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Autore: _Agrifoglio_    10/04/2019    15 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Riassunto dei capitoli precedenti
Da non leggere se si è dei nuovi lettori capitati qui per caso e non si vogliono spoiler
 
A metà maggio del 1788, Oscar e i soldati della Guardia Metropolitana parigina devono scortare alla frontiera franco – austriaca un gentiluomo straniero, il Conte di Falkenstein che altri non è che l’Imperatore Giuseppe II d’Asburgo Lorena, recatosi in incognito in Francia per discutere di un argomento segreto col cognato.
Giunti sulle rive del Reno, alcuni sgherri – che lo stemma impresso sull’elsa di un pugnale rivelerà essere stati mandati dal Duca d’Orléans – cercano di uccidere il fratello della Regina, ma sono sconfitti e uccisi. Durante la colluttazione, un improvviso attacco di cecità di André rivela a Oscar e a tutta la compagnia le condizioni di salute dell’uomo che è congedato dall’esercito per infermità.
L’improvviso e inesorabile allontanamento da Oscar, il senso di colpa per averla assalita in occasione dello strappo, la consapevolezza di essere diventato un peso e un pericolo per lei e la convinzione di non poterla sposare per le insormontabili differenze di censo e di rango che rovinerebbero Oscar e tutti i de Jarjayes oltre che per la particolare situazione psicologica ed esistenziale di lei spingono André a ubriacarsi in una taverna. All’uscita dalla bettola, l’uomo è aggredito e derubato e, trovatosi riverso a terra, con la faccia nella polvere, giura solennemente a se stesso di non ridursi più in quello stato e di non prendere mai più in mano una bottiglia. Soccorso da Alain, l’uomo è trasportato a Palazzo Jarjayes da un vetturino di piazza pagato col denaro dell’amico.
Recatosi a casa di Alain – nel frattempo, finito agli arresti per una scazzottata in taverna – per restituire il denaro alla madre dell’amico, André arriva giusto in tempo per salvare dal suicidio la giovane Diane che si innamora, non ricambiata, di lui. Da quel giorno, Alain farà di tutto per indurre André a sposare la sorella.
Nel frattempo, dei balordi al soldo del Duca d’Orléans, travestiti da soldati della Guardia Metropolitana, stanno gettando discredito su Oscar e sulla compagnia da lei comandata.
Le indagini seguite ai disordini portano Oscar a scoprire un arsenale di armi rubate e una stamperia clandestina di libelli scandalistici. L’ultima serie di libelli stampati, raffigurante l’uccisione del Conte di Falkenstein sulla riva del Reno e rimasta inutilizzata grazie all’intervento di Oscar che ha scongiurato l’attentato, inchioda il Duca di Orléans alle sue responsabilità, in quanto Oscar trova nella stamperia un plico contenente una copia del libello e una lettera di accompagnamento, indirizzata a Lord William Stratford, Ambasciatore inglese a Parigi e firmata dal Duca d’Orléans in persona. Oscar, su invito di Maria Antonietta, conserva questa lettera presso di sé.
La scoperta dei libelli osceni induce la Regina a recarsi in incognito nei bassifondi parigini, scortata da Oscar e dai soldati della Guardia Metropolitana, allo scopo di sentire cosa la plebe dice di lei. Sollevato per un attimo il velo che le copriva il volto, Maria Antonietta è riconosciuta da Théroigne de Méricourt, un’esaltata agitatrice belga che passava di là.
Intanto, André conosce un medico veneto che gli medica l’occhio destro da un’infezione e gli opera quello sinistro da un ematoma che gli cagionava la cecità e che svela a Oscar che la tosse che l’affligge non è un sintomo di tubercolosi, ma una manifestazione psicosomatica di nervosismo, dovuto ai problemi di scarsa accettazione che la donna si porta dietro.
Durante la convalescenza, André accetta la proposta del Generale di diventare il nuovo amministratore delle proprietà della famiglia Jarjayes e contemporaneamente, pur continuando ad amare Oscar, decide di “rimettersi in carreggiata”, di vivere di realtà e non di fantasia e di non farsi condizionare da pensieri dolorosi e privi di sbocco.
La scoperta delle armi rubate, su molte delle quali è impresso il marchio del reggimento dei soldati di Oscar, induce il Duca d’Orléans a brigare per far deferire l’antica rivale alla Corte Marziale, con l’accusa di essere complice di quei traffici. Il tempestivo intervento della Regina, che offre all’amica l’incarico di Comandante Supremo delle Guardie Reali, salva la situazione, ponendo Oscar sotto la diretta protezione della Casa Reale e allontanandola dal focolaio del pericolo.
Tornata a prestare servizio alla reggia, Oscar fa due nuove conoscenze: il Conte Maxence Florimond de Compiègne, cugino di Girodel (nel frattempo promosso Colonnello), un brillante uomo di mondo dal fascino enigmatico che, in realtà, è uno spiantato cacciatore di dote e Mademoiselle Henriette Lutgarde de Chambord, una nuova dama di compagnia della Regina, amica di Madame de Jarjayes e segretamente innamorata di Girodel. Oscar sfrutta il suo ritorno alla reggia anche per rinverdire il rapporto con la madre.
