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Autore: iron_spider    16/04/2019    2 recensioni
“Tony, parlami. Che ti succede? Ci stai spaventando.”
Tony continua a fare il suo angelo di neve. Muove braccia e gambe avanti e indietro, fissando il cielo azzurro e terso finché Peter non si avvicina ancora, eclissando il sole. Socchiude gli occhi e lo guarda come se fosse pazzo.
Perché è pazzo.
“Peter,” dice Tony, iniziando quella conversazione che ha già fatto tante volte. “Ti fidi di me?”
“Certo,” dice Peter.
“Siamo in un loop temporale. Io sono Bill Murray. Mi ricordo tutto, e voi no, siamo… siamo intrappolati. Siamo in trappola, ragazzino. Ho fatto queste cose mille volte. E mille ancora. E ancora e ancora e ancora. Non so come uscirne. Quindi… mi arrendo. Adesso faccio angeli di neve. E basta.”

[post-Endgame // Traduzione // What If? // Tematiche delicate]
Genere: Commedia, Generale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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[ATTENZIONE!] In questa storia vi saranno menzioni e descrizioni più o meno esplicite di suicidio, soprattutto nel terzo capitolo. La storia si mantiene prevalentemente su un tono da commedia paradossale, ma le suddette scene potrebbero urtare la sensibilità del lettore, quindi procedete nella lettura consapevoli di ciò.
[Rating originale: T+]



 
 
 
Darling can’t you hear me

 
 
 
“Tony!” grida Peter dall’ingresso, dove il fuoco non è ancora arrivato. “Tony, ti prego!”

Il carosello completa un altro giro e Tony non riesce più a vederlo. Si aggrappa al suo fenicottero tossendo un poco. Il fumo si sta facendo sentire. “Peter, esci subito di qui!” grida. “Non voglio che tu veda!” Perché diavolo ha dovuto seguirlo?

“No, no!” grida Peter, la voce che cede al panico. Le fiamme si avvicinano un po’ troppo a lui e il cuore di Tony ha un singhiozzo. “No, Tony, non è-- senti, so che ti sta succedendo qualcosa, so che hai bisogno di aiuto--”

“Ragazzino, devi-- devi andartene!” Sa come deve sembrare: bruciare una giostra mentre ci sei sopra non è esattamente una mossa equilibrata. Si chiede se funzionerà. Il fuoco è l’esatto opposto del ghiaccio. Lui è bloccato nel ghiaccio. Sono bloccati nel ghiaccio. Magari questa è la soluzione. Magari domani sarà il suo ultimo oggi.

Tossisce di nuovo, e riesce a malapena a vedere. La sua testa si fa leggera, e il calore aumenta sempre più. Ha paura di come sarà… si è bruciato in passato, ma mai fino a questo punto. I muri attorno a lui stanno iniziando a crollare e il soffitto sembra sul punto di cedere.

“Tony, non ti lascio morire!” grida Peter. “Non posso, non posso!”

Tony fa un altro giro e socchiude gli occhi quando vede la determinazione sul volto di Peter. Il suo cuore sprofonda… sa cosa accadrà dopo, anche se non ha ancora vissuto questa versione dei fatti. “No!” grida. “Esci di qui, andrà tutto bene!”

“No!” grida Peter.

Tony è troppo in alto su quel cazzo di fenicottero per saltar giù rapidamente e calmare Peter. Ci prova comunque e si sgancia, ma quando finisce di nuovo il giro vede Peter che digrigna i denti, preparandosi a correre nel fuoco. No. Maledizione, no. Quell’altro idiota-- cazzo, quando è successo si è sentito morire e non gli sta nemmeno simpatico. Ma Peter… Peter no. Non può vederlo. C’è già stato Titano, e Titano è abbastanza. Non può vederlo di nuovo, non può.

“No, Peter!” grida Tony, ancora lottando per scendere e uscire di lì senza morire, senza qualche orribile ustione di terzo grado, ma quando rotola giù sul pavimento metallico della giostra quella gira di nuovo, offrendogli un perfetto scorcio di Peter che si slancia tra le fiamme.


 
§

 
“Bene,” dice Tony, pescando la busta di un rosso brillante dalla pila della posta. “Pepper.”

“Che c’è?” risponde lei, da qualche parte in fondo al corridoio.

“Ne ho abbastanza,” dice lui, fissando la busta. Nederland. Di nuovo. Chiunque sia, sta sprecando un fottio di carta, e si è decisamente guadagnato la sua attenzione.

“Di che?” chiede Pepper. “Di tutto? Di ogni cosa? Non pensavo ti arrendessi così facilmente.”

“Nah,” dice lui, tagliando la busta e trovandoci dentro la stessa dannata lettera che ha ricevuto tutte le altre volte. “Nederland, Colorado.”

“Davvero?” chiede lei. “Di nuovo?”

“Numero settantacinque, baby,” dice Tony, scorrendo le parole scritte. “E credo che finalmente mi abbiano convinto.”

Pepper svolta l’angolo, sembrando confusa. È al settimo mese e dal terzo ha preso l’abitudine di indossare solo suoi giacchetti e felpe oversize. Tony la trova assolutamente adorabile, e si distrae per un istante prima di vederla inclinare la testa nella sua direzione. “Hai davvero intenzione di andare?” gli chiede. “Nel senso, non è un problema, è solo strano che ti abbiano dovuto costringere.”

Lui assottiglia gli occhi. “Non mi stanno-- lo sai che è difficile costringermi, ma questa roba… sono-- sono affascinato. Buste rosso fuoco, lo stesso invito scritto a mano ogni singolo giorno per settantacinque giorni? Un riconoscimento per mio padre? Adesso? In più, abbiamo dato un’occhiata a questa Nederland…”

“Sì, e sembra il tuo incubo,” dice Pepper. “La Festa dell’Uomo Congelato?”

“Già, dovrei portarmi appresso Steve,” dice Tony, picchiettandosi la busta sul mento. “Comunque, l’abbiamo mancato di un paio di mesi.”

Pepper alza gli occhi al cielo. “Quindi ci andrai veramente?”

“Sì,” risponde Tony. “A meno che tu non voglia.”

“No, non ho problemi,” ribatte lei. “Solo, non voglio che ti irriti se dovesse rivelarsi… stupido. È per questo che facciamo una cernita per gli eventi.

Ormai ne è abbastanza convinto. Settantacinque è un bel numero tondo, e decisamente esagerato, e poi deve scoprire che diavolo sta succedendo. “Non c’è mai una data su queste cose, quindi farò semplicemente un voletto fino lì e…”

“Potresti inviare una lettera di risposta e chiedere,” dice Pepper, poggiandosi al muro. “O, che so, mandare una mail. È assurdo che non l’abbiano fatto. O chiamare. Come le persone normali.”

“Nah, non c’è gusto,” risponde Tony.

Pepper sbuffa, alzando gli occhi al cielo.

“Non sarò molto reperibile,” dice Tony. “Questa città è, diciamo, grande come il Complesso, quindi non credo che avrò molti agganci.”

“Beh, invita Peter,” suggerisce lei. “Si annoia da morire ed è irrequieto, May non sa più dove mettere le mani.”

Tony s’illumina. “Buona idea. Magari porto anche Rhodey e Happy, se possono.”

“Sì,” dice Pepper. “Ti prego, porta Happy, sta andando fuori di testa ultimamente.”

“Sì, ho sentito le voci,” dice Tony. “Sei sicura che non sia un problema se vado? Non voglio sembrare un padre assente ancor prima che la signorina arrivi.”

“Per favore,” dice Pepper. “Come se potresti mai essere-- non voglio neanche ripeterlo. No, non è un problema, e ti farà bene per capire a cosa vanno incontro i tuoi stagisti quando li mandi a investigare gli eventi a cui ti invitano.”

Tony libera una risata.

“In più, mi aspetta quella settimana di riunioni e sai quanto mi faccia piacere che adesso abbiano tutti paura di me. È fantastico, porto avanti un sacco di lavoro.”

“Come se non avessero sempre avuto paura di te.”

Invia un paio di messaggi alle persone che potrebbero accompagnarlo, e forse tutto ciò gli interessa così tanto perché sembra un po’ un mistero, o un’avventura, o qualcosa del genere. Le cose vanno bene, da quando hanno sconfitto Thanos. Molto, molto meglio, da quando hanno ripristinato il mondo e riportato tutti indietro. Lui e Pepper si sono sposati, Peter è stato ammesso all’università e Tony lo vede ogni giorno, il che è decisamente una delle parti migliori, se deve essere sincero. Ogni tanto il mondo o New York sono in pericolo, con loro grande disappunto, ma nulla di grave, nulla che richieda mai più di una o due notti per essere risolto.

Le lettere sono state… una seccatura. Dei vistosi segnali irritanti che Tony aveva inizialmente scambiato per delle ingiunzioni della biblioteca risalenti ai giorni del MIT.

Ma erano inviti. Richiedevano la sua presenza a una cerimonia di premiazione dove quel maledetto di Howard avrebbe dovuto ricevere uno stupido trofeo per qualche stronzata. A Nederland [1], Colorado, che sembrava giusto una città saltata fuori da un romanzo di Stephen King.

Tony le aveva ignorate. Dopotutto, riceveva molte richieste del genere. Ma continuavano ad arrivare. Ancora. E ancora. Ogni giorno identiche, anche la formulazione era esattamente la stessa; cavolo, anche il modo in cui le parole erano scritte era lo stesso. Era troppo strano e la cosa si era fatta strada nel suo cervello. Il suo telefono vibra, con un messaggio da Peter.

Oh cavolo ti stai arrendendo alle lettere?? Andiamo in quel posto strambo?? Sì certo che vengo con te, non vedo l’ora!

 
§
 

Partono il giorno seguente, e Tony si ricorda che Rhodey fa le valigie per due giorni di vacanza come se stesse partendo per tre settimane. Happy sembra entusiasta di tornare a ricoprire il ruolo di guardia del corpo di Tony Stark, anche se non è per questo che l’ha invitato, e Peter sta praticamente facendo i salti di gioia per quanto è su di giri. Tony ha fatto un paio di vacanze col ragazzo da quando hanno rimesso a posto il mondo, trattandolo come se avesse poco più di cinque anni e non diciassette e portandolo qua e là tra parchi e zoo, ma a Peter non sembra importare dove vanno, fintantoché sono insieme. Tony non riesce a capire se stia vivendo un momento difficile al pensiero di doversi trasferire per l’università, ma da quando ha saputo la notizia si è fatto più protettivo del solito, e l’ha visto ogni giorno da quando la scuola è finita per le vacanze di Pasqua.

Non possono prendere un aereo fino a Nederland perché non è abbastanza grande da avere un aeroporto, quindi volano fino a Denver, e a causa di un paio di ritardi riescono a raggiungere la stazione di noleggio auto solo alle nove di sera, con qualche difficoltà a causa di tutti i bagagli. Il freddo punge la pelle di Tony come mille aghi e si srotola giù le maniche, tirando su il cappuccio.

“Peter, hai portato la giacca pesante, vero?” chiede, voltandosi verso di lui.

“Sì, papà,” risponde Peter.

“Non prenderti gioco della mia apprensione.”

“È veramente tardi. È per questo che odio volare,” dice Happy, trascinando con rabbia la sua valigia. “Perché ce ne siamo stati fermi sulla pista per quasi un’ora? Perché? Lo voglio sapere.”

“Uno dei grandi misteri della vita,” risponde Tony, trattenendo una risata nel fissare il profilo irato delle spalle di Happy. “Dai, dovresti essere abituato ai ritardi, sei mio amico.”

“Noleggio io la macchina,” dice Rhodey. “Non mi fido di nessuno di voi per guidare su queste stradine di montagna.”

“Ok, sono offeso,” dice Tony. “Posso guidare su qualsiasi terreno.”

“Puoi contare su di me,” dice Happy. “Ho guidato ovunque. E intendo ovunque.”

“Parlavo principalmente del ragazzino,” dice Rhodey, lanciando un’occhiata da sopra la spalla a Peter nel raggiungere il bancone.

“So guidare benissimo, ma non posso ancora noleggiare un’auto,” dice Peter, incrociando le braccia. “Dovresti saperlo.”

“So anche che non fai mai ciò che ti si dice,” replica Rhodey.

Tony si schiarisce la gola. “Ho detto a May che non ti avrei perso tra i monti, Peter, quindi…”

“Oddio, sono un adulto responsabile,” sbotta Peter, rivolgendo a Tony un’occhiata insofferente.

Tutti e tre scoppiano a ridere. Anche la donna del noleggio ride. Peter non ride neanche un po’.

Noleggiano una Ford che ha l’aria di essere in giro sin dalla prima presidenza Bush, e inizia a nevicare. All’inizio in modo lieve, poi più intenso, tanto intenso che Rhodey prende a guidare come se avesse ottant’anni e rischiasse di vedersi revocare la patente. La neve riluce in modo anomalo nel buio peggiorandolo ulteriormente; Tony riesce a malapena a vedere gli alberi ai lati della strada, o la strada stessa, se è per questo. Non ha molta esperienza con la neve, e ha ancora dei flashback di guerra su quel maledetto schianto in Tennessee e la quasi-adozione di Harley. Cerca comunque di appianare la sua paranoia riguardo a qualunque cosa potrebbe succedere alla macchina o ai suoi occupanti, ed è lieto che Peter e Happy sembrino distratti da un qualche gioco sul cellulare di Peter.

“No,” dice Happy. “Dai, usa il doppio colpo, ragazzino.”

“Preferisco conservarli,” risponde Peter. “Per quelli grossi e verdi.”

“Guarda che dico a Bruce che gli vuoi rifilare un doppio colpo,” dice Tony, tenendo gli occhi sulla strada.

“Nah, sembrano più alieni.”

“Odio questa merda,” bofonchia Rhodey. “Avrei dovuto far guidare te.”

“Magari se fossimo partiti prima…”

“Piantala, sei fortunato ad avermi qui.”

