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Autore: Emmastory    15/04/2019    2 recensioni
Come sappiamo, le avventure della fata Kaleia non si sono certo concluse, e come in una sorta di piccolo intermezzo, si nota che le tradizioni natalizie hanno fatto il loro ingresso nel mondo delle fate. Forse ne hanno sempre fatto parte, o forse tale cambiamento è dato dalla loro vicinanza con la comunità umana, ma comunque sia, godetevi la lettura.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Human-traditions-in-the-Fairy-Woods
 
 
Capitolo XXV
 
Giorni di neve ed eterno amore 
 
Neve. In quell'inverno, sempre neve. Ne cadeva ormai da giorni, e sia al bosco che al villaggio umano, persone e animali si divertivano allo stesso modo. Le coppie innamorate passeggiavano in mezzo a quella bianca coltre abbracciandosi e tenendosi per mano, i bambini giocavano ad acchiapparsi correndo e inciampando, sicuri di non farsi male con quel tappeto a proteggerli, mentre scoiattoli, volpi, passeri e altri animali zampettavano in giro per il bosco o si nascondevano, trovando un posto caldo per schiacciare quel lungo pisolino da tanti conosciuto come letargo. Seduta sul divano di casa, Kaleia osservava il panorama visibile appena fuori dalla finestra del salotto, affatto sorpresa di vedere la neve raccogliersi in piccoli cumuli sul davanzale. Tutt'altro che felice, sbuffava nel leggere il suo tanto amato libro preferito, unica cosa che al momento le ricordasse la sua bellissima, seppur travagliata, storia d'amore. Una principessa in fuga dalla guerra nel suo paese piegato da fame, miseria, dolore e sofferenza, e al suo fianco un ragazzo innamorato perso di lei, disposto a fare di tutto pur di proteggerla. Con lui, anche altri visi amici, e onnipresenti, nemici da sconfiggere. Di pagina in pagina, la ragazza esplorava la sua stessa vita, combatteva e faceva quanto in suo potere per sopravvivere, approfittando dei rari, rarissimi momenti di calma come se fossero merce assai preziosa. Il suo vivere era fatto di sangue, sudore, lacrime e notti insonni, e quell'ultimo particolare, almeno in quei giorni, poteva essere applicabile alla vita della povera fata. Lento e snervante, l'orologio appeso al muro ticchettava costantemente, e seccata, Kaleia finì per fissarlo, con un dolore misto a una rabbia che non aveva mai mostrato a nessuno. In quanto fata della natura, non controllava certo il tempo, ma in quel momento, dato ciò che sentiva, avrebbe davvero voluto esserne capace. "Fermati." Avrebbe voluto dirgli. "Smettila." Parole piene di collera, collera che sembrava crescere dentro di lei come una robusta quercia con ogni minuto che passava. Era strano a dirsi, eppure ogni attimo passato senza il suo Christopher la faceva pensare a lui, e senza volerlo, Kaleia si faceva del male. Non fisicamente, ovvio, ma psicologicamente. Ormai stanca di restar ferma a marcire su quel dannato divano, si alzò in piedi, e rimettendo a posto il libro sul ripiano in legno nell'angolo, attraversò il salotto con passi pesanti, ignorando completamente Willow e Bucky, e pestando la coda a quest'ultimo, che squittendo per il dolore, corse a nascondersi dietro ad uno dei cuscini del divano, spaventatissimo dalla padrona. In circostanze normali non l'avrebbe mai temuta, ma almeno in quel momento sì, e il problema era esattamente quello. Le circostanze non erano normali, e rimasta sola, lontana miglia e miglia dal ragazzo che più amava, Kaleia si stava lasciando consumare da un sentimento negativo come la rabbia. Al contrario di lei, Sky poteva ancora godere della dolcissima compagnia del suo Noah, e anche se non riusciva a spiegare perchè, nè fosse in alcun modo invidiosa del loro rapporto, e anzi, ne era felice, la loro sola vista insieme, intenti a baciarsi o scambiarsi battute e parole d'amore, la rendeva nervosa, irritabile e gelosa. Esatto, gelosa. Conoscendosi, Kaleia sapeva bene di non  esserlo, ma data la situazione, vedere scene d'amore e tenerezza ovunque non giovava certo ai suoi logori nervi. Lasciato il salotto, si era recata in cucina, e versandosi un bicchiere d'acqua, aveva preso a breve. Grazie al cielo era solo acqua e nulla più, altrimenti nessuno avrebbe prevedere cosa sarebbe successo. Stando a quanto ricordava, c'erano persone che trovavano la calma nel sorseggiare del tè o del latte caldi, e lo stesso valeva per lei, e anche se ora ne era sprovvista, anche l'acqua stava