Oscar, quindi, ha scoperto di non avere la tisi, André ha riacquistato la vista e ha un buon lavoro da amministratore e, fra i due, accantonate le incomprensioni, è tornata l’intesa di un tempo. Il destino, però, è ancora in agguato e si manifesta sotto le spoglie della forsennata e bellicosa Théroigne de Méricourt, decisa ad assaltare la reggia perché convinta che Maria Antonietta fosse andata nei bassifondi parigini per prendersi gioco delle sofferenze del popolo. Durante un evento mondano organizzato nei boschetti di Versailles a metà luglio del 1788, Théroigne de Méricourt piomba addosso ai cortigiani con una banda di facinorosi e, con una scorrettezza, riesce a prevalere su Oscar che sta proteggendo la Regina. André, avvertito del pericolo da Alain, venuto fortuitamente a conoscenza del folle piano, giunge in tempo per salvare Oscar, ma è colto da un malore e Théroigne de Méricourt ne approfitta per ferirlo. Oscar fa lo sgambetto alla donna e riesce a deviare il colpo, ma il giovane si accascia ugualmente al suolo, privo di conoscenza.
La ferita di André è superficiale, tanto che l’uomo guarisce nel giro di un mese, durante il quale il rapporto di amicizia fra lui e Oscar si rinsalda e torna ai livelli del passato. Nel corso di una visita di convalescenza, Oscar si accorge della cotta di Diane per André – situazione che un successivo dialogo fra André e la nonna evidenzia ancora di più – e ne rimane colpita.
Contemporaneamente, il Duca d’Orléans viene a sapere da Lord William Stratford, Ambasciatore inglese a Parigi e suo amico di vecchia data, che Re Giorgio III e il Principe di Galles non intendono più appoggiarlo, perché dissuasi dal Conte di Canterbury, lontano cugino di Oscar. Il Duca d’Orléans convince, quindi, il Duca di Germain che la mancata assegnazione della Contea di Lille, alla quale il secondo tiene moltissimo, è dipesa dalla ferma contrarietà di Luigi XVI anziché dallo scarso aiuto fornitogli dall’alleato, che un avvicendamento sul trono cambierebbe le cose e che quest’avvicendamento è stato reso più difficile dall’intromissione del Conte di Canterbury. Il Duca di Germain invia, allora, due sicari in Inghilterra per uccidere il Conte di Canterbury che, però, si salva grazie alla propria prontezza di riflessi e al provvidenziale aiuto del cugino, Sir Percy Blakenay.
Il 15 agosto 1788, dopo le celebrazioni dell’Assunzione, nella sala del trono, ha luogo la solenne cerimonia di premiazione di coloro che sventarono l’assalto perpetrato da Théroigne de Méricourt, salvando la vita alla famiglia reale e a tutti i presenti. Oscar è promossa Generale di Divisione, il padre di lei riceve la Signoria di alcune terre a Nevers mentre il Conte di Fersen e il Colonnello de Girodel sono insigniti della Croce di San Luigi. Al termine della cerimonia e del tutto a sorpresa, il Re crea André Cavaliere e Conte di Lille, grazie ai buoni uffici del Generale de Jarjayes e della moglie di lui che, alleati con Madame Élisabeth, Fersen, Girodel, Mademoiselle de Chambord e con la stessa Regina, si erano fortemente prodigati per ottenere quel risultato. Il Duca d’Orléans tenta di opporsi, ma è zittito da Oscar che minaccia di smascherarlo, simulando di avere nella giubba la lettera di accompagnamento al libello osceno che il Duca aveva indirizzato a Lord William Stratford.
Il giorno dopo l’investitura, il Generale de Jarjayes, anticipando i tempi e forzando la mano ad André, fa sapere a Oscar che l’uomo vorrebbe sposarla, ma lei lo rifiuta e lascia la stanza. André è distrutto dal dolore e, dopo avere avuto un’accorata discussione con Diane, nel cui amore non corrisposto si è rispecchiato, decide di prendere possesso delle sue terre a Lille e di lasciare Palazzo Jarjayes.
Nelle sue nuove terre, André sperimenta l’inedita condizione di nobile, le grandi responsabilità legate alla gestione di un feudo e all’organizzazione del lavoro proprio e altrui e le difficoltà connesse al suo proposito di dimenticare Oscar. Sempre a Lille, André conosce la sgradevole Marchesa d’Amiens, intenzionata a fargli sposare la brutta figlia Geneviève e Maurice Le Barde, uno strano poetastro. Stringe amicizia col Conte di Canterbury e con Sir Percy Blakenay, passati da lì durante la tappa di un viaggio a Parigi e col Marchese di Saint Quentin e la di lui sorella, una giovane e bellissima donna, caratterialmente molto simile a Oscar, che si innamora, non ricambiata, di lui.
Dopo la partenza di André, Oscar è sempre più in balia della solitudine, alla quale cerca di sopperire accogliendo in casa la giovane Diane, la cui madre è andata a Nevers per prestare assistenza alla sorella malata. La distanza caratteriale che la separa da Diane non consente a Oscar di trovare un sollievo dalla solitudine. Inizialmente, neppure Diane – che ha alle spalle un doloroso passato, segnato dall’abbandono e dalla precoce morte del padre alcoolizzato che l’ha indotta a cercare l’amore in figure idealizzate – si trova a suo agio a Palazzo Jarjayes.
Oscar, oltre che con la solitudine, deve anche misurarsi con molte missioni fallite, causate dal sabotaggio di un’ignota spia, col fastidioso corteggiamento del Conte di Compiègne e col disagio arrecatole da alcune strane osservazioni di Diane che le riportano alla mente il suo travagliato e complesso rapporto con André.
Girodel, nel frattempo, vincendo le iniziali resistenze paterne, sposa l’amata Mademoiselle de Chambord.
Passano i mesi e iniziano gli Stati Generali che aumentano il carico del lavoro di Oscar. André continua a vivere a Lille, Diane, pur non avendo dimenticato André, grazie agli insegnamenti di Oscar, è diventata molto più matura e Girodel e la moglie sono in attesa del loro primo figlio.
