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Autore: MonicaX1974    29/03/2019    0 recensioni
Sognando la vita di Harry Styles
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I legami che ci vincolano a volte sono impossibili da spiegare

ci uniscono anche quando sembra che i legami si debbano spezzare

certi legami sfidano le distanze e il tempo e la logica

perché ci sono legami che sono semplicemente destinati ad esistere!

Grey's Anatomy
 

*******
 

Mi sento un pesce fuor d'acqua tra tutte queste luci, gente che corre a destra e sinistra, la ragazza che mi ha ritoccato il trucco un paio di volte; non sono affatto abituata a tutte queste attenzioni su di me. La cosa che più mi spaventa è quella telecamera che punta dritto nella mia direzione, impietosa e senza un briciolo di umanità.

Stamattina, quando la sveglia ha suonato, ero già in piedi da un paio d'ore, alle prese con il mio terzo o forse quarto caffè, e non mi sono mai sentita così nervosa come oggi ‒ nemmeno quando sono stata dal mio editore per la prima volta per firmare il contratto che avrebbe visto pubblicato il mio libro, o durante i numerosi firma copie che mi hanno visto protagonista in giro per l'Inghilterra durante gli ultimi mesi, nei quali ho incontrato tantissime persone.

Non mi sarei mai aspettata tutto questo quando ho iniziato a buttare giù le prime righe sul blocco note del cellulare, come pensieri sparsi per tenere a mente ogni dettaglio vissuto nel periodo più felice della mia vita, perché sono stati proprio i dettagli ad avermi fregato in pieno. Come quando metti lo zucchero a velo su un dolce finito, o quando metti dei fiori freschi al centro del tavolo, oppure un piccolo ciondolo al braccialetto, come quello che non ho mai smesso di indossare. Ecco... lui è sempre stato come quei dettagli che migliorano, quelli che rendono tutto più bello.

Quel braccialetto, quello che lui mi ha regalato per il primo Natale che abbiamo trascorso insieme, l'ho agganciato al polso anche stamattina, come faccio ogni giorno. È proprio quel piccolo ciondolo che continuo a torturare per confortarmi, quello a forma di hamburger a ricordare il nostro primo bacio quella sera in quel fast food.

*

«Tu credi che vada bene così?» Mi giro verso Maddie, la mia migliore amica dai tempi dell'asilo.

«Nicole... stai andando al Burger King, credo proprio che jeans e maglietta siano decisamente adatti». Sbuffa alla mia ennesima richiesta da quando è entrata nella mia camera.

«Voglio essere perfetta, Mad... finalmente mi ha chiesto di uscire e non voglio che qualcosa vada storto». La guardo mentre lei alza leggermente gli occhi al cielo scuotendo la testa e mostrandomi quel sorriso che usa quando vuole prendersi scherzosamente gioco di me.

«Adesso calmati, ok? Tu gli piaci e non gli importerà di cosa indossi... tanto sono sicura che ti toglierà tutto».

Ridiamo insieme alla sua battuta mentre mi tira giù con lei sul letto straripante di indumenti tirati fuori a caso dall'armadio e abbandonati sopra le coperte.

«Credi che andrà bene, Mad?», le chiedo, quando abbiamo smesso di ridere, voltandomi appena dalla sua parte.

«Credo che sarà perfetto», mi risponde, sorridendomi sinceramente.

E io le credo, voglio crederle, perché ho una cotta per lui da quando ho memoria; ieri, a scuola, quando si è fermato vicino al mio armadietto come fa tutte le mattine e mi ha chiesto di uscire credo di aver perso l'uso della ragione. Gli ho risposto quasi balbettando mentre lui non la smetteva di sorridere, forse anche per le mie guance che stavano andando a fuoco; poi quando si è allontanato avrei solo voluto prendere a testate lo sportello d'acciaio dell'armadietto per la vergogna.

