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Autore: padme83    10/04/2019    16 recensioni
1. The heart asks pleasure first: "Ci sono sguardi che tagliano quasi fossero lame.
Gemme d’acqua e di terra, i suoi occhi rilucono nella penombra simili a folgori vivide, e ti scrutano feroci, impudichi – sembrano volerti divorare, consumare, rubare l’anima (ma lui lo sa, Dio, lo sa che la tua anima è già sua)."
2. Ascolta come mi batte forte il tuo cuore: "Lo percuoti in pieno petto, martellandolo di pugni con l’unica intenzione di procurargli dolore, di fargli il più male possibile – e che capisca, Dio, che capisca che cosa significa sentirsi mutilati, vuoti, spezzati."
3. Ma nel cuore nessuna croce manca: "Ti costringe a voltarti verso di lui, a immergerti in una pozza di luce che pennella d’ombre soffuse il fine cesello dei suoi lineamenti e lo trasfigura in una maschera dalle orbite incavate, vuote, abissali; ha uno sguardo selvaggio che lacrima senza saperlo, come il tuo."
4. Cor cordium: "«Sei venuto a portarmi via?» soffi sulle sue labbra, la voce ridotta ad un sussurro sommesso. Sì. È il momento. Presto sarà qui."
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We were closer than brothers'
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A volte ho una strana sensazione nei vostri riguardi, 
specialmente quando mi siete vicina come adesso.
È come se avessi un laccio in qualche parte del mio petto, 
vicino al cuore, annodato stretto e in modo indistricabile 
a un laccio eguale situato nella parte corrispondente 
della vostra piccola persona. E se quel tempestoso canale 
e circa duecento miglia di terra si frapporranno fra di noi, 
temo che questo legame che ci unisce si spezzerà; 
e ho l'intima convinzione che comincerò a sanguinare qui dentro.
(Charlotte Brontë – Jane Eyre)
 
 
 
 
 
 
~ Ascolta come mi batte forte il tuo cuore ~
 
 
 
 
 
 
“It hurts to love you,
but I still love you,
it's just the way I feel.”
 
 
 
 

 
 