Oscar, dopo avere avuto un’accorata discussione con la madre, che l’aveva esortata a non immolare la sua vita dietro a miti irraggiungibili e a non idealizzare il padre, ha un ulteriore trauma, causato dall’attentato subito dal genitore ad opera di Saint Just che lei non era riuscita a sventare per colpa dei depistaggi della spia. Il Generale se la cava con una ferita superficiale, ma padre e figlia sono raggiunti dalla notizia dell’evasione dal carcere di Théroigne de Méricourt.
Nei giorni successivi, Oscar prende commiato dal Delfino morente e rifiuta la proposta di matrimonio del Conte di Compiègne, scoppiandogli a ridere in faccia nervosamente e ferendone la vanità e l’orgoglio. Subito dopo, la donna cade in un’imboscata tesa dalla spia ed è catturata da alcuni sgherri del Duca d’Orléans. Nel rapimento, sono implicati anche Théroigne de Méricourt, Robespierre e Saint Just. Quest’ultimo, in base alle ferite riportate, è riconosciuto da Oscar come l’autore del fallito attentato ai danni del padre e del Generale de Bouillé.
André è avvisato da Alain del rapimento di Oscar e si precipita a Versailles per salvarla. Il Generale organizza la missione di salvataggio della figlia, mettendo insieme tutte le persone a lei care. Il Conte di Fersen, il Colonnello de Girodel, il Capitano de Valmy, André, il Conte di Canterbury e Sir Percy Blakenay (che altri non è che la Primula Rossa), utilizzando una mappa procurata da Bernard Châtelet, entrano nella fortezza nei cui sotterranei è imprigionata Oscar e, dopo una serie di rocambolesche avventure, grazie anche all’intervento esterno di Alain e dei soldati della Guardia Metropolitana e all’apporto della stessa Oscar che riesce a evadere dalla segreta in cui era rinchiusa, hanno la meglio. André decide di tornare a Lille senza farsi vedere da Oscar, che, nel frattempo, era svenuta, per non farla sentire in debito verso di lui.
In questo frangente, Oscar e André hanno modo di udire i deliranti discorsi di Saint Just e di Théroigne de Méricourt e di rendersi conto della pericolosità di questi personaggi e dello stesso Robespierre.
Pochi giorni dopo, il castello di campagna di André è cinto d’assedio da alcuni mercenari reclutati dal Duca di Germain che non ha mai perdonato ad André lo “scippo” della Contea di Lille.
Oscar apprende da Alain che André si è battuto come un leone per salvarla, ma è raggiunta dalla notizia dell’uccisione dell’uomo, durante l’assedio del castello. Disperata, la donna vede crollare la sua corazza, capisce di amare André e parte alla volta di Lille.
Girodel, nel frattempo, da un bottone di madreperla ritrovato in un fascicolo d’ufficio, capisce che la spia è il cugino, il Conte di Compiègne (responsabile, tra l’altro, anche dell’attentato al Generale de Jarjayes e del rapimento di Oscar) e lo caccia da palazzo. L’uomo, allora, ricatta Madame de Girodel, minacciandola di portare a conoscenza del marito i trascorsi da usuraio del padre di lei, se non avesse acconsentito a spiarlo in vece di lui. La donna, però, confessa tutto al marito che sfida a duello il Conte di Compiègne.
Nel corso del duello, il Conte di Compiègne spara proditoriamente al Colonnello de Girodel e lo ferisce a una spalla.
Oscar arriva a Lille, si accorge che André è ancora vivo e, comandando la milizia cittadina, salva gli assediati da morte sicura. Oscar e André si ritrovano e, pur in preda a mille dubbi e paure, si dichiarano il reciproco amore.
Il Duca d’Orléans e il Conte di Compiègne, alleati già da alcuni mesi, sono trionfanti, perché, con Oscar a Lille, Girodel ferito e il Capitano de Valmy agli arresti domiciliari per avere fatto da padrino al duello, si sono liberati, seppure temporaneamente, dei più strenui difensori della Corona e hanno ottenuto campo libero.
Oscar e André si sposano e trascorrono a Lille il primo mese della loro vita coniugale. Il loro idillio è, però, interrotto dall’arrivo del Tenente Henri Beauregard il quale li informa che Alain e altri undici soldati della Guardia Metropolitana sono stati condannati alla fucilazione, a causa di un grave atto di insubordinazione commesso mentre erano di servizio agli Stati Generali, nel frattempo divenuti Assemblea Nazionale.
I due sposi tornano di corsa a Versailles dove trovano una situazione alquanto particolare: nell’assenza di Oscar e di Girodel, il comando delle Guardie Reali è stato affidato al Maggiore de Limours, un uomo molto vicino al Duca d’Orléans e, malgrado la mancanza di fondi, sono stati assunti una nuova Guardia Reale, Charles de Valenciennes e un nuovo valletto, Hervé Huppert.
Oscar convince la Regina, stanca e indurita dalla morte del figlio, a graziare i dodici soldati mentre il Re, in preda a un crollo nervoso, si lega molto ad André che gli consiglia di andare a Parigi e di parlare al popolo.
La corte si trasferisce temporaneamente alle Tuileries, dove Hervé Huppert, con un sotterfugio, allontana Oscar, André, Girodel e Valmy da palazzo, dando modo a Charles de Valenciennes di sparare al Re. Il Sovrano muore il 13 luglio 1789 e la notizia del decesso interrompe, il giorno dopo, la presa della Bastiglia, perché la folla abbandona l’assedio e si riversa alle Tuileries per avere notizie. Oscar parla ai parigini e assicura che sarebbero state emanate leggi più giuste.
