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Autore: AdhoMu    29/03/2019    7 recensioni
SOSPESA
[Lee Jordan/Gwenog Jones]
Dice l'Oracolo:
“Se sei un amante sfegatato di Pluffe e Boccini e il tuo sogno è quello di diventare il più grande cronista di tutti i tempi, esistono grandi possibilità che tu perda la testa per una stella del Quidditch.
Attenzione, però: se la stella in questione è una battitrice del calibro di Gwenog Jones la testa, oltre che metaforicamente, rischi di perderla anche in modo piuttosto... letterale”.
Una storia d'amore a colpi di mazza, di reggae e di Gossip sportivi.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gwenog Jones, Lee Jordan, Ludovic Bagman
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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4. (I don’t wanna) Wait In Vain (for your love).
 
Notizie dal fronte Kingston-Hogwarts (1994-1996)
A nulla valse, nei mesi successivi all’increscioso (ma sublime, almeno dal punto di vista dell’irrimediabilmente infatuato Ziggy Jordan) episodio del Ballo del Ceppo, tentare di ristabilire i contatti con Gwenog.
Lee le tentò tutte, ma proprio tutte: dalla posta via gufo all’aeroplanino di carta incantato, ai mazzi di fiori sottratti alle serre della professoressa Sprite ai dolciumi e regali acquistati nei negozietti di Hogsmeade con i pochi spiccioli che possedeva.
Niente.
Nessuno dei suoi tentativi di riprendere il discorso lasciato in sospeso la vigilia di Natale ebbe il minimo successo. Lui puntualmente, ad ogni invio, arrivava a sperarci davvero, per poi ogni volta, altrettanto inesorabilmente, scontrarsi con la dura realtà.
Lee non riusciva a capire il perché di cotanto ostinato silenzio.
Era vero: Gwenog l’aveva allontanato e gli aveva fatto capire di non essere il tipo giusto per lei. Al tempo stesso, però, l’aveva baciato per ben tre volte e l’aveva addirittura scelto come coadiuvante per farla pagare a quel cretino di Bagman (di che cosa diavolo fosse successo fra loro Lee non ne aveva la minima idea; ma qualcosa di grave era senz’altro accaduto, e tanto bastava).
Nonostante tutte le considerazioni e speculazioni e riflessioni che la mente accelerata di Lee riuscì a partorire, e che lui ripeteva incessantemente a se stesso e agli amici che, stoicamente, lo stavano a sentire, di risultati non ce ne furono.
Dal Versante-Gwenog silenzio assoluto, calma piatta, assenza totale.
E fu così che, man mano che il rigore dell’inverno scavallava piano piano nelle tiepide giornate di inizio primavera, l’umore del ragazzo subì tutta una serie di mutamenti variabilmente preoccupanti, che andarono dall’agitazione all’impazienza, dall’impazienza al nervosismo, dal nervosismo al risentimento e dal risentimento all’ira.
Le avvisaglie di una svolta avvennero al termine delle vacanze di Pasqua, che Lee trascorse a Londra in compagnia dei suoi familiari e con qualche provvidenziale visita da parte di Alicia (gli Spinnet possedevano un piccolo appartamento nella Capitale, usato per brevi soggiorni quando il viaggio di andata e ritorno dall’Australia sarebbe stato spropositato per i pochi giorni a disposizione).
Una volta rimesso piede ad Hogwarts, Lee si premurò di disdire l’abbonamento a Tuttoquidditch e alle altre riviste sportive di cui era da anni fedele abbonato; risoluto, rimosse tutti i poster di Gwenog che aveva affisso sulla parete vicino al suo letto a baldacchino e fece strage dei suoi preziosissimi album di figurine dai quali, con somma indignazione da parte di Angelina Johnson e di Ginny Weasley, strappò via con chirurgica precisione tutte le pagine occupate dalla squadra delle Harpies. Dopodiché, fatto di tutte quelle dolorose carte un unico fascio, si autoproclamò Capo Inquisitore, le processò e le condannò al rogo dietro agli spogliatoi del campo da Quidditch senza possibilità di appello.
Assistettero all’esecuzione i Grifondoro tutti, ciascuno di loro ostentando una contrizione che non provava, ma che ognuno si diede da fare a simulare per amore dell’amico. Lee non fece un passo indietro neppure quando le fiamme attaccarono la fotografia di Gwenog che, raggiante, sollevava il trofeo della vittoria in Campionato; il colpo, tuttavia, dovette pesare molto per lui perché quella sera, al termine della sua estrema dimostrazione di forza, il ragazzo fu visto arrotolarsi una canna delle dimensioni di uno Schipodo Sparacoda adulto.
Se lo sarebbe fumato tutto, probabilmente, se il tripo punitivo costituito da Angelina, Alicia e Katie non glielo avesse impedito. Le tre ragazze, preoccupate dalla sua assenza a cena in Sala Grande e, più tardi, in Sala Comune, l’avevano cercato in lungo e in largo; l’avevano alfine trovato rintanato in un’aula vuota mentre, completamente solo, si accingeva a dare fuoco alle polveri.
Con una precisa ed impietosa sequenza di Accio, Expelliarmus e Aguamenti le tre amiche gli ruppero le uova nel paniere, salvandolo però da un’intossicazione assicurata. Lui, lì per lì, s’indignò e protestò a gran voce; poi però, quando si fu un po’ calmato e ravveduto, non poté fare altro che ringraziarle di cuore.
- Ho chiuso con quella stronza – annunciò categorico ad Alicia qualche sera dopo, sedendosi accanto a lei sul divanetto della Sala Comune.
- Forse è meglio così, anche se la cosa mi rattrista – convenne lei, depositando delicatamente sulle sue ginocchia l’ornitorinco Uluru il quale, giratosi a pancia in su con le quattro zampette palmate aperte a stella, reclutò immediatamente il ragazzo per una sessione intensiva di grattini.
Per tutto il resto dell’anno scolastico, Lee si astenne rigorosamente dal tornare sull’argomento.
 
