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Autore: Saruwatari_Asuka    30/03/2019    3 recensioni
La vita è una maschera, tu dici, e questo per te è fonte inesauribile di divertimento, e sei così abile che ancora non è riuscito a nessuno di smascherarti: poiché ogni manifestazione tua è sempre un inganno; solo in questo modo tu puoi respirare e far sì che la gente non si serri intorno a te e ostacoli la tua respirazione. In questo sta la tua attività, nel mantenere il tuo nascondiglio, e questo ti riesce, perché la tua maschera è la più misteriosa di tutte; infatti non sei nulla, e sei sempre soltanto in relazione con gli altri, e ciò che tu sei, lo sei per questa relazione. (...)
Non sai che arriverà la mezzanotte in cui ognuno dovrà smascherarsi? Credi che si possa sempre scherzare con la vita? Credi che si possa di nascosto sgattaiolar via un po’ prima della mezzanotte per sfuggirla?
(Søren Kierkegaard)
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aries Mu, Gold Saints, Leo Aiolia
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2

 

 

 

Grecia. Santuario di Atene. 16 Novembre 1973

 

Il primo ad accoglierlo quando rimise piede in prossimità delle Dodici Case fu Aldebaran, che adesso che Mu era sparito era il primo avamposto a qualsiasi nemico esterno avesse avuto l'ardire di attaccarli. Ma Aldebaran non pareva intenzionato ad attaccarlo, invece si avvicinò in un lampo e Aiolia si ritrovò subito dopo in un abbraccio frantuma ossa. E a giudicare dal modo in cui lo aveva guardato, quell'attimo che il leone era riuscito a scorgere il suo volto, doveva averlo fatto preoccupare davvero.
D'altronde, Aldebaran teneva a tutti i suoi compagni, lo aveva sempre fatto.

"Pensavamo fossi scappato!" berciò la voce di Milo. Non l'aveva neanche visto arrivare, o forse era già lì e non ci aveva neanche fatto caso. Era possibile.

Aveva gli occhi lucidi anche lui, notò, e il tono di voce, che forse voleva sembrare sprezzante e sfrontato, era invece risultato tremolante. Come se Milo stesso avesse trattenuto le lacrime per giorni e adesso fosse al limite. E non faticava affatto a crederlo, visto che anche lo Scorpione era sempre stato molto legato ad Aiolos, che era stato una sorta di fratello per molti, al Santuario.

Non si fece comunque impietosire da quell'accoglienza, tutt'altro. Se Milo voleva far finta di essere indifferente alla storia e intoccabile, che lo facesse pure.

Aiolia, invece, era proprio così che voleva diventare, e non per fingere di fronte agli altri: sarebbe diventato forte, avrebbe superato ogni suo limite, per essere pronto nell'attimo in cui il destino avesse deciso di compiersi.

"Io non fuggo. Mai," lo aveva già detto a Mu, ma lo avrebbe ripetuto a tutti anche uno per uno, se fosse stato necessario. Lui era il Saint di Leo e mai e poi mai sarebbe fuggito di fronte a un nemico, anche se questo si fosse rivelato un amico...o il fato stesso.

Anche se significava aspettare.

"E allora dov'eri?"

"Volevo stare da solo, Milo. Aiolos era...un traditore," e gli pesò come un macigno dirlo, mentire, "Ma era comunque mio fratello. Nemmeno questo mi è concesso?"

"No, certo che puoi," fece subito Aldebaran, "Eravamo solo un po' preoccupati."

"Sì. Di dover uccidere anche te," chiarì lo Scorpione. Perché erano quelli i nuovi ordini del Gran Sacerdote, per quanto fossero assurdi ed insensati.

Però, poiché Aiolia era il fratello di un traditore tanto sfrontato da aver avuto l'ardore di tentare di uccidere la loro Dea, era possibile che decidesse di prendere le orme del fratello e, per quanto doloroso, non potevano permetterlo. E se questo si fosse avverato sarebbe stato un grosso problema per l'intero Santuario, quindi qualsiasi dubbio andava stroncato sul nascere.

A qualsiasi costo.

Era questo l'ordine che aveva dato.

Milo l'aveva trovato assurdo, lì per lì, ma una sorta di logicità ce l'aveva, anche Camus glielo aveva spiegato, cercando di rassicurarlo che nessuno avrebbe ucciso Aiolia senza la certezza che avesse preso la strada sbagliata.