André, intanto, dona al popolo affamato parte del suo raccolto e l’esempio di lui è seguito da molte famiglie ricche, nobili e borghesi.
La Regina, dapprima riluttante perché incupita dai lutti e dall’odio di cui è vittima, si lascia convincere ad avviare alcune riforme e ad emanare la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, ma esige che Oscar, André e Girodel entrino a far parte del Consiglio di Reggenza dove dovranno coabitare con la scomoda presenza del Duca d’Orléans. Nel frattempo, il Conte di Mirabeau propone di nominare Robespierre Ministro di Giustizia, per creare una spaccatura fra lui e Saint Just, per avvicinare l’Avvocato di Arras agli ambienti di corte, così da tenerlo più facilmente sotto controllo e anche nella speranza che l’ubriacatura di potere lo induca a gettare la maschera, mostrando al mondo il suo vero volto di estremista sanguinario.
Diane, invitata a Versailles dalla Regina, vede Alain aggredire l'ex fidanzato, Tristan de Montmorency e scopre che il vero motivo dell’abbandono non fu un nuovo legame sentimentale dell’uomo, ma il carattere oppressivo e nevrotico di lei. Sconvolta e indotta a una serie di riflessioni, la ragazza riceve una proposta di lavoro dal Tenente Henri Beauregard, segretamente invaghito di lei.
In questi frangenti, Oscar rivela ad André di essere incinta.
La Contessa di Polignac ha, però, capito che Diane è innamorata di André.






 
L’ospite austriaca
 
Nei giorni successivi all’emanazione della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, Oscar aveva assistito all’interrogatorio di Jacques Delacroix, l’assassino del sedicente Charles de Valenciennes. L’uomo si era avvicinato alla sua vittima e gli aveva sparato, gridando: “Hai ucciso il Re, topo di fogna!”. Subito tratto in arresto, era stato interrogato e l’opinione che si consolidò fu che si trattasse di un mitomane, schiavo dei suoi demoni e di una vita sempre condotta ai margini della legalità. Oscar sospettava, però, che qualcuno avesse armato la mano di Delacroix, approfittando della mente fragile e delle precarie condizioni di vita dell’uomo. Sulla vera identità di Charles de Valenciennes, invece, le guardie brancolavano nel buio.
Quanto all’argomento della nomina di Robespierre a Ministro Guardasigilli, nessuno aveva ancora osato portare la proposta all’attenzione della Regina. Oscar restava dubbiosa sulla correttezza e sull’opportunità di quell’idea mentre André e Girodel attendevano gli sviluppi, ritenendo che dovesse essere lo stesso Mirabeau a esporsi.
La gravidanza di Oscar era l’unica cosa a procedere tranquillamente, malgrado la presenza di qualche lieve, ma persistente malessere. Un fisico allenato e una mente temprata avevano fatto sì che la donna, seppure non più giovanissima per i canoni dell’epoca, riuscisse a fronteggiare i disagi col minor fastidio possibile. Se il corpo e la mente reagivano con stoicismo, come erano sempre stati addestrati a fare, il cuore, invece, seguiva vie proprie e Oscar, pur essendo contenta dell’arrivo di un figlio suo e di André, era contrariata dai mutamenti e dall’appesantimento che il proprio organismo avrebbe subito e dalla, seppure temporanea, perdita dell’agilità. Non disponendo del fisico possente e della muscolatura di un uomo, Oscar aveva sempre puntato tutto sulla velocità e sulla destrezza e l’idea di restarne sprovvista la faceva sentire come Sansone spogliato della chioma da Dalila. Non l’avrebbe mai ammesso apertamente, ma era spaventata da una situazione per lei del tutto nuova e pure un po’ stizzita di non potere delegare quell’incombenza ad André. Avrebbe, insomma, preferito trovarsi il figlio bello e pronto mentre non gradiva affatto la prospettiva di doverlo fare lei. La notizia della gravidanza, per ora, non era stata divulgata ed era conosciuta soltanto dai futuri genitori.
Negli ultimi giorni di agosto, la Regina chiamò Oscar nei suoi appartamenti e la mise a parte di un segreto per lungo tempo custodito.
– Dovete recarVi, un’altra volta, a Strasburgo, sulle sponde del Reno, Madame Oscar e scortare qui, dalla frontiera, mia sorella, Maria Cristina di Sassonia Teschen – disse la Sovrana, con voce che tradiva una certa inquietudine.
Maria Cristina era sempre stata una spina nel fianco per Maria Antonietta. Più anziana di tredici anni rispetto alla sorella minore, la giovane Maria Cristina aveva dominato la piccola Maria Antonietta e, grazie a un’intelligenza e a una diplomazia non comuni, era diventata la figlia prediletta di Maria Teresa. La giovane Arciduchessa aveva presto intuito i punti deboli del carattere materno, rivolgendoli a proprio favore. Seguiva la madre come un’ombra, la compativa, le dava sempre ragione, le scriveva in continuazione, riuscendo, così, a tenerla in pugno. Si era persino fatta accordare, in via del tutto eccezionale per l’epoca, la possibilità di contrarre un matrimonio d’amore. Con la sua lingua tagliente, Maria Cristina aveva, in passato, causato non pochi attriti fra la madre e le sorelle, tanto che, durante una precedente visita a Versailles, avvenuta tre anni prima, Maria Antonietta l’aveva trattata con molta freddezza.
Adesso, però, Maria Cristina giungeva in Francia in qualità di ambasciatrice dell’Imperatore Giuseppe II, a riprendere una questione che, se fosse andata a buon fine, avrebbe garantito una certa stabilità alla Reggenza di Maria Antonietta.
