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Autore: Kira Nikolaevic    04/04/2019    0 recensioni
Tutto ciò che Brylee Aelin Black vuole, è scoprire chi è e chi fossero i suoi genitori.
Sarà l'addozione da parte dei Malfoy ad aiutarla o l'arrivo della sua lettera per Hogwarts?
se vi va, scopritelo assieme a lei, rivivendo, per l'ennesima volta, o forse la prima, un'avventura di sette anni ad Hogwarts, vista dagli occhi di una Serpeverde.
Ebbene sì, gente! Purtroppo per voi, non sono ancora morta e sono tornata con un'altra nuova ff, su cui "lavoro" da anni. (Quindi, sì. Questa la finisco. Poco ma sicuro ;D)
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Voldemort
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Più contesti
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Chapter two​
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The Malfoys
 
Quando uscì dall’orfanotrofio, Brylee, trovò oltre il cancello la stessa donna che aveva conosciuto poco meno di un’ora prima che la aspettava, sempre con quel sorriso affettuoso sulle labbra dall’altra parte della strada. Si avvicinò sorridendo ma con una certa insicurezza, nonostante il passo spedito e sicuro. Con sé aveva solo una piccola tracolla in pelle consunta dentro cui aveva infilato gli abiti migliori che avesse e le scarpette da ballo.
“Bene, vedo che sono riusciti a darti almeno qualcosa di decente da mettere, lì dentro” disse la donna non appena la raggiunse “ma ciò non toglie il fatto che tu abbia bisogno completamente di un nuovo guardaroba. Seriamente cara” continuò sorridendole con fare sornione, per poi iniziare ad incamminarsi verso un vicoletto nascosto, accanto all’Orfanotrofio. Lì spuntò dall’ombra un esserino umanoide ma con naso allungato e a punta e orecchie appuntite, simili a delle ali di pipistrello, basso e magro, vestito di stracci; questo alla vista della donna e della ragazzina si protese verso il basso in un inchino profondo mormorando un ‘Padrona’, quindi si avvicinò alle due, alzando le braccia lunghe e scheletriche. “Brylee, cara, afferra la sua mano per favore e rilassati, andrà tutto bene” le disse la donna. “Sì, signora madre”. A quell’appellativo la donna sorrise divertita dall’assurdità della situazione, ma presto – si era ripromessa- avrebbe spiegato tutto alla bambina. “Devo ammettere che in quel posto almeno l’educazione la sanno insegnare, ma puoi tranquillamente darmi del tu, Brylee”. Brylee sorrise ed eseguì le istruzione datele e nel giro di pochissimi secondi, dopo essere stata risucchiata da un vortice, si ritrovò con una fortissima nausea e le gambe leggermente tremanti davanti ad un cancello enorme in ferro battuto e affiancato da alte siepi ben curate. Il cancello si aprì da solo, lasciando passare le due e quell’esserino lungo il viale costeggiato dalle stesse siepi curate, mentre proseguivano sul selciato, Brylee, osservava meravigliata tutto quello che riusciva a vedere dell’enorme parco di villa Malfoy, compresi e soprattutto, i maestosi pavoni bianchi che passeggiavano indisturbati sull’erba del prato - anche quello curatissimo. Mentre camminavano, Brylee decise di rivolgersi alla donna che le camminava a fianco. “Chiedo scusa -iniziò a voce bassa- me cos’è appena successo e cos’è quell’essere davanti a noi?” La signora Malfoy sorrise e la tranquillizzò con la sua risposta. “Ci siamo appena smaterializzate, Brylee, sapevo che non avrebbe avuto grandi ripercussioni su di te -disse osservando tuttavia un po’ preoccupata il colorito quasi verdastro della bambina- e quello è un elfo domestico, nulla di più, nulla di meno. Sono creature che noi maghi usiamo come domestici o parte della servitù. Ne incontrerai altri una volta arrivati al maniero e se vorrai, potrai averne uno solo per te.” La bambina era esterrefatta, provò a tenere quel turbinio di emozioni che era esploso in lei alle parole “noi” e “maghi” ma si tradì con l’ampio sorriso estasiato che le incurvava le labbra. A quella vista la donna accanto a lei non riuscì a trattenere un sorriso affettuoso.  Si fermarono definitivamente nello spiazzo davanti al portone in legno massello dalle maniglie dorate.
“Benarrivata, Signorina” disse l’elfo domestico che aveva fatto strada.