Wiltshire, 1° maggio 1907


Splendente, come il primo raggio del sole al mattino, Albus esce dal grande Cerchio di Pietre a passi misurati ma decisi.
Si volta rapido verso di te, avvertendo la tua presenza, le spalle ritte e un velo d’incredulità a offuscare l’espressione assorta, quasi distaccata, che gli aleggia sul viso.
Gellert? Cosa ci fai qui?
Il tocco della sua mente è come lo ricordi, delicato e tuttavia inconfondibile, diretto e sincero nel non tentare in alcun modo di nascondere il turbamento – e il fiotto di gioia purissima, impetuosa, travolgente – che prova nel rivederti.
Vorresti rispondergli, ma non un suono si libera dal giogo perverso che ti incolla la lingua al palato, e anche i pensieri, prigionieri di un nodo inestricabile, si affastellano furenti l’uno sull’altro, costringendoti ad alzare una barriera, un muro solido fra te e lui, almeno per qualche istante, pochi secondi soltanto, l’intervallo necessario per permettere ai tuoi polmoni prosciugati di tornare infine a respirare.
Non sai nemmeno da quanto – ore? Giorni? Anni? Secoli? – lo stai aspettando, poggiato all’arenaria gelida di quel dolmen colossale, intirizzito dal freddo pungente di una notte che, nonostante sia primavera inoltrata, nulla ha da invidiare alle sue più rigide sorelle invernali.
Rammenti solo che, nel mezzo di un sonno profondissimo, qualcosa ti ha destato di colpo, lasciandoti tramortito, col fiato mozzato e lo stomaco in gola, preda di un’angoscia indicibile, annichilente, che ti ha spinto a precipitarti fuori dal letto e a vestirti in fretta, senza preoccuparti di infilare un indumento più pesante sopra la camicia e il gilet; hai raggiunto di corsa il cortile della villa, sbattendo il portone d’ingresso, incurante del fragore che avrebbe potuto spaventare i padroni di casa – un’antica famiglia di purosangue della quale attualmente sei riverito ospite –, e hai trovato Fanny[1] che si agitava furiosa fra le siepi di bosso, dimenando le ali, terrorizzata e fuori di sé come non l’avevi mai vista.
No, no, no, tutto, tutto ma non questo, non lui, non lui. No no no no no no… Albus! 
Paura.
Paura violenta, cieca, ferina. Un acido corrosivo nel cervello, un rivolo di lava tossica lungo la spina dorsale, una voragine nera aperta fra le costole, sul margine della quale hai camminato in precario equilibrio, rischiando di cadere a ogni minimo movimento, mentre gli artigli della Fenice ti si conficcavano nella pelle e la sua magia trascinava entrambi dentro una spirale di fumo dorato.
Quando, dopo un tempo che t’è parso infinito, i tuoi piedi si sono posati di nuovo sopra una superficie stabile e, con uno sforzo immane, hai sollevato le palpebre, lo stupore, per un momento, ha preso il sopravvento su qualsiasi altra emozione. Per interminabili minuti sei rimasto immobile, ricolmo di sgomento e meraviglia, rapito dal paesaggio incantato che la luna – una sfera luminosa e argentea sospesa al centro esatto del firmamento – stava offrendo al tuo sguardo smarrito.
Non appena hai realizzato di trovarti in uno dei punti più saturi di potere non solo della Gran Bretagna, ma di tutto il mondo conosciuto, una piccola fiaccola di speranza ha iniziato, a poco a poco, a sciogliere il sangue che, nelle vene, s’era fatto denso come un fiume ghiacciato: forse – forse – la situazione non era tanto grave quanto avevi ipotizzato – ma, per la spada di Siegfried, se ne esce senza danni questa è la volta buona che lo ammazzi sul serio. Non riuscivi a scorgerlo da nessuna parte, eppure la sua presenza era percepibile ovunque – tra i fili d’erba umidi di rugiada, nel vento che faceva fischiare gli interstizi dei megaliti posti uno accanto all’altro, nel profumo di rose bianche che hai avvertito immediatamente e che ti si è infranto addosso come un’onda sospinta da correnti furibonde. Nella tua mano destra, il medaglione bruciava e pulsava simile ad una ferita infetta, segno inequivocabile che Albus era lì ma, allo stesso tempo, per chissà quale inspiegabile motivo legato alla natura ancestrale di quel luogo, era anche altrove.
Fanny ha percorso più volte in volo l’intero perimetro del sito, senza però arrischiarsi a entrare nel cerchio interno, come se quell’area particolare le fosse, in qualche modo, preclusa. Sebbene anche tu ne fossi irresistibilmente attratto, la prudenza, unita a quel briciolo di buon senso che ancora ti ostini a conservare intatto, ti hanno suggerito di stare alla larga dall’anello centrale: nulla ti garantiva che, una volta dentro, saresti stato poi in grado di uscire, con o senza Albus. La prospettiva di vagare per giorni in una dimensione magica parallela e ignota non era di certo allettante, malgrado l’ansia per la sorte di quel pazzo incosciente avesse ricominciato a divorarti i nervi con le sue zanne aguzze e mostruose. Non ti restava che fidarti di lui, consapevole del fatto che, se c’era un uomo capace di tirarsi fuori dalla più avversa e difficile delle circostanze, questi rispondeva senza dubbio al nome di Albus Silente.
Torna da me, dannazione. Mi stai ascoltando, professore dei miei stivali? Torna da me, maledetto, torna da me.
 
 
 
 
 
 
“And I'd be lying
if I kept hiding
the fact that I can't deal.”