– Dovete sapere, Madame Oscar, che mio fratello, l’Imperatore Giuseppe II, l’anno scorso, non venne qui per suo divertimento, ma per discutere col defunto Re di una questione molto importante. Egli ci propose l’invio in Francia di un contingente militare di cinquantamila uomini col quale avremmo potuto più facilmente presidiare il territorio e reprimere i focolai di rivolta. In cambio, però, la Francia avrebbe dovuto cedere all’Austria l’Alsazia e la Lorena e il Re non se la sentì di accettare. Mio fratello, ora, vuole riaprire le trattative, ma, essendo gravemente ammalato, manda qui nostra sorella a parlamentare.
Oscar rimase perplessa per quella strana proposta e, dopo alcuni istanti di assoluto silenzio, espresse i suoi dubbi alla Regina.
– Maestà, i fatti di metà luglio hanno dimostrato che violenza chiama violenza e che mettere un’intera popolazione sotto la tutela armata di un esercito è una scelta da evitare.
– Si tratterebbe di un esercito regolare, esperto e addestrato e non di un reggimento di mercenari violenti e inaffidabili.
– Maestà, non trovo prudente accogliere sul suolo francese un contingente militare straniero. In poco tempo, raccoglierebbero informazioni su di noi, sulle nostre tattiche, sulle nostre abilità, sui nostri punti deboli e su quelli forti mentre noi non godremmo di altrettanto vantaggio…. E come prenderebbero, i membri dell’Assemblea Nazionale, la cessione dell’Alsazia e della Lorena, in un’epoca di carestia, in cui le risorse vanno tenute strette e non dismesse? Direbbero che avete caldeggiato una politica filoaustriaca e rovescerebbero la Vostra reggenza….
– Madame Oscar, paventate ciò che non è stato ancora deciso e che, se lo fosse, sarebbe una benedizione, perché disporre di un contingente militare straniero ci darebbe la possibilità di utilizzare le nostre risorse per altri fini, come sgominare la rete dei ribelli. La cessione dell’Alsazia e della Lorena è fuori questione.
Oscar tacque, perché l’esperienza le aveva insegnato che, quando la fermezza dei leoni di Casa Jarjayes si scontrava con l’ostinazione asburgica, era sempre quest’ultima a prevalere. Tacque e si preparò al viaggio.
 
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André guardò Oscar fra l’incredulo e lo sbigottito, quando la donna gli comunicò che stava per mettersi in viaggio alla volta del confine austriaco. L’uomo aveva, da subito, avvertito la titubanza e il disagio che la moglie nutriva nei confronti della gravidanza e, pur comprendendone i motivi, ne era rimasto perplesso e infastidito, pensando che un evento così bello dovesse suscitare soltanto gioia. Ora, questo viaggio e le difficoltà che ne sarebbero conseguite avrebbero acuito la stanchezza di Oscar e André considerava tutto ciò un’enorme imprudenza.
– Oscar, nelle tue condizioni, dovresti riguardarti e non mettere a repentaglio la tua vita e quella del bambino con sforzi smisurati e imprudenti.
– Io sto bene e il bambino pure. Quelli che tu definisci “sforzi smisurati e imprudenti” non sono altro che le mie mansioni militari, di fronte alle quali non mi sono mai tirata indietro.
– Adesso, però, è diverso – rispose André, con un lampo di fastidio nei begli occhi di smeraldo – E trovo che la Regina sia stata molto egoista a incaricarti di una simile missione nel tuo stato – aggiunse, poi, con tono secco.
– La Regina non sa che sono incinta…. Non abbiamo divulgato la notizia, ricordi? Il mio stato non è ancora visibile….
– Ritengo, comunque, che tutto ciò sia estremamente avventato…. avventato e inutile…. Come Comandante Supremo delle Guardie Reali, dovresti svolgere soltanto lavoro d’ufficio e di coordinamento e non partecipare a missioni come questa. Potresti mandare Girodel…. Anzi, lo stesso Girodel, come Colonnello, dovrebbe essere esonerato da queste incombenze…. Potresti inviare il Capitano de Valmy…. In fin dei conti, quando scortasti in Francia la Delfina, ricoprivi il grado di Capitano anche tu ed eri persino più giovane di Valmy….
– Già, ma la Regina lo ha chiesto a me e non a Girodel o a Valmy. Può darsi che, date le attuali congiunture, tema per l’incolumità della sorella. Pensa, poi, a cosa succederebbe se un’Arciduchessa austriaca rimanesse vittima di un attentato in suolo francese!
André tacque, perché sapeva che, quando Oscar si metteva in testa una cosa, contraddirla sarebbe stato inutile, se non, addirittura, controproducente. Rimase in silenzio, ma un’ombra gli avvolse il cuore e gli scurì il volto. Questo era il primo vero screzio che aveva agitato la loro vita coniugale e che aveva determinato una delle poche prese di posizione verso di lei. Avrebbe, preferito che Oscar avesse anteposto le loro esigenze e il benessere del loro figlio alle richieste della Regina e alla ragion di Stato. A volte, gli sembrava che le perplessità di Oscar verso la maternità rasentassero la tiepidezza nei confronti del bambino e tutto ciò lo addolorava.
– Bene, Oscar, io verrò con te – disse André, con tono pacato, ma deciso.
– Non sei più il mio attendente e non sei mai stato il mio medico – rispose Oscar con un sorriso rassicurante – Non è necessario che tu mi segua.
– Io verrò con te – ripeté l’uomo e, subito dopo, prese congedo da lei e si allontanò.
