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Autore: _Turs_    24/03/2019    3 recensioni
Di come il sistema solare non è l'unica cosa di cui Sherlock è all'oscuro, o per meglio dire, di come un ex-medico militare lasci tanti fiori in diversi momenti della sua residenza a Baker Street e di come un consulente investigativo non sia davvero interessato al linguaggio dei fiori.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo terzo, Garofani Gialli e Ugual Rose
 
 
Vivi o muori, ma per amor di Dio non avvelenarti con l’indecisione.
-Erica Jong
 

Sherlock aveva sempre pensato che se a John avessero chiesto chi fosse la vera Regina del Dramma, avrebbe senz'altro alzato il braccio e indicato lui senza nemmeno pensarci un solo istante, ma da quando avevano incontrato La Donna, non era più certo di potersi affibbiare quel titolo.
Lei, morta e resuscitata, ora si trovava seduta sulla sua poltrona, i capelli sciolti e senza trucco, in quella che su qualunque altra persona sarebbe sembrata una maschera di miseria, ma che sul suo volto sembrava l'ennesima conferma di fierezza. Di certo non si sarebbe piegata, neanche in quella condizione sfavorevole, quegli occhi lo confermavano. Gli stessi occhi che in quel momento erano fissi sul suo coinquilino insieme ad un sorriso malizioso, che l'altro stava cercando di evitare guardando altrove. 
Insofferenza.
Era l'unico sentimento che l'investigatore percepiva dal comportamento dell'amico, così come aveva sempre fatto dal primo incontro in cui se l'era trovata nuda davanti agli occhi. Il tremore degli arti, specialmente la gamba che batteva a terra frenetica e irregolare, la costante voglia di evitare anche solo la vista di quella donna, tanto da fissare lo sguardo sugli oggetti più inutili e anche gli occhi che ogni tanto gli si rivolgevano, in quello che sembrava un invito a mandarla via. Eppure questi ultimi erano effimeri, per quanto quel fastidio fosse persistente, il Dottor Watson era un uomo troppo buono per evitare l'aiuto ad una persona in difficoltà. O forse considerava il suo giudizio abbastanza influente da obbligarlo a tacere.
Quel pensiero lo fece lievemente sorridere, attirando l'attenzione dei due. Le reazioni furono gli estremi opposti e ciò sembrò, per l'ennesima volta, interessante per la sua mente, sopratutto per lo sguardo accusatore di John stesso, che sembrò offendersi da quel sorriso fuoriluogo, quasi captasse in esso un pensiero ben lontano da quello reale. D'altro canto lo sguardo di Miss Adler gli provocò quello stesso senso di fastidio che sentiva provenire dal suo coinquilino, come se lei sapesse qualcosa che lui ignorava e di cui sembrava lontana la soluzione. Più la sua irritazione cresceva, più il sorriso della donna si allargava sulle guance, lo stesso che si avrebbe nel compatire un bambino stupido. 
A interrompere quel momento fu John stesso, che tirò indietro la sedia, facendola stridire contro il pavimento per poi leccarsi le labbra, quasi come se fosse un movimento del tutto casuale. Aveva poi tossito, guardando i due forse per la prima volta da quando si erano riuniti davanti al camino ora spento e trovandoli intenti in quel gioco di sguardi, per poi spostare gli occhi sul vaso che stava immobile a pochi centimetri dal gomito di Sherlock, quello che da Natale sembrava tappezzarsi in maniera costante con garofani gialli di tutte le dimensioni possibili. Un lampo di dolore prese possesso delle sue iridi, rapido, ma al detective sembrò non fosse il momento per parlarne, non con Irene lì davanti a loro, pronta a sfruttare le loro debolezze, ma che sembrava ben più conscia di loro di quali fossero. Represse quindi qualunque istinto, abbassando la mano che non si era accorto di aver leggermente alzato nella sua direzione con un gesto elegante e disinvolto.
"Sa, non mi piacciono molto i garofani, sono così... instabili. Sembrano lasciarti con l'amaro in bocca proprio sul più bello." Aveva detto così la Adler, alzandosi con l'finezza di un felino e compiendo quei passi che l'avrebbero portata davanti al tavolino, accanto alla sedia su cui era seduto l'investigatore. Gli occhi del medico la seguivano con attenzione, un sopracciglio alzato e uno sbuffo che aveva preso la forma sulle labbra, ma le spalle rigide della posa militare, pronto a scattare. Di questo Sherlock però non se ne accorse, avendo alzato il volto in direzione di Irene, che lo sovrastava ora che aveva allungato le mani verso il vaso con un tocco delicato. Fu l'investigatore stesso a fermarla, dopo aver capito le sue intenzioni, prendendola per il polso con fermezza, a protezione di quell'ornamento che tanto pareva inutile ai suoi occhi ma che sembrava così importante per l'amico. 
"I suoi gusti in fatto di fiori non sono affar mio, nè di John, sinceramente, quindi evitiamo i discorsi inutili e andiamo al dunque."
L'odore forte della donna gli inondava le narici, uno Chanel, il n° 5 molto probabilmente. Non gli era mai piaciuto, quello, era scialbo per lui, troppo forte, troppo invadente.
"Oh, quindi a lei piacciono?" Aveva invece chiesto lei, quasi senza ascoltare le sue parole, sempre quel tono di derisione in volto. "Non la facevo tipo da garofani sa, pensavo li avesse già...superati. O forse ho avuto troppa fiducia nelle sue capacità intellettuali. Sono un po' delusa." E così piegò il capo, stringendo leggermente le palpebre prima di far scivolare la mano dalla sua presa, passando le dita sul palmo di quella dell'altro, quasi lo stesse analizzando in base a dei nuovi dati, ma senza ricevere alcuna reazione se non un altro sopracciglio inarcato dato dall'irritazione. Sherlock si stava davvero trattenendo dall'urlare dall'irritazione che gli provocavano i suoi modi.
La Donna continuava a fare riferimento a certi discorsi a lui così stupidi, poco vitali in confronto al contenuto del telefono, e ciò gli stava facendo perdere la poca pazienza che già possedeva. 