Lo conosco da sempre, abbiamo frequentato gli stessi posti, ma ognuno ha condotto la propria vita, le nostre strade non si sono quasi mai incrociate, anche se sono state quasi sempre parallele. Quest'anno, però, sembra che tutto sia cambiato. Io non lo vedo più come un compagno di scuola; sembra diverso, o forse è diverso solo ai miei occhi.

«È arrivato!», urla Mad, dopo essersi affacciata alla finestra della mia camera da letto.

Chiudo gli occhi, quindi inspiro una gran quantità d'aria, poi espiro, cercando di calmare l'agitazione che sto provando in questo momento, ma non ottengo l'effetto sperato. Le mani sudano, il cuore batte forte e ho una gran paura di fare una figuraccia.

«Augurami in bocca al lupo», dico alla mia amica, in piedi di fronte a me.

«Non ne hai bisogno, Nicole».

Mi abbraccia, poi mi accompagna alla porta di casa. Saluto mamma ed esco, andando verso la sua macchina sulla quale salgo con una paresi sul volto a forma di sorriso.

«Ciao...», mi dice, guardandomi dritto negli occhi.

«Ciao...», gli rispondo. Stasera è più bello del solito, o forse è il filtro rosa a forma di cuore dei miei occhi che lo vede più bello; so solo che non vorrei essere in nessun altro posto che non sia qui con lui.

*

Per tutta la sera non aveva fatto altro che guardarmi negli occhi come se volesse comunicarmi quello che stava provando, e io ero stata talmente ipnotizzata da quel verde così brillante e acceso che, quando si era alzato in piedi allungandosi sul tavolino nella mia direzione, ero rimasta immobile con il mio hamburger ancora in mano fino a quando avevo sentito la sua mano sul mio viso. A quel punto era stato come se avessi risposto ad una tacita richiesta, e mi ero protesa leggermente verso di lui che aveva posato le sue labbra sulle mie.

Credevo che sarei svenuta da lì a breve per quel bacio così improvviso e così dolce, ma atteso da tempo. Ricordo ancora cosa mi disse immediatamente dopo.

*

«Scusa... non ne potevo più di continuare a guardare le tue labbra senza sapere che sapore avessero...»

*

«Cinque minuti!»

I miei pensieri vengono interrotti dal vocione di un tizio che urla al centro dello studio di registrazione, attirando l'attenzione di tutti i presenti. Smetto di torturare quel piccolo ciondolo e, non appena la ragazza del make-up mi dà un'ultima controllata, mi siedo sulla poltroncina rossa a me destinata, in attesa della conduttrice.

Quest'intervista non era in programma; niente in realtà lo è da quando il mio editore ha deciso di pubblicare il libro che ho spedito alla casa editrice solo per una sfida a Mad ‒ che continuava a dire che sarebbe stato un successo, mentre io cercavo sempre di smorzare il suo entusiasmo. Alla fine ha vinto lei.

Da allora tutto è cambiato nella mia vita. Non avrei mai creduto che quelle pagine, scritte per gioco, per esorcizzare la mancanza che sentivo ‒ e che sento ancora ‒ di lui, potesse portare tutta questa popolarità.

E invece eccomi qui, nel vestito elegante di scena che ha scelto per me la costumista, ben truccata, ben pettinata, seduta in attesa di parlare di me, perché è di questo che si tratta. Il libro che ho scritto parla di me, di lui, di noi, e non c'è più modo di nasconderlo.

«Ciao Nicole, scusa il ritardo...»

Mi volto nel sentire la voce di Kimberly, la biondissima conduttrice di questo programma, che arriva trafelata ma con un gran sorriso.

«Figurati...» Non mi dispiace essere rimasta un po' da sola, ho avuto modo di raccogliere un po' le idee.

«Hai dato un'occhiata alle domande?», mi chiede, sedendosi proprio di fronte a me.

«Sì, me le ha fatte leggere il mio editore stamattina».

È davvero bella nel suo tailleur bianco.

«Perfetto... Julie puoi portarmi un po' d'acqua?» Si rivolge a qualcuno del suo staff, mentre io riprendo a stringere tra le dita il piccolo hamburger appeso al mio braccialetto. «Sono arrivata di corsa e ho la gola secca, ne vuoi un po' anche tu?», mi domanda, tra una pennellata di fard e l'altra, mentre la ragazza del make-up porta a termine il suo lavoro.