“Lo sai che ti voglio bene,” dice Tony, rivolgendo un sogghigno alla solita scontrosità di Rhodey. “Ti voglio così bene che ho preso delle stanze comunicanti!”

Rhodey fa una pausa. Rimane in silenzio. L’unico suono è il pew pew degli spari dal cellulare di Peter. Tony sa che Rhodey vorrebbe girarsi per guardarlo storto, ma che ha troppa paura di staccare gli occhi dalla meraviglia invernale attorno a loro che minaccia di stritolarli.

“Che diavolo vuol dire--”

“Beh, ‘comunicante’ vuol dire--”

“Tony--”

“Vuol dire che alloggiamo al Rifugio del Pioniere, l’unico bed and breakfast in città, che si trova nello stesso parcheggio dell’alimentari e di un vagone-bar [2]. Avevano solo due stanze quando ho chiamato stamattina, quindi io sto con Peter e tu con Happy.”

“Ti prego, dimmi che abbiamo letti separati.”

“Ma per favore,” dice Happy dal sedile posteriore. “Sarebbe un onore dormire nel mio stesso letto.”

“Sì, letti separati, quindi non è questa la tua occasione, Hap,” dice Tony. Si schiarisce la gola. “Per fortuna ci siamo persi la Festa dell’Uomo Congelato.”

Hanno fatto tutti una ricerca su Nederland quando Tony ha cominciato a ricevere quelle lettere, e hanno scoperto che quel posto è fottutamente bizzarro. Carino, ma molto bizzarro. È piccolo, raccolto tra le montagne, e sembra rimasto indietro a vent’anni fa. E poi c’è la Festa dell’Uomo Congelato. Che è in memoria di un tizio che è in criogenia dal 1989 [1]. L’intera città si dà ai festeggiamenti per un giorno, con ogni sorta di strane attività, come tuffi nel ghiaccio, gare di bevuta, un ballo di gala dove tutti si vestono di blu e gite nel luogo dove il vecchio è ancora congelato. È bizzarro. Hanno concordato tutti sul fatto che fosse bizzarro.

“Meno male che ce lo siamo risparmiato,” dice Rhodey.

“Ho cercato dei video,” interviene Happy. “Ci sono un sacco di montanari ubriachi, a quella festa.”

Tony ride per il suo fare accusatorio, come se fosse colpa sua. “Sì, da come la descrivi sembrerebbe proprio una festa,” commenta.

“Già,” rincara Peter.

“Non una festa per te,” dice Tony, indicandolo da sopra la spalla. “Comunque, sarà per la prossima volta.” Il suo cellulare gracchia un annuncio, e dà un’occhiata alla mappa luminosa che ha in grembo. “Ok, ti stai avvicinando,” dice. “La strada fa una curva a destra, basta che la segui.”

“Cristo,” impreca Rhodey, mentre inizia a girare, e Tony sente le gomme faticare a far presa sullo strato viscido e gelato della strada. “Ho la sensazione che ci pentiremo di questo viaggio.”

 
§

 
La neve non è più così fitta quando entrano in città, e non appena Tony scorge il parcheggio vuoto su cui incombono i lampioni ha l’impressione di trovarsi in un film horror.

“Immagino che non abbiano molta movida,” osserva, guardandosi intorno.

“Sono abbastanza sicuro che quell’edificio laggiù si chiami Carosello della Felicità,” dice Peter, sporgendosi del suo sedile come un bimbo per guardare fuori dal finestrino.

“Chissà se è davvero un carosello,” dice Happy, seguendo il suo sguardo.

“Hai detto Rifugio del Pioniere, vero?” chiede Rhodey.

“Sì, eccolo lì,” dice Tony, indicando l’edificio in mezzo al parcheggio accanto a un ponte e un corso d’acqua, col vagone-bar a qualche metro.

“Crollo non appena arriviamo in stanza,” dice Happy. “Scusa, Rhodey.”

“Non fa niente, non avevo programmi,” risponde Rhodey.

“Siete sicuri che sia quello?” chiede Peter, inclinandosi in avanti mentre Rhodey entra nel parcheggio. “Sembra molto piccolo.”

“Già, non mi sorprendo che abbiamo delle stanze comunicanti,” dice Happy.

“Sì, è questo,” risponde Tony. “Era la nostra unica opzione, spero non ti dispiaccia.”

“No, no,” dice Peter. “È perfetto. Questo posto è stranissimo.”

Tony si gira per guardarlo e ha una strana sensazione, come se lo stesse trascinando in una trappola. Questo posto e quel che ne hanno visto finora – e immagina di averlo visto quasi tutto – ha una strana atmosfera, come se ci fosse qualcosa in agguato dietro ogni angolo. È troppo tranquillo. Sa che è un paesino, ma, cazzo, è troppo strano che non ci sia assolutamente nessuno in giro. Peter lo fissa di rimando, come se intuisse i suoi pensieri, e Tony replica con un sorriso cercando di smorzare il suo nervosismo, probabilmente causato da lui stesso.

Rhodey parcheggia e spegne il motore. La macchina si fa silenziosa.

“Porta dentro Peter,” dice Rhodey. “Happy e io prendiamo i bagagli mentre fate il check-in.”

“Uh, tu porti la tua roba,” dice Happy, scendendo dalla macchina. Rhodey alza gli occhi al cielo ma scende a sua volta, e Tony lancia un’occhiata a Peter.

“Su, andiamo,” lo incita. Peter annuisce e scendono entrambi, chiudendo le portiere. Superano Rhodey e Happy e Tony si guarda intorno. Le montagne sembrano giganti appostati nel buio, e li circondano su tutti i lati.

Peter gli dà una piccola spinta con spalla. “Tutto bene?”

“Questo posto è strano,” dice Tony, facendo una smorfia mentre spinge la porta d’ingresso del rifugio. L’interno sembra abbastanza accogliente, come una piccola baita di montagna, con un fuoco scoppiettante di fronte a due sedie confortevoli che sembrano più vecchie di lui. Vorrebbe davvero aver portato un’armatura, o la sua maledetta nanotecnologia, e tira fuori il telefono dalla tasca.

Nessun servizio. Si lascia sfuggire un lamento.

“Pete, a te prende? Il mio è morto.”

Peter guarda il suo telefono. “Ugh, no… nulla.”

“Merda,” sospira Tony. Quello… non è un buon segno. Non lo rallegra affatto. Dovrà decisamente farsi un giro in città e trovare un posto dove ci sia almeno un po’ di segnale. Superano un paio di colonne decorate e, finalmente, vedono un altro volto umano che non sia del loro gruppo.

La donna dietro al bancone della reception sembra sulla sessantina, con la stanchezza che si intravede nelle linee tese attorno ai suoi occhi. Indossa una camicetta rosa pallido e rivolge loro un tenue sorriso quando li vede avvicinarsi. Peter continua a pestare energicamente le dita sul touch-screen del telefono, e Tony posa le mani sul bancone.

“Salve, gente,” dice la donna. “Come posso esservi utile?”

“Salve,” dice Tony, col fugace pensiero che sia un qualche robot di Westworld determinato a ucciderli. Sa che la donna dovrebbe riconoscerlo; la maggior parte della gente lo fa, che lui lo voglia o meno, ma nei suoi occhi non c’è nulla a suggerire che saprebbe distinguerlo da un qualsiasi ubriacone per strada. Si schiarisce la gola. “Uh, ho preso due stanze, a nome Stark, dovrebbero essere… comunicanti.”

“Ah, sì,” dice lei, sfogliando uno spesso libro di cuoio. “Vi stavo aspettando. Siete gli ultimi a registrarvi stanotte… avete le stanze rosso mattone e blu tempesta. Le riconoscete dalle targhette sui muri.” Prende due grosse chiavi appese al muro dietro di lei e gliele porge con un sorriso. “Siete a posto.”

“Tutto qui?” chiede Tony, sollevando le sopracciglia.

“Tutto qui,” dice la donna, proprio mentre Rhodey e Happy entrano rumorosamente dalla porta. “Godetevi la festa, ragazzi. Provate il gelato dell’Uomo Congelato.”

Tony la fissa. Festa? Uomo Congelato? No, quello schifo è passato. Magari hanno il gelato tutto l’anno? Non ha intenzione di approfondire la cosa. Guarda Peter e anche lui la sta fissando, col naso arricciato. “Uh, certo,” dice Tony. “Sembra… sembra molto… invitante.”

“Lo è,” dice lei, annuendo.

Tony stringe i denti dietro un sorriso forzato e annuisce di rimando, prendendo le chiavi e tamburellando sul bancone. Allunga un braccio verso Peter per guidarlo via da lì, sentendo chissà perché un picco di protettività nei suoi confronti, e raggiungono Rhodey e Happy.

“A qualcun altro stanno venendo i brividi?” chiede Happy, guardandosi intorno.

“Non ne hai la minima idea,” dice Tony, scuotendo la testa.

 
§

 
Provano a usare i telefoni nelle loro stanze, ma ogni volta che chiamano al di fuori del motel vengono reindirizzati alle altre stanze, il che causa qualche incidente coi numeri sbagliati, che Tony gestisce molto meglio di Happy. Alla fine, rinunciano dopo aver chiamato la reception tre volte di fila.

Pianificano di alzarsi alle nove e incontrarsi mezz’ora dopo nella hall per iniziare la ricerca di quel maledetto indirizzo su tutte le settantacinque lettere.

I muri sono così sottili che Tony può sentire ogni singola parola che si scambiano Happy e Rhodey; si lava il viso e rientra nella zona notte, infilandosi nel letto più vicino alla porta. La loro stanza è piccola e sembra antiquata, come una baita abbandonata in mezzo al bosco. Molti piumini, una grande sedia di pelle nell’angolo, un cucinino con una stufa a gas e il frigo più vecchio che Tony abbia mai visto. Peter è già nell’altro letto e fissa sconsolato il telefono, che mette immediatamente sul comodino quando nota che Tony lo sta guardando.

“Ancora nessun servizio,” dice. “Avrei dovuto scrivere a May in macchina.”

“Stessa cosa per Pepper,” dice Tony, spegnendo la luce. “Avrei dovuto immaginarlo… questo posto sembrava la porta dell’Inferno dalle foto-- sapevo che non mi sarei dovuto fidare di tutta questa neve-- non dovrebbe nevicare ancora così tanto--”

“Ti stai davvero preoccupando? Cioè, sul serio?” chiede Peter. Tony si volta a guardarlo: ha le coperte tirate su fino al mento e i suoi occhi rilucono nel buio. La luna proietta una strana luce bluastra da dietro le tende e fa apparire i capelli di Peter dello stesso colore, come un riflesso sott’acqua.

“No,” mente Tony. “Va tutto bene. Domani andiamo a questa cavolo di cerimonia, prendiamo quel premio così posso gettarlo nella spazzatura, pranziamo qui, diamo un’occhiata al vagone-bar--”

“Magari facciamo un giro sullo ski lift?”

Tony sorride. “Se vuoi.”

“Sì. Sì, mi piacerebbe.”

“Ok, allora ci andiamo,” dice Tony. “Adesso dormi, domani dobbiamo riuscire a fare tutto, perché ce ne andiamo di qui il mattino dopo, sul presto.”

“Ok,” dice Peter, accomodandosi meglio sul cuscino. “’Notte, Tony.”

“’Notte, ragazzino.”

L’ultima cosa che ricorda di sentire, oltre al respiro di Peter, è qualcosa che si rompe nella stanza di Happy e Rhodey. È troppo stanco per andare a controllare, e scivola lentamente nel sonno.

 
§

 
Si sveglia di soprassalto al suono degli ABBA.
 
So when you’re near me, darling can’t you hear me
SOS
The love you gave me, nothing else can save me
SOS
 
Sente Peter lamentarsi e muoversi e si copre l’orecchio col cuscino, ma la canzone continua a risuonare nell’aria, trapassando federa e piume e facendosi strada direttamente nel suo cranio. Sospira, lanciando il cuscino ai piedi del letto.

“Non ricordavo neanche che avessi messo una sveglia,” dice Peter, stropicciandosi gli occhi.

“Neanch’io,” bofonchia Tony, riluttante anche solo a mettersi seduto.

Peter emette un altro lamento, girandosi sulla schiena. “Dio, per un attimo mi ero dimenticato dove fossimo.”

“Anch’io,” dice Tony. Sta odiando il se stesso di ieri, quello disposto a lasciare il calore di sua moglie incinta per trascinare qui tre delle persone che ama di più a causa di un premio per quel maledetto di Howard, che al momento se la starà probabilmente ridendo dall’oltretomba.

Si strofina gli occhi e si sporge per trovare l’interruttore del dannato aggeggio preistorico intento a urlare SOS. Preme all’incirca sei tasti, ma sembra solo farsi più forte.

“Prova a spaccarla,” dice Peter, ancora raggomitolato tra le coperte.

“Stai parlando col Vendicatore di ferro, non con quello verde.”

Peter sorride mentre Tony solleva la sveglia e la gira. “Mi sa che ti manca Bruce,” dice Peter.

“Non più del solito,” ribatte Tony, cercando di concentrarsi mentre il ragazzo prova con tutta probabilità a trascinarlo in una discussione emotiva.

“Continui a menzionarlo,” osserva Peter.

“È un ottimo riferimento,” replica Tony. Trova un piccolo tasto rosso dietro uno sportelletto, e quando lo preme la musica cessa.

“Grazie a Dio,” sospira Tony, rimettendo quell’affare accanto alla lampada.

“Thor e lui dovrebbero tornare a casa più spesso,” dice Peter.

“Thor e chi?” chiede Tony, guardandolo. “Dio?”

Peter alza gli occhi al cielo. “Quando torniamo dirò a Bruce di chiamarti.”

“Ok, smettila di organizzare incontri come se fossimo bambini e smettila di poltrire, stiamo perdendo tempo.” Peter lo fissa e Tony batte le mani. “Forza, vestiti.”

“Subito,” dice Peter, stiracchiandosi un po’. “Despota.”