 
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Oscar si mise sull’attenti per salutare l’imperiale ospite straniera che, dall’interno della carrozza, guardava stancamente gli uomini schierati ad accoglierla. Il caldo dei primi giorni di settembre stagnava nell’abitacolo della berlina da viaggio, intorpidendone le occupanti, bene attente a muoversi il meno possibile mentre, con eleganti ventagli, si arieggiavano languidamente l’epidermide lucida.
Alcuni passi dietro a Oscar, André, con volto impassibile e lievemente cupo, seguiva ciò che si svolgeva davanti ai suoi occhi, desideroso di aiutare la moglie e di recarle tutto il sollievo possibile.
– Vi do il benvenuto sul suolo francese, Altezza Imperiale. Sono Oscar François de Jarjayes, Comandante Supremo delle Guardie Reali. Giungo qui su ordine della Regina Maria Antonietta, per scortarVi alla reggia di Versailles e assicurare l’incolumità della Vostra persona.
Il bel volto ovale, impregnato di risolutezza asburgica, dell’Arciduchessa si fissò su quello di Oscar, perdendo l’espressione stanca e annoiata. Le labbra sottili, meno prominenti di quelle della sorella, si incresparono in un lieve sorriso alla base del naso dritto mentre gli occhi, intelligenti e magnetici, si accesero di vivo interesse sotto la dolce curva delle sopracciglia allungate.
– Vi ringrazio, Comandante de Jarjayes. Le Vostre premure saranno particolarmente gradite – rispose l’augusta viaggiatrice, con voce regale e allo stesso tempo gaia, malgrado l’età matura, fissando, nel contempo, l’Ufficiale con occhi insolitamente risoluti per essere quelli di una donna.
Congedò, quindi, Oscar con un cenno del capo e un sorriso sicuro, senza distogliere lo sguardo mentre la donna le faceva il saluto militare. André, dietro la moglie, si inchinava, compito come sempre, ma leggermente irrigidito.
– André, io affiancherò a cavallo la carrozza dell’Arciduchessa per garantirne l’incolumità. Tu torna pure nella nostra berlina.
– Oscar, in considerazione del tuo stato, sarebbe consigliabile che tu viaggiassi in carrozza, così come all’andata. Il Capitano de Valmy potrà cavalcare accanto all’Arciduchessa.
– André, preferirei scortare io l’Arciduchessa, per mantenere il controllo della situazione.
– Bene, io cavalcherò al tuo fianco – rispose l’uomo, con tono gentile, ma fermo e, così parve a Oscar, solcato da una venatura di sottile fastidio.
Il convoglio riprese il suo lento cammino verso la reggia, scortato dalle Guardie Reali comandate da Oscar. L’Arciduchessa Maria Cristina guardava fuori della carrozza, sventolandosi pigramente, nell’inutile tentativo di contrastare l’afa settembrina. Gli occhi di lei si perdevano nella campagna francese per poi fissarsi, con frequenza crescente, sul serico biondo delle chiome del Comandante de Jarjayes. La donna soldato cavalcava fieramente, dritta e imperturbabile, nonostante il caldo e la stanchezza. Guardava dinanzi a sé, a niente altro pensando che all’incolumità dell’illustre ospite e all’adempimento del dovere. André manteneva lo sguardo basso, cavalcando alcuni passi dietro alla moglie, sempre più taciturno e imperscrutabile.
– E’ molto che state fissando il Comandante Supremo delle Guardie Reali – cinguettò una dama di compagnia dell’Arciduchessa mentre appoggiava una carta da gioco sul tavolino da viaggio.
– E’ un uomo molto affascinante – osservò Maria Cristina, guardando svogliatamente le sue carte e lanciando, di sottecchi, una più interessata e vivace occhiata in direzione di Oscar.
– Non lo sapete Altezza? – continuò, con inflessione gaia, la dama – L’affascinante Comandante, in realtà, è una donna.
– Che cosa dite, è una donna? – esclamò, stupita, l’Arciduchessa, sollevando, in modo appena percettibile, le sopracciglia sottili mentre un sorriso le sfuggiva dalle labbra, conferendo un’espressione più vivace al volto sudato.
– Il padre l’ha educata come un uomo e ci è riuscito molto bene – concluse la divertita dama di compagnia, allungando un’altra carta sul tavolino.
– Interessante – esclamò la figlia di Maria Teresa, appoggiandosi allo schienale e lanciando un’intensa occhiata a Oscar che continuava a guardare dritto davanti a sé mentre André taceva.
Il viaggio proseguì per dieci giorni. Il convoglio marciava di giorno e faceva tappa, di notte, in alcuni castelli di proprietà della Corona. L’Arciduchessa giocava a carte con le sue dame, piluccava frutta di stagione e beveva limonata oppure ascoltava le letture delle dame, tenendo in braccio il suo carlino. Di tanto in tanto, lanciava lo sguardo vivace e indagatore verso Oscar che cavalcava al fianco della carrozza, immersa nel suo mondo di piani militari e di senso del dovere. Quegli sguardi arrivavano ora diretti, ora obliqui; ora fugaci, ora persistenti; ora scrutatori, ora apparentemente appannati dalla noia, ma tutti, indifferentemente, bruciavano come tizzoni ardenti sull’anima di André che procedeva sempre più impassibile e chiuso in un ostinato silenzio, colmo di disagio.
Alla mattina del decimo giorno, il sole luccicò, in lontananza, sui cancelli dorati della reggia, annunciando ai viaggiatori che il viaggio era finito.
– Altezza Imperiale, siamo arrivati! – esclamò la dama.
– Bene – rispose Maria Cristina, chiudendo il ventaglio e accarezzando il capino del suo cane – Prepariamoci a entrare in questa capanna.