«No, sto bene così, grazie».

In realtà non sto propriamente bene, ma è una cosa che per contratto devo fare, quindi me la farò andare bene comunque. Non amo particolarmente stare davanti alle telecamere, non quanto lui.

*

«Nicole! È iniziato!» Mad mi chiama a gran voce mentre sono in cucina a preparare un po' di tè caldo e mi metto praticamente a correre non appena la sento.

Mi fiondo sul divano insieme a lei, inchiodando lo sguardo allo schermo della televisione dove stanno trasmettendo l'intervista che stavamo aspettando di guardare.

«Dio, quanto è bello...», mi lascio sfuggire ad alta voce, mentre Mad non fa altro che alzare gli occhi al cielo ogni volta che lo dico.

«Che palle che sei, Nicole...» Si lascia andare all'indietro contro lo schienale.

«Stai zitta adesso, Mad!»

Sono concentrata su ogni sua parola, su ogni sua espressione, su ogni suo piccolo movimento e su ogni suo tatuaggio, soprattutto quello che ha sulla mano ‒ perché, quando l'ha fatto, ero con lui. Quella piccola croce che ha sulla mano sinistra l'ha fatta per ricordare questo periodo dell'anno, perché Natale è il "nostro" periodo dell'anno.

Le domande che gli fanno sono sempre le stesse, ma lui risponde ogni volta con il suo meraviglioso sorriso e con gentilezza mentre parla delle sue canzoni e del suo ultimo album. Sta annunciando le date del tour, e io sono assolutamente ipnotizzata da ogni cosa che lo riguarda.

*

«Nicole?» Kimberly sta sventolando una mano davanti al mio viso.

«Scusami, ero sovrappensiero...» Cerco di darmi un contegno per sembrare professionale.

«Dicevo... possiamo iniziare?»

Faccio cenno di sì con la testa, nella speranza che i ricordi mi diano tregua, per riuscire ad arrivare alla fine di questa intervista. «Siamo pronte!», dice a qualcuno dietro le telecamere.

Kimberly parte con un piccolo monologo, presentandomi agli spettatori che guarderanno il suo programma con qualche notizia base; so che in questo momento devo solo sorridere e annuire fino a quando non iniziano le domande vere.

«Allora, Nicole, cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?»

Sento dei rumori provenienti dal fondo dello studio, ma so che non mi devo far distrarre da niente. Mi hanno avvisato che, qualunque cosa succeda, devo restare concentrata su Kimberly; saranno poi loro ad aggiustare l'audio prima della messa in onda.

«È stata la voglia di mettere nero su bianco le emozioni che mi hanno portata ad essere quella che sono oggi». La mia voce trema appena, non credevo sarebbe stato così difficile.

«Cosa ti ispirato in particolare?» Kimberly accavalla le gambe con eleganza mentre mi sorride.

«È stato il mio vissuto ad ispirarmi...»

«Possiamo definirlo un libro autobiografico?», incalza lei.

«Sì, possiamo definirlo così. Parla di me e di una persona che è stata molto importante nella mia vita. Parla di un amore vero, sincero, che ha incontrato delle difficoltà... come credo succeda a tutti».

Non l'ho mai dimenticato e mai riuscirò a farlo.

«E il tuo amore si è concluso come nel libro?» Kimberly sorride ancora portandosi una ciocca di capelli dietro all'orecchio, dimostrando con le sue parole di conoscere il finale della storia di cui ho raccontato nelle pagine che stringe tra le mani.

«Non ho avuto il mio 'e vissero felici e contenti', ma lui rimarrà comunque una persona speciale per me».

Non so se mai vedrà questa intervista, non credo gli interessino i libri d'amore e non credo abbia tempo per leggerli, dati i suoi numerosi impegni in giro per il mondo.