“Esatto,” replica Tony, scrocchiandosi il collo. “Sono io il capo.” Si alza, e quando si avvicina al muro sente Believe di Cher trapelare da dietro la parete, insieme alle imprecazioni di Happy e Rhodey. Ride tra sé e sé, e giusto quando sta per entrare in bagno la porta comunicante si spalanca e Happy fa irruzione col suo glorioso pigiama a righe, fissandoli alternatamente.

“C’è uno sportelletto sul retro,” lo informa Tony, quando Happy incontra il suo sguardo. “Con un tastino rosso. Ci tengono a far svegliare per bene la gente.”

“Grazie,” sospira Happy, ruotando gli occhi. “Cristo santo. Prima quello stupido bicchiere, adesso questo. No, non credo nella vita dopo l’amore.” [3]

 
§

 
Stanno camminando lungo il corridoio, stretti nel loro gruppetto, e Rhodey sbadiglia per la quinta volta nell’arco di cinque minuti.

“Hai dormito bene?” gli chiede Tony. “Comodo?”

“Sì, il letto era, uh… molto solido.”

“Adoro Cher, ma non voglio svegliarmi mai più così,” dice Happy. “Non ricordo neanche di aver messo una sveglia.”

“A noi sono toccati gli ABBA,” dice Peter, “ma ero già abbastanza sveglio perché Tony russa.”

“Ah, bugia,” dice Tony, dandogli un colpetto sul braccio. “Dormo come un bambino. Un bravo bambino. Silenzio assoluto. Un po’ di bavetta.”

Tutti scoppiano a ridere a quelle parole.

“Uhm, Tony, tutti i presenti hanno, uno, dormito almeno una volta con te vicino e, due, parlano con Pepper ogni giorno.”

Tony si acciglia. “Beh, allora tutti i presenti--”

Un’inserviente esce dalla porta che stanno superando e rivolge loro un sorriso. “Vi serve qualcosa, ragazzi? Ho delle mentine in più nel carrello!” Lo trascina fuori dalla stanza, indicandolo ad enfatizzare.

“Oh, no,” comincia Happy. “Siamo…”

“Prendo una mentina,” dice Peter, sorridendo contento.

“Certo, caro,” dice lei, pescandone un paio dalla ciotola e mettendole nel suo palmo teso. “Spero che vi divertiate alla festa! Ci sono le corse delle bare tra giusto dieci minuti sulla Main Street! Forse fate in tempo!”

Tony si ferma. Questa è la seconda menzione, da parte di uno degli abitanti, di quella roba del tizio morto congelato. Deve saperne di più, nonostante l’apprensione che sente nel cuore. “È-- è ancora-- c’è di nuovo la Festa dell’Uomo Congelato?”

“Di nuovo?” ride lei. “È oggi, tesoro!”

Tony ha l’impressione che gli abbiano perforato un polmone.

“Oh, Dio,” dice Rhodey, scuotendo la testa. “Cosa?”

“Wow, Tony,” dice Happy. “Come hai fatto? Allora immagino che andremo a questa festa, ragazzino,” dice poi, dando di gomito a Peter, che sembra fin troppo esaltato.

“Ok,” dice Tony, con un sospiro.

“Andate, andate,” dice la donna. “Sembrate dei campioni pronti per la corsa delle bare!”

“Wow,” dice Tony, con un gran sorriso, per poi riprendere a camminare con gli altri che lo tallonano. Maledetta Festa dell’Uomo Congelato – di nuovo – che diavolo ha questo posto?

“Non riesco a credere che l’abbiamo beccata, in qualche modo,” dice Rhodey, guardando in cagnesco Tony. “Hai detto che quella roba c’era stata mesi fa.”

“Magari sarà divertente?” chiede Peter, con aria speranzosa.

“Non perdetevi il ‘gioco degli scoppiati’ stasera prima di cena!” esclama la donna, dietro di loro. “È come il ‘gioco delle coppie’ [4], ma meglio!”

“Non abbiamo i requisiti!” le grida in risposta Tony, sorridendo da sopra la spalla.

“Grazie lo stesso per la dritta!” dice Peter, salutandola con la mano.

“Non ci posso… credere,” dice Rhodey. “Festa dell’Uomo Congelato, arriviamo.”

“Non fare il fatalista,” lo rimbrotta Tony.

Entrano nella hall. Una serie di piccole esplosioni si innesca nella testa di Tony, perché, cazzo, non riesce a credere a quello che sta vedendo. Non sa se sta avendo un’allucinazione o meno, e si ferma di botto, con gli altri tre che lo tamponano. Il suo cuore martella in modo irregolare. Non è possibile, non è possibile.

“Tony, ma che-- porca troia.”

Tony vorrebbe far eco all’esternazione di Rhodey, ma la sua voce si perde a metà tra lo shock e il disgusto.

Justin Hammer è nella hall, con una camicia hawaiiana del tutto fuori luogo con questo maledetto clima e un sogghigno da stronzetto stampato in faccia. Ha un cestino pieno di quel che potrebbe definire solo roba a casaccio, e se la ride mentre tende una mano come se si stesse presentando di fronte a un pubblico adorante.

“Ehi, Tony,” dice, ridendo di nuovo. “Come butta?”

“Che diavolo succede?” chiede Tony, con un tremito stridulo nella voce. “Dovresti essere in prigione, dovresti essere ovunque ma non qui. Ovunque. Perché diavolo sei… qui? Quando io sono qui?”

“Sono la tua giuria,” dice Justin, e ha lo stesso aspetto che aveva anni fa, ancora magro come un chiodo, un po’ più trasandato. Fa un passo avanti, poggiando il cestino sullo spesso tappeto ai loro piedi. Afferra un mazzo di fiori dall’aria appassita e lo spinge tra le braccia di Tony. “Vorremmo – e con noi intendo me – farti i nostri onori,” dice, e aggiunge un orsetto dell’Uomo Congelato sopra i fiori. Tony non sa neanche perché cazzo gli stia permettendo di porgergli le cose. Si sente come un maledetto uomo congelato. “E onorarla per essere il primo e unico figlio del grande Howard Stark – l’uomo più intelligente mai esistito al mondo.”

Tony assottiglia gli occhi.

Justin aggiunge una scatola già aperta di biscottini alla menta tra le braccia di Tony. “Ed ecco il mio dono più prezioso – no, non i biscotti – ovvero un braccialetto di seta che mi ha dato la mia ex e che ho spezzato per condividerlo con te. Come i braccialetti dell’amicizia! Io e te! J e T!” Si muove rapidamente, legando con uno stretto nodo il nastro sfilacciato al polso sinistro di Tony. Fa un passo indietro, ammirando la sua opera, e Tony tira via la mano. Non ha tempo di pensare a toglierselo, perché una voce si leva alle sue spalle.

“Uh,” dice Peter, molto vicino alla spalla di Tony, come se stesse cercando di proteggerlo. “Cosa… cosa succede?”

A quelle parole, Tony esce dal suo stato confusionale. “Uh, già, bella domanda, eh?”

“Basta, chiamo la polizia,” dice Rhodey.

“Oh, Cristo, loro sono davvero con te?” chiede Justin, ritraendosi un po’ e arricciando il naso. “Hai portato altra gente? Pensavo che ti stessero solo insolitamente vicino.”

“Senti, stronzo--”

“Sì, siamo con lui…”

Tony lascia cadere i fiori, il peluche e i biscotti nel cestino abbandonato, e le sue onde cerebrali fanno breccia oltre il muro di shock, riuscendo finalmente a mettere insieme i pezzi. “Aspetta. Frena. Sei stato tu?

“Io vorrei tornare al punto in cui dovresti essere in prigione,” dice Happy.

“Buona condotta,” dice Justin, con le mani sui fianchi. “Sono un ragazzo a modo.”

“Sì, e appunto per questo non-- non mi torna,” dice Tony, scuotendo la testa.

“Chiama chi vuoi, sono stato una manna dal cielo per quella prigione,” dice Justin. “Volontariato, rappresentazioni di Shakespeare, programmi con la chiesa, non manca niente, bello.”

Tony non si è mai lasciato turbare troppo da questo verme, ma adesso il suo cuore sta prendendo quell’andamento intermittente che si innesca all’avvicinarsi di un attacco di panico. Guarda la faccia viscida di Justin e si sente rivoltare lo stomaco. “Chiama chi vuoi?” chiede. “Sono sicuro che sai benissimo che non possiamo chiamare proprio nessuno in questo inferno di neve; Peter e io non abbiamo linea da ieri sera e immagino che sia lo stesso per voi due.” Guarda Rhodey e Happy e loro annuiscono rassegnati.

“Ecco, riguardo al tuo entourage,” dice Justin, sembrando ancora disgustato. “Non mi aspettavo che avresti portato, uh, gente.”

Tony sente un dolore improvviso materializzarsi al centro della sua fronte. “Non ti--”

Justin tasta le proprie tasche. “Uh, non ho alcun regalo per loro – oh, sì, tieni un pacchetto di vigorsol [5], ragazzino,” dice, lanciando a Peter una confezione di gomme. Peter la afferra di riflesso, e guarda Tony con occhi confusi. “Devi essere pulito e splendente, so che Tony Stark ha grandi aspettative per le persone che non sono perfette.”

Tony socchiude gli occhi, sentendo montare la rabbia. “Prima di tutto, il ragazzo è-- otto miliardi la persona che tu potresti mai essere, e non ti meriti neanche di guardarlo—secondo: perfetto? Tu pensi di sfiorare anche solo il confine della decenza? Ti comporti come se avessi giusto un paio di difetti, nulla di che?”

“Su, Tony, non ti scaldare così…”

Tony si sta decisamente scaldando. “Deve esserci una sorta di polizia locale, qui intorno…”

“Sì, tipo--”

“Ehi, ehi,” dice Justin, prendendo il braccio di Tony, e questi lo strattona via all’istante. “Se pensi che ci sia sotto qualcosa di losco, la cosa più furba da fare sarebbe seguirmi. No? No? Sei Iron Man, cavolo, potresti farmi fuori in un colpo solo.”

Tony non è assolutamente Iron Man, al momento. Ha rimosso l’alloggio per nanoparticelle quando Pepper è rimasta incinta, perché le sue narici fumavano ogni volta che la guardava, ed era già abbastanza furiosa che ce l’avesse ancora al matrimonio. Ma al momento vorrebbe non essersela tolta, perché Justin Hammer è una maledetta minaccia per la società e non è incline a credere a quella stronzata della buona condotta neanche per un istante.

“Tornando alla mia prima, terrificante realizzazione… hai allestito tu tutta quella storia della premiazione?” chiede Tony, mortalmente serio. “Tu?”

“Io e sei persone circa,” dice Justin, sfregandosi il naso. “Non c’è stato bisogno di convincerli più di tanto… ah, domanda lampo, non hai gradito i regali? Mi faccio un promemoria.”

“Quella merda inutile che hai portato?” chiede Tony, abbassando lo sguardo verso il cestino. “A proposito: ragazzino, non mangiare quella gomma.” Si volta e sorprende Peter intento ad aprirne una, per poi annuire e gettarla nel cestino all’angolo.

“Merda inutile, ok, non hai gradito,” dice Justin, annuendo. “Va bene, vuoi seguirmi o dobbiamo scatenare una rissa qui? Perché se volete una rissa, sto per-- darmela a gambe e tentare la sorte domani…”

Tony si gira, incontrando gli occhi di Rhodey. Ha combattuto in prima persona contro i maledetti droni di Justin e sa quanto sia pericoloso quell’imbecille. Tony non sospetta che ci sia qualcosa di losco, sa che c’è, ma sa anche che non lo scoprirà continuando quello scontro verbale. Non gli piace l’idea di mettere in pericolo gli altri, ma a quanto pare l’ha già fatto portandoli qui, ed è l’ultima cosa che avrebbe voluto. Cosa potrebbe mai voler combinare Hammer a Nederland? Perché allestire questa farsa? A quello può rispondere: non sarebbe mai venuto, se l’avesse saputo prima. Avrebbe allertato l’FBI e fatto spedire quello stronzo a Seagate [6].

Quindi perché lo vuole qui? Cosa ci guadagna? Deve scoprirlo.

“Ok,” dice Tony. “Io andrò con lui, e voi…”

“… con te,” dice Rhodey, guardandolo come se fosse impazzito.

“No--”

“Uh, sì,” dice Happy.

“Non ce ne andremo--”

“Tu no di certo,” dice Tony, indicando Peter. “Neanche per sogno, non se ne parla, ragazzino.” È da quando Peter è tornato che vorrebbe metterlo in una teca di cristallo, e il suo cuore sprofonda anche solo a vederlo mettere un piede in fallo.

Ma Peter è dannatamente testardo, proprio come lui.

“No, mi dispiace, vengo con te,” dice Peter, alzando il mento e sembrando più piccolo di quanto sia, e ciò non fa che aumentare la preoccupazione che scorre nelle vene di Tony.

“Tony, suvvia,” dice Justin. “Non ho intenzione di-- senti, nessuno è in pericolo! Voglio solo mostrarti il mio omaggio a tuo padre… darti un modesto premio di fronte a un mucchio di spettatori…” Tossisce, con gli occhi che guizzano qua e là, per poi tornare su Tony. “Poi possiamo goderci la Festa dell’Uomo Congelato! Non sei felice che sia oggi? Oggi, di tutti i giorni? Cavolo, io lo sono. Potremmo fare i Tuffi Polari dopo la cerimonia, è sempre divertente, soprattutto con quei costumi. La sposa cadavere coi capelli rossi; magari stavolta vince lei.”

“Non-- non voglio sentire più nulla riguardo a quella maledetta festa di stramboidi-- pensavo che l’avremmo evitata del tutto…”

“Oh,” dice Justin in un sibilo, con un lieve sussulto. “Allora spero che ti ci abituerai…”

“Andiamo,” dice Peter, facendo un paio di passi verso la porta.

“Peter,” dice Tony, seguendolo rapido.

“So chi è quel tizio,” dice Peter, scoccando un’occhiata a Justin da sopra la spalla di Tony. “E come ho già detto, vengo con te.”