 “Grazie...” rispose Brylee,  diventata improvvisamente timida. Davanti a lei si ergeva un palazzo d’architettura neogotica, risalente probabilmente alla prima metà dell’Ottocento. Tra i tetti delle torri si potevano scorgere diversi comignoli lunghi dalla punta annerita dalla fuliggine. Il grande portone scuro, era protetto da un colonnato in pietra bianca liscia e levigata fino a riflettere la luce del sole.  
“Tutto questo è... fantastico” disse rivolgendosi alla donna, la quale a quelle parole sorrise con orgoglio e una nota di superbia.
Entrarono e dopo essersi fermate in un corridoio tappezzato di ritratti trovarono ad accoglierle sui gradini di pietra scura dell’atrio, anche questo decorato con colonne di marmo nero, un gruppetto di elfi domestici ad accoglierle, i quali si inchinarono in segno di saluto dicendo in coro “Bentornata Signora” e “Benarrivata Signorina”. La donna girò a destra rispondendo con un freddo cenno di testa. Brylee, invece, fece velocemente una piccola riverenza chinando il capo, quando lo tirò su per tornare a seguire la madre adottiva, le sembrò di vedere il volto di un ragazzino biondo sbucare da dietro una colonna, ma quando riportò lo sguardo su quel punto, non vide nulla. Pensò di esserselo immaginato. Mentre percorreva quasi di corsa l’ala est di quel corridoio di ritratti, la ragazzina aveva come l’impressione che quelli la stessero scrutando, studiando in ogni movimento che faceva.
“Chi sono tutte queste persone, signora madre?” chiese, una volta raggiunta la donna.
“Loro, Brylee, sono gli antenati più potenti e famosi di mio marito, che conoscerai a cena. invece, nell’altra ala, ci sono i nostri antenati” rispose la donna, calcando in maniera particolare sulla parola “nostri”.
Quando voltarono, per entrare in una sala dei trofei, Brylee poté giurare di aver visto i ritratti muoversi, ma si disse, che probabilmente era un altro scherzo della sua immaginazione.
“Immagino sarai stanca, ti va di fare due chiacchiere davanti ad una tazza di the?” le chiese la donna, facendola accomodare in una saletta da the, comunicante con un’ampia stanza da mattino circolare e due porte che davano una su una grande terrazza e l’altra, sulla destra che dava su una veranda.
Le pareti della stanza erano decorate con carta da parati a strisce sottili beige, rosa cipria  e verde chiaro, che davano un senso di tranquillità a chi vi entrava.
La giovane donna la fece accomodare su una delle poltrone che erano attorno ad un tavolino in noce, con le gambe decorate con serpenti che sembravano arrampicarsi su di esse, quando si sedette anche lei, apparì subito un elfo domestico con un vassoio con una teiera e due tazze da the in fine ceramica decorata con motivi floreali argento e verde. Prima di iniziare a sorseggiare il suo the, la donna allungò a Brylee la busta ingiallita che le avevano dato all’orfanotrofio.
“Penso sia giunto il momento che tu sappia, Brylee.” Sentenziò seria ma mantenendo quel suo sorriso affettuoso che riservava solo a suo figlio, e ora anche a quella ragazzina appena entrata nella sua vita.
Brylee pur mantenendo una certa compostezza auto imposta, si affrettò ad aprirla e a leggerla.  Era scritta con un’elegante grafia con inchiostro nero.
 
Questa bambina è Brylee Aelin Black, figlia di Nimue Gwen Rhiannon, della stirpe di Merlino e Regulus Arthorious Black, appartenente ad una delle Sacre Ventotto, la Famiglia Black.
Mi ritrovo costretta a doverla abbandonare in questo luogo a lei alieno, in mezzo a dei babbani, -perdonami, perdonaci, figlia mia- a causa dei mangiamorte che hanno già preso la vita del padre e presto prenderanno la mia. Ma prima che possano fare ciò, ho deciso di sparire da qui.
Ve ne prego. Vi scongiuro, abbiate la massima cura della nostra preziosa bambina. Sono sicura che un giorno arriverà qualcuno che saprà prendersi cura di lei in maniera migliore e le insegnerà tutto sul suo passato e la sua famiglia.