 
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– Spero che il Vostro viaggio sia stato confortevole, cara Sorella – disse Maria Antonietta, con voce freddamente cordiale.
– Di sicuro, è stato piacevole e interessante l’arrivo. Avete messo a mia disposizione le persone migliori – rispose l’Arciduchessa con tono vivace mentre si guardava intorno.
Oscar si mise sull’attenti nel salutare la Regina. André, dietro di lei, serbava la sua consueta espressione composta e taceva.
Dato il grave lutto che aveva colpito la Francia e la difficile situazione politica, non furono organizzati festeggiamenti e rappresentazioni teatrali in onore dell’ospite straniera che, pertanto, trascorse il suo soggiorno francese facendo lunghe passeggiate nei giardini della reggia, in compagnia della sorella o di alcuni cortigiani. Oscar aveva quasi sempre il compito di scortare la comitiva mentre André restava negli alloggi della moglie oppure si univa al gruppo, mantenendo, in ogni caso, un rigoroso silenzio anche se, di tanto in tanto, dei rapidissimi lampi verdi gli squarciavano le iridi, per finire, subito dopo, risucchiati dalla bonaccia dell’autocontrollo.
Una mattina, finalmente, le due sorelle si incontrarono in uno dei salottini privati della Regina per discutere del vero motivo di quella visita.
– Deve sentirsi davvero male l’Imperatore per delegare a Voi l’incarico di venire a trattare con me, togliendosi il piacere di un altro viaggio – disse Maria Antonietta, con voce carica di apprensione, scostandosi un poco il velo nero dal volto e sistemandoselo dietro le spalle.
– Cara Sorella, mi duole informarVi che l’Imperatore, purtroppo, è in fin di vita…. Sapete, la tisi…. Si è cercato di tenerne nascoste le condizioni di salute il più possibile, ma, ormai, c’è poco da fare….
– Oh, no! – esclamò Maria Antonietta, coprendosi metà volto con la mano destra – Povero fratello mio! La vita mi ha tolto i miei figli, mio marito e, ora, anche mio fratello!
– E’ stato abbandonato da tutti, dai cortigiani, dai Ministri e finanche da nostro fratello Leopoldo che preferisce rimanere nel Granducato di Toscana, indifferente alle sorti dell’Impero – continuò Maria Cristina.
Era stato proprio a causa della solitudine in cui era rimasto relegato che l’Imperatore si era visto costretto a rivolgersi alla sorella Maria Cristina, verso la quale nutriva del risentimento, a causa delle insistenti voci su una presunta relazione che, molti anni prima, l’avrebbe unita alla prima moglie di lui, Isabella di Borbone Parma.
– Leopoldo è stato sempre il più freddo di tutti noi….  – mormorò la Reggente, cercando di darsi un contegno, malgrado il magone che le stringeva la gola.
– Poiché l’Imperatore nutre dell’affetto per Voi, intende reiterare la proposta che fece al Vostro defunto marito, ma a condizioni molto più vantaggiose.
– E quali sarebbero queste condizioni vantaggiose? – domandò Maria Antonietta, asciugandosi gli occhi.
– Vi invierebbe quel contingente di cinquantamila uomini per dieci anni e Voi potreste conservare l’Alsazia e la Lorena, corrispondendo all’Austria, per tutta la durata dell’accordo, un decimo delle rendite di quelle regioni.
– L’accordo è sicuramente vantaggioso….
– L’Imperatore intende, in questo modo, accomiatarsi da Voi da buon fratello, senza contare che farebbe anche un dispetto al Granduca Leopoldo….
– E sia, accetto – disse Maria Antonietta senza pensarci due volte.
Le due sorelle rimasero a discutere sui dettagli del trattato per circa mezz’ora, decorsa la quale si alzarono dalle rispettive poltrone e uscirono all’aperto, incamminandosi all’ombra di uno dei viali della reggia.
– Voi non avete mai avuto molta simpatia per me e non Ve ne faccio una colpa, ma sappiate che potrete sempre contare sul mio aiuto – disse l’Arciduchessa.
– Vi… Vi ringrazio…. – mormorò Maria Antonietta.
La Regina aveva sempre considerato la sorella responsabile delle incomprensioni che avevano amareggiato il suo rapporto con la madre, ma, adesso, quella madre era morta, il fratello stava per seguirla e lei doveva tenersi stretti i pochi parenti che le rimanevano. Maria Antonietta guardò il sentiero del viale che si snodava davanti a lei, socchiuse le palpebre e sospirò.
 
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– Mi chiedo che valore possa avere la parola di un Imperatore moribondo – mormorò alla moglie un pensieroso André mentre sedeva su una delle poltroncine dell’ufficio di lei – Il successore non tarderà a capire che si è fatto un pessimo affare e a risentirsi. Tutto ciò potrebbe anche scatenare una guerra….
– Il patto non sarà vantaggioso per l’Austria, ma è, pur sempre, un patto – rispose Oscar – Io temo, piuttosto, che questi uomini, rimanendo qui così a lungo, otterranno pericolose informazioni su di noi.
– Staremo a vedere….
– André, ti vedo strano – disse Oscar, cambiando argomento – Sei sempre così taciturno, quasi contrariato….
– No, è che sono un po’ stanco – si schermì lui, punto sul vivo – E mi dispiace che tu non ti riguardi.
In quel momento, Jean, l’attendente di Oscar, entrò nella stanza e li interruppe.
– Generale, Conte di Lille, siete stati invitati alla cena di commiato dell’Arciduchessa Maria Cristina.