Justin ha minacciato il ragazzino quando Tony non sapeva nemmeno chi fosse. Il drone di Hammer era lì, e un Peter in miniatura gli si è piazzato davanti con una maschera di Iron Man. Tony ci pensa, a volte, pensa a tutto ciò che non avrebbe se non fosse arrivato in tempo per salvarlo. Guarda gli occhi ribelli di Peter e sa che potrà pestare i piedi e dare di matto quanto vuole, ma non lo farà schiodare dal suo fianco. Serra la mascella e Peter di rilassa un poco nel realizzare che Tony non ha intenzione di opporsi, con un sorriso a farsi strada sul suo volto.

“Okay,” dice Tony, fissando Justin e facendo un secco gesto in avanti con il capo. “Andiamo, idiota, e facciamola finita.”

“Devo mostrarvi un po’ di belle cose,” dice Justin, svolazzando attorno a loro. Recupera una giacca appesa alla statua di un orso polare accanto alla porta e la indossa. “Stiamo organizzando questa cerimonia da… più tempo del previsto.”

Tony si è stufato delle sue stronzate. “Ah-ha,” commenta, lanciando un’occhiata agli altri da sopra la spalla. Happy e Rhodey sembrano stizziti, con le sopracciglia costantemente aggrottate. Peter sembra pronto a uno scontro, nonostante abbia un brivido non appena mettono piede fuori. Sta nevicando come quando sono arrivati in città, ma Justin avanza come se ci facesse a malapena caso.

“Fidatevi, questo posto è uno splendore,” dice Justin, facendo un cenno verso il paesaggio bianco e brillante intorno a loro. “Spero che ve ne innamoriate. Io l’ho fatto. Ho avuto… molto tempo per innamorarmene.”

C’è un palco allestito tra il motel e il negozio di alimentari, con attorno circa una cinquantina di persone. Si sta svolgendo quello che sembra una specie di gara di costumi, e sul palco c’è una sposa dai capelli rossi. Tony lancia un’occhiata a Justin, ma lui non sta neanche guardando in quella direzione. Ci sono due bambine con una bancarella accanto al motel, intente a vendere fiori appassiti che luccicano ai raggi del sole. Delle decorazioni sono arrotolate ai lampioni e appese su ogni edificio in vista. Tutto segue lo stesso tema: l’Uomo Congelato. C’è uno spiazzo con un’insegna su cui si legge – e lo legge due volte, per esserne sicuro – “bowling con tacchini di ghiaccio”. Dove la gente gioca a bowling. Con dei tacchini ghiacciati.

Questo posto è fottutamente strano.

“Questo posto è davvero strano,” dice Rhodey, mentre seguono Justin lungo la strada.

“Puoi dirlo forte,” sospira Tony. Justin si schiarisce rumorosamente la gola. Non c’è molto traffico, qui, ma c’è un sacco di gente, la maggior parte con delle bevande in mano, la metà delle quali ha un’insolita tinta blu. Un cane con un costume da scheletro li sorpassa correndo, e un bambino con un costume abbinato lo insegue urlando “Jeff! Jeff!”

“Chi chiama il suo cane Jeff?” chiede Happy, con scherno.

“Me lo chiedo sempre,” dice Justin. “Ogni volta.”

“Si comporta in modo strano,” sussurra Peter, rivolgendosi a Tony.

“Lui è strano,” replica Tony. “Questo posto è strano, lui è strano, questa cazzo di vacanza è strana… ci aspettano un sacco di cose strane, ragazzo, in questi dieci minuti in cui starò al suo gioco prima di levare le tende.”

Peter sorride. A volte Tony rimane sconvolto al pensiero di quanta fiducia quel ragazzino riponga in lui, a prescindere dalla situazione, ma gli dà anche un motivo per essere sempre all’altezza delle sue aspettative.

“Eccoci qua,” dice Justin, sbracciandosi nell’indicare davanti a loro. C’è un grande edificio in un’altra piazza subito dietro lo scarico merci, e sembra una sorta di teatro o auditorium. La neve si è ammassata sul tetto spiovente ed è scivolata lungo le guglie, ammucchiandosi in grossi cumuli nell’area recintata attorno all’edificio.

“Che diavolo è quello?” chiede Rhodey, e Tony segue il suo sguardo, vedendo dove li sta portando Justin.

“Allora, non le ho fatte tutte io,” annuncia Justin, e ha l’aria di essere sul punto di saltellare mentre apre il cancello. Tony vede ciò che sta guardando Rhodey: delle cazzo di sculture di ghiaccio. Cinque, per la precisione.

“Io non mi vanterei di averne fatta neanche una,” lo sbeffeggia Happy.

“Wow, si un critico d’arte e scultura?” ride Justin, fissandolo.

“Uh, sono d’accordo con lui,” dice Tony. “Fanno schifo, Hammer, sembrano-- alieni mollicci, e io li ho visti, gli alieni…” Justin si ferma di fronte all’ultima, guardandola adorante. “Chi dovrebbe essere?” chiede Tony, affiancandolo. “William Howard Taft [7]?”

“No, ma come? William-- no, questo è Howard Stark, amico mio, è lui, in carne ed ossa! E, beh, ghiaccio.”

Tony lo guarda fisso. Sente Rhodey strozzare una risata dietro di lui, e Peter che sussurra qualcosa ad Happy. E poi guarda la statua. Quel coso di ghiaccio, che si sta già sciogliendo, sembra più Wilson Fisk [8] che quel maledetto di suo padre. E ha un’espressione assurda, come se fosse costipato. Sospira, indeciso tra ridere perché Howard si sarebbe indignato terribilmente per questo coso di ghiaccio mostruoso e andare in escandescenze perché Justin li sta prendendo in giro e non ha ancora capito il motivo.

Si gira, vedendo Happy che fa una foto a quell’affare. Poi Peter si mette in posa lì accanto. Rhodey nota la faccia di Tony e soffoca una risata.

“Wow,” dice Tony, senza inflessione. “Questo da solo è abbastanza per farti tornare in prigione.”

“Cosa?” chiede Justin. “Questo è uno dei miei lavori migliori.”

“Ok,” dice Tony, scuotendo la testa. “Adesso ce ne andiamo per davv--”

“No, no, no,” dice Justin. “No, andiamo… lì dentro, ti darò il premio e i certificati che abbiamo fatto, vedrai che non ti sto dicendo stronzate, te lo prometto.”

“Certo, ci crederò quando lo vedrò,” dice Tony. “Muoviti, non sono un grande fan della neve…”

“Venite, venite, è di qua, seguitemi,” dice Justin, e questa è la sua ultima opportunità, si ripromette mentalmente Tony. Non sa perché non gli stia ancora dando una botta in testa per poi buttarlo nel portabagagli dell’auto a noleggio.

“Dobbiamo entrare dalla porta sul retro,” dice Justin, qualche passo avanti a loro mentre zigzaga sul marciapiede fino a una porta di legno con sopra un poster dell’Uomo Congelato. Li accompagna dentro e Tony sbuffa, avanzando mentre entrano in fila indiana.

“Siamo in una cucina,” dice, lanciando un’occhiata ai fornelli e ai frigoriferi. “Vuoi farci una torta? È quello il premio? Perché a Howard piacevano solo le torte di meringhe al limone…”

Si gira giusto in tempo per vederlo, per vedere Justin che assesta un violento spintone ad Happy… Happy urta contro Peter e Rhodey e tutti e tre cadono a terra dentro un… merda. Merda.

Tony fa per muoversi, ma è troppo lento, e Justin sbatte la porta del freezer, intrappolando i tre all’interno. Abbassa la temperatura, facendola crollare a picco, poi Tony gli rifila un diretto sul naso. Si slancia verso la porta, ma c’è un cazzo di codice da inserire, e si sente prendere dal panico-- la faccia di Peter è oltre l’oblò, con gli altri due dietro, e stanno mimando delle parole che Tony non riesce a sentire, e lui sta entrando nel panico--

“Oh, perché l’hai dovuto fare?” dice Justin, con le dita a stringersi il naso. “Cristo santo, Tony…”

“Falli uscire,” dice Tony, gesticolando verso la porta davanti alla quale si è appena messo Justin. “Ora. Ora! Ora e non ti ammazzo.” Gli serve l’armatura, cazzo se gli serve, con l’armatura potrebbe rompere la maniglia, ma così com’è non può fare nulla, non può aiutarli…

“Devo parlarti, e questo è l’incoraggiamento che ti serviva per ascoltarmi.”

“L’unico incoraggiamento che sento è quello a spaccarti la testa,” replica Tony. Il suo battito cardiaco è alle stelle, e continua a guardare alternatamente tra l’oblò del freezer e la faccia da idiota di Justin. Gli altri stanno cercando di aprire la porta dall’interno, ma quella non cede.

“Ascoltami e li faccio uscire,” dice Justin, impiastrandosi di sangue nel tentativo di asciugarselo con la mano. “Posso spiegarti in breve, e mi servono delle garanzie da parte tua--”

“Tu da me non avrai un cazzo--”

“Allora li lascio morire,” dice Justin, scrollando le spalle. “E tu dovrai guardare. Non c’è modo di aprire la porta, se non con il codice nella mia testa; questa città fa sul serio, quando c’è da congelare qualcosa. Non puoi neanche rompere il vetro, è rinforzato. Puoi uccidermi se vuoi, non m’importa, non mi fa alcuna differenza.”

Tony sente un brivido lungo la schiena e digrigna i denti. Si sente sul punto di vomitare. Sapeva che non avrebbe dovuto fidarsi di questo stronzo, lo sapeva, deve imparare a fidarsi del suo istinto. “Hai un minuto,” dice, cercando di tenere sotto controllo il respiro. “Poi accetterò la tua offerta.” Sa che non può permetterselo. Potrebbe provare a indovinare il codice, provare tutte le combinazioni, ma ci vorrebbe troppo tempo.

“Hai visto il film Il Giorno della Marmotta?”

“Non hai più un minuto,” ringhia Tony.

“Ok, fammi-- ti propongo un compromesso, così ti sfoghi un po’: io ti dico cosa succede e tu puoi prendermi per il collo e-- strozzarmi se ti arrabbi, ma devi lasciarmi parlare…”

Tony sussulta, guardandolo storto. “Mi sembra… un po’ troppo perverso…”

Justin ghigna, inclinando di lato la testa. “Già, lo facevo con la mia ex…”

“Stanno morendo assiderati!” grida Tony, avanzando verso di lui.

“Fallo e basta!”

Al momento sembra davvero una buona idea, e Tony avanza ancora, piazzando le mani ai lati del collo di Justin. I suoi occhi guizzano di nuovo verso l’oblò del freezer, dal quale Peter, Rhodey e Happy lo stanno fissando preoccupati. Guarda di nuovo Justin. “Parla.”

Justin sospira. “Ti stavo prendendo per il culo, prima, con quella roba di Howard. Dovevo farti venire qui. Il Giorno della Marmotta. Ci sono dentro. Questo posto, questo… inferno ghiacciato-- sì, ok, sì, sono evaso di prigione, è stata una mossa… davvero ragguardevole, se posso--” Tony digrigna i denti e sposta le mani verso il collo di Justin, e questi annuisce. “Ok, ok… la mia ex mi ha aiutato, ha detto di incontrarla qui… e poi ha iniziato ad accadere. Il giorno è questo. Ho vissuto questo giorno mille volte, e ancora, e ancora.”

“Di che diavolo stai parlando?” chiede Tony, col sangue che gli ribolle.

“Come il Giorno della Marmotta. Il tempo si è letteralmente fermato su questo giorno. Per circa… Cristo, credo che adesso siano più o meno cento giorni. Vivo un intero giorno, e poi, dovunque io sia a mezzanotte, mi risveglio all’istante nel mio letto al motel. Sono l’unico che se ne rende conto. Nessun altro lo sa, non ne sono… consapevoli. Ma siamo bloccati, l’intera città è bloccata.”

Tony scuote la testa a quelle parole. Non ha nessun senso. Sono solo altre stronzate. I suoi amici e il suo ragazzino stanno soffrendo mentre Justin si inventa altre storie idiote.

“Uh… per esempio, sono, uh… andato a letto con questa donna, Angela, dell’alimentari, e nel loop successivo si è-- si è semplicemente dimenticata, è stato come se mi incontrasse per la prima volta…”

“… probabilmente si stava solo pentendo della sua pessima scelta, e il tuo minuto è quasi finito…”

“… è lo stesso giorno, ripetuto, in ogni dettaglio. Gabe con la camicia arancione macchiata di burro d’arachidi. Il bowling coi tacchini e Darrel che si rompe la mano. Jeff e il cane. Hai preso i miei ultimi orsetti gommosi! Sembra che ti piacciano! Sono bloccato, tutta la città è bloccata, ma, come ti ho detto, sono l’unico a saperlo. Una sorta di… inferno magico. Ho ucciso delle persone, ho scopato-- con molte persone…”

Tony sospira, roteando gli occhi.

“… e tutto si resetta. A mezzanotte si resetta e mi sveglio alle otto di mattina. Non lo sa nessuno, cazzo, solo io. Non posso andarmene, ogni volta che ci provo la tempesta si intensifica fuori dai confini della città e devo tornare indietro o… morire là fuori. Succede sempre qualcosa, ogni singola volta. Magari è sereno, ma non appena varco il confine mi trovo in una bufera, o c’è una frana o una valanga o mi investe una cazzo di macchina. La gente può entrare, ma non può uscire e viene semplicemente… assorbita nel giorno.”

“Cristo-- Santo,” dice Tony. Ne ha abbastanza. “Apri la porta e falli uscire. Falli--”

“No,” dice Justin. “Non lo faccio finché non accetti di aiutarmi-- ti ho mandato le lettere per un motivo, non sapevo neanche se ti fossero arrivate-- internet qui è una merda. Tutti hanno il via cavo e non si riesce a inviare nulla, ho dovuto provare alla vecchia maniera…”

“Se sei l’unico a ricordartelo, come diavolo faccio io ad aiutarti?” chiede Tony, molto tentato dallo strangolare quella testa di cazzo, se solo Peter non lo stesse guardando. Mentre muore assiderato. Dio Cristo.