 
 
 
 
 
 
«Che cosa ci fai qui?»
Non hai ancora mosso un muscolo, da quando ti è ricomparso davanti. Sembra sereno – e grazie al cielo incolume – mentre accarezza le piume scarlatte di Fanny, anche se un'ombra d’inquietudine – della quale tu sei la causa esclusiva, ne sei sicuro – sporca la trasparenza liquida e cristallina del suo sguardo. Avvolte dalla luce pallida che bagna l’altopiano, le sue iridi, lucide come biglie di vetro, brillano vivaci, penetranti, ardenti, simili a fiamme azzurrine che si riflettono sull’acqua scura di un lago al crepuscolo.
«Potrei farti la stessa domanda» butti fuori alla fine, aggressivo, la voce ridotta ad un sussurro rabbioso. «Cosa – diamine – ci – fai – qui?»
Inarca un sopracciglio e ti guarda fisso negli occhi, senza esitare, con un’intensità sconcertante; la tua irruenza lo indispettisce, ma non è da lui sottrarsi ad una sfida, a maggior ragione se gli viene lanciata con tanta arroganza. «E questo perché mai dovrebbe interessarti?» replica, volutamente sarcastico.
È un attimo.
Ti getti su di lui, incapace di trattenerti oltre. Tutta la tensione che hai accumulato si riversa nell’incantesimo con cui cerchi di colpirlo, e che lui riesce a parare d’istinto, scoccandoti un’occhiata tagliente, inquisitoria, che ti trapassa da parte a parte. Ti scruta quasi ti stesse valutando, indeciso se ritenerti o meno uscito di senno – e forse è cosìrifletti, forse sei davvero ad un soffio dal baratro.
«Non ti ho più sentito!» urli, ritirando la bacchetta e afferrando con entrambe le mani il bavero del suo ampio mantello. «Non ti ho più sentito, grandissimo bastardo che non sei altro!»
Lo percuoti in pieno petto, martellandolo di pugni con l’unica intenzione di procurargli dolore, di fargli il più male possibile – e che capisca, Dio, che capisca che cosa significa sentirsi mutilati, vuoti, spezzati.
«Io ti sento, sempre» continui, scosso da singhiozzi incessanti, il volto premuto contro il suo collo, mentre lui aderisce col corpo al tuo e ti racchiude in una morsa risoluta, ferrea, calda e protettiva come solo la stretta delle sue braccia sa essere – perché adesso ha capito, sì, finalmente ha capito. «Sento il tuo cuore battere accanto al mio, in ogni momento, non importa quanto siamo distanti, io ti sento sempre
Lo so, bredhu[2], lo so, ti sento anch’io.
«Ma stasera sei sparito, mi sono svegliato e non c’eri, e Fanny sembrava impazzita; poi siamo arrivati qui, e sapevo che eri dentro il cerchio ma non riuscivo a vederti, né a raggiungerti. Mi spieghi cosa diavolo è successo?»
Albus ti sfiora le tempie con un bacio lieve, respirando fra i tuoi capelli, massaggiandoti lentamente la schiena, e comincia a parlare piano, con quel suo tono pacato, fermo e rassicurante ad un tempo, che non ha mai mancato di agire come un balsamo lenitivo sul tuo animo in perenne subbuglio. «Calmati ora, non è successo niente, sto bene, vedi che sto bene? Cosa vuoi che ti dica, è Beltane, e siamo a Stonehenge. La magia di questo posto è dirompente, imprevedibile e primordiale, più potente, credo, di qualsiasi sortilegio, tanto da annullarlo, o comunque sospenderne gli effetti… Ti giuro però che non immaginavo una simile conseguenza, io non mi sono accorto di nulla. Non mi chiedere perché, non lo so, posso solo fare supposizioni, e sarebbero una più assurda e improbabile dell’altra. Ho percepito il potere immenso di queste pietre, ammetto di averne subito il fascino, e, per un istante, la sua enormità mi ha sopraffatto, ma tu» conclude, cercando le tue dita per poi intrecciarle con infinita dolcezza alle sue «tu eri sempre con me.»
Poggia la fronte alla tua, e il suo fiato tiepido ti scivola vellutato addosso, morbido e sensuale come un drappo di seta; sussulti, e reagisci a quell’invito discreto con slancio immediato e selvaggio, affondando le unghie nell’epidermide sottile delle sue mani, pizzicandone le nocche, graffiandole fino a farlo rabbrividire, fremere, sibilare tra i denti. 
È solo dolore, che si aggiunge ad altro dolore, e il dolore di uno è il dolore di entrambi, ed è il dolore a ricordarvi di essere vivi, di essere uomini.
Gellert, Gellert, stai tremando…
Perché? Perché fa così male? Dimmelo Albus, perché?
Perché è reale, bredhu. Fa male perché è reale[3].
Annulli le distanze e svanisci in lui, ancorandoti alle sue labbra con la smania e la disperazione di un naufrago in balia di un oceano in tempesta. Lo baci, con tenerezza e ferocia, lo baci perché ne hai bisogno, lo baci perché ti è mancato da morire, lo baci imperioso e supplice, lo baci vinto e trionfante, lo baci e rivedi terra, lo baci e sei a casa, lo baci e sulla sua bocca ritrovi te stesso.
Andiamo via, ti prego. Portami dove vuoi, purché sia lontano da qui.
Non manca molto all’alba, ma i fuochi di Beltane sono ancora accesi. E tu sei gelato, bredhu.
Allora scaldami, che aspetti? Sei tu, sei sempre stato tu il mio fuoco inestinguibile, amore mio.
 