"Ma lei non lo sa, vero?"
"Cosa dovrei sapere?" Fu la risposa diretta e veloce data dall'investigatore per la frustrazione, e pur rivolgendosi ad Irene, si voltò verso il suo coinquilino, che tratteneva il respiro con la mascella serrata nel guardare con odio la donna davanti a lui. Si aspettava quasi che fosse l'ex soldato a dargli tale risposta, ma quello non gli rivolgeva il minimo cenno del capo, intento a stare sull'attenti contro il pericolo imminente, che però Sherlock non comprendeva.
"Il perchè lei non ha bisogno di stupidi garofani, semplicemente." Disse candidamente lei, prima di scattare senza poter essere fermata e spingere con due dita il vaso, che barcollò cadendo giù dal tavolo, precipitando verso il pavimento.
Nessuno schianto però avvenne.
La mano del detective si era stretta attorno al collo di porcellana del vaso, a pochi centimetri dal terreno, mentre quella del medico, a nemmeno qualche millimetro di distanza, tremava in maniera impercettibile, ma non agli occhi di Sherlock, che lo guardò in cerca di risposte, non ricevendone alcuna. Perchè si comportava così? Davvero, alcuna spiegazione scientifica sembrava del tutto razionale in quel frangente. I messaggi, la fronte che si aggrottava al solo sentire la suoneria, il contarli, l'astio nei confronti della donna, come se lei gli avesse fatto qualcosa di personale e stesse continuando a stuzzicarlo.
E Sherlock non capiva, perchè Irene non aveva avuto contatti con John se non davanti ai suoi occhi, nessun motivo poteva essere causa di tale odio.
Eccetto.
Già, eccetto per la questione del loro "amore" come lo chiamava lei, quello a cui il medico aveva risposto con un "non sono gay" che si sarebbe potuto sentire fino in Scozia se solo avesse alzato di un tono la voce.
Che se la fosse presa per quello? Era una reazione esagerata, e sopratutto era iniziato tutto molto prima. Tutto ciò non aveva il minimo senso.
Nel mezzo di questo ragionamento fin troppo lungo, fonte di distrazione, nemmeno si accorse che il suo amico aveva preso il vaso dalle sue mani, ormai vuoto perchè erano riusciti a salvare la porcellana, ma i garofani erano caduti rovinosamente a terra insieme all'acqua che ora formava una pozza sotto il tavolo. Fortuna che non c'erano prese lì accanto.
Sherlock si riscosse alzandosi, le mani incrociate al petto in una posa composta che fece ghignare la donna ancora più apertamente. Sembrava trovasse il tutto fin troppo divertente e ciò non faceva che aumentare la voglia di evadere, ma non poteva, c'era troppo in gioco. 
Si voltò comunque verso John che però sembrava troppo occupato a raccogliere i petali caduti, quasi volesse concentrarsi solo su quelli e nient'altro.
"Ripeto. I fiori non dovrebbero essere nel nostro interesse, dica ciò che sa e basta. Non mi piacciono i giochetti."
Ammise burbero nei confronti di quella che stava diventando una presenza come quella del profumo stesso che emanava, invadente, pretendeva l'attenzione che non le si voleva dare, prepotentemente anche. 
"Io non sto giocando, Signor Holmes, sto cercando di aiutarla. Lei aiuta me, io aiuto lei, mi pare equo, non crede?" Aveva risposto sempre lei, allargando leggermente le mani innocentemente, come se fosse la cosa più ragionevole al mondo, ma sempre con quel sorriso accorto. 
"Non penso che Sherlock abbia bisogno di alcun aiuto." Fu la risposta pronta e decisamente brusca dell'amico, che si era appena alzato con quel che rimaneva delle piante fradicie. L'occhiata irata che continuava a darle era solo uno dei tanti punti che scopriva la sua rabbia, era più che altro quel tremore incontrollato, come se Irene avesse fatto ben altro se non buttare a terra dei fiori.
"Suvvia John, sono solo dei fiori." Sussurrò infatti Sherlock, gesticolando. "Appena finiremo questa cosa potrai comprare tutti i garofani che vuoi." 
Forse aveva l'intento di rassicurarlo con quelle parole, ma ebbe l'esito opposto, tanto che potè quasi sentire John digrignare i denti prima, seppur fosse di spalle.
"Non c'è problema, in fondo ha ragione Miss Adler, non c'è bisogno dei garofani ormai." 
Nella rabbia di quella sentenza, la sconfitta era totale, tanto da destabilizzare l'investigatore.
"Vedo che concorda con me, finalmente. E' sempre bello avere ragione, Dottor Watson, e in questi casi, io non sbaglio mai. Suvvia, le ho solamente dato una mano, non dovrebbe guardarmi come se stesse tentando di non saltarmi alla gola. Le darò un altro consiglio comunque, usi le rose gialle stavolta, direi che sono le più adatte." Quel tono accondiscendente continuava a presentarsi nella voce divertita della donna, stonando alle orecchie di Sherlock come una nota di una corda spezzata nel violino. Aprì la bocca per rispondere ma il soldato fu più veloce.
"Non so di cosa lei stia parlando. Non pensa di darsi fin troppa importanza?" Più andava avanti, più John sembrava deciso a zittirla o a saltarle direttamente alla giugulare, ma si tratteneva appena, come notava Sherlock dai suoi stessi pugni chiusi.
"Io? E cosa mai c'entrerei in questo discorso? Oh, Dottor Watson, lei è davvero adorabile, si è appena fregato e nemmeno se n'è accorto." Il sorriso di lei sparì in una risata sonora mentre si portava una mano al di sopra del petto per diminuire gli spasmi. Per una volta, Sherlock si trovò dall'altra parte, quella dei pesci rossi, e ciò non gli piaceva affatto. Li guardava attentamente, li analizzava in ogni minimo dettaglio, ma non riusciva a collegare davvero tutti i dati, rimarcando più volte nel suo cervello l'espressione prima terrorizzata e poi furiosa di John. Ora voleva capire, ma lei non glielo permise.
"Ma ora, parliamo di cose importanti, visto che così vuole il Signor Holmes, poco interessato ai fiori. Quasi quasi mi dispiace per lei, Dottor Watson. Quindi, che fine avete fatto fare al mio telefono?"