“Perché sei un genio. Perché puoi fare di tutto, anche in un giorno solo.”

Tony guarda di nuovo nell’oblò. Si sono allontanati, adesso, e Happy e Rhodey sono ai lati di Peter, intenti a sfregargli le braccia. Cazzo, no, non può permettere che continui. “Ti aiuto,” dice, dando una spinta a Justin mentre si ritrae da lui. “Ti aiuto. Adesso falli uscire.”

Gli occhi di Justin quasi strabuzzano fuori dalla sua testa. “Davvero?”

“Davvero. Ora apri quella dannata porta.”

Justin lo fissa per un istante, socchiudendo gli occhi. “Mignolino?”

Tony è davvero. A un passo dall’ammazzarlo. Avvolge il suo mignolo attorno a quello di Justin e quasi glielo spezza, poi ritira la propria mano. Nella cucina si gela, non riesce neanche immaginare quanto faccia freddo nel freezer. “Apri. La porta.”

Justin gli lancia un’occhiataccia, si scrocchia le dita e si accosta al tastierino. Digita 4387, che Tony memorizza giusto in caso, poi spalanca la porta. Tony cerca di impedire al proprio cuore di battergli così forte nelle orecchie e spinge Justin da parte, afferrando il braccio di Peter e trascinandolo fuori da quel cazzo di freezer. Il colorito del ragazzino è bluastro e Tony lo stringe a sé, spronando a uscire anche Happy e Rhodey e tirandoli verso la porta principale. Si toglie il giacchetto e lo avvolge attorno alle spalle tremanti di Peter, guardando Happy che sbatte con rabbia la porta del freezer.

“Cazzo,” dice Rhodey. “È stato tremendo.”

“State bene?” chiede Tony, spostando lo sguardo dall’uno all’altro.

“Tremendo,” dice Happy, fissando in cagnesco Justin. “Come ha detto lui… tremendo, cazzo.”

“Ragazzino,” dice Tony, piegando un poco le ginocchia per guardarlo negli occhi. I suoi denti stanno battendo e anche lui guarda storto Justin, ma scuote la testa. Tony non riesce a capire se voglia dire non sto bene o sono incazzato nero, ma in ogni caso non gli piace. Gli sfrega la schiena stropicciandogli i vestiti, cercando di generare un po’ di calore.

“Bene,” dice Justin, battendo le mani. “Come disse un tizio dei cartoni animati molto attraente, ci sono anch’io [9], quindi--”

Tony vede rosso. Non ne può più di queste cazzate. Aggira Peter e copre la distanza che lo separa da Justin con un pugno in faccia. Di nuovo. Lo fa senza pensarci, vede semplicemente tre delle persone a cui tiene di più al mondo al freddo e tremanti e il suo cervello si scollega, ma non rimpiange la propria scelta. Si tira indietro, strofinandosi le nocche e battendo le palpebre.

“Cristo!” guaisce Justin, cadendo all’indietro contro il muro. “Di nuovo? Di nuovo?”

Tony si volta, poggia un braccio sulle spalle di Peter e fa cenno agli altri di seguirlo. “Piazziamoci davanti a un fuoco per una ventina di minuti… poi ce ne andiamo da questa merda di posto.”

“Finalmente, una cazzo di decisione sensata,” dice Rhodey, aprendo la porta.

Arrancano fuori e Tony è perfettamente consapevole della neve che vien giù a capofitto, più forte di prima, anche se tutti gli idioti della Festa dell’Uomo Congelato sono ancora intenti nelle loro futili attività. Tira su il cappuccio a Peter e torce il collo per controllarlo, cercando di non farsi prendere dal panico.

“Non è niente,” dice Peter, ancora battendo i denti. “Sto bene.”

“Certo,” dice Tony. Peter trema troppo per i suoi gusti, e Happy e Rhodey avanzano di buona lena per sfuggire a quel freddo. Maledetto Justin Hammer.

“Ce-- ce ne andiamo?” chiede Peter, poggiandosi a Tony.

“Dovete scaldarvi un po’, poi ce ne andiamo,” dice Tony. “Scusa se ti ho trascinato fuori in questa dannata missione, ragazzino.”

“No, non--”

“Ehi!” arriva la voce di Justin alle loro spalle. “Ehi, ehi, hai giurato col mignolino di…”

Sssì, ci sentiamo domani,” dice Tony, realizzando le implicazioni di quell’affermazione in luce delle stronzate di Justin.

“Cristo santo, Tony!” grida Justin. “Sei una maledetta spina nel culo, lo sai?”

“Sì, me lo dicono spesso,” dice Tony, mentre attraversano la strada.

“Che ti ha detto?” chiede Happy. “Che voleva?”

“Pensavo stessi per strozzarlo,” dice Rhodey. Superano un gruppo di ragazzini imbacuccati, tutti impegnati a canticchiare una strana canzone su un certo vecchio Bredo.

“Sì, in tuo onore,” dice Tony. Sfrega il braccio di Peter quando avverte un altro brivido che lo scuote. Tony ha un freddo cane, senza giacca, ma il ragazzino è più importante. Accelera leggermente il passo, ignorando tutti i richiami di Justin che sfumano in lontananza. “Ve lo dico quando siamo in stanza. Nonostante la-- l’ampia varietà di cose che abbiamo visto e affrontato, non ci crederete mai.”

Accendono un fuoco nella stanza di Tony e questi vi fa sedere Peter proprio di fronte, ammucchiandogli addosso almeno dieci coperte. Fa una cioccolata calda per tutti e tre, probabilmente troppo calda, ma ne sembrano grati. Se ne stanno seduti lì a godersi il calore mentre Tony li guarda ansioso e atterrito dal fatto che tutto ciò sia accaduto proprio davanti ai suoi occhi. Non ha già rischiati troppe volte di perderli? Non ha idea del perché lo sopportino ancora. È sollevato che Pepper non sia lì. Se Justin avesse abbassato la sua temperatura corporea anche di un solo grado, vista la sua condizione Tony l’avrebbe sicuramente ucciso.

Non appena si sono ripresi, si lascia cadere sul letto e riassume la ridicola storia di Justin. Lo guardano tutti dai loro posti sul tappeto, come bimbi dell’asilo che ascoltano una favola, e si sente un imbecille a ripetere sul serio quelle parole. Quel pazzoide criminale è evaso di prigione – chissà come – e l’ha trascinato in qualche folle complotto. Ci dev’essere dietro altro. Ciò che gli ha raccontato non può essere vero.

“Giusto?” chiede Tony. “Nel senso: non è reale.”

Rhodey alza gli occhi al cielo, prendendo un altro sorso dalla sua tazza. “Che motivazione avrebbe?” gli chiede. “Lo fa solo per romperti le palle?”

“Non ne ho idea,” dice Tony.

“Magari vuole che lo aiuti a fuggire,” dice Peter. “Non so, farlo uscire di qui perché non si sente sicuro. Forse spera che tu possa farlo sparire dai radar.”

“Forse.”

“O magari,” interviene Happy, con enfasi, “è vero, cazzo. E c’è un loop temporale. E quell’idiota è bloccato qui e adesso ha bloccato anche noi. Perché è una persona orribile.”

“No, deve volerci indurre a fare qualcosa,” dice Rhodey. Scocca un’occhiata a Tony. “Se è in un loop… come hai fatto a ricevere le sue lettere? Eh? Se dice che le cose possono entrare ma non uscire.”

“Magari il loop sa--” comincia Happy.

“Il loop sa?” chiede Rhodey, alzando le sopracciglia.

“Magari il loop sa,” dice Happy, più forte, “che le lettere attirano gente, quindi permette loro di uscire per intrappolare più persone.”

Tony guarda Peter, che sposta gli occhi dall’uno all’altro. Può quasi vederlo mentre cerca di ricostruire un filo conduttore nella sua testa.

“E come avremmo fatto a prenotare il motel?” chiede Rhodey, guardando Tony. “Come potrebbero ricordarsene? O ricordarsi di noi?”

“Beh, la signora in effetti continuava a dire la data sbagliata al telefono…” dice Tony. “Pensavo che fosse solo… distratta, con quell’aria di montagna, non so…”

“Se questa storia è vera allora adesso stiamo, insomma… viaggiando nel tempo,” dice Peter.

Ecco, a quelle parole Tony sente salire la nausea, considerando cosa hanno passato per essere lì sani e salvi in questo momento. Peter scuote la testa e Tony la scuote di rimando. Non vuole decisamente pensarci.

“Potrebbe essere il motivo per cui quassù non c’è linea,” dice Happy, spostandosi un po’ più vicino al fuoco. “Perché il loop non vuole.”

“Stai dando a questo loop delle caratteristiche un po’ troppo umane,” dice Tony.

È passato troppo tempo da quando Tony ha sentito la voce di Pepper, e quel fatto inizia a snervarlo. Guarda il suo telefono. Ancora nessun servizio, ma fissa quella foto adorabile di lei accanto alla sua nuova armatura, incinta di sei mesi mentre fissa il congegno con un cipiglio di disapprovazione. È decisamente lei a fargli mantenere l’equilibrio, a farlo andare avanti. Si tira su, per poi alzarsi in piedi. Arruffa i capelli di Peter mentre aggira il letto e tutti lo guardano con aria preoccupata.

“Dove vai?” chiede Happy.

“Rimanete qui,” dice Tony, indicandoli. “Vedo se riesco a chiamare Pepper dalla reception.”

“Urla se succede qualcosa”” dice Peter, con gli occhi un po’ sgranati.

“Hammer non mi rapirà,” dice Tony, scuotendo la testa nella loro direzione. “In ogni caso, non credo che tre ghiaccioli umani mi sarebbero molto utili…”

“Ehi, potrei disintegrare quel tizio, e lo farò, con o senza spara-ragnatele--”

“Senti, non sai quello che so io sul Giorno della Marmotta--”

“Lo distruggiamo, Tony, siamo abbastanza arrabbiati--”

“Ok, ok,” dice Tony, sollevando i palmi. “Siete tutti molto forti e molto incazzati… torno subito.”

 
§

 
Quando arriva lì, al bancone c’è la stessa donna, e lui cerca di stamparsi in faccia la sua espressione più affascinante. Si avvicina sorridendo, e lei ricambia appena.

“Uh, per caso potrei usare il vostro telefono?” chiede, cercando di suonare normale e non disperato. “Non ho segnale quassù e ho mia moglie a casa, incinta di sette mesi…”

“Oh, dove siete?”

“Viviamo a New York,” dice Tony, annuendo.

“Oh, sette mesi… non è un buon momento per lasciarla sola!” dice la donna.

Tony si mette istantaneamente sulla difensiva, come a comando, e si schiarisce la gola. “Beh, è decisamente in grado di cavarsela da sola… gestisce la sua azienda, è una tosta e non ha davvero bisogno di me, non era previsto che-- senta, potrei usare il telefono? Per favore?”

“Mi dispiace, caro,” dice lei, scuotendo la testa. “Solo i dipendenti sono autorizzati a usare il nostro telefono, il frigorifero nella stanza del personale, la nostra lavastoviglie…”

Tony sente una vampata d’irritazione. Sta forse chiedendo di usare la loro dannata lavastoviglie? “Neanche per mia moglie incinta?” chiede, stringendo i denti.

“Desolata,” dice lei.

La fissa per un istante, ma lei non vacilla, e ha la tentazione di chiederle se sappia chi è lui o cosa ha fatto, o se è stata una delle persone scomparse quando il mondo è finito, ma tiene tutto per sé. Tamburella con le dita sul bancone un paio di volte, annuendo verso di lei, e conclude che è decisamente arrivato il momento di togliere il disturbo.

 
§

 
Radunano le loro cose, e dopo che Tony si è assicurato che tutti siano ben coperti, caricano la macchina e si avviano fuori città.

Solo che Nederland ha tutt’altri piani.

“È il loop,” dice Happy, dal sedile posteriore, mentre si avvicinano lentamente a quelli che sembrano sei ranger davanti a una montagna di neve.

“Zitto,” replica Rhodey.

“Dicevo per dire.”

Tony si gira per guardare Peter, che sembra preoccupato. Cristo, vorrebbe non averlo trascinato qui. Ma questa deve essere una coincidenza, giusto? Non può essere altrimenti. Non può essere! È solo il brutto tempo.

Rhodey abbassa il finestrino, e uno dei ranger più anziani si avvicina chinandosi per parlargli.

“Mi dispiace, amico!” gli dice. “La strada è completamente bloccata. Stiamo mandando una squadra, ma probabilmente non la libereremo prima di domattina.”

“Domattina?” chiede Rhodey, impassibile.

“Il loop…” mormora Peter.

Tony si gira di nuovo, stavolta guardando Happy. “Non influenzarlo,” gli dice.

Happy alza le mani, cercando di mostrarsi innocente, e Tony assottiglia gli occhi.

“Siete sicuri?” chiede Rhodey. “No pensate di riuscire a liberarla, uh… prima, magari?”

“Niente da fare,” dice il ranger. “Domani potrete partire, se quella grossa bufera non arriva a spazzarci via tutti. Ma se tornate in città, oggi è festa… abbiamo aperto il padiglione ghiaccia-cervello, la gara di sostituzione di pneumatici ghiacciati, la gara delle magliette ghiacciate…”

“Potreste informare la gente di quando sarà possibile andarsene?” chiede Tony, sporgendosi in modo che il ranger possa vederlo. Ne ha abbastanza della parola “ghiacciato”, non vuole sentirla mai più in vita sua.

“Certo che sì,” dice il ranger, annuendo felice. “Adesso divertitevi! Buona Festa dell’Uomo Congelato!”

Tony sente il fastidio trasudargli da ogni poro.

 
§

 
Tornano nelle loro maledette stanze, sconfitti, con la sensazione di non esserne mai usciti. Rimettono a posto la loro roba, accendono di nuovo il fuoco e Tony bandisce la parola loop. In seguito, se ne stanno seduti in un relativo silenzio, controllando i telefoni in cerca di almeno una scintilla di segnale, ma, ovviamente, non hanno fortuna. Tony è ancora in paranoia e teme che il ragazzino abbia freddo, così lo avvolge nel piumone e si siede poi per terra tra i due letti, sforzandosi di pensare.