Eppure già molti al Santuario gli puntavano il dito contro solo per il legame di sangue che aveva con Aiolos, non solo i soldati ma anche molti altri Saint e aspiranti tali. Camus aveva suggerito di ignorarli e fare quello che si sentiva, che a conti fatti Aiolia era ancora un loro compagno, ed era vero, Milo lo sapeva bene. Nonostante questo invece di essergli amico adesso che ne aveva bisogno lo attaccava anche lui, seppur solo a parole per il momento. Non riusciva a capire neanche Milo stesso perché si comportasse così, e non gli piaceva per nulla, ma aveva assunto il suo ruolo di Gold Saint e non poteva certo tirarsi indietro.

Amici o meno, fratelli o meno, adesso Aiolia risultava essere un potenziale pericolo per loro tutti. Sperava solo che si sarebbe limitato a rimanere tutto ipotetico.

"Puoi stare tranquillo, Scorpio. Non dovrai affaticarti troppo in questo: io non sono un traditore," lo siete voi, gli disse una voce nella testa. Una voce che Aiolia riuscì a reprimere appena.

No, non erano traditori neanche loro, erano vittime di un inganno davanti cui lui aveva aperto gli occhi solo grazie a Mu.

E l'istinto era saltare addosso a Milo e prenderlo a pugni, snocciolandogli la verità che solo lui e Mu parevano conoscere ormai, e poi fare lo stesso con Aldebaran. Ma la voce di Dohko nella testa gli diceva che Milo non avrebbe capito. Non ancora, per lo meno.

E adesso che c'era l'ordine di tenerlo d'occhio, rischiava anche di ritrovarsi contro tutto quanto il Santuario.

Chissà se avrebbe dovuto piuttosto rimanere nascosto con Mu?

"Buon per te, Leo. Piuttosto, hai visto Aries? Cercavamo anche lui, il Sommo gli vuole parlare, ma non c'è verso di trovarlo da nessuna parte," domandò Milo, inarcando un sopracciglio nell'accorgersi che l'espressione di Aiolia era cambiata, anche se solo per un attimo.

Sapeva qualcosa. Nascondeva qualcosa.

 Aiolia, amico mio, non fare cazzate.

Avrebbe fatto finta di non vedere. Era solo un tic, no? Poteva essere.

"Non l'ho visto. Perché dovrei? Ho detto che sono stato solo."

Scorpio scrollò le spalle, "Magari era lui ad essere venuto a cercare te. Per sapere come stai. Sai com'è, lui."

"No,Milo, non lo so. Com'è, lui?"

Che il falso Sacerdote avesse capito di essere stato smascherato da Mu Aiolia lo dava praticamente per certo, ed era per questo che gli aveva detto che il Santuario era troppo pericoloso per lui. Ma perché dire agli altri di volergli parlare, invece che mandarli a dargli la caccia come aveva fatto con Aiolos? O di farlo controllare a vista come pareva aver fatto con lui?

Forse sarebbe stato troppo sospetto? Forse cercava tutto sommato di mantenere un profilo basso. Mettere una taglia sulla testa anche a Mu, che apparentemente con tutto quello non c'entrava nulla e che in teoria era il suo allievo, non aveva senso, avrebbe portato a far insospettire anche i più fedeli, questo doveva averlo capito.

Parlargli poteva quindi essere una scusa per farlo sparire. Per fortuna che Mu non era lì, adesso.

"E' gentile, e sicuramente era preoccupato per  te dopo quello che è successo," chiarì Milo, "Comunque fa niente. Se non l'hai visto poco male. Vedi di non commettere errori, Leo. Sei sott'occhio," concluse, prima di girare i tacchi e allontanarsi.

Aiolia lo fissò andar via nella sua scintillante armatura, i capelli non troppo lunghi e completamente arruffati a malapena contenuti nella tiara dorata. Non poté che chiedersi se quella sarebbe stata la distanza che li avrebbe separati da quel momento in poi o se Milo sarebbe un giorno riuscito a credergli.

Per ora, però, forse era meglio fare come diceva e non commettere errori.

Con nessuno, neanche con Aldebaran, che gli stava ancora affianco, immobile e silenzioso.

"Qualcosa non va, Al? Mi sembri un po' teso."