Da quando ha vinto XFactor la sua vita è cambiata: da un giorno all'altro è praticamente stato risucchiato dal mondo della musica e, per quanto ci abbiamo provato, per quanto abbiamo tentato di far funzionare le cose, ci siamo inevitabilmente persi, anche se non ho mai perso la voglia di stare con lui.

Ho frequentato altre persone, come d'altra parte ha fatto lui, solo che tutte le sue relazioni erano sempre sotto ai riflettori a differenza delle mie; inoltre, per ognuna di quelle relazioni, ho sofferto come non avrei dovuto fare ‒ ma il mio cuore è suo, lo è sempre stato e sempre lo sarà.

Il resto dell'intervista prosegue a ritmo serrato, domande e risposte in continua successione, domande che mi sono studiata prima di questa registrazione, domande a cui sono preparata; tuttavia Kimberly d'un tratto mi lascia di stucco con l'ultima domanda non prevista.

«Bene, Nicole, adesso che sappiamo tutto su questo libro, nessuno potrà esimersi dal comprarne una copia; magari come regalo di Natale, visto che manca così poco, ma quello che vorrei davvero sapere...», si avvicina un po' e inizia a parlarmi sottovoce, come se fossimo sole e stessimo spettegolando sul vicino di casa, «è il nome di quest'uomo così meraviglioso di cui racconti nel libro». Mi sorride maliziosa, mentre io resto quasi senza fiato per questa domanda fuori programma, che mi manda letteralmente in confusione.

Mi volto verso la mia agente rimasta in piedi vicino alla telecamera per tutta la durata dell'intervista. Abbiamo ideato dei segni con cui possiamo parlare in codice di fronte alle persone senza che gli altri capiscano. La sto guardando, implorandola con gli occhi di aiutarmi, perché io non voglio assolutamente rivelare il suo nome. Lei punta il suo dito indice verso di me, segno evidente che mi sta dicendo che la scelta è solo mia e, a quel punto, riprendo possesso di quella poca sicurezza che ancora mi resta e pronuncio le uniche parole che mi sento di dire.

«Non è importante chi, quello che conta davvero è il messaggio che voglio dare alle persone che leggono questo libro. Bisogna lottare per quello in cui si crede, che sia un amore, un'amicizia o il sogno di una vita, non bisogna mai smettere di crederci».

Kimberly si allontana un po' osservandomi con attenzione.

«E tu ci credi ancora?» Insiste, ma lo capisco, è il suo programma televisivo; è giusto così.

«Sempre». Sorrido ampiamente alle mie parole, perché è davvero così. Nel mio cuore, la speranza di poterlo avere di nuovo per me non svanirà mai.

Nonostante non lo abbia più sentito da talmente tanto tempo che non ricordo nemmeno quanto ne sia passato, io ci credo ancora in quel noi, perché è l'unico modo che conosco di amare.

L'intervista è finalmente finita, la registrazione anche; dopo aver salutato la conduttrice e lo staff dietro le telecamere, io e la mia agente, Mavis, ci rechiamo nel camerino dove potrò indossare nuovamente i miei abiti e tornare nel mio anonimato.

«Questo era l'ultimo impegno per quest'anno, adesso potrai goderti un po' di meritato riposo», mi dice Mavis, con un gran sorriso ad illuminarle il volto. Lei sa quanto non sopporti stare sotto i riflettori.

«Grazie Mavis, non ne potevo più...»

Mi aiuta con la cerniera del vestito, poi lo tolgo e lo appendo sulla gruccia iniziando ad indossare i miei jeans mentre sento il suo telefono squillare.

«Torno subito, devo rispondere», mi dice, uscendo dal camerino chiudendosi la porta alle sue spalle, e io finisco di vestirmi per poi sedermi di fronte allo specchio; torno a prendere in mano una copia del mio libro lasciata sul ripiano di fronte a me e lo apro ad una pagina a caso per mettermi a leggere.

*

Oggi fa freddo, il solito freddo pungente di Londra, e sono davvero stanca di girare alla ricerca del regalo perfetto per Maddie. Ho appena deciso di rimandare a domani, quando il telefono si mette a suonare avvisandomi di una chiamata in arrivo.