Poi di punto in bianco, chissà perché, le cose cominciarono a muoversi.
Le prime ad accorgersi che Ziggy Jordan era cresciuto furono le sorridenti damigelle di Kingston.
Al suo arrivo in Giamaica costoro l’avevano accolto con un sorriso più caldo del solito; l’avevano osservato con un interesse più accentuato del solito e alla fine, dopo appena qualche giorno trascorso a studiare diligentemente i cambiamenti avvenuti nel suo fisico e nel suo carattere, gli avevano rivolto coccole e vezzi decisamente più significativi del solito e, definitivamente, assai diversi da quelli che gli venivano elargiti quand’era ancora un bambino.
Non seppe bene neanche lui come si fosse passati da un semplice ciao caro ad una stretta di gomito, da un invito a danzare al lento ritmo del reggae ad un bacio inatteso ed infine a qualcosa di più serio; sta di fatto che, quell’estate, gli eventi fecero il loro corso e Lee Jordan, piuttosto sorpreso ma comprensibilmente entusiasta, si ritrovò piacevolmente conteso fra sorrisi di perla, mani delicate dalle unghie rosse laccate, riccioli morbidi come seta e pelli di velluto color del cioccolato.
 
Si dice che le donne possiedano un sesto senso per certe cose, ed effettivamente così è.
I cambiamenti avvenuti durante l’estate, com’era prevedibile, non passarono inosservati agli occhi delle donzelle di Hogwarts.
Lee vi aveva fatto ritorno piì simpatico e spigliato del solito; più maturo, fisicamente interessante e, soprattutto, più sicuro di sé. Non fu quindi una sorpresa il fatto che, durante il suo ultimo anno trascorso fra le mura del Castello, il ragazzo godette alfine di una certa inedita popolarità. Non che si fosse di punto in bianco trasformato in un conquistatore seriale, per carità: velleità di quel tipo lui preferiva lasciarle all’appannaggio di soggetti più spregiudicati e scafati come Roger Davies, però insomma, qualche flirt e appuntamento gli toccarono inevitabilmente in sorte e lui, com’era giusto che fosse, non se li fece sfuggire.
Il settimo anno trascorse fra alti e bassi, in un clima un po’malinconico di addio imminente mano a mano che i MAGO si avvicinavano. Ad spargere in giro un po’ di sana adrenalina ci pensarono  una new entry ed una old entry ugualmente inattese e rispondenti, rispettivamente, ai nomi di Dolores Umbridge e Sebastian Macnair.
La prima, esponente di spicco del Ministero della Magia e bramosa di potere, aveva in tempi brevissimi istituito una sorta di dittatura tirannica che aveva spinto un drappello di studenti (capitanati da Harry Potter in persona) ad organizzare la controffensiva: era così nato l’Esercito di Silente, del quale Lee e i suoi amici erano subito entrari a far parte.
Il secondo, ex studente di Hogwarts e rientrato a scuola nelle vesti di Assistente del professor Piton alla Cattedra di Pozioni, aveva creato scompiglio su un piano più personale che istituzionale ma Lee, che pure non era coinvolto in prima persona nei fattacci connessi alla figura dell’ex Prefetto Serpeverde e giovane elemento di spicco nel mondo dei calderoni, aveva risentito parecchio della sua presenza al Castello.