Aldebaran, che per avere otto anni come lui era già il doppio in stazza, lo guardò appena con la coda dell'occhio. Poi guardò la boscaglia intorno, le Dodici Case e l'Arena in lontananza, il cielo limpido. Anche troppo limpido, per i gusti del Leone.

"Ti va se ci facciamo un giretto, Lia?"

Aiolia annuì senza pensarci troppo, seguendolo verso Rodorio, verso i confini del Santuario. Dove stavano andando, di preciso? Voleva uscire, forse? Ma il Sacerdote l'avrebbe saputo, e se la sarebbe presa anche con lui, e poi perché gli dava la confidenza di sempre quando Milo si era sforzato di essere così distaccato e formale?

"Qua ormai ci sono orecchie ovunque," alle parole di Aldebaran, Aiolia alzò la testa di scatto.

"Scusa?"

"Intendo che se parliamo fermi in un posto gli rendiamo la vita troppo facile e poi abbassa la voce, Aiolia!"

"Ma di che parli?"

"Non vorrei che qualcuno riferisse, tutto qui. Senti, Lia...Mu è andato via, vero?"

Aiolia si bloccò, gli occhi spalancati. Come aveva fatto? Mu aveva detto di non averlo trovato, il giorno prima, quando aveva incrociato lui e poi l'aveva portato via, quindi non poteva essere stato lui.

Aldebaran, lesto, gli diede una grossa pacca sulle spalle, "Coraggio, so che è dura adesso, ma sono certo che il peccato di tuo fratello non infangherà il tuo onore. Ti sei sempre meritato l'armatura che indossi!" stava parlando a voce eccessivamente alta, adesso, segno che voleva proprio farsi sentire. Ma c'era poi davvero qualcuno che li stava spiando?

"Hai...hai ragione, sì."

"Certo che ho ragione. Su, coraggio, tirati su!"

Ripresero a camminare uno di fianco all'altro e a parlare a fil di voce.

"Come l'hai capito?"

"Dai, Aiolia, sono grosso ma mica scemo! Hai fatto una faccia quando Milo ti ha detto che il Sacerdote voleva parlare con Mu. Deve averlo capito anche lui, forse, ma sono certo se lo terrà per sé."

"Faccio proprio schifo a mentire, eh?"

"Abbastanza," sorrise Toro, "Abbastanza, amico. Ma perché?  Se il Sommo lo scopre diventerà un traditore anche lui e verrà condannato a morte come Aiolos. E tu perché sei tornato, se eri con lui? E' pericolosissimo!"

Aiolia storse la bocca, "Perché io non sono bravo come lui ad aspettare e nascondermi."

Aldebaran sospirò pesantemente, "Io non vorrei dover uccidere né te né Mu. Siete miei amici. Tornate indietro, prima che sia troppo tardi, state commettendo il più grosso sbaglio della vostra vita! Siamo Santi di Athena, il nostro compito è proteggerla e proteggere il Santuario, preparandoci alla guerra contro Hades...che cosa vi è successo?"

"Cos'è successo a noi? Quale Athena stai proteggendo, qui, Al? Qui Athena non c'è più ormai, dalla Notte degli Inganni!"

"Aiolia!"

"E' la verità. Non siamo io e Mu a non capire, siete voi. Tutti voi. Aldebaran, se davvero non vuoi ucciderci, allora fa finta che questa conversazione non ci sia mai stata e andiamo, torniamo ai templi. Ed evita di parlarmi."

"Che cosa vogliono dire queste tue parole, Aiolia? Prima hai detto che non sei un traditore, mentivi?"

"Non abbiamo appena appurato che non sono molto bravo a mentire?"

Aldebaran abbozzò un sorriso, "Vero. E allora cos'è che stai nascondendo? Sia tu che Mu...se non siete voi i traditori, chi?" quando Aiolia non gli rispose, e anzi lasciò vagare lo sguardo ben oltre l'orizzonte, Aldebaran scosse il capo. Era assurdo, stava per commettere un reato punibile con la morte, lì al Grande Tempio.

Eppure il suo sesto Senso gli urlava a gran voce di fidarsi dei suoi compagni, degli occhi sinceri e furenti di Aiolia.

Perché qualcosa puzzava, nel comportamento di quei due. E in quello di Aiolos più che mai.

E anche nella scomparsa di Saga, mandando in missione all'improvviso senza che nessuno ne sapesse niente, guarda caso proprio il giorno prima della Notte degli Inganni, come avevano iniziato a chiamarla i soldati semplici.

