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Autore: LaMusaCalliope    05/04/2019    0 recensioni
NINETEEN KLAINE KISSES:
1) A kiss on the cheek means "Friendship"
2) A hug means "I care"
3) A kiss on the forehead means "I comfort you"
4) Looking away means "Hiding your feelings"
5) Raising eyebrows and winking means "Flirting"
6) Smiling at each other means "I like you"
7) Looking your lips means "Waiting for a kiss"
8) A kiss on the lips means "I love you"
9) Holding hands means "You're a happy couple"
10) A kiss on the nose means "Laughter”
11) A kiss on the ear means "You are special"
12) A nibble on the ear means "Warming up"
13) A kiss on the side of your lips means "You are mine"
14) Playing with your hair means "I can't live without you"
15) A kiss anywhere else means "Be careful, you two!"
16) Arms around the waist means "You're mine and I need you"
17) A kiss on the neck means "I want you"
18) A kiss on the shoulder means "You are wonderful"
19) Something cute
Una raccolta di missing moments Klaine da un po' tutte le stagioni di Glee.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt, Finn/Rachel, Mercedes/Sam, Nick/Jeff
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Kurt non poteva credere che quanto stava vivendo non fosse un sogno.
Tutto gli sembrava così irreale e così perfetto che nemmeno nelle sue più liete fantasie avrebbe potuto immaginare qualcosa di simile. Certo, gli Warblers avevano perso le Regionali e la voce di Pavarotti, ma Blaine aveva ragione: loro si erano trovati e sì, era decisamente meglio di un trofeo destinato a prendere polvere su una delle mensole già piene nella sala canto della Dalton.
Ancora non era riuscito ad abituarsi al modo in cui Blaine lo guardava, gli occhi dai mille colori che lo fissavano con un’intensità tale da togliergli l’aria dai polmoni e fargli girare la testa. Quando lo guardava – e succedeva spesso – Kurt doveva faticare per ricordare al cervello come funzionasse quella faccenda del respirare, ma era nulla in confronto alla libertà che provava nel poter finalmente ricambiare quello sguardo con uno altrettanto carico di felicità e di amore, senza la paura che Blaine si allontanasse. Anzi, in più di un’occasione era successo l’esatto contrario ed era più di quanto avesse mai osato immaginare. Non aveva mai pensato che un giorno si sarebbero ritrovati insieme a fare lunghe passeggiate nel cortile con le spalle che si sfioravano ad ogni passo, a passare le serate e i pomeriggi l’uno nella camera dell’altro, a parlare abbracciati e a baciarsi, o a provare con gli Warblers, a cantarsi canzoni, a dedicarsi testi e a duettare. In quei momenti in cui Kurt e Blaine si prendevano per mano e si guardavano negli occhi, incuranti dei ragazzi che li osservavano adoranti, esistevano solo loro due e la musica.
No, Kurt non si sarebbe mai abituato al calore confortante della mano di Blaine nella sua, le dita che gli accarezzavano distrattamente il dorso, tracciando cerchi imperfetti con il pollice; né si sarebbe abituato alla stretta allo stomaco che provava ogni volta che si baciavano, ed era qualcosa che accadeva più spesso di quanto entrambi fossero disposti ad ammettere.
Una parte di Kurt non voleva affatto abituarsi a tutto quello. Non voleva rendere i gesti di Blaine e i suoi sentimenti qualcosa di scontato o di prevedibile, preferiva stupirsi ogni volta come fosse stata la prima. Ed era così: ogni sguardo del ragazzo, ogni bacio sulla guancia o sulle labbra, ogni abbraccio e carezza, ogni volta che le loro dita si intrecciavano erano di una spontaneità tale che Kurt non poteva fare a meno che rimanerne sorpreso e desiderare che quei momenti non finissero mai, che potessero rimanere uniti per sempre. Era come se i loro corpi fossero due poli opposti di una calamita: eternamente attratti l’uno dall’altro, completamente incapaci di dividersi. Ogni pretesto era buono per sfiorarsi, per rassicurarsi della presenza dell’altro accanto a sé. Ogni istante che passavano da soli era prezioso, ma non era mai abbastanza: un bacio durava troppo poco, una singola carezza passava come brezza sulla pelle. Anche se Kurt sapeva che la Dalton non era il McKinley e che gli Warblers erano totalmente diversi dai giocatori di football, ricordava fin troppo bene la paura che lo aveva attanagliato negli ultimi mesi al suo vecchio liceo, portava ancora i lividi sulla schiena per tutte le volte che Karofsky lo aveva spinto contro un armadietto e gli occhi gli bruciavano ancora per le granitate che gli avevano tirato in quei due anni. Non voleva assolutamente rivivere quelle esperienze, né tantomeno voleva farle rivivere a Blaine, costringerlo a scappare di nuovo, a lasciare i suoi amici un’altra volta.