«Ehi...», rispondo sorridendo, dopo aver letto il nome sul display. Non lo vedo da due giorni e sono impaziente che arrivi stasera, perché mi ha detto che starà da me.

«Dove sei?»

La sua voce è stata una delle cose che mi ha fatto innamorare di lui. Così lenta e graffiata da entrarti sotto la pelle.

«Sono in centro, tu dove sei?»

Mi fermo al semaforo rosso in attesa di attraversare. Probabilmente è appena uscito dalla sala prove dove si è rinchiuso un paio di giorni fa per prepararsi al provino.

«Dove vorresti che fossi?» Riesco a sentirlo poco a causa del traffico che popola le strade della città nei giorni prima del Natale.

«Vorrei che fossi già a casa mia ad aspettarmi». Non vedo l'ora di vederlo, mi manca incredibilmente tanto.

Quello che è nato come un bel sentimento tra due ragazzi del liceo è diventato un amore profondo, immenso e credo eterno.

«Casa tua è parecchio lontana dal centro... non vorresti che fossi più vicino?» Mi stringo un po' di più nel mio cappotto a causa di una folata di vento improvvisa mentre la folla di gente si accalca intorno a me, pronta per attraversare.

«E me lo chiedi anche? Certo che vorrei che fossi più vicino».

Il rosso del semaforo sta per diventare verde.

«E allora girati...»

Il tempo si congela... io mi congelo, restando immobile e totalmente confusa a quelle parole. Le persone intorno a me iniziano a camminare verso l'altro lato della strada, come stavo per fare anche io, ma le sue parole, che sembra stiano ancora rimbombando nella mia testa, mi hanno bloccata sul posto facendomi muovere come al rallentatore.

Mi volto, lentamente, tenendo ancora ben saldo il cellulare a contatto con l'orecchio. Le persone camminano svelte alla mia destra e alla mia sinistra, non riesco a vedere oltre la piccola calca fino a quando ogni passante si disperde, lasciandomi vedere la persona appoggiata alla cabina telefonica rossa con il telefono in mano e quel sorriso che mi ha fatto perdere la testa.

«Credo tu non sia abbastanza vicino...», gli dico, senza riuscire a fare un passo, restando a fissarlo come se lo vedessi per la prima volta con addosso il suo cappotto nero.

«Credo tu abbia ragione...» Fa qualche passo nella mia direzione, sempre lentamente e senza smettere di tenere i suoi occhi verdi nei miei, fino ad arrivare esattamente di fronte a me che non mi sono mossa di un millimetro. «Adesso credi possa andare bene?»

Abbiamo ancora entrambi il telefono in mano, appoggiato all'orecchio, occhi negli occhi. Non so come abbia fatto a trovarmi e adesso nemmeno mi importa, perché lui è qui e io posso tornare a respirare.

«Credo che tu possa fare di meglio», lo sfido scherzosamente. Non ha ancora riagganciato, nemmeno io l'ho fatto, e averlo a pochi centimetri da me mi manda fuori di testa per non aver potuto stare con lui per più di quarantotto ore.

«Tu dici?» Sorride, le sue fossette diventano evidenti, e non c'è più niente che possa tenermi lontana da lui.

«Dico...»

Metto il telefono in tasca, senza nemmeno chiudere la conversazione; lui imita il mio gesto senza smettere di tenere i suoi occhi fissi su di me come se non ci fosse niente e nessuno intorno a noi e, nel momento in cui le sue mani sono libere, prende il mio viso posandovi sopra delicatamente i palmi per guardarmi ancora, per poi baciarmi subito dopo senza aspettare un secondo di più, con forza, passione, e delicatezza al tempo stesso, per un tempo che mi sembra infinito. Lui ha questo potere, mi fa perdere la cognizione del tempo e dello spazio quando è con me.

«Questa distanza è accettabile», replica lui, restando a pochi millimetri dalle mie labbra.