Le cose stavano in modo assai semplice: Aussie Spinnet, il suo tanto agognato paio di ginocchia eleganti, l’aveva trovato. E l’aveva trovato, guarda caso, sotto al tessuto carissimo dei pantaloni cuciti a mano dell’Assistente Macnair il quale, va detto, non avrebbe potuto chiedere di meglio dalla vita visto che Alicia gli piaceva da tempi immemorabili. Il problema, però, era che fra Macnair e la Spinnet (e, di conseguenza, fra lui i gli amici più stretti della ragazza) non correva esattamente buon sangue, e le origini di tale ostilità risalivano ai tempi in cui il controverso giovanotto si divertiva a strapazzare Uluru, l’ornitorinco domestico.
Per Alicia prendere coscienza del fatto che, dopo anni trascorsi a temerlo e detestarlo, Macnair cominciava a piacerle fu motivo di grande sgomento e confusione; e le cose naufragarono in maniera quasi irrimediabile a gennaio, in seguito ad un appuntamento segreto (Alicia, riservata com’era, non glielo rivelò mai ma Lee, che la conosceva troppo bene per non essersi accorto di nulla, si rese subito conto che qualcosa non andava) dagli esiti disastrosi.
Sinceramente dispiaciuto per il profondo disagio vissuto dalla sua amica, le cui cause non gli erano state rese note ma che lui aveva ricostruito, unendo l’osservazione all’empatia, con un’approssimazione sorprendentemente precisa, Lee si era interrogato a lungo sull’eventualità di intervenire. Alla fine, senza avere il coraggio di consultarsi con Alicia (la quale, probabilmente, gli avrebbe intimato di farsi gli affari suoi) ma deciso a mettere bene in chiaro certe cose, il ragazzo aveva preso una decisione ed era andato a trovare il giovane professore al termine di una delle sue lezioni.
Lee, Pozioni, non la frequentava più dalla fine del quinto anno perché Piton non l’aveva mai considerato un alunno da Eccezionale; e ricalarsi nei sotterranei fra tutte quelle boccette raccapriccianti non gli piacque granché. Strinse però i denti e, dopo avere varcato la soglia della classe, si avvicinò a Macnair che, elegantissimo e nerovestito, gli rivolse un’occhiata artica.
- E lei sarebbe?...
- Lee Jordan.
- E?
- Sono qui per un’amica.
Macnair strinse gli occhi eccezionalmente chiari, facendolo raggelare.
- Immagino di intuire di chi si tratta.
- Bravo – rispose Lee che, quando voleva, sapeva essere immensamente irritante. – Venti punti a Serpeverde.
- Grazie – replicò l’altro, senza degnarsi di dargli soddisfazione. – Ed ora, se non le dispiace...
- Stammi bene a sentire, MacNoir – sibilò Lee, sforzandosi di apparire minaccioso. – Se fai qualcosa di male ad Aussie... ti faccio fare un voodoo che la metà basta.
Macnair lo fissò impassibile, in un misto di sorpresa e sufficienza.
- Oh, per Salazar. Ho già i brividi.
- Ti conviene, maaan – Lee gli puntò contro un indice accusatore e poi, con una scrollata di rasta, girò sui tacchi. - Buonasera.
Il pozionista rimase fermo a guardarlo mentre lui, impettito come un principe bantu, lasciava l’aula a prandi passi.
“Un certo fegato ce l’ha, dai” ammise il cupo professore, aggiustandosi meticolosamente la cravatta.
Le cose, manco a dirlo, erano andate di male in peggio; su questo punto, però, avremo modo di tornare più avanti.  
 
