Aprì
la busta con foga e lesse le brevi righe che Sana gli
aveva lasciato. Notò subito dalla scrittura tremolante che
doveva essere
successo qualcosa di serio. Inizialmente pensò al suo ex
Nori, ma capì subito
che si stava sbagliando.
“ Sono partita per Osaka poche ore
fa,
mio padre ha avuto un incidente e io non posso stare lontano dai miei
genitori
in questo momento. Spero tu possa capire. Non cercarmi… Non
so quando tornerò,
se tornerò. Grazie per tutto, Sana ”.
Cosa significava “Grazie per tutto” ? Era
tutto finito, tutto dimenticato?
Akito prese la lettera e se la infilò in tasca. Sapeva
benissimo quello che
doveva fare, non ci avrebbe pensato due volte, non avrebbe avuto
ripensamenti
improvvisi.
Tornò a casa e una volta aperta la porta sentì i
singhiozzi di Nami provenire
dalla camera da letto.
<< Sei tornato >> disse lei alzandosi in
piedi. Aveva gli occhi
rossi e bagnati per il lungo pianto e appena vide Hayama davanti a
sé riprese a
piangere più forte.
<< Non avrei dovuto dirti quelle cose >>
<< Non ha importanza adesso >>
<< Invece sì Akito. Volevo fosse una serata
tranquilla, invece ho
rovinato tutto come al solito >>
<< Io… Devo lasciare la città
>>
<< Cosa?! >>.
Akito la guardò un attimo, poi prese un borsone da viaggio
da dentro un armadio
e iniziò a buttarci dentro vestiti a caso.
<< Cosa stai facendo? Akito, è stato solo un
litigio come tanti… Non fare
così ti prego >>
<< Non è per quello >> disse
senza distogliere lo sguardo.
<< Mi stai lasciando? >> chiese disperata
senza smettere di
piangere.
Akito si fermò un attimo.
<< Tornò fra un paio di giorni credo
>>
<< TI HO CHIESTO SE MI STAI LASCIANDO! >>
<< Non fare l’isterica adesso, Nami. Ho bisogno
di lasciare la città un
paio di giorni… Non ti sto lasciando >>
<< A me sembra il contrario. Non hai mai reagito
così… Ah, adesso ho
capito. È per quella Sana vero? È per lei che te
ne stai andando >>.
Nami lasciava che le parole le uscissero senza pensarci troppo. Non
aveva
bisogno di pensare a cosa dire, il cuore avrebbe fatto il suo corso.
Hayama
invece si fermò di nuovo, ma questa volta si
ritrovò spiazzato dalle frasi
della ragazza. Allora sapeva.
<< Di cosa stai parlando? >>
mentì.
<< Non fare lo scemo, lo so benissimo. Ho visto il
biglietto con il suo
numero che tenevi nel portafoglio, e adesso non farmi la morale sul
cosa devo e
cosa non devo fare con le cose degli altri. È capitato, ma
ora non posso più
stare zitta. Mi stai tradendo non è vero? L’altra
notte eri con lei? Ora stai
andando via con lei? RISPONDI NON STARTENE Lì SENZA DIRE
NIENTE >>
<< Stai vaneggiando. Sana è
un’amica, niente di più >>
<< E perché non la conosco? Perché
non me ne hai parlato? >>
<< Perché non ce n’è
stato bisogno, ci siamo visti una sera per caso e mi
ha dato il suo numero nell’eventualità che
volessimo risentirci, ma non l’ho
fatto… Sei contenta ora >>
<< Stai mentendo… Da chi hai imparato a dire
così bene le bugie? >>
<< Forse da te >>
<< Allora è vero che stai mentendo
>>
<< Adesso basta… Ne riparleremo quando sarai
un po’ più tranquilla
>>.
Akito si avvicinò alla porta d’ingresso. Non aveva
mai mentito tanto in vita
sua, ma era necessario, non era ancora arrivato il momento di dirle la
verità.
Per quanto gli potesse dispiacere, capì che
l’unica cosa che poteva fare era
aspettare e vedere come si mettevano le cose, anche se peggio di
così credeva
non potesse andare.
<< Akito Hayama, se esci da quella porta non mi vedrai
mai più >>
<< Tornerò presto >> rispose lui
uscendo e facendo finta di non
aver sentito l’ultima frase.
Sbatté la porta e sentì Nami battere un pugno su
di essa. Sperò solo non facesse
stupidaggini, poi uscì dalla palazzina ed entrò
in macchina, diretto
all’aeroporto.
Nami intanto si era accasciata sul pavimento con le lacrime che ormai
inondavano il suo viso. Una volta rialzatasi prese decisa il suo
cellulare e
cercò in rubrica un numero.
<< Pronto? >>
<< Ho bisogno di vederti…Subito
>>.
*
Riuscì
a prendere il volo per Osaka mezz’ora dopo l’arrivo
in aeroporto. Atterrò in città dopo poco piú di un'ora di viaggio. Era mezzanotte
e un quarto e inizialmente pensò che forse era meglio
cercarsi una sistemazione
per quella notte e aspettare il giorno seguente per cercarla, ma allora
aver
fatto quel viaggio frettoloso non sarebbe servito a nulla, quindi
decise di
prendere un taxi e farsi portare all’ospedale più
grande di Osaka. Lì avrebbe chiesto
se era ricoverato suo padre, ma si accorse di non sapere il suo
cognome. Senza
quello non sarebbe andato da nessuna parte, poi si fece spazio tra i
ricordi e
ripensò al cartellino che le aveva visto attaccato alla
camicia quel giorno in
profumeria.
