,
in una primavera estetica,
che non è affatto interiore.
I fiori lasceranno presto il posto ai
frutti
ma non saranno frutti dell’amore;
i cuori sono solo tagliati da lame
affilate,
a fettine, sfilettati,
coi giorni che si allungano,
infiniti.
Qua, ove ormai splende sempre il
sole;
qua, ove la noia esistenziale prende
il sopravvento su ogni morale.
Qua, dove mi manca da tempo la tua
voce,
quel tuo sorriso che stende.
Avrei bisogno di un po’ di amore.
Nei giorni tutti uguali,
in una stagione che non ha senso,
in bilico tra la piena estate e una
falsa primavera,
io mi sento così perso!
Le amiche sono lontane,
tutto il resto sono inganni.
Sto perdendo l’inarrestabile filo del
tempo.
Chi dice che bisogna osare.
Io, invece, vorrei solo esplodere;
se Dio esiste, è stato saggio a
rendermi umano
in un carcere di carne, ossa e
materiale organico.
È come se fossi una bomba nucleare,
ormai,
vorrei solo varcare i limiti che mi
racchiudono qui,
che mi costringono.
Se avessi potuto scegliere, sarei
stato un buco nero.
Avrei divorato intere galassie, avrei
dilaniato l’universo.
L’avrei fatto solo perché sarei stato
alla ricerca di un senso.
È il senso che manca,
il senso dei miei futili problemi
interiori.
È incredibile constatare quanto sono
bravo
a rovinare ogni mio momento
spensierato.
Ho capito che forse ho sbagliato
tutto,
fin dall’inizio.
Vorrei cambiare, ma presto mi sono
reso conto
che il mio è un processo
irreversibile;
dentro me, da piccolo, ardeva la
fiammella di una candela,
che ora è diventata un grande
incendio.
Presto sarà un vulcano, che erutterà
lava incandescente.
Verrà qualcuno che mi aiuterà,
almeno gettando un paio di secchi di
acqua gelida
sulla brace rovente?
Ormai dentro sono solo l’incendio che
arde,
che non si ferma.
Sono stanco, dico.
Vado a letto stanco, mi sveglio
stanco.
Le alte fiamme corrodono e lambiscono
ormai
tutta la mia foresta interiore.
Giungi, o fatidico secchio,
a darmi un minimo di ristoro!
Spegni almeno una fiammella
marginale,
salva almeno una piantina
da questo disastro colossale.
Giungi, o Musa,
e ti prego, sorridimi;
ed io ti sorriderò, sì,
io che ardo, che brucio,
con il lezzo acre del fumo che
avvolge
la mia anima…
NOTA DELL’AUTORE
Poesia così…
Potente, la definirei. Non è totalmente negativa, ma neanche
positiva. In bilico, come il lungo periodo statico che sto vivendo.
A voi il resto dei giudizi ^^
Grazie di tutto!