"Quante leggi stai per farmi infrangere?"
"Forse tutte," ammise Aiolia.

"Bene. Allora continuiamo a camminare, che ne dici?"

 

Milo arrivò di corsa su all'Undicesima, sapendo che era lì che avrebbe sicuramente trovato Camus, e quando lo vide non prestò minimamente attenzione a quello che stava facendo -studiava sempre, Camus, da quando aveva imparato a leggere non si staccava mai dai libri, Milo certe volte se ne sentiva un po' geloso, neanche potessero davvero derubarlo del suo migliore amico.

"Milo, che succede?" gli chiese con un sospiro, tornando ad incrociare gli occhi con i suoi. Milo, che adesso che non era più con Aiolia non aveva più bisogno di mantenersi indifferente e superiore, si stava lasciando decisamente andare. Aveva lasciato l'armatura all'Ottava, la sua Casa, ed era venuto da lui con la casacca da allenamento, i capelli ancora più arruffati del solito e le labbra tremolanti.

"Vieni qui, dai," fece, spostandosi un po' sulla poltrona, posta proprio sotto la finestra, per permettere all'altro di sederglisi accanto. Milo non se lo fece ripetere due volte, le ginocchia strette al petto.

"Prima siamo riusciti a trovare Aiolia."

"Oh, bene. E quindi?"

"Quindi niente. Se ne era andato per stare da solo, forse per piangere Aiolos senza che nessun altro lo criticasse. Povero Aiolia, mi dispiace tanto per lui."

"Non ci puoi fare niente. L'importante è che non abbia perso la testa, no?"

Milo annuì. Sì, certo che era quello l'importante, perché non avrebbe mai e poi mai accettato di dover uccidere un amico. Sarebbe morto piuttosto che torcere un capello a Camus, ma anche Aiolia gli era caro e sperava ancora, con tutto se stesso, che sarebbero riusciti a tenerlo sulla retta via.

Lui e anche Mu, che però non si trovava da nessuna parte.

"Io credo...però è una cosa che deve rimanere fra noi, Cam!"

Camus annuì, "Va bene. Non lo dirò a nessuno."

"Bene. Stavo dicendo...io credo che Aiolia sappia che fine ha fatto Mu, e che sappia anche qualcos'altro. Non so che cosa però. Boh, ho avuto una strana sensazione parlando con lui, prima. Anche se mi ha assicurato che non avrebbe mai fatto lo stesso errore di Aiolos!"

"Il fatto che lui te l'abbia assicurato non conta nulla, lo sai. A parole si dicono tante cose. Però non hai prove che sappia qualcosa di Mu, quindi è inutile andarlo a denunciare al Sacerdote," ragionò l'altro, "Ti faccio preparare un tè caldo."

Milo ringraziò con un gesto del capo e Camus si alzò subito dopo, andando a cercare una delle sue ancelle per farsi preparare la tisana. Si chiese distrattamente se Milo si rendesse conto, effettivamente, che qualcosa puzzava davvero tanto in tutto quello che stava succedendo da quella fatidica notte.

Anche il fatto che il Sommo non sapesse dove si trovava Mu era strano. Possibile la pensasse così solamente lui? Insomma, era il suo allievo diretto o no? Se anche era tornato nel luogo dove si era addestrato, avrebbe dovuto saperlo.

Capiva non si fidasse di Aiolia, visto il peccato commesso da Aiolos e su cui lui aveva ancora diversi dubbi, ma neanche Mu? Certo, aveva solo ordinato che, nel caso l'avessero incrociato, avrebbero dovuto farlo venire da lui perché voleva parlargli, e quello non era strano, non più di tanto. A parte il fatto che di solito, grazie ai loro poteri telepatici, Mu sapeva sempre quando l'altro voleva vederlo, ma l'aveva notata solo lui la tensione nella voce del Sommo mentre dava quell'ordine?

Milo non era il ragazzino più sveglio e attento del mondo e Aldebaran aveva la testa fra le nuvole, preoccupato com'era per gli altri due assenti, ma non poteva averla notata solo lui.

Era strano. Anche durante le riunioni ufficiali, Shion era sempre stato morbido con loro, se non occorreva il contrario, perché sapeva che erano bambini, e poi aveva sempre avuto una camminata un po' traballante, da vecchio. Perché era vecchio. Adesso no. Anche se non si era alzato -per non farsi vedere mentre camminava, possibile?- teneva la schiena bella dritta e le spalle non erano per niente ingobbite.