“Perché mi vuole qui?” chiede Tony alla stanza. “Solo per torturarmi?”

“Quindi pensi davvero che stia mentendo?” chiede Happy. “Che si sia inventato tutta quella storia assurda?”

“Sì.”

“Sappiamo che la magia esiste, Tony,” dice Rhodey.

“Eddai, Rhodey, non mettertici pure tu.”

“Dico per dire.”

Tony si affonda i palmi negli occhi. “No, Justin Hammer è un idiota e uno stronzo e anche un criminale, un-- un evaso… sul serio, abbiamo gli estremi per farlo arrestare. Ma in ogni caso… ci sa fare con la tecnologia, non con la magia.”

“Ci dev’essere qualcos’altro sotto,” dice Peter, dalla sua pila di coperte. “Ci dev’essere un motivo per cui ti ha fatto venire qui… insomma, se pensi che la storia non sia vera.”

“Esatto,” dice Tony. “Qualunque cosa stia facendo, sta mettendo in pericolo l’intera città, ne sono sicuro.” Potrebbe avere in testa di tutto, e Tony ha visto di cosa è capace. E non lo aiuterà, che lui cerchi di convincerlo con l’inganno o meno. Sospira tra sé. “Secondo me, è ora di pranzo,” dice, alzandosi e scrocchiandosi il collo. “O ora del brunch. Comunque, sto morendo di fame. Troviamo qualcosa in città che sia commestibile e non congelato.”

 
§

 
Non appena mettono piede fuori dal motel, c’è Justin ad aspettarli. È seduto su una panchina, mezzo ricoperto di neve, con una giacca più pesante di quella che indossava poco fa, e ha un paio di punti a strappo appiccicati alla meglio sul ponte del naso. Tony ha un mancamento quando lo vede, e sbuffa superandolo a passo di marcia mentre afferra il braccio di Peter per trascinarlo con sé.

“Ehi…” comincia Happy, ma Tony agita con forza le braccia, incitando lui e Rhodey a seguirlo perché non ha alcuna intenzione di dargli retta. No, neanche per sogno; il piano è mangiare qualcosa, farsi un giro, cenare, fare una dormita e poi svegliarsi e andarsene. E non appena arriveranno in un posto dove prende il cellulare, chiamare gli sbirri per recuperare quello stronzo e riportarlo da dove è venuto.

“Non puoi ignorarmi!” grida Justin, non appena Tony convince Happy e Rhodey a fare esattamente quello. “Allora vi seguo, stronzi-- beh, tre stronzi e un ragazzino, ma sono sicuro che anche il bimbo è uno stronzo, visto che va in giro con voi stronzi…”

Tony prende un grosso respiro dal naso e guarda Peter, che scuote la testa in risposta. “Vedete qualcosa?” chiede Tony. “A parte la roba di quel cretino congelato? Un ristorante normale?”

“C’è una buona pizzeria sulla terza strada,” dice Justin, e sembra che si stia avvicinando. Li sta decisamente seguendo. “Finiranno il salame piccante tra un’ora, quindi dovremmo sbrigarci.”

Tony accelera il passo. “Chi odia la pizza? Tutti noi.”

Peter assottiglia gli occhi. “Hmm…”

“No. La odii.”

Iniziano ad attraversare velocemente la strada, e Tony sente i passi di Justin proprio dietro di loro. Non si gira.

“Sulla terza c’è anche una tavola calda, ma il loro roastbeef è scaduto, credo… Dio, non sono mai andato al bagno così tanto…”

“Ok,” dice Rhodey, voltandosi. “Senti, coso--”

“No, non ingaggiare,” dice Tony, prendendo Rhodey per l’avambraccio e cercando di farlo continuare a camminare.

Justin ride, e Rhodey quasi sibila a Tony, anche se lo raggiunge comunque. “Non possiamo continuare a ignorarlo, ci sta seguendo.”

“Ti ricordi che prima ci ha scaraventati in un freezer, Tony?” chiede Happy.

“Oh, pure troppo.”

“Credo che non ne stiamo parlando abbastanza. O che non lo stiamo picchiando abbastanza, per quello.”

“Attenti, la macchina rossa sta per sbandare e salire sul marciapiedi,” dice Justin.

Tony fa un verso derisorio mentre attraversano la strada, ma sente uno stridio quando sono nel mezzo. Si gira di colpo, camminando all’indietro, e vede una macchina rossa che viene sbalzata leggermente in aria nel passare sopra il marciapiedi. Si raddrizza rapidamente per poi dare gas e sparire a tutta birra dietro l’angolo, evitando di investire due persone che sembrano venire dalla gara di costumi di prima. Tony e gli altri si fermano per un istante, fissando Justin, che per i gusti di Tony ha una faccia fin troppo soddisfatta.

Deve aver visto quella macchina che guidava in modo pericoloso in precedenza.

Continuano a camminare.

“C’è anche un posto chiamato Il Rospo Arrosto, ma Gina e suo marito Eric sono là, ubriachi – di già – e stanno per litigare come al solito… il purè di patate non vale il fastidio, credetemi…”

Justin è davvero bravo a inventarsi cazzate al volo, Tony deve riconoscerglielo. Arrivano dall’altro lato della strada e gira a sinistra, lontano dal teatro dove quelle cazzo di sculture di ghiaccio sono ancora in costruzione, e vede un piccolo diner proprio dietro l’angolo. “Diner!” esclama. “Rhodey, tu adori mangiare ai diner.”

“Perfetto,” dice Happy.

“Finché posso mangiarmi un panino al prosciutto, per me va bene,” dice Rhodey, cercando di rifilare un’occhiata noncurante a Justin. Tony non sa per quanto ancora potrà far finta che non esista, o per quanto potrà resistere alla tentazione di dargli un altro pugno in faccia, specialmente se, cazzo, continua a seguirli.

“Dai, Pete,” lo incita.

“Dobbiamo fare qualcosa per quel tizio,” dice Peter sottovoce, vicino all’orecchio di Tony. “Tenterà di sicuro di fare qualcos’altro…”

Tony lo incalza, superando gli altri due mentre salgono le scalette del diner, e con la coda dell’occhio capta Justin muoversi rapidamente, come un maledetto scarafaggio. “Senti, l’ultima volta mi ha preso alla sprovvista, ma non permetterò che vi faccia di nuovo qualcosa--”

“Mi preoccupo per te,” dice Peter, con occhi grandi e agitati mentre Tony apre la porta facendo suonare la campanella. “Riguarda te, sta cercando di-- non sapeva neanche che noi fossimo qui, la cosa del freezer era un ricatto, per te.”

“Andrà tutto bene, ragazzo,” dice Tony, strizzando la spalla di Peter. Si volta verso la donna con in mano i menù, con indosso degli orecchini a forma di ghiacciolo. “Uh, quattro.”

“Da questa parte,” dice lei.

“E poi ci sono io!” grida Justin, e Rhodey si affretta a chiudere la porta prima che possa entrare. “E voglio sedermi in un posto molto preciso!”

“Gesù Cristo,” bofonchia Happy.

“Dovremo ammazzarlo,” dice Rhodey, mentre si allontanano da lui.

“Allettante, ma speriamo che non ce ne sia bisogno,” dice Tony.

Praticamente tutti i clienti del ristorante indossano costumi per quella stronzata dell’uomo congelato, e sono loro a sentirsi fuori posto. Tony non sa come affrontare la situazione - e non è normale, per lui. Di solito sarebbe in grado di formulare un piano, metterlo in pratica, risolvere il problema, ma l’ultima volta che è stato così nel pallone… è stato per Thanos. La prima volta. La volta della cenere. E ha avuto bisogno di tutti – di tutti quelli che erano rimasti – per raccogliere i pezzi del suo cuore distrutto e resettare il mondo. Justin Hammer non è assolutamente ai livelli della prugna rinsecchita, e Tony odia il fatto di non sapere cosa cazzo stia succedendo o come gestirlo, come fermarlo. Se quella dannata strada non fosse chiusa, starebbero già tornando a casa.

Tony scivola di lato sulla panca del loro tavolo e Peter scivola accanto a lui, con Happy e Rhodey che prendono posto di fronte a loro. Tony segue il loro sguardo e gli occhi furiosi di Rhodey mentre Justin, a quanto pare, si siede proprio dietro di lui. Si tolgono i cappotti, e Tony appallottola il proprio sulle gambe.

La cameriera posa i menù di fronte a loro e comincia a parlare. Tony sente Justin recitare quel che dice in sincrono con lei.

“Benvenuti al Ned’s Diner,” dicono entrambi; la voce di Justin è un po’ più bassa, ma è così vicino alla nuca di Tony che lui riesce a sentire ogni parola. “Offriamo la colazione tutto il giorno, in caso vi piacciano i pancake, e abbiamo i migliori mirtilli della città; gli speciali di oggi sono la zuppa di vongole e i panini al tonno, insieme a…”

Si interrompe. Anche Justin si interrompe, per poi sussurrare, “oh, aspettate.”

Il cuore di Tony sta battendo troppo forte per stare solo ordinando il suo dannato pranzo. Brunch. Fa lo stesso.

“Oh, aspettate,” dice la cameriera, e anche Justin riprende a parlare. “La zuppa è finita. Quindi per lo speciale abbiamo… il minestrone.” Sospira. Justin sospira. “Vi porto l’acqua?”

“Avete, uh, dell’alcol?” chiede Happy, coi palmi poggiati sulla sua tovaglietta.

“Hanno Stella Artois e Budweiser,” dice Justin, troppo forte. “Ma hanno probabilmente finito la Bud circa un’ora fa perché è passato di qui Michael, giusto?”

La cameriera lo guarda storto, per poi riportare l’attenzione su di loro. “Uh… domani ci arriva un’altra partita.”

“Una Stella per lui,” dice Tony, indicando Happy. “E acqua per gli altri, e quest’uomo non è con noi.”

Lei annuisce, guarda Justin come se fosse una qualche demone, e si allontana. Tony non ce la fa più – sa che Justin è un maledetto demone – e si volta, realizzando che quell’idiota è molto più vicino di quanto ritenga opportuno. Preferirebbe avere un continente di mezzo. O un intero pianeta.

“Stai infrangendo una promessa,” dice Justin sollevando il mento e scuotendo il mignolo, prima che Tony possa dire qualcosa.

“Oh, scusa, ho promesso a me stesso che non avrei mai più fatto promesse a chi ha tentato di uccidermi.”

“Ti prego,” dice Justin, scuotendo le mani. “È stata tutta opera di quel bruto, io volevo solo--”

“Risparmiatelo,” dice Tony. “Cazzo, hai anche il coraggio di--”

“Non sappiamo se stai dicendo la verità,” dice Peter, all’improvviso, torcendo l’orlo della giacca tra le dita. “Riguardo a questa… storia del loop. Magari stai mentendo per costringere Tony a fare qualcosa per ucciderlo e… e a me… a me non sta bene.”

Tony sente il cuore scaldarsi un poco.

“Esatto, stronzetto,” dice Happy.

“Non sta bene a nessuno di noi,” dice Rhodey. “Quindi il mio piano è riempirti di botte adesso--”

“Wow, se solo avessi saputo che volevi portarti appresso le tue guardie del corpo… questo è… questo è tuo figlio? Il figliol prodigo? Sapevo che probabilmente avevi un paio di bastardini in giro per il mondo, ma--”

Tony sente la rabbia divampare di nuovo, ma Peter parla prima che possa cominciare a insultarlo.

“Dicci solo la verità,” dice Peter, e Tony è certo di non aver mai sentito così tanto veleno nella sua voce. A volte vorrebbe che quel ragazzino non fosse così ingenuo. Non pensa che Justin abbia la minima intenzione di dir loro la verità, e Peter rimarrà deluso.

Justin sospira di nuovo, guardandosi intorno. Indica una donna anziana al bancone, con indosso un lungo vestito bianco e macchiato. Tony non riesce a capire se sia un costume o meno. “Patty, laggiù, sta per ricevere il suo milk-shake alla fragola… ma lo rovescerà quasi subito. Al primo sorso. Guardate.”

Tony assottiglia gli occhi, ma non ci vuole così tanto come pensava. Il cameriere arriva e poggia quello che sembra indiscutibilmente un milk-shake alla fragola di fronte alla donna. Lei ringrazia con un cenno, lui si allontana. Al primo sorso inclina un po’ troppo il bicchiere verso di lei, e una grossa e densa goccia trabocca atterrandole in grembo.

“Huh,” grugnisce Rhodey.

“Insomma,” dice Tony. “Era facile da prevedere. Sembra proprio… quel tipo di persona.”

“Drin drin,” dice Justin,

La campanella della porta tintinna. Si girano tutti a guardare.

“Cristo santo, Martha,” dice Justin, dando una pacca sulla spalla a Tony.

“Cristo santo, Martha,” dice il tizio appena entrato, scrollandosi la neve dalla giacca.

“Quante volte vuoi dimenticarti il portafogli?” dice Justin.

“Quante volte vuoi dimenticarti il portafogli?” chiede l’uomo, mentre quella che Tony presume essere Martha lo guarda accigliata.

“Ok, Tony,” dice Happy. “Il loop è reale. Oppure è un veggente.”

Tony si gira per fulminarlo, ma Happy ha già assunto quell’espressione di quando è assolutamente convinto di qualcosa. “No,” replica. “Ci riesce in qualche altro modo. Con qualche congegno.”

“Nessun congegno. Sto dicendo la verità, idioti. Perché dovrei inventarmi qualcosa del genere? Che ci guadagno? Porta sul retro… due bambini con la giacca rossa stanno per entrare. Con l’aria di chi non vuole farsi vedere.”

Succede puntualmente: due ragazzini aprono circospetti la porta sul retro, giusto uno spiraglio, e si guardano intorno come se si stessero nascondendo da qualcuno. Scivolano dentro e si siedono al tavolo più vicino alla porta e, ovviamente, indossano delle giacche rosse abbinate.