– Non vedo perché dovremmo parteciparci – si affrettò a dire André – Non abbiamo una goccia di sangue reale nelle vene.
– André, è un grande onore….
– E andiamo a prenderci quest’onore – rispose, ironico, lui.
Si presentarono, quindi, alla cena di commiato dell’Arciduchessa, lei in alta uniforme e lui con un completo color avorio, decorato con fili d’oro. Maria Antonietta era sempre grave, come ormai le capitava da molti mesi mentre la sorella, nonostante l’età matura, compensava in gaiezza e civetteria. Motteggiava con un cortigiano, scherzava con l’altro e, di tanto in tanto, lanciava occhiate birichine a Oscar che pareva non accorgersi di alcunché, avvolta dalla consueta aura di irraggiungibilità. Questo atteggiamento, anziché scoraggiare Maria Cristina, la incuriosiva, rendendola ancora più determinata. André, ad eccezione di poche parole di convenienza scambiate con i vicini, taceva e fuggiva gli sguardi.
– Questo trattato inaugura una nuova era – disse, allegra, l’Arciduchessa – E’ auspicabile che, d’ora in poi, Francia e Austria stiano molto vicine. Cosa ne pensate, Generale de Jarjayes?
– Oh! Io…. – si stupì Oscar che non si aspettava di essere interpellata mentre André reprimeva un sussulto – I rapporti fra le due nazioni devono rimanere distesi come all’epoca del fidanzamento e del matrimonio dei Delfini….
– Sorella – disse Maria Cristina, rivolta a Maria Antonietta – Sarà il Generale de Jarjayes a scortarmi alla frontiera, così come al mio arrivo?
– Maestà, perdonate l’ardire – si inserì André, infrangendo ogni protocollo – Mia moglie è in attesa del nostro primogenito e deve riposare.
– Oh! Madame Oscar, ma è meraviglioso! Vi porgo le mie più sincere congratulazioni e anche a Voi, Conte di Lille! Sarà il Colonnello de Girodel a scortare l’Arciduchessa Maria Cristina alla frontiera.
André tornò in silenzio mentre i presenti si congratulavano con lui e con Oscar.
 
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– Oh, Madre, perché mai dovrei fare una cosa così bizzarra?! – protestò la giovane Duchessa de Gramont et de Guiche.
– Perché è arrivato il momento di colpire! Quel parvenu del neoConte di Lille non ha affatto gradito l’esuberanza dell’Arciduchessa austriaca e quella sciocca della moglie è stata l’unica a non accorgersi di nulla…. Tutta la corte, invece, ne parlava…. – e rise allegramente.
La Contessa di Polignac detestava da sempre Oscar e non perdeva occasione per recarle danno. Qualche mese addietro, poi, essendosi raffreddata l’amicizia della Regina, aveva cercato la protezione del Duca d’Orléans di cui era diventata l’amante e, su richiesta di lui, si era incaricata di minare la serenità del matrimonio di Oscar e di André e, con essa, la stabilità del Consiglio di Reggenza del quale il Duca era un membro poco gradito e dalla rilevanza marginale.
– Oh, Madre, ma io cosa c’entro in tutto ciò? Non sarò certo io a fare da terzo incomodo fra loro due! Non metterò a repentaglio il mio matrimonio!
– Oh, Aglaé, ma cosa ti salta in mente?! Mettere a repentaglio il matrimonio con il tuo giovane, affascinante e ricco marito! Con tutte le acrobazie che ho dovuto fare per assicurarti una simile unione! Per questo, ti ho esortato a stringere amicizia con la giovane de Soisson!
– Ma perché mai dovrei frequentare una ragazza così…. ordinaria? Sembrava una pastorella arcadica sprovveduta, sbucata fuori da un dipinto, mentre passeggiava al braccio di quel colossale soldato! E quel vestito….. Oh, mio Dio, quel vestito! Sono pronta a scommettere quel che volete che se lo è cucito da sola, perché non oso immaginare che una qualsiasi sartoria degna di questo nome confezionerebbe un modello così fuori moda, mal rifinito e con quei colori che nessuno usa più da almeno cinque anni!
– Aglaé, allora non mi ascolti! Durante quella passeggiata per i giardini della reggia, lo sguardo che la pastorella arcadica, come la chiami tu, ha lanciato al Conte di Lille era inequivocabile! Fattela amica, conquistane la fiducia e disporremo di un’ottima leva per mandare in frantumi quel matrimonio!
 Aglaé de Gramont et de Guiche guardò la madre indispettita e rassegnata: la Contessa di Polignac l’aveva avuta vinta un’altra volta.






In questo capitolo, come sempre succederà, si mescolano cose storicamente vere con altre di mia invenzione.
Tutto ciò che riguarda il carattere di Maria Cristina d’Asburgo Lorena e i rapporti di lei con la madre, con i fratelli e con la cognata, l’Arciduchessa Isabella di Borbone Parma, è vero, così come è vero che l’Imperatore Giuseppe II morì di tisi il 20 febbraio 1790.
L’accordo fra Francia e Austria e il viaggio in Francia di Maria Cristina per stipularlo sono, invece, di mia invenzione.
Il modo in cui il sedicente Charles de Valenciennes ha assassinato il Re e l’uccisione dello stesso ad opera di Jacques Delacroix sono una rivisitazione dell’omicidio di J.F. Kennedy ad opera di Lee Harvey Oswald che fu, a sua volta, ucciso da Jack Ruby che gli urlò: “Hai ucciso il Presidente, topo di fogna!”.
Il prossimo capitolo sarà molto movimentato e conterrà la trasposizione rovesciata di una notissima scena del cartone animato.
Buona lettura a tutti!
   
 
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