Sinceramente vostra,
Nimue Gwen Rhiannon 

 
“Co-cosa sono i... mangiamorte?” chiese la ragazzina con voce tremante. Ora che aveva letto quella lettera su cui aveva fantasticato per anni, quasi si pentiva di averla letta. Mentre scorreva quelle poche righe scritte dalla madre, aveva sentito una miriade di brividi scorrerle lungo la schiena e quasi le sembrava di sentirne la voce riecheggiare tra quelle lettere, come in un sogno.
A quelle parole, la donna davanti a lei fece un leggero sobbalzo sulla sua poltrona perdendo per un attimo quella luce di vitalità che aveva negli occhi chiari, ma questa tornò quasi subito, un po’ più fredda.
“È... difficile da spiegare, Brylee. Sappi comunque che erano, o sono, seguaci di un potente mago oscuro. Noi maghi e streghe lo conosciamo come l’Oscuro Signore, ma egli è scomparso da dieci anni e credo che non ci si debba più preoccupare di lui o dei suoi seguaci.” Disse con tono distaccato, ciò fece pensare Brylee. Che avesse chiesto qualcosa che non doveva chiedere?
“Draco! Vieni, non fare il timido, caro. Vieni a conoscere la tua sorella adottiva” quando si girò, Brylee vide un ragazzino pallido e biondo, poco più alto di lei avanzare titubante dalla porta, dietro la quale si era nascosto. Notò lo sguardo di sfida e minaccia che le stava riservando, cosa che continuò anche quando si sedette accanto alla madre.
“Avanti. Non fare il maleducato, Draco, presentati.” Lo incoraggiò la madre.
“Ciao...” disse con svogliatezza.
“Ciao, mi chiamo Brylee Aelin, ma puoi chiamarmi solo Brylee” rispose lei rivolgendogli un sorriso nervoso. Era incredibile come dietro a quegli occhi grigi si stesse celando tanto rancore nei suoi confronti e Brylee non riusciva a trovarvi una ragione.
“Draco Lucius, ma chiamami solo Draco. Anzi, forse è meglio se non mi chiami proprio!” esclamò all’ultimo, prima di ricevere un pizzicotto sulla coscia dalla parte della madre per via del suo comportamento.
“Perdonalo, cara. Non si è ancora abituato all’idea di avere una ‘sorella’” iniziò a dire la donna “anche se sarebbe meglio dire “cugina” “. A quell’affermazione entrambi i ragazzini rimasero di sasso.
“Cosa intendi dire, madre? Una cugina? Io?!” chiese tutto d’un fiato Draco, esprimendo a voce anche i pensieri di Brylee.
“Non siete esattamente cugini, caro. Suo padre era mio cugino, quindi voi sareste-“
“Cugini di secondo grado” dissero in coro i due per poi guardarsi negli occhi. questa volta Brylee non trovò più quello strano rancore di poco prima, ma una sorta di sollievo.
“Esatto.” Affermò con un sospiro la donna. “Brylee, devi sapere che noi Black siamo un’antica famiglia di maghi e streghe purosangue; come ho appena detto, tuo padre ed io eravamo cugini, quindi non c’è più bisogno che  tu mi chiami “signora madre”, basta solo Narcissa, o zia, come preferisci” disse sorridendole nello stesso modo in cui le aveva sorriso fino a che non aveva posto la domanda sui mangiamorte.
“Ora posso dire di sapere di mio padre, ma mia madre... sai dirmi niente di lei, zia?” chiese ansiosa di sapere altro sui suoi genitori.
“Purtroppo no, cara... tuo padre... lui tagliò tutti i ponti con la famiglia poco prima di finire la scuola. Da quel momento in poi non abbiamo più saputo nulla di lui o delle compagnie che frequentasse” rispose Narcissa, un po’ dispiaciuta nel non essere d’aiuto alla nipote.
“Bene! Ora che è tutto spiegato, vi lascio soli. Draco, tratta bene tua cugina, va bene tesoro?”
“Sì, madre.”
E così Draco e Brylee rimasero insieme, nella stessa stanza, seduti uno di fronte all’altra, avvolti da un silenzio imbarazzante che nessuno dei due osò rompere.
Alla fine, Draco si decise a far fare a Brylee un giro del maniero. Ci volle quasi tutto il pomeriggio per mostrarle tutti e tre i piani, soprattutto perché, già da subito, la ragazzina non voleva saperne di scollarsi dalla biblioteca al primo piano talmente grande da essere collegata al secondo, né dalla stanza da musica dove si ergeva in tutta la sua magnificenza, un pianoforte a coda in ebano lucido. Per non parlare della grande voliera al terzo piano, piena di rapaci e altri uccelli delle specie più disparate, o della serra poco più in là.