 
 
 
 
 
“And that I've been dying 
for something real.
But I've been dying 

for something real.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
{Words Count: 1610}
 
 
 


 

 
[1] Questa storia è ambientata poco più di un paio d’anni dopo “Quando viene dicembre”, ragion per cui Fanny al momento si trova con Gellert.
[2] Rimando al capitolo 5° di “He’s more myself ecc.” per la spiegazione di questo termine.
[3] Il personaggio di Tauriel ha avuto in effetti poco senso all’interno della trilogia de “Lo Hobbit”, ma questo scambio di battute con Thranduil alla fine de “La battaglia delle cinque armate” ha obbiettivamente il suo perché.





 
 
 
 


Nota:


Ehilà, popolo di EFP. Vi sono mancata? Come no, come il mal di denti.
 
Che dire, dopo Samhain sul Tor e Natale a Tintagel, non gliela facevo fare una gita a Stonehenge per Beltane (1° maggio) a questi due vagabondi?
Albus, al solito suo, non sa resistere al richiamo di certi luoghi, ma stavolta non ha valutato bene tutte le conseguenze – perché, intendiamoci, sarà anche un genio sopraffino, ma l’onniscienza non è di questo mondo, soprattutto quando si ha a che fare con forze ataviche e misteriose. Nulla di grave, a parte l’infarto che ha quasi procurato a Gellert e a Fanny (legata a doppio filo ad entrambi per via del Patto di Sangue). Albus sparisce e Gellert impazzisce, e se poi, vedendo il baldo professore uscire dal Cerchio di Pietre come se niente fosse, s’inc***a anche come una biscia, beh, non ha tutti i torti il nostro giovane Grindelwald.

Comunque, cosa ne pensate di questo secondo racconto? Vi piace l'idea? Fatemi sapere, se vi va. ^^

Il titolo è tratto dall'ultimo verso di una poesia di Wislawa Szymborska, contenuta nella raccolta "Ogni Caso"

 
“Per la spada di Siegfried” sarebbe, nel mio personale immaginario, il corrispettivo germanico dell’inglesissimo e assai più famoso“Per la barba di Merlino” (grazie a Shilyss per il supporto tecnico). Essendo Gellert crucco quel tanto che basta, ritengo che gli venga facile e naturale imprecare facendo diretto riferimento al folklore della sua terra natia, piuttosto che andando a pescare miti e leggende di un altro paese. Se siete curiosi: https://it.wikipedia.org/wiki/Sigfrido
 
Soundtrack13 beachesLana Del Rey.
 
Grazie a chi vorrà leggere – anche silenziosamente –, recensire, o inserire la raccolta in una delle liste messe a disposizione di EFP.

Un bacione e… )O( )O( BLESSED BELTANE TO ALL! )O( )O(

 
 
padme
 
 
N.B: non c’è bisogno di specificare cosa succedeva attorno ai fuochi di Beltane, vero? :D
   
 
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