Doveva però ammettere che più di una volta gli era capitato di immaginare come sarebbe stato camminare con lui, mano nella mano, per i corridoi del McKinley, salutare Brittany e Artie che parlavano vicino gli armadietti e dirigersi verso l’aula canto. Proprio come avevano fatto quella sera, alla Notte dei Negletti, in cui lo aveva visto aggirarsi per la scuola, la sua scuola, con una spontaneità e naturalezza tali che non aveva potuto fare a meno di seguirlo con lo sguardo in ogni suo gesto e di concedersi ad un sogno ad occhi aperti in cui loro potevano davvero essere felici insieme, a Lima. Poi, quando era arrivato Karofsky e la magia era finita, Kurt aveva capito che non poteva permettere che Blaine corresse il suo stesso pericolo di essere picchiato e insultato ogni giorno, non finché David e le persone come lui fossero rimaste in quella scuola.
La Dalton, per loro fortuna, era un ambiente completamente diverso con persone totalmente diverse che trattavano tutti esattamente allo stesso modo, dove Kurt poteva permettersi di stringere la mano di Blaine mentre andavano insieme alle prove e persino di scambiarsi un bacio a fior di labbra mentre studiavano con gli Warblers senza che questi li giudicassero. Anzi, il più delle volte i ragazzi li tormentavano con commenti e risatine, ma entrambi sapevano che erano contenti per loro – forse anche troppo contenti.
Kurt e Blaine erano soli nella stanza del moro e non riuscivano a staccare gli occhi dal pavimento.
Quando Kurt era entrato, aveva trovato il fidanzato – gli faceva ancora un certo effetto chiamarlo così e non poteva mai impedirsi di sorridere – chino sul tappeto, intento a rigirarsi tra le dita un oggettino circolare di plastica colorata.
«Blaine, va tutto bene?» doveva ammettere che la situazione all’inizio gli era sembrata strana ma quando si era avvicinato e il ragazzo gli aveva mostrato quello che aveva tra le mani, anche lui si era seduto e aveva continuato a fissarlo con aria confusa. Intorno a loro quegli oggetti li circondavano a centinaia.
«Quelli siamo noi, vero?» la domanda di Blaine era superflua ma Kurt aveva annuito in risposta, incapace tanto di parlare quanto di capire. Prese in mano anche lui uno di quegli oggetti e se lo rigirò tra le dita: una spilletta leggera e piccola, colorata sul davanti, con una foto – sicuramente scattata di nascosto – ed una scritta a caratteri un po’ troppo grandi che sembrava urlargli contro in una lingua che non conosceva.
«“Klaine”» lesse Kurt, affatto sicuro della pronuncia.
«Sembra il nome di un Paese in Europa»* commentò Blaine, «secondo te cosa vuol dire?» si rigirò ancora la spilletta tra le dita, osservandola, come se così facendo avesse potuto capirci di più di quella strana situazione.
Se l’era chiesto anche Kurt, cosa significasse quella bizzarra parola, ma non appena fece per pronunciare il nome del ragazzo, capì.
«Oh, Santa Chanel!» esclamò quindi, portandosi una mano sulla fronte sinceramente sconvolto.
«Cosa?» chiese l’altro allarmato e confuso.
«Blaine, pensaci. Non ti dice nulla questa parola?» ma la faccia del ragazzo fu una risposta più che sufficiente.
«È l’unione dei nostri nomi! K – Laine, come Kurt e Blaine! È da pazzi, semplicemente da pazzi» ormai Kurt stava urlando, leggermente scosso da quella rivelazione.