Aveva ancora duecento e passa anni o no?

Scosse la testa, sedendosi di nuovo accanto a Milo.

Alla fine, quelli non erano fatti suoi. Finché poteva starsene tranquillo, non vedeva perché preoccuparsi di cose come quelle. Non era mai stato un impiccione e di certo non avrebbe iniziato in quel momento.

Però era strano, e questo l'aveva notato.

"Secondo te, Milo, il Sommo è rimasto sconvolto da quello che è successo?"

"Mh?" Scorpio staccò le labbra dalla tazza, "In che senso, scusa?"

"Nel senso che sembrava diverso con noi, anche. Come se non si sentisse più di potersi fidare neanche di noi altri."

"E ti sembrerebbe così strano? Cioè, Aiolos era tipo l'eroe di tutti."
"Già. Hai ragione."

Forse ci stava andando con i piedi di piombo per cercare di capire se aveva mal giudicato qualcun altro di loro oltre ad Aiolos, e lui aveva mal interpretato il suo comportamento. Non sarebbe stato così sospetto, quello. Anzi, era normale.

Doveva essere così, anche lui l'avrebbe fatto se fosse stato il vecchio Shion, perché in fondo aveva sulle spalle un intero Santuario, la vita di Athena, e milioni di altre cose importanti. Non poteva farsi sfuggire più nulla.

Non poteva più essere una sorta di padre per loro, come in passato.

Le cose stavano cambiando, era ovvio.

 

Shaka mise piede nella sala del Gran Sacerdote bardato dalla sua armatura d'oro e si inginocchiò subito al suo capezzale. C'era solo lui, quella sera. Era stato mandato a chiamare dicendogli che il Sommo voleva parlargli, e lui era andato subito.

Solo il giorno prima aveva visto quell'uomo che Mu aveva accusato con tanto ardore di tradimento e aveva notato che Camus lo fissava come se non lo riconoscesse. E d'altronde anche lui aveva ancora le parole di Mu nella testa, a rimbombargli come una nenia fastidiosa.

Per questo, non riuscì a non scorgere il ticchettio nervoso del dito sul bracciolo dello scranno, il fatto che non si fosse alzato, la voce che da dietro la maschera risultava forzatamente grave. La schiena era più dritta, lo faceva sembrare persino più alto. E i capelli, anche.

Quelli di Shion erano sempre stati lunghi, bianchi, ondulati, all'apparenza morbidi. Anche ora era uguale, se non li si guardava bene. Eppure a Shaka parvero più scuri.

Era ovvio che si stesse facendo influenzare eccessivamente dalle parole di Mu, doveva essere per forza così.

E doveva smetterla, perché stava commettendo un grave reato, punibile con la pena di morte. Non si contraddiceva il  Patriarca. Mai.

"Mi ha fatto chiamare, Sommo?"

"Sì, Shaka. Vorrei che tornassi in India, sulle rive del Gange dove ti sei allenato e dove hai vinto la Cloth che ora indossi, per riprendere, continuare e finire il tuo addestramento."

"Certo, Sommo. Ma...avevo capito che la priorità fosse rimanere tutti qui, al Santuario."

Nessun gesto o movimento strano. La maschera gli impediva di vedere l'espressione. Non poteva giudicare da quel punto di vista, quindi cercò un'altra strada.

Una che non l'aveva mai condotto in errore fino a quel momento.

"Era così, per via della nascita di Athena al Tempio. E vi farò richiamare non appena avremmo ritrovato la nostra Divina Signora. Ma dopo quello che è successo, ciò che più conta in questo momento è che voi diventiate più forti...mentalmente oltre che fisicamente. Per non ricadere nel peccato commesso da Aiolos."

"Voi pensate quindi che Aiolos non abbia ucciso la neonata?"

"Ne sono certo. Troveremo il cadavere del traditore e la bambina e la ricondurremo qui al Santuario, e con essa farete ritorno anche voi. Ma il tempo non è ancora maturato, avrei dovuto capirlo già allora."

Quindi avrebbe mandato via anche gli altri, non solo lui. Li avrebbe allontanati per permettere loro di diventare più forti.

O per non farsi scoprire?

No, no, doveva smettere di pensare alle parole di Mu.

"Come ordinate, Sommo!"

 

 

   
 
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