La maggior parte delle camere era situata al secondo piano, tra queste, ovviamente, la camera principale, occupata dai coniugi Malfoy e la camera di Draco, di poco più piccola, posta nell’ala ovest del maniero.
Poco prima delle cinque, un elfo domestico dagli occhioni più vivaci degli altri, Dobby, mostrò a Brylee la sua stanza, anche questa situata nell’ala ovest, di fronte a quella di Draco. Anche questa era poco più piccola della camera principale e aveva un’alta ed ampia porta finestra che dava su un balconcino. Al centro della stanza, un letto a baldacchino con lenzuola in seta bianca, ai piedi di questo una cassapanca in mogano per contenere le coperte e da entrambi i lati un scendiletto in soffice moquette grigio chiara. A sinistra della porta finestra c’era un mobiletto da toeletta bianco con tanto di specchio e cassetti vari, il tutto intarsiato con motivi naturali, da dove spiccavano diversi animali, alcuni a lei sconosciuti. Dall’altra parte della stanza, invece c’era un grande guardaroba a muro in stile vittoriano, le ante erano di un verde salvia e avevano i pomelli in ottone dorato. In un angolo, tra il letto e la porta finestra, c’era una comoda poltrona rivestita in pelle nera, con accanto una piccola libreria e accanto a questa, una scrivania in legno massello color noce. Le pareti, infine, erano di un verde pino decorate con una striscia di carta da parati che divideva i muri in orizzontale, con motivi dorati. Aveva anche il bagno in camera, tutto piastrellato a mosaico verde, argento e nero.  
Dopo che Brylee ebbe modo di studiare a fondo la propria camera, tornò al piano di sotto per aspettare con Narcissa e Draco, il ritorno del capo famiglia.
Non appena Lucius Malfoy oltrepassò la soglia del salotto, avvolto nel suo elegante mantello nero e con i lunghi capelli biondi tenuti legati dietro la nuca con un nastro in raso nero, Brylee poté ben constatare da chi avesse preso Draco gli occhi grigi, il colorito pallido e le fattezze del viso: avevano entrambi il viso leggermente più lungo del normale e appuntito.
Brylee aveva appreso che l’uomo lavorava presso il Ministero della Magia, situato esattamente sotto Londra, almeno così le aveva riferito Draco, mentre facevano il giro del maniero.
“E quindi tu saresti Brylee, hm?” le chiese l’uomo, non appena la vide seduta tra la moglie e il figlio. “Narcissa mi ha parlato di te, prima di venirti a... prelevare da quel posto.” Continuò versandosi il liquido ambrato di una bottiglia di cristallo posta su di un tavolino lì accanto a lui. Stettero tutti e quattro in salotto, Lucius Malfoy che faceva domande su cosa Brylee pensasse dei babbani o dei maghi nati babbani (Draco nel pomeriggio le aveva anche spiegato la differenza tra le varie famiglie di maghi, compresi i nati babbani), e lei che rispondeva il più oggettivamente possibile, voleva dare una buona impressione allo zio, se così poteva chiamarlo, ma al tempo stesso voleva tenere per sé cosa pensava davvero, perché, si rendeva conto che pur essendo cresciuta insieme a quelle bambine odiose, non le disprezzava più di tanto, come invece, secondo i Malfoy avrebbe dovuto.
Giunse un elfo domestico per avvisarli che la cena era pronta per essere servita, quindi si mossero tutti e quattro verso la sala da pranzo. Questa era enorme a dir poco, al centro c’era un lunghissimo tavolo in legno scuro con almeno una dozzina di sedie imbottite e rivestite in pelle per lato, senza contare le due sedie agli estremi del tavolo. Brylee si chiese cosa se ne facesse di una tavolata così grande e con così tanti posti una famiglia composta da soli tre membri, quattro, si corresse mentalmente.