Prese il taxi e arrivò a destinazione. Una volta dentro
dovette aspettare un
paio di minuti prima di vedere la reception dell’ospedale
meno affollata.
<< Buonasera, mi scusi mi sa dire se qui è
ricoverato il signor Kurata?
>>
<< Un attimo prego >>.
Prese dei fogli con una lista immensa di nomi e la esaminò a
lungo.
<< Soichiro Kurata, è lui? >>
<< Io… Purtroppo conosco solo il cognome.
È stato ricoverato ieri
>>
<< Sì, mi risulta >>
<< Potrei vederlo? >>
<< È un parente? >>
<< Non proprio, sono un amico di sua figlia
>>
<< Allora mi dispiace, ma non posso dirle altro. Il
signor Kurata è in
prognosi riservata >>
<< La prego, ho bisogno di parlare con quella
ragazza… Devo sapere come
sta, sicuramente è qui >>.
Akito si mise una mano tra i capelli disperato. Se era arrivato fin
lì per poi
dover tornare a casa sarebbe stato totalmente inutile il viaggio appena
fatto e
soprattutto sarebbe dovuto tornare da Nami che era l’ultima
persona che al
momento avrebbe voluto vedere.
L’infermiera lo guardò un paio di secondi, poi gli
rivolse un lieve sorriso.
<< Va bene può andare >> disse a
bassa voce << Terzo piano.
Lì troverà sicuramente qualche parente nel
corridoio >>
<< Grazie, lei è un angelo >>
<< Lo so >> rispose la donne sorridendo.
Prese in mano il borsone che si era portato sin lì e
salì le scale più in
fretta che potè senza intralciare infermieri, pazienti e
familiari che salivano
e scendevano. Una volta arrivato al terzo piano guardò a
fondo entrambe le
parti del corridoio, quando notò un gruppo di gente intorno
a una porta e una
ragazza seduta con la faccia rivolta verso il basso e le mani tra i
lunghi capelli
rossi. La riconobbe subito.
Posò a terra il borsone e la fissò senza
muoversi. Non riusciva a muoversi.
Forse aveva sbagliato, forse non doveva trovarsi lì in quel
momento, forse
quella frase “ Non mi cercare ” sarebbe stato
meglio seguirla alla lettera. Era
tardi per i ripensamenti, perché proprio mentre Akito si
poneva quelle domande,
Sana alzò lo sguardo e lo vide, a pochi metri da lui.
Si alzò in piedi continuando a fissarlo, poi sua zia le si
avvicinò preoccupata.
<< Tesoro, tutto bene? >>
<< Sì… Torno subito
>> disse non rivolgendole lo sguardo e
iniziando a muovere qualche passo verso Hayama.
Quando gli fu di fronte lo fissò a lungo senza parlare.
Iniziò a piangere e
dentro di sé non capì se si trattassero di
lacrime di gioia per averlo lì
vicino o lacrime di dolore per tutto quello che le stava succedendo.
<< C-cosa ci fai qui? Hai fatto male a venire
>>
<< Non potevo rimanere dov’ero. Perdonami, ho
dovuto farlo >>
<< No che non dovevi. Akito, non è il momento
per quel genere di problemi
adesso. Perché sei venuto a cercami, ti avevo
detto… >>
<< Non sono venuto per parlare, voglio solo starti
vicino… Non sto
mentendo >>.
Sana abbassò lo sguardo e pianse più forte. Akito
non potè far altro che
stringerla a sé. Quell’abbraccio racchiudeva tutto
l’amore possibile, non
quello fisico, ma quello di due cuori che si appartengono e che devono
rimanere
uniti. Quello era l’istante in cui ormai i sentimenti erano
stati rivelati
senza bisogno di parole. Se lo avessero voluto, sarebbero rimasti
abbracciati
per sempre.
*
<<
Posso entrare? >>
<< Certo che puoi entrare… Hey
cos’è successo? Sembri sconvolta >>.
Nami aveva ancora gli occhi leggermente gonfi per le lacrime scese
quella sera.
Quando guardò Charlie provò a sorridergli, ma non
fu semplice.
<< Ti prego, ti chiedo solo un favore >>
<< Nami, tranquilla… Vuoi sederti?
>>
<< Charlie… Baciami. Ho bisogno che tu mi
baci, ho bisogno che tu faccia
quello che volevi fare ieri… Quindi ora baciami…
Ti prego >>.
Il ragazzo la guardò confuso un paio di secondi, poi si
avvicinò a lei e le
scostò una ciocca di capelli dal viso. Quei suoi occhi
tristi gli mossero il
cuore. Avvicinò le labbra alle sue e le suggellò
con un bacio. Si accorsero
entrambi che non bastava. Si staccarono un attimo per poi baciarsi
più
appassionatamente di prima. Nami teneva le braccia intorno al suo
collo, mentre
Charlie la prese in braccio e la portò nella sua stanza.