Redazione di Tuttoquidditch, Londra. Agosto 1996
- I miei più sentiti complimenti, signor Jordan.
L’espressione del signor Dillinger, direttore della famosa testata sportiva, era di puro incoraggiamento. Lee si sistemò più dritto sulla poltrona nella quale, poco prima, era affondato mollemente in attesa del responso che, chissà perché, si aspettava infausto.
- Vorrebbe... vorrebbe dire che...
- Che l’assumiamo, sì. Se sarà capace di portare a termine il suo primo incarico, beninteso.
- Oh, ma è meraviglioso...
- Puoi dirlo forte – annuì bonario il direttore, saltando a pié pari dal contegno del “lei” ad un informalissimo “tu” – Ma del resto, il tuo test attitudinale non poteva non convincermi.
- Oh... oh – Lee gli rivolse un sorriso grato. – S-sono c-con...
- Oh, ma per la Barba di Merlino, ragazzo – lo zittì il signor Dillinger, ruvido. – Cos’è: mi balbetti proprio sul più bello? Non vorrai mica farmi cambiare idea...
- Ma certo che no!
Lee scattò in piedi, facendo ondeggiare vivacemente la sua imponente corona di rasta.
- Sono pronto. Che cosa devo fare?
- Bravo bambino: questo è lo spirito.
Dilliger scartabellò fra i faldoni e gli appunti che gli intasavano la scrivania, spostandoli qua e là con rapidi colpi di bacchetta che risultarono in una pioggia disordinata di foglietti e post-it.
- Dunque, vediamo. Ci sarebbero da coprire i ricevimenti inaugurali della stagione. Credi di potercela fare?
- Assolutamente sì – rispose precipitosamente lui per poi aggiungere, un po’titubante. – Ehm. Di tutte le squadre?
- No, solo di una.
- Oh, benissimo. Quale?
Dillinger fece mente locale, alla ricerca di una squadra ancora priva di corrispondente.
- Le Harpies vanno bene?
“Oh per Godric, Zaion e Selassié santissimi”.
 
Sede delle Holyhead Harpies, Agosto 1996
Ricolmo di imperscrutabili presagi, Lee ci mise un’eternità a prepararsi per il suo debutto in qualità di addetto stampa.
Certo: di acqua sotto i ponti ne era passata parecchia dall’ultima volta in cui si erano visti.
Eppure quando, in quella serata di fine agosto, Ziggy Jordan e Gwenog Jones si ritrovarono finalmente l’uno davanti all’altra, l’impressione di entrambi fu quella di essersi appena lasciati.
Lee, suo malgrado e nonostante tutti i suoi buoni propositi di comportarsi stoicamente, l’aveva individuata subito; le sue pupille si erano posate su di lei non appena il ragazzo aveva messo piede nel salone decorato in tinte verde-oro al seguito della novella Harpie Angelina, con la quale era subito entrato in contatto dopo il colloquio con Dillinger e che si era gentilmente offerta di presentarlo ai pezzi grossi del Club.
Gwenog era graziosa come la ricordava e forse anche un pochino di più; e Lee era rimasto fermo per una decina di secondi ad osservarla mentre lei, i grandi occhi castani fissi su di lui, gli sorrideva un po’ incerta.
Bella, elegante e letale come un felino capace di mantenere celata la sua forza sotto le movenze aggraziate e l’espressione vagamente sorniona. Al cospetto della sua figura che attirava il suo sguardo come una calamita, Lee aveva sentito la lingua farglisi secca e il cuore accelerargli nel petto come quello di un pivellino imberbe; poi, carezzando con lo sguardo le sue forme armoniose e la soffice texture della sua pelle ambrata, aveva subito sentito anche altro, proprio come nella scena descritta in uno dei suoi reggae preferiti in cui il cantante dice alla ragazza:
 
Standing across the room I saw you smile
I said I want to talk to yo-o-ou, for a little while
But before I make my move my emotions start running wild
My tongue gets tied and that's no lie
I'm looking in your eyes, I'm looking in you big brown eyes…

Ooh yeah, and I've got this to say to you, hey
 
“Ma per tutte le sottovesti di Madama Rosmerta” pensò Lee, inclinando la testa di lato e preparandosi psicologicamente ad affrontare la serata. “Questo avrei da dirti, Gwen: -“
Ops! Modera il (seppur mentale) linguaggio, mio giovane guerriero creolo, ché questa è una storia a rating arancione!
 
Post-scriptum.
Sulle vicende sentimentali di Aussie Spinnet non mi dilungherò oltre dato che, probabilmente, le conoscono già tutti a mendatito. Se qualche eventuale nuovo lettore avesse voglia di approfondire, lo potrà fare mettendo mano alla long L’Assistente di Pozioni e alle OS ad essa collegate.
Questo capitolo, me ne rendo conto, non è un granché... è corto e meccanico; in effetti si tratta di un capitolo di transizione, atto a traghettarci verso il piano temporale nel quale si ambienterà la storia vera e propria senza dover ricorrere a cesure un po’ troppo drastiche.
Ringrazio tutti per la dose extra di pazienza; nel frattempo vi lascio con la raccomandazione di ascoltare il brano (“A la-la-la-la Long” degli Inner Circle) che ha ispirato il riincontro fra Ziggy e Gwen!...
   
 
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