La cena si svolse in un silenzio quasi assoluto, non fosse stato per il rumore prodotto dalle posate sui piatti o dai bicchieri quando venivano posati sul tavolo. Mentre Brylee mangiava in silenzio, sentì gli occhi di Draco puntati su di lei, quindi alzò lo sguardo per poterlo incatenare a quello del cugino, il quale non lo distolse come si era immaginata. Intanto lei ripensava alle domande che le aveva fatto lo zio poco prima quand’erano in salotto e stabilì che quell’uomo non era poi tanto migliore della signorina Price; aveva percepito subito che quell’uomo era quel tipo di persona di cui non ci si può fidare troppo. Troppo sicuro di sé e della sua superiorità, al solo pensiero arricciò il naso in segno di disapprovazione.
Il gesto non passò inosservato sotto lo sguardo scrutatore dell’altro ragazzino, seduto di fronte a lei, e lui trovò quella piccola smorfia carina, forse sarebbero potuti andare d’accordo lui e Brylee.
Finito di mangiare, i coniugi Malfoy mandarono a letto i due ragazzini. Brylee era scortata da Dobby, mentre Draco veniva trattenuto dal padre per dirgli qualcosa a mezza voce. La ragazzina, percorrendo l’ampia stanza, sentì quanto lo zio stava dicendo all’altro.
“Draco -iniziò- voglio che da domani tu diventi l’ombra di quella ragazzina. Qualsiasi cosa faccia, qualsiasi cosa dica, voglio che tu me lo riferisca, puoi fare questo favore a tuo padre, ragazzo?” poi Brylee sentì la voce della zia intervenire:
“Caro, sono solo bambini. Tra l’altro Brylee sarà ancora confusa. È venuta a conoscenza dei genitori, della loro morte e della sua famiglia, solo questo pomeriggio, Draco tesoro, credo sia meglio che tu passi del tempo con lei, come se fosse una sorella. Potresti farle vedere quello che sai fare e magari insegnarle qualcosa, che ne pensi?”. La ragazzina non sentì la risposta di Draco perché la sua attenzione venne richiamata dall’elfo domestico che la stava riaccompagnando alla sua stanza. Prima di uscire definitivamente dalla sala, Brylee augurò a tutti la buonanotte, ma le rispose solo la zia, questo la fece rimanere un po’ male, se era stata adottata, non si sarebbero dovuti tutti comportare come una famiglia?
 
Nonostante la stanchezza della giornata, una notte, Brylee non riusciva proprio a prendere sonno per via di tutti i pensieri che le frullavano in testa, dai suoi genitori, all’imminente giorno in cui sarebbe partita per Hogwarts, a tutte le cose che stava imparando sul suo mondo. Così decise di andare a prendere una boccata d’aria in giardino, scese quindi il più silenziosamente possibile le scale che conducevano all’ingresso del maniero e altrettanto silenziosamente sgusciò fuori dal portone, per poi andare a sedersi sui gradini del colonnato. Sentendosi sola più che mai, Brylee provò a richiamare i serpentelli presenti nel giardino di fronte a lei. Le mancavano Blake e Dorian, e tutti gli altri serpenti dell’orfanotrofio.
Subito vide almeno una dozzina di testoline squamose alzarsi dal prato e dirigersi verso di lei. Aveva trovato dei nuovi amici, ed era fuori di sé per la contentezza. Fece per iniziare a presentarsi ai rettili davanti a lei, quando un urletto da dietro di lei la fece spaventare, e con lei, tutti i serpenti giunti dal prato lì davanti. quando si girò, vide il viso di Draco ancora più pallido del normale.
“Draco! Che ci fai sveglio a quest’ora?” gli chiese lei, ancora scossa da quell’urletto. “E soprattutto, che ci fai qui? Che fai? Mi segui?” continuò vedendo che lui non rispondeva.
“Che ci fai tu qui. E perché ci sono tutti questi serpenti?” le rispose una volta ripreso.
“Non riuscivo a prendere sonno e mi sentivo sola... quindi ho pensato di provare a richiamare qualche nuovo amico qui. Contento? Ora rispondimi tu: mi stavi seguendo?” gli chiese scrutandolo con lo sguardo, occhi puntati in quelli dell’altro.
“Ti ho sentita uscire di camera e... e temevo che andassi a gironzolare per la casa e magari far sparire qualcosa di valore.” Sentenziò tutto impettito.