facendo il suo lavoro, scivolandole lenta e fresca nella gola secca e rovinata da un pianto che si sforzava di trattenere e che avrebbe soltanto voluto liberare. L'avrebbe fatto, ma solo quando sarebbe rimasta da sola, e non certo davanti alla propria famiglia. Per come la pensava, piangere non era da deboli, ma bensì l'esatto contrario. Nel sentirla parlare e pensare a quel modo, molti avrebbero dissentito, ma a lei non importava, nè mai le sarebbe importato. Mantenendo il silenzio, beveva lentamente, e quasi senza volerlo, lanciò uno sguardo al calendario che penzolava da un minuscolo chiodo piantato nel muro. Fu allora che si rese conto di che giorno fosse quello che stava vivendo. L'ultimo di Dicembre, e anche dell'anno. A quel pensiero, la fata sentì il cuore stretto in una morsa, e incapace di impedirlo, iniziò a piangere. Soffrendo in silenzio, tornò nel salotto occupato dai suoi cari animali, e alla vista delle decorazioni, accennò a un debole sorriso. Le luci dell'albero messo in piedi assieme alla sua famiglia sembravano avere vita propria, e spostando lo sguardo, incrociò quello della madre Eliza, che alla sua vista in quello stato così pietoso, la invitò a sedersi con lei sul divano. "Kaleia, tesoro..." la chiamò, dolcemente. "Sì?" azzardò lei, guardandola con occhi ancora velati dalle lacrime. "Non piangere, sai che sarebbe qui se potesse. Gli incidenti capitano, non perdere così ogni speranza." Le disse soltanto, accarezzandole la schiena e i capelli nel tentativo di confortarla. Grata e rinfrancata da quelle parole, Kaleia si limitò ad annuire, e tirando su col naso, si avvicinò alla madre quanto bastava per posarle un umido bacio colmo di tristezza sulla guancia. Lo faceva spesso, e per altri quello non sarebbe stato il momento adatto, ma secondo la sua linea di pensiero, non ce n'era in realtà uno migliore di quello. Accettando quel gesto d'affetto senza proteste, Eliza non si oppose, e ritrovandosi ad imitarla, la strinse forte a sè. "Va a riposare, ti chiamo per cena, va bene?" le consigliò poi, sperando che sdraiarsi a letto l'aiutasse a calmarsi. Annuendo, Kaleia non proferì parola, e quasi trascinando i piedi sul tappeto, sparì dalla vista della donna. Raggiunta la sua stanza, si chiuse a chiave, e appena un attimo dopo, si abbandonò sul letto, stanca come mai era stata. Ad occhi chiusi, sperò che le sue lacrime si asciugassero, e inzuppando letteralmente il cuscino, provò a seguire il consiglio della madre e dormire, pensando che la distanza la separava dal suo Christopher, ma che lo stesso non sarebbe accaduto con i sogni, e così fu. Addormentata e persa nei suoi pensieri anche nel sonno, immaginò di averlo accanto, di parlargli, stringerlo a sè e baciarlo, assaporando la dolcezza delle sue labbra e sperimentando la delicatezza del suo tocco sulla pelle. Per un tempo che non seppe definire, non vide altro, poi, all'improvviso, la magia si spezzò. Uno strano rumore contro la finestra la riportò alla realtà, e voltandosi, lo vide. Ranger, il falco di Noah. Fermo sul davanzale, la fissava con i suoi occhi scuri e penetranti, tenendo stretto nel becco un foglio di carta. Un semplice messaggio, che spinta dalla curiosità, Kaleia non esitò a leggere. "Sarò a casa per il nostro Natale, amore mio." Nove parole, un solo mittente, e allo stesso tempo un solo significato. A scrivere era proprio Christopher, che servendosi del falco appartenuto all'amico, le aveva recapitato quella piccola lettera di speranza. Quella sera, la fata passò il resto del suo tempo a sorridere, e mangiando, riuscì a sentire il sapore del cibo che aveva nel piatto, reso perfino migliore dalla consapevolezza di non essere più sola, e specialmente non in un giorno tanto importante, sicura che nonostante la distanza fra lei e il suo protettore in quei lunghi e algidi giorni di neve, il loro amore sarebbe vissuto, sbocciato e cresciuto in eterno. 
 
 
 
Come si dice? Altro giro altra corsa, e in questo caso, altra storia. La venticinquesima per l'esattezza, il che significa che ne manca soltanto una. Qui abbiamo una ricostruzione di un Capodanno atteso ma triste, specialmente per la povera Kaleia, sconfortata dal non avere il suo ragazzo al suo fianco. Nonostante tutto, però, tutto è bene quel che finisce bene come direbbe il caro William Shakespeare, e nei giorni di neve, un eterno amore trionfa.
 
Emmastory :)
   
 
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