«Non è così grave» commentò Blaine con un’alzata di spalle, la spilletta ancora stretta tra le dita.
«Non è così grave? Questi pazzi ci hanno scattato foto di nascosto e li hanno usati per creare centinaia di spillette con i nostri nomi sopra. Tu come li chiami?»
Kurt era così sconvolto che aveva dovuto tirarsi in piedi e aveva iniziato a percorrere la stanza a grandi falcate e a scuotere la testa con aria di disapprovazione.
«Però sembriamo davvero felici…» commentò Blaine e allora Kurt tornò a sedersi, concentrandosi sulla foto che uno degli Warblers – poteva scommettere tutti i suoi numeri di Vogue che si trattava di Nick – aveva scelto: li ritraeva di spalle mentre camminavano per il cortile della Dalton, si tenevano per mano, le dita intrecciate, e stavano ridendo di qualcosa che uno dei due aveva detto. Kurt non ricordava nemmeno che giorno fosse, né quale fosse l’argomento di tanta gioia, ma per la prima volta si rese conto di come appariva il suo volto quando guardava Blaine: nel corso degli anni, lo specchio gli aveva sempre restituito un riflesso sbiadito di se stesso che lui aveva tentato di colorare con abiti ed accessori; per la prima volta, vedeva un’immagine di sé che gridava gioia, felicità ed amore. Per la prima volta, capì cosa volesse dire essere innamorati, e sapeva perfettamente come ci si sentiva nel guardare qualcuno in quel modo e venir ricambiati con lo stesso sguardo, carico degli stessi fortissimi sentimenti.
«No» disse Kurt, dando un bacio sulla guancia di Blaine e poggiandosi alla sua spalla mentre continuava a guardare la spilla, «noi siamo felici, non lo sembriamo soltanto».
Il moro girò la testa verso di lui, gli occhi cangianti illuminati dal sorriso che gli stava rivolgendo e che venne subito ricoperto dalle labbra di Kurt. Ed eccolo di nuovo, quel pugno che stringeva lo stomaco in una morsa strettissima, intenzionato a tutti i costi di non lasciarlo andare, quella stretta a cui non si sarebbe mai abituato e mai avrebbe voluto abituarsi.
Aveva appena portato una mano ad accarezzare la guancia di Blaine, il cui braccio si era spostato a cingergli la vita, quando sentirono la porta della stanza spalancarsi e un click! decisamente fuori luogo.
Kurt, non sapeva nemmeno lui con quale forza di volontà, si separò dal ragazzo, si alzò in piedi e lanciò uno dei suoi peggiori sguardi arrabbiati al gruppo di ragazzi che aveva davanti.
«Credo che siamo nei guai» commentò Jon cercando di togliere dal bordino della giacca la spilletta incriminata.
«Possiamo spiegare tutto, non è come pensate!» ma Nick, la macchinetta fotografica ancora accesa tra le mani, non aveva fatto in tempo a finire la frase che Kurt era già nei corridoi della scuola a corrergli dietro, cercando in tutti i modi di strappargliela di mano. Mentre sentiva il fiato mancargli, si chiese quante altre foto avessero di loro due in quella macchina e quali momenti avessero immortalato. Con le guance che gli diventavano rosse un po’ per la corsa e un po’ per l’imbarazzo, Kurt si disse che l’avrebbe scoperto presto e che gli Warblers, quella volta, non l’avrebbero di certo passata liscia.




ANGOLO AUTRICE: 
Abbiamo il capitolo! 
Mi dispiace tantissimo di averci messo così tanto a scrivere un capitolo che non è nemmeno poi così lungo (appena tre pagine di Word), ma non avevo affatto idee e non mi venivano le parole: insomma, il classico blocco dello scrittore. But here we are, face to face, with a new chapter!
Gli Warblers che fangirlano ci stavano troppo e sono i miei Warblers preferiti; mi dispiacerà tantissimo dirgli addio tra qualche capitolo, sincerely.
But I hope you're enjoying this story e che, se vi va, di farmi sapere cosa ne pensate. 
Al prossimo capitolo!!
*Sì, è una citazione di Darren e Chris.


 
   
 
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