Angolo Autrice:
Ed eccomi qui con il terzo capitolo yoohoo
Prima di tutto:
dettagli tecnici: *inserire musichetta di superquark*
il garofano giallo rappresenta l'indecisione dei propri sentimenti aka John che non capisce bene ciò che prova per Sherlock.
la rosa gialla citata dalla cara Irene ha due significati principali, l'amicizia e la gelosia. Il trucchetto che lei utilizza serve un po' a far ammettere a John la propria gelosia, infatti lei dice "dovresti mettere le rose gialle" nel senso che "come dici tu, siete amici, metti quelle" ma John al volo comprende che si tratti del significato di gelosia e quindi al solito dà di matto e dice che non è vero.
Questo capitolo è stato quello che io definirei un parto vero e proprio, con tutte le ore di travaglio etc etc. Non è stato per niente facile da scrivere, perchè Uno Scandalo a Belgravia è quello che un po' rappresenta la svolta in cui sti due capiscono di essere due idioti ma non ne parlano e quindi diventano idioti alla seconda. Qui iniziano tutti i casini insomma. 
E descriverlo tutto in un pezzo è un po' un incubo. Sopratutto perchè Irene è davvero davvero difficile da manovrare.
Comunque, ho già scritto il capitolo successivo (che per ora è anche il mio preferito) e lo posterò settimana prossima, ma nel frattempo ditemi che ne pensate di questo con una recensione,
alla prossima,
_Turs_


   
 
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