*

Sorrido al ricordo di quella giornata, chiudendo la pagina per posare nuovamente il libro sul ripiano insieme al resto delle mie cose. Questo è il periodo dell'anno in cui mi manca di più, perché è proprio in questi giorni che ‒ qualche anno fa ormai ‒ la nostra storia è cominciata, ed è sempre in questi giorni che è finita.

Lui è in grado di rendere speciale tutto ciò che tocca e ciò che guarda; ogni cosa che fa è straordinaria, grazie a tutte le piccole cose come quella che ha fatto quel giorno: è grazie alle piccole cose, ai dettagli ai quali ha sempre prestato grande attenzione, che è riuscito a rendere eccezionale tutto quello che ha fatto e che continua a fare nella vita.

Si è sempre ricordato della mia mania di volere un cucchiaino di cannella nel cappuccino quando andavamo a fare colazione fuori, di mettere la pallina rossa che lui aveva fatto all'età di sette anni sull'albero di Natale, di quanto io adori mettere i pantaloni del pigiama dentro i calzettoni di lana ‒ ricordo che una volta l'ha fatto anche lui, durante una serata che abbiamo passato a casa sua.

Si ricordava di come ho sempre detestato vedere i quadri storti alle pareti, e quando succedeva che ne vedessi uno nelle case dei nostri amici si alzava a raddrizzarlo per me perché sapeva quanto la cosa mi infastidisse.

Mi sono chiesta spesso in questi anni cosa sarebbe successo se avessi agito diversamente, se l'avessi seguito in giro per il mondo - come avrebbe voluto che facessi; non so nemmeno se pensa ancora a me durante le sue giornate, o mentre scrive le sue canzoni che parlano chiaramente di sé stesso, canzoni nelle quali io riesco a cogliere alcuni particolari che non tutti possono capire, perché lui è stato mio una volta e mi ha permesso di entrare nel suo cuore, nella sua anima, concedendomi il privilegio di conoscerlo meglio di quanto possano fare tutte le sue fan sparse sul pianeta.

Forse non lo saprò mai cosa sia cambiato in lui e magari lo sto solo idealizzando, ma ho amato la parte di lui che non ha mai mostrato al pubblico, ed è ancora la parte che amo di più a dispetto del tempo e della distanza.

Improvvisamente vengo scossa da tutti i miei pensieri, da qualcuno che bussa alla porta.

«Entra, Mavis, è aperto».

Finalmente la mia agente ha finito la sua chiamata e possiamo andarcene. Tutti questi ricordi su di lui, ritornati con forza tutti insieme, mi hanno reso particolarmente fragile ‒ questa cosa non è da me. È solo che, quando si tratta di lui, che è sempre stato il mio punto debole, ogni dinamica prende una piega diversa destabilizzandomi completamente.

Mi alzo andando verso i cappotti appesi nell'angolo del camerino, mentre la porta si apre.

«Possiamo andare adesso?», le chiedo senza guardarla, mentre sento la porta chiudersi nuovamente. Indosso il mio cappotto nero, sorridendo al ricordo che mi torna alla mente pensando a quando l'ho comprato. Lui era con me quel giorno.

«Possiamo andare dove vuoi...»

Mi blocco all'istante nel sentire quelle parole, ma soprattutto quella voce che da troppo tempo ascolto solo tramite le sue canzoni e le sue interviste.

Sono incredula e allo stesso tempo non vedo l'ora di voltarmi, anche se ho paura di essermi immaginata tutto, ma non resisto, devo saperlo, adesso, però, ho bisogno di farlo con calma per riuscire ad assorbire il colpo, quindi, molto lentamente, mi volto nella direzione in cui ho sentito quella voce e resto senza fiato.

È bello, bellissimo. Il suo sorriso è sempre lo stesso, le sue fossette anche, e il verde dei suoi occhi è così luminoso che resto affascinata una volta di più dal suo sguardo.

