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Autore: Ryo13    09/04/2019    3 recensioni
Verso la fine della Seconda Guerra mondiale una giovane donna fugge dal lager di Dachau. Viene soccorsa da un medico tedesco da sempre innamorato di lei che la nasconde in casa propria.
❈❈❈Seconda classificata e vincitrice del premio speciale "Sliding Doors" al contest "Coincidenze perdute, appuntamenti mancati, scelte difficili: Sliding Doors Contest" indetto da missredlights e Shilyss sul forum di EFP❈❈❈
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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5. Voci di ricordi

Dicembre, 1944

La botola si aprì un’altra volta.

Ezra reggeva una lanterna che gettava luce attorno, creando profonde ombre sulle pareti: il seminterrato, con le lampade fulminate, era pieno di oggetti e mobili vecchi, molto polverosi e le loro proiezioni si intrecciavano formando figure improbabili, capaci di incutere timore.

Hannah le stava osservando quando Ezra le prese una mano e le disse di seguirlo. La condusse su per la scala e si meravigliò: non era mai successo prima.

«Per questa notte ho licenziato i domestici.»

Pur non avendoli mai visti, sapeva che nella casa ce n’erano due, anche se sbrigavano le loro mansioni in silenzio, senza dipendere dal padrone di casa, come questi voleva: lo aveva dedotto dai casuali monologhi del dottore.

Fu condotta ancora per un’altra scala, la quale portava ai piani superiori della casa, ma dopo pochi gradini si accasciò, a corto di fiato. 

Ezra si fermò con un suono interrogativo, prima di ricordare che lei non era più abituata a fare troppo movimento: il semplice salire le scale le costava fatica, e quella era già la terza rampa.

Rimasero su un gradino l’uno di fianco all’altra. Ezra approfittò della pausa per avvicinarsi a inspirare l’odore dei suoi capelli: quella mattina glieli aveva lavati, mentre i domestici si trovavano al mercato. Adesso seppellì il viso nel suo collo e le diede un piccolo morso.

Il battito di Hannah impazzì di paura. Sebbene non l’avesse mai malmenata da che l’aveva presa con lui, certi assalti avevano ancora il potere di sconvolgerla, a causa di ricordi tenebrosi che la lasciavano con le membra tremanti.

Ezra si accorse che tremava, ma lo interpretò come eccitazione e ridacchiò, risalendo in una scia fino all’orecchio.

Lei si ripeteva che non le avrebbe fatto nulla e sopportava.

Quando giudicò che fosse passato un tempo sufficiente, Ezra riprese a trascinarla su, nuovamente eccitato.

La portò nella sua camera, dove aveva sempre voluto averla. Spogliandola, l’adagiò sulle coperte fredde e la coprì col proprio corpo.

L’unguento era stato lasciato accanto al letto. Quando le scivolò dentro mandò fuori un sospiro soddisfatto. «Lo sognavo da sempre.»

Si mosse su e giù, baciandole il volto. «Hannah, mi ami?»

Lei lo fissava con gli occhi di un animale raro, quasi non comprendesse il linguaggio umano.

Non si aspettava una risposta, perché nella sua mente già l’aveva: era la ragazza che aveva seguito da lontano per anni, che aveva visto nuda dietro una tenda, rivelandosi come una ninfa creata apposta per lui; era uno spirito sconosciuto che solo lui conosceva, che gli apparteneva da quando lei non lo sapeva.

Non esistevano altre donne, il mondo cominciava e finiva con Hannah.

Come un’onda, la penetrava respirandole sulla bocca, fino a che l’orgasmo lo sconvolse e serrò le mani tra i capelli, gemendo. 

Quando si spostò di lato, continuò a tenerla stretta e le raccontò in un mormorio tutta la storia segreta.

Hannah vide con gli occhi di un’altra persona le scene quotidiane della sua vita: lei che passeggiava al mercato con l’abito azzurro; che intrecciava i capelli scuri di Edda, la vicina di casa; che dava un bacio al vecchio Joseph quando portava al negozio le stoffe; che comprava del pesce della vecchia, con la quale rimaneva a contrattare; che riposava sul muretto esterno, quando era investito dal sole; che si nascondeva dai fratelli dietro la scala; che si spogliava al di là della tenda per provare di nascosto un vestito nuovo.

Il dottore portava tutte quelle memorie a galla.

Hannah prese a tremare, divisa tra stupore e terrore. Non sapeva decidere se quella rivelazione le facesse male: di sicuro era troppo forte, giungeva troppo violenta. Ricordi così cari da essere dolorosi nella loro vividezza, così profondi da essere privati. Lui li evocava così liberamente, come se ne fosse il padrone, non era sicura di apprezzare quell’invasione della propria intimità. 

Si sentiva esposta.

«Non ti devi preoccupare, Hannah», le disse, «noi ci apparteniamo. Non permetterò a nessuno di portarti via da me, come non l'ho permesso a mio padre.»

Infine, sussurrandole all'orecchio, le rivelò come l’avesse ucciso, somministrandogli per anni piccole dosi di veleno.

«Avrebbe provato a dividerci. Poteva farti del male, ma non l’ho permesso. Adesso dormi, stanotte voglio tenerti qui, nel mio letto.»

Hannah strinse gli occhi aprendo la bocca in un grido muto.

 



 

 
   
 
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