“Draco. Lucius. Malfoy. Ritira immediatamente quello che hai detto.” Controbatté glaciale la rossa. “È più che evidente che mi abbia seguita. Ho sentito quello che ti ha detto tuo padre, sai?” disse volgendo di nuovo l’attenzione ai suoi nuovi amici “vuole che tu sia la mia ombra per poi riferirgli tutto quello che faccio o dico. Vuoi iniziare col raccontargli qualcosa di stupefacente, Draco?” continuò dando le spalle al biondo. “Se però non vieni qui accanto a me, non te lo mostro” minacciò accennando una risatina divertita. Non era sicurissima di voler mostrare quelle sue abilità a qualcuno che quasi sicuramente sarebbe andato a spifferarlo ad un terzo. Ma quando sentì che Draco si era seduto accanto a lei sui gradini, si sentì obbligata. Innanzi tutto perché si vedeva lontano un miglio che Draco avesse fatto uno sforzo immane per raggiungerla ed essere ad una distanza così ravvicinata a tutti quei rettili, che nel frattempo erano aumentati di numero. Da una dozzina, ora davanti ai due si erano radunati almeno una cinquantina di esemplari.
“Non devi aver paura” disse lei, allungando un braccio per farvi salire un serpentello di media lunghezza che si attorcigliò lungo l’avambraccio candido e sottile della ragazzina come fosse un bracciale. “Anzi, ti dirò: sono più spaventati loro di te. Ecco, prova a prenderlo tu” continuò avvicinando il braccio al ragazzino accanto a lei, mentre incoraggiava il serpentello sussurrando qualcosa che da prima Draco non capì bene, ma quando si sforzò di sentire meglio, rimase scioccato.
“Serpentese. Brylee. Tu... tu sei rettilofona!” esclamò ad alta voce.
“Sì, qualsiasi cosa voglia dire rettilofona, ma abbassa il volume della voce, Draco, non vorrai svegliare l’intero maniero, o no?” borbottò Brylee lasciando tornare il serpente tra gli altri esemplari che li circondavano.
“Come? Quando?” chiese Draco quando furono tornati dentro, nella camera di Brylee.
“Hm? Cosa?” gli chiese di rimando Brylee non capendo a cosa si riferisse.
“Il parlare con i serpenti... l’essere rettilofona” specificò il biondino
“Oh. Quello... credo da sempre ma la prima volta effettiva di cui abbia memoria, è di cinque anni fa, avevo sei anni e lì all’orfanotrofio c’era un gruppetto di bambine della mia età o più grandi che mi prendevano sempre in giro perché stavo sempre per i fatti miei. Un giorno, quella che faceva da capo al gruppo, ha iniziato prima a prendermi in giro, per poi passare alle mani.” Iniziò a raccontare la rossa “Fu lì che persi il controllo,  e i libri e i giochi che erano in terra hanno iniziato a vorticare attorno a noi, poi credo di aver detto qualcosa e un serpente è entrato nella stanza...non ricordo il tutto con chiarezza, ero come in una specie di stato di trance. Ripresi il controllo di me solo quando quella bambina ha iniziato ad urlare.” Continuò ridacchiando “Non ti nascondo che finii in punizione. Una giornata intera senza mangiare o bere in uno stanzino. Sfruttai la situazione per mettermi alla prova e concentrandomi provai a ripetere quello che era successo e, indovina, ci riuscii. Sei anni e ho avuto la conferma di essere... speciale. Gli unici amici che mi feci erano dei serpenti, e a me andava bene così. Poi in questi ultimi cinque anni ho affinato le mie capacità e non facevo altro che fare scherzi alle bambine dell’orfanotrofio e anche alle collaboratrici. Troppo divertente. Ahahahahah...” finito di ridere, Brylee tornò seria e incollò il suo sguardo in quello di Draco.
“Ora, ti chiedo cortesemente di non dire nulla di quello che ti ho raccontato a tuo padre... te lo chiedo per favore, Draco” disse prima di crollare addormentata sulla sua spalla.
Il ragazzino non si mosse, non volendo svegliare la cugina.
“Non dirò nulla a nessuno. Sarà il nostro segreto” sussurrò prima di addormentarsi anche lui.
 
 
 
 
 
 
 
~Angolo della miseria~
Ed eccoci giunti al secondo capitolo. Che ne pensate? Brylee ha finalmente scoperto cosa c’era scritto nella lettera lasciata dalla madre quando l’ha abbandonata, cosa vi aspettavate? (lo so. Di sicuro non questo schifo). Fatemelo sapere nei commenti,
dovrei riuscire ad iniziare a lavorare sul terzo capitolo -già pronto- nei prossimi giorni. Fino ad allora, baci, Kira
  
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