Dopo mesi di capelli lunghi ora li ha di nuovo corti, le sue mani sono infilate in tasca al cappotto nero. Non indossa niente di appariscente com'è solito fare, forse per passare più inosservato, ma sono contenta che non abbia qualche orribile camicia con la quale l'ho visto spesso in tv, anche se devo sinceramente ammettere che ogni cosa che indossa se la può permettere.

«Ciao, Nicole...», dice ancora, perché io sono nel più completo silenzio, nella più totale confusione, e sentire di nuovo il mio nome pronunciato da lui, ad una distanza così irrisoria, è un colpo davvero duro da sopportare per il mio povero cuore.

«Come... cosa ci fai tu qui?» Mi do mentalmente della stupida da sola. Avrei dovuto quantomeno salutarlo, ma la fretta di sapere mi ha fatto parlare a vanvera.

«Volevo vederti». Fa un passo nella mia direzione mantenendo le mani in tasca.

Cosa dovrei fare? Corrergli incontro? Saltargli in braccio? Non mi aspettavo di vederlo, tantomeno oggi, qui nel camerino dal quale stavo per andarmene, e non so assolutamente cosa fare o cosa dire.

«Come...»

«Come sapevo che eri qui?» Finisce per me la frase e io annuisco in silenzio. Mi sento una completa idiota. «Sei una scrittrice famosa, ormai». Sorride, e io mi perdo sul movimento delle sue labbra. «Il mio agente ha chiamato la tua casa editrice ed eccomi qui».

Fa un altro passo senza mai togliere le mani dalle tasche e di nuovo le domande si accavallano così in fretta nella mia testa che non so da quale cominciare.

«Ho seguito l'intervista dalla cabina del tecnico del suono», prosegue lui, perché io riesco solamente a guardarlo. «Come stai?», mi chiede, senza smettere mai di sorridere.

«A dire la verità, non lo so...» Non sono mai riuscita ad azionare il filtro bocca-cervello quando lui mi guarda con questa insistenza. Mi sento come se mi stessi svegliando da un lunghissimo sonno, come ritornare alla vita dopo un lungo letargo, durante il quale ogni sentimento e ogni sensazione venivano espressi al minimo, mentre ora dentro di me sta esplodendo tutto alla massima potenza. «E tu? Come stai?», gli chiedo, tentando di mettere in moto i miei neuroni che sembra vogliano entrare in sciopero.

Non sono mai riuscita ad immaginare come sarebbe stato il nostro incontro - se mai ci sarebbe stato dopo il suo successo planetario -, ma per quanto la mia fantasia abbia corso, in questi anni senza di lui, di certo questa situazione non è mai stata elaborata dal mio cervellino.

«Sto bene Nicole... ora sto meglio». Sto per chiedergli cosa significano le parole che ha appena pronunciato, ma fa un altro passo nella mia direzione, ed è come se i suoi movimenti riuscissero a mettere in crisi la mia capacità di articolare frasi e pensieri.

«Ho... ho sentito il tuo ultimo album».

Non è che io l'abbia proprio sentito. L'ho memorizzato in ogni nota e parola per la quantità di volte in cui la riproduzione di quell'album è stata avviata sul mio cellulare.

«Ti piace?», domanda speranzoso.

«Sì...», è tutto quello che esce dalla mia bocca, anche se avrei voluto dire che adoro quell'album, le sue canzoni, la sua voce, la sua musica, tutto... adoro tutto... adoro lui.

Fa un altro passo in avanti. La distanza tra noi si sta riducendo sempre di più, e anche le mie facoltà intellettive sembrano essersi ridotte notevolmente.

«Speravo in qualcosa di più che un sì...» Alle sue parole, nel mio cervello si accende qualcosa che non riesco ad identificare, e dalla mia bocca escono parole che non sono stata in grado di controllare.

«Perché sei qui?»

Stupida, stupida, stupida!

Non sono per niente amichevole, eppure lui continua a sorridere come se fosse felice di essere qui.

«Ho letto il libro, Nicole. Ho letto di te e di me... ho letto di noi...» Un altro passo ancora, stavolta ne faccio uno indietro perché la sua presenza mi sta facendo impazzire.