“Ok,” dice Tony, strofinandosi le tempie. “Non importa.”

“Stanno per cambiare la stazione radio… stars shining bright above you…”

Tony si sente come dentro un cartone animato, perché tutti loro osservano il cameriere cambiare stazione sulla vecchia radio, e subito Mama Cass inizia a cantare smielata, decisamente meglio di quanto stia facendo Justin.

“Stars shining bright above you…”

“…night breezes seem to whisper…”

“…I love you…”

“Smettila di cantare,” dice Tony, col cervello pronto a esplodere. “Smettila adesso.”

“La mia ex dice che canto benissimo,” dice Justin, con aria offesa.

“Ti ha mentito,” sputa fuori Rhodey.

Justin sospira. “Sto facendo tutto ciò perché lo conosco. Come le mie tasche. Ho girato questa città in lungo e in largo, ancora e ancora. Costantemente. Merda, per quasi tre mesi. Siamo bloccati nello stesso giorno da tre mesi. Siamo tre mesi indietro rispetto al mondo… sono stato ovunque, ho fatto e visto tutto, conosco i nomi di tutti…”

Tony ne ha abbastanza. Si gira per fronteggiare Justin faccia a faccia. “Non ti credo neanche per un secondo, non so che diavolo stai facendo, perché diavolo hai dovuto coinvolgermi, perché diavolo sono stato così stupido da venirmene a fare una scampagnata quassù con tre delle persone più care che ho per invischiarle in chissà quale cazzo di complotto probabilmente mortale che stai architettando… ma non voglio saperne niente.”

“Tony, suvvia--”

“No, stronzo,” dice Tony, ribollendo di rabbia. “Non è passato neanche un anno. Da tutto quello schifo, da quando… da quando…” Vede il deserto rosso e spoglio di Titano. Vede la cenere nell’aria. Sente la voce di Peter che si spezza e sfuma nel nulla. Mi dispiace. Vede il mondo lacerato in due, un mondo che hanno salvato per miracolo. Una realtà che hanno cambiato per miracolo. Lancia una rapida occhiata a Peter e si ricorda di quando non c’era, di quando era sparito, di quando metà del dannato universo era sparita. Di come ogni gesto sembrava un’agonia perché avevano perso. Perché, per un po’, avevano dovuto convivere con quella perdita perché non sapevano come rimediare. E ricorda quanto è stato vicino, quanto Steve e Thor e Bruce e tutti quelli che erano rimasti, quanto sono stati vicini a morire. Combattendo per le persone che amavano.

Sono immersi in una bolla di tranquillità da quando tutto si è sistemato, da quando Tony si è tolto il gesso e Steve ha ripreso a vedere e Sam a camminare senza problemi. Le cicatrici ci sono ancora, per tutti loro, anche sotto la superficie, e a volte la sua paura e la sua ansia minacciano di divorarlo vivo. Non può perdere nessuno – non di nuovo – non Pepper a casa, non le persone che sono al tavolo con lui, non i membri della sua squadra, e ciò include anche i membri onorari, cioè un certo gruppo di cretini, un certo stregone, una certa coppia di insetti, una certa Pantera Nera e tutta la sua famiglia.

Tony ne ha abbastanza. Non dopo tutto quello che hanno passato. Non ha intenzione di tollerare un altro rischio simile… specialmente non da parte di Justin Hammer.

Cerca di rimettere in ordine i pensieri. “Da quando abbiamo sistemato quella testa di cazzo viola,” conclude. “Ne abbiamo passate tante. Tutti noi. Ho perso questo ragazzino, ho dovuto riportarlo indietro… e adesso è tornato e non voglio perderlo di nuovo, non per colpa di quello che ti frulla per la testa. Ho una moglie incinta a casa--”

“Sì, e non la rivedrai mai più se non mi aiuti,” dice Justin, ogni traccia di scherno e ilarità evaporata dal suo volto. “Ormai ci sei dentro. Non m’importa se non mi credi. Se non inizi a risolvere tutto ora – nel senso di adesso – ti dimenticherai ogni cosa domattina.” Scuote la testa e guarda Peter. “Anch’io sono scomparso, piccoletto. Proprio dentro la mia cazzo di cella. So cos’hai passato in quel posto. Quel senso di torpore. Sono sembrati decenni, eh? Beh, quando mi sono rimaterializzato in prigione, ho capito che dovevo uscire… godermi appieno la vita. Quindi ho convinto la mia ex ad aiutarmi, mi ha portato qui e adesso sono bloccato in un altro inferno. Si potrebbe chiamare karma.” Guarda di nuovo Tony. “Comunque tu voglia chiamarlo, ci sei dentro. Quindi se vuoi appellarti alla tua… testardaggine firmata Stark, beh… ci riprovo domani.” Scuote la testa e si alza, allontanandosi verso la porta.

Ovviamente si ferma sulla soglia, girandosi. “State attenti alla Chevrolet verde, avrà un ritorno di fiamma stasera sul tardi e farà avere un infarto a una vecchia signora nel parcheggio, ci sarà gente che accorrerà, è un grosso evento… non fatevi calpestare. Uh… state lontani dal padiglione ghiaccia-cervello, le noccioline sono contaminate, non vorrei che vi prendesse la diarrea… uhm… l’alimentari oggi chiuderà prima per mancanza di personale, quindi se avete bisogno di qualcosa, prendetelo prima delle sette.” Punta l’indice contro di loro, per poi andarsene.

La cameriera ritorna, posando sul tavolo l’acqua e la birra di Happy. Tony si volta, affondando la testa tra le mani.

“Uh,” dice Peter, presumibilmente alla cameriera. “Può darci un altro minuto?”

 
§

 
Il loro pranzo non è male. Il suo panino al tonno è abbastanza buono, a Peter piacciono le sue crocchette di pollo e Happy beve due birre. Rhodey continua a fissare Tony, e Tony lo ignora. Fanno un giro in centro, alla ricerca del Carosello della Felicità, e ci salgono per quella che sembra un’ora. Sono gli unici quattro.

Tony fa su e giù su un cervo dall’aria fatiscente, in contemplazione della propria vita. Gli sono successe una sacco di cose del cazzo. A tutti loro. Deve capire cosa sta architettando Justin, che tipo di armi ha nascosto qui, in che modo li sta raggirando. Sta facendo qualcosa di pericoloso, e sta cercando di distrarli per non farsi scoprire.

“Beh, insomma,” dice Happy, seduto su un coniglio dall’aria rabbiosa. “Immagino che il lato positivo è – se sta davvero accadendo – che penseremo sempre che sia il primo giorno. Quindi non sarà come se… se fossimo bloccati, come lui.”

“Non sta accadendo,” dice Tony, aggrappandosi alle corna del cervo. “Domani sarà… domani, e ce ne andremo. E faremo arrestare Justin per essere uno stronzo. Tra le altre cose.” Sospira, scuotendo la testa. Vorrebbe sapere che diavolo sta combinando quello stronzo.

“Tony,” chiede Peter. È accanto a lui, su quello che sembra un fenicottero, non ne è certo. “Stai, uh… stai bene?”

“Certo,” risponde Tony, cercando di rianimarsi, perché non vuole che il ragazzino si preoccupi per lui. “Solo… solo altri tre giri su quest’affare e starò bene.”

 
§

 
Bazzicano gli eventi della Festa dell’Uomo Congelato perché non c’è nient’altro da fare, visto che la maledetta strada è ancora bloccata. Sono andati a controllare. Tre volte. Vanno in biblioteca e cercano di usare internet, ma Justin aveva ragione sulla velocità e sulle mail che non funzionano, venendo rinviate istantaneamente al mittente. Tony prova a non avere un attacco di panico. Non si avvicinano nemmeno all’alimentari o al padiglione ghiaccia-cervello, perché Tony non vuole vedere avverarsi altre cose dette da Justin, ma vengono comunque a sapere della donna che ha avuto un infarto nel parcheggio.

“Penso ancora che sia un trucco,” dice Tony, mentre tornano al motel dopo cena. “Magari sta viaggiando nel tempo. Sappiamo che è possibile.”

“Merda, non dovrebbe avere la tecnologia per farlo,” dice Rhodey.

“Non vuol dire che non ce l’abbia,” dice Tony. “È una copertura per qualcos’altro. Non so cosa.” Si sta immaginando ogni sorta di scenario negativo.

“Continuo ad aspettarmi di vederlo comparire di nuovo,” dice Peter, guardandosi intorno mentre entrano nella hall.

“Se lo vedi, dagli un pugno in faccia,” bofonchia Tony. “Hap, puoi accompagnarlo in stanza? Noi facciamo quella cosa.”

“Certo, ricordatevi di gridare se vi serve aiuto,” dice Happy.

“Arriviamo subito.”

“Ok, ragazzi, ho tutto sotto controllo,” dice Rhodey, alzando le mani. “Sono in grado di flirtare con una donna.”

“Una donna di montagna robotica,” sussurra Tony, sbirciando da dietro l’angolo. È lì. “Ok, vai,” dice, facendo un cenno a Rhodey. “Io mi nascondo qui. La parola d’ordine è ancora ‘padiglione ghiaccia-cervello’?”

“Dio, suppongo di sì,” dice Rhodey. Tony gli fa un segno di ok col pollice e annuisce, scacciando Happy e Peter verso l’altro capo del corridoio. Happy alza gli occhi al cielo, ma Peter sembra ancora preoccupato, e Tony scommette che ormai si sta pentendo di quella loro vacanza in mezzo alla neve. Fa loro un cenno di saluto e li osserva sparire in fondo al corridoio, mentre ascolta Rhodey che flirta in modo opinabile e spera che funzioni per davvero. Quasi si aspetta di vedere Justin entrare a passo di danza, e tiene d’occhio la porta per sicurezza. Ma lo stronzo non si fa vivo.

“Oh, certo,” dice Rhodey. “Abbiamo passato… davvero troppo tempo nel padiglione ghiaccia-cervello…”

Tony svicola rapido da dietro l’angolo, chinandosi e tenendosi basso, e vede che in qualche modo Rhodey è riuscito a far uscire la donna da dietro il bancone per portarla vicino al fuoco. Tony si sposta velocemente in un punto in cui non possono vederlo e dà un’occhiata al bancone: niente telefono. Forse è meglio, riuscirebbero di certo a sentirlo da lì, e procede verso la stanza sul retro. Non c’è nessun altro dentro, e vede una piccola scrivania nell’angolo, con sopra un telefono accanto a un paio di raccoglitori.

Ci si avvicina di corsa, prendendo rapidamente posto e digitando il numero di Pepper. Spera che Rhodey sia in grado di mandare avanti la messa in scena il tempo necessario per una breve chiacchierata, e sente il telefono squillare una, due volte prima che lei risponda.

“Pronto?”

Dio, è così bello sentire la sua voce.

“Tesoro, sono io.”

“Tony? Oddio, pensavo che non avresti mai chiamato.”

“Il segnale quassù fa schifo,” dice lui, guardandosi alle spalle. “Io e Rhodey stiamo praticamente compiendo una rapina per fare questa chiamata. Stiamo distraendo la receptionist folle del motel.”

“Cosa? Perché--”
“Senti, non ho molto tempo, domani provo da qualche altra parte…” Domani. Pensa a Justin. A tutta la situazione. A tutte quelle stronzate, e non sa cosa dirle. Potrebbe non essere nulla. Probabilmente non è nulla. Ma non ne ha idea, e sapendo com’è fatto questo posto si sente in dovere di rassicurarla almeno un po’. “Uh, la premiazione per mio padre è stata una fregatura, ma c’è la festa di quel tizio congelato… immagino che l’abbiano rimandata o la stiano ripetendo, non so… quindi forse è a questo che si riferiva l’invito.”

“Ma che diamine, sul serio? Sei andato fin laggiù per niente?”

“Già, quindi penso che rimarremo un paio di giorni, Pete vuole migliorare con gli sci, quindi sfrutteremo la situazione. Per te va bene?”

“Certo,” dice lei. “So che ti divertirai.”

“Divertimento è il mio secondo nome,” dice lui.

“Allora tienimi aggiornata.”

“Ovvio,” dice, in ansia riguardo a come potrà farlo. Dio, gli manca. Non è passato chissà quanto, ma ogni istante lontano da lei sembra un’eternità. Diventa davvero un mollaccione, con le persone che ama. “Tu stai bene?”

“Ho comprato quel cuscino che volevo,” dice lei. “Quindi la qualità del mio sonno è migliorata del cinquanta percento.”

“Bene,” dice lui, sorridendo tra sé. “È un bel numero.”

“Lo penso anch’io,” dice lei, suonando compiaciuta.

“Ti amo. Di’ alla piccola che manca a papà.”

“Ti amo anch’io. Non preoccuparti, le ricordo costantemente che esisti.”

“Bene, ha bisogno di saperlo.”

Pepper trattiene una risata. “Dormi bene, tesoro.”

“Anche tu.”

Attaccano entrambi e Tony rimane ansiosamente in ascolto. Cerca di captare la conversazione di Rhodey, il battito del proprio cuore. Riesce a sentire l’amico che parla e prende un respiro, chinandosi e affrettandosi ad uscire così come è entrato. Dà una rapida occhiata a Rhodey nel passare, sollevando i pollici, per poi spiccare in una corsetta giusto nel caso la donna segua la direzione del suo sguardo.

Svolta l’angolo e vede Peter che lo aspetta sulla soglia.

“Sei riuscito a parlarci?” chiede, aprendo un po’ di più la porta.

“Sì,” risponde Tony, scompigliandogli i capelli mentre entra.

 
§

 
Rhodey rimane bloccato là fuori per altri dieci minuti a parlare dei pro e dei contro della Festa dell’Uomo Congelato, e poco più tardi si ritrovano tutti nella stanza di Tony e Peter a guardarsi a vicenda, perché sono tutti pronti ad andare a letto e Happy ha preso a promuovere in sordina la teoria del loop. Tony vorrebbe che la piantasse. “Andrà tutto bene,” dice, sedendosi sulla sponda del suo letto. “Ci sveglieremo, la strada sarà libera e ce ne andremo a casa. Semplice. Poi chiameremo l’FBI e faremo loro perquisire la città in cerca di cosa sta tramando Justin.”