«Cosa ti fa credere che abbia scritto di te?», gli chiedo, tentando di depistarlo e mostrando una sicurezza che non pensavo di riuscire a tirar fuori in questo momento, nonostante lui faccia ancora un altro passo mentre io non posso più indietreggiare trovandomi ormai contro il muro.

«Perché ho riconosciuto molti particolari che riguardano solo noi, e perché credo che tu sia stata lontana per troppo tempo».

Abbiamo deciso insieme che sarebbe stato meglio per entrambi pensare ognuno alla propria vita, anche se ero io quella più convinta di questa decisione dato che non ero in grado di sopportare quella distanza che, inevitabilmente, il lavoro che stava per intraprendere avrebbe portato tra noi. Lui aveva accettato a malincuore la cosa, ma ero convinta che era per lui che lo facevo.

«Forse dovrei venire un po' più vicino...» Un ultimo passo ed è ad una distanza tale che riesco a sentire il suo profumo e da qui i suoi occhi sono ancora più intensi. Così intensi che mi sento completamente rapita.

In un attimo, l'atmosfera cambia e mi sento vulnerabile. Improvvisamente, il mio corpo ricorda cosa vuol dire averlo vicino. Solo lui ha sempre avuto questa capacità di riuscire ad accendere ogni interruttore del mio corpo senza nemmeno toccarmi.

«Sì... forse dovresti...»

Le parole escono da sole senza che io possa fermarle o controllarle in alcun modo.

Sono di nuovo i dettagli a riportarci vicini. Mi sembra di rivivere lo stesso momento di qualche anno fa, lo stesso di cui ho letto qualche attimo prima che lui entrasse qui dentro, lo stesso che abbiamo vissuto insieme.

«Credi che così possa andare bene?», mi chiede, facendo un ulteriore mezzo passo che lo porta a pochi centimetri da me.

È come se il tempo non fosse mai passato, come se ci trovassimo catapultati indietro nel tempo: ogni sentimento, ogni emozione, torna a galla prepotente. Mi gira la testa, mi manca l'aria e questa distanza, così ravvicinata, inizia a farmi sragionare.

Sono quasi due anni che non ci vediamo, dovremmo forse riprendere i rapporti lentamente, come due persone che tornano a conoscersi, e invece vorrei soltanto baciarlo e tornare ad appropriarmi delle sue labbra mentre gli stringo con forza i capelli.

«Forse potresti fare di meglio...»

Poi, il buio.

I miei occhi si chiudono e tutti i miei sensi si concentrano sul contatto delle sue labbra sulle mie, delle sue mani sul mio viso, sul sapore della sua bocca che si impossessa avidamente della mia spingendomi contro il muro e io che mi aggrappo con forza al suo cappotto per riuscire a sorreggermi dall'ondata intensa di emozioni che mi hanno appena travolto.

«Questa è l'unica distanza accettabile, Nicole, è ora che anche tu te ne renda conto...», sussurra, respirando ancora sulle mie labbra, mentre io mi perdo per l'ennesima volta nel verde dei suoi occhi.

«Harry...», riesco a pronunciare solo il suo nome, perché il bacio che mi ha appena dato ha annullato ogni capacità psicofisica che possiedo.

«Abbiamo un tavolo prenotato al Burger King».

Sorridiamo entrambi alle sue parole.

È il suo modo per dirmi che vuole ricominciare ed è il modo che amo perché è il suo modo, quello che dà importanza ai dettagli che fanno l'enorme differenza.

Si allontana appena un po'; tuttavia, adesso che l'ho ritrovato, adesso che la mia mente e il mio corpo hanno provato di nuovo la sensazione di averlo così vicino, forse non voglio più rinunciarci. Lo afferro per il cappotto, portandolo di nuovo a pochi centimetri dal mio viso e sorridendogli come sta facendo anche lui.

«Mi sei mancato, Harry...»

«Mi sei mancata da morire, Nicole».

Non so cosa succederà adesso; so solo che lui è qui, il resto lo costruiremo insieme.  

   
 
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