“Giusto,” dice Happy. “E se siamo bloccati nel loop, non lo sapremo--”

“Basta parlare del loop, per favore,” dice Tony.

“Okay,” dice Rhodey, con un sospiro. “Uh… svegliaci quando ti svegli tu. Non mettiamo una sveglia, l’abbiamo disattivata.

Tony guarda la loro. “Ah, anche noi,” dice. “Quindi chi si sveglia per primo sveglia gli altri.”

“Se sono io, non urlatemi contro,” dice Peter, indicandoli.

“Dai, ragazzino, è successo solo una volta,” dice Happy.

“Ok, che nessuno urli a Peter,” dice Tony. “E adesso… pausa. Ora della nanna. Ne abbiamo bisogno. Domani ci sveglieremo con un bel po’ di cose normali da fare.”

“Buonanotte,” dicono assieme Happy e Rhodey, ciabattando nella stanza contigua e chiudendo la porta dietro di loro.

Peter sospira, mettendosi sotto le coperte. Tony si avvicina alla porta, assicurandosi che sia chiusa a chiave, per poi spegnere le luci principali lasciando accesa solo l’abat-jour.

“Ti sei lavato i denti, ragazzino?” chiede Tony. “E ti sei messo la felpa come avevamo detto, vero?”

“Sì, papà,” dice Peter, raggomitolandosi ancora nel suo giaciglio di coperte, tanto che Tony vede a malapena il suo volto. “Entrambe le cose. Mi sono messo il pigiama pesante perché voglio stare al caldo per sempre.”

Tony scuote la testa, tornando indietro e mettendosi a letto. Spegne la lampada, si corica e prende a fissare i pannelli di legno sul soffitto.

“Sei preoccupato?” chiede Peter.

“No,” risponde Tony, rapido. “No. Decisamente no.”

“Quindi decisamente sì.”

Tony sospira. “Sono preoccupato esattamente come lo sei tu per l’università.”

Peter mugugna qualcosa tra sé. “Non… non sono preoccupato.”

“Certo, certo, certo,” dice Tony. Si gira sul fianco per guardare Peter “Quando non saremo occupati coi piani malvagi di Hammer, parleremo dell’università in ogni dettaglio. E hai davanti uno che in quel campus ci regnava.”

Peter sbuffa. “Ok. Ma non… non sono preoccupato.”

“Ok, sbruffone,” dice Tony.

“Buonanotte, Tony,” dice Peter. “Speriamo di non essere in un loop.”

“Non ci siamo,” dice Tony. “Proprio… proprio no.”

 
§

 
So when you’re near me, darling can’t you hear me
SOS
The love you gave me, nothing else can save me
SOS
 
Tony apre di scatto gli occhi. Sente Peter lamentarsi e muoversi e afferra con forza il cuscino, con la tentazione di coprirsi l’orecchio. Ma non si muove, e la canzone continua a risuonare nell’aria. Il suo cuore sta battendo fin troppo forte.

“Non ricordavo neanche che avessi messo una sveglia,” dice Peter, stropicciandosi gli occhi.

“Io?” chiede Tony, schiarendosi la voce. “Merda, ragazzino, bello scherzo… pure la stessa canzone?”

Peter emette un mugolio. “La stessa canzone di cosa?”

“Di ieri,” dice Tony. “Come diavolo ci sei riuscito?”
 
When you’re gone
How can I even try to go on?
When you’re gone
Though I try how can I carry on?
 
Si allunga per prendere quell’affare come ricorda di aver fatto ieri, e lo spegne.

Peter si gira sulla schiena. “Dio, per un attimo mi ero dimenticato dove fossimo.”

Tony guarda nella sua direzione, con un brivido che gli corre lungo la schiena. L’ha detto anche ieri. Così come di non ricordare di aver messo una sveglia.

“Peter,” dice Tony, lentamente. “Hai addosso la felpa?”

“No,” dice Peter. “Ma forse dovrei. Il riscaldamento non è granché qui.”

Ok. Niente panico. Non può entrare nel panico. Non è così che funziona. Se fossero in un loop, non si ricorderebbe nulla di ieri. Justin è l’unico a poterlo ricordare. Tutti gli altri non possono. Quindi, se fossero in un loop, non ricorderebbe nulla. Semplice. Questo è uno scherzo, il ragazzino gli sta facendo uno scherzo. Il loop non è reale. Non è reale.

“Non hai il pigiama pesante?” chiede Tony, esitando.

Peter assottiglia gli occhi nel guardarlo. “Come fai a sapere che l’ho portato? Avrei decisamente dovuto metterlo…”

“Quindi ti sei cambiato stanotte, eh?” chiede Tony, inclinando la testa. “Hai armeggiato con la radio, con la canzone, ti sei cambiato i vestiti… bello scherzo, scemo.”

Peter continua a fissarlo come se gli fosse spuntata una seconda testa. “Hai, per caso… dormito male? Stai ancora sognando?”

Le note smorzate di Believe di Cher trapelano dal muro comune, e risuonano come le trombe dell’Apocalisse. Tony alza lo sguardo verso il muro e sente Happy e Rhodey agitarsi e bisticciare tra loro, poi si volta verso Peter.

“Che c’è?” dice lui.

“Li hai coinvolti?” chiede Tony.

Peter adesso sembra preoccupato, quello stronzetto, e porta le gambe oltre la sponda del letto. “Che succede?” gli chiede.

Tony lo fissa. Lo fissa e continua a fissarlo. Non si sente in un loop temporale. Perché non è possibile. Non è reale. Guarda se stesso: indossa lo stesso pigiama di ieri sera. Ma ha portato un solo pigiama. Non è un indizio. Gli serve un indizio. Peter non cede. Tony si alza in piedi, occhieggiando il ragazzo, e aggira il letto. “Va bene, alzati. Vestiti.”

Peter lo osserva, per poi scrocchiarsi il collo. “Subito, despota.”

Tony si volta di scatto per guardarlo, e in quel mentre la porta si apre. La musica aumenta e Happy entra, con addosso il suo dannato pigiama a righe. Tony lo fissa. Anche Peter lo fissa.

“’Giorno,” dice Tony.

“Uh, sì,” dice Happy. “Sai come spegnere questa macchina infernale? Prima il bicchiere rotto, adesso questo. Non credo nella vita dopo l’amore.”

Tony vacilla sotto il peso di quella frase orribile e familiare. “Non è divertente. Non è affatto divertente. Uno scherzo fallito.”

“È troppo presto per gli scherzi,” dice Happy, con un sospiro. “Questa maledetta sveglia--”

“Ehi, loop temporale!” grida Tony. “Esilarante! Voi siete esilaranti. Farmi sentire matto è la parte migliore, non so come vi siate coordinati, considerando che non c’è linea, il che mi fa pensare che vi siate messi a confabulare mentre dormivo.”

Happy guarda Peter, indicando Tony. “Di che sta parlando?”

“Ah-ha ah-ha,” sillaba Tony. “Non ho intenzione di darvela vinta… spegni quella sveglia.”

“Non sappiamo come,” dice Rhodey, sporgendo la testa dalla porta. “Come avete spento la vostra? Si sentivano gli ABBA.”

Tony li fissa. Normalmente Peter a questo punto dello scherzo starebbe già sghignazzando. E la faccia di Happy lo tradisce sempre. Rhodey è sempre impassibile, quindi lo ignora, ma gli altri due… non sono bravi a fare scherzi. Ma non mostrano alcun segno rivelatore.

“L’ha spenta Tony,” dice Peter. “Non, uh… non so, sembrava sapere come fare.”

“Tony, e dai,” dice Rhodey. “Ti piace davvero così tanto Cher?”

Tony continua a fissarli. Aspetta e li fissa. La sua mente gli sembra il motore di una vecchia auto, sputacchiante e inceppato, incapace di superare un dosso sulla strada. Inizia a muoversi prima di poterci pensare, marciando in mezzo a Rhodey e Happy verso la loro sveglia, sussultando per quanto forte Cher gli sta urlando addosso. La gira rapidamente, apre lo sportelletto sul retro e la disattiva, inondandoli di silenzio. La rimette a posto e si raddrizza, tormentandosi l’angolo della bocca con la lingua.

“Grazie,” dice Happy. “Ma che ti prende?”

Tony torna nella propria stanza, sentendosi come se stesse barcollando in un sogno o qualcosa di simile. È sull’orlo di qualcosa – del panico, probabilmente – e si guarda attorno.

“Non mi state… facendo uno scherzo?” chiede, sollevando le sopracciglia.

“Che tipo di scherzo?” chiede Rhodey, scuotendo la testa. “Il fatto che siamo venuti in questa cittadina di montagna innevata per un premio per tuo padre? Perché, insomma, è--”

“Fermo,” dice Tony, alzando i palmi. “Ieri. Descrivetemi ieri.”

Adesso lo stanno tutti guardando con occhi colmi di preoccupazione, ma non ha tempo di pensarci, così scuote la testa e le mani e cerca di distoglierli da quella linea di pensiero. “Sto bene. Sto bene, ditemi che vi ricordate di ieri.”

“Lungo volo, ritardi del cavolo,” dice Happy.

“Rhodey che guidava molto bene,” dice Peter.

“Grazie, ragazzo.”

Tony si sfrega il petto. Si guarda i piedi. Ha l’impressione che a questo punto gli avrebbero detto che è uno scherzo. Si guarda attorno: non c’è modo di intuire qualcosa dall’aspetto della stanza, hanno rimesso tutto a posto quando sono tornati dalla loro fuga mancata. I vestiti di Peter sono la spia più evidente. Tony sa che indossava una felpa, un paio di pantaloni completamente diversi e una maglietta a maniche lunghe. Prova a osservare il camino, cerca di immaginare come apparissero i ciocchi la sera prima quando hanno spento il fuoco… ma persino la sua memoria non è così buona.

“Tony,” dice Rhodey, avvicinandosi. “Stai bene? Hai bisogno di qualcosa?”

Peter sembra nervoso. “Possiamo saltare la cerimonia di premiazione se non ti senti…”

Tony si copre il volto con le mani. “No, no, no,” mormora. “No, non sta accadendo.”

“Tony…”

“Ti senti male?”

“Justin Hammer!” esclama Tony, lasciando scivolar via le mani. “Justin. Hammer.”

Tutti lo fissano. Il resto delle parole si rifiuta di uscire. Sembra folle, uscendosene a caso con Justin Hammer. Non sa cosa diavolo gli sta passando per la testa, ma si gira e si fionda fuori dalla stanza, in corridoio.

L’inserviente di ieri esce da una porta dall’altro lato del corridoio e gli sorride. “Ti serve qualcosa, caro? Ho delle mentine in più nel carrello!” Lo trascina fuori dalla stanza, indicandolo ad enfatizzare.

Gesù Cristo. Anche questo se lo ricorda. Scuote la testa verso di lei e continua a camminare a passi pesanti lungo il corridoio. Non sa se chi sta cercando sia già qui, o se ci sarà mai. Sa che è ancora in pigiama e può già sentire il freddo che si insinua attraverso le pareti, e quando svolta nella hall vede il maledetto Justin Hammer che oltrepassa la porta.

Il volto di Justin s’incrina quando lo vede, e sembra confuso. I punti a strappo di ieri sono spariti. Il primo istinto di Tony è quello di dargli un altro pugno su quella faccia da idiota, ma ci ripensa.

“Oggi è ieri?” gli chiede. “Sono nel loop? Non mentirmi. Non osare mentirmi, maledizione.”

“Porca troia,” dice Justin. Un ghigno si allarga sulla sua faccia, facendo ritornare Tony sulla decisione di non prenderlo a pugni. “Porca troia, te lo ricordi? Anche loro se lo ricordano? Porca troia.”

“Porca troia, no, non se lo-- oh, Cristo,” dice Tony, coprendosi la faccia con le mani. “Oddio, no.” Si sente male. Si sente male, si sente male. Sta per collassare.

“Ci sei dentro con me!” dice Justin, puntandogli il dito contro. “Festa dell’Uomo Congelato per sempre! Justin e Tony! J e T!”

A quel punto Tony gli dà davvero un pugno in faccia, facendolo cadere all’indietro. Justin si stringe il naso e fa una risata spezzata, guardandolo dal basso. “Oh, cavoli,” dice. “Chissà quante volte lo farai. Ma ne è valsa la pena.”

Tony sente di dover vomitare. Gli altri tre non lo sanno. Non si ricordano. È intrappolato qui, in questa cazzo di Nederland, lontano da Pepper e con Justin… in un dannato loop temporale. Non può accadere sul serio, non può accadere, non a lui, non dopo tutte le cazzo di cose che ha passato.

“Come ci sei riuscito?” esala Tony, col cuore che gli scoppia nel petto. “Come diavolo sei riuscito a farmi questo?”

Justin si rimette in sesto, asciugandosi un po’ di sangue dal naso. “Non ho fatto un cazzo, se escludi pregare moltissimo di non essere più solo… è destino, è Gesù, è la cosa più bella che mi sia capitata da… da un fottio di tempo. Adesso devi aiutarmi!”

Tony non riesce a pensare, cazzo, a respirare, sta per avere un attacco di panico. Guarda di nuovo Justin. “Tre mesi? Ci sei dentro da tre mesi?”

“Un’ eternità,” dice Justin.

“Ehm,” si sente la voce di Peter. “Che… che succede?”

Tony si volta e vede loro tre all’imbocco del corridoio. “Uh, già, bella domanda, eh?” dice, e si insulta mentalmente per aver ripetuto ciò che ha detto ieri.

“Chiamo la polizia,” dice Rhodey.

Justin ride forte, tirando su col naso. “Diglielo, amico. Di’ loro che ci sei dentro. Sono intrappolati nella loro piccola bolla e anche tu lo sei, ma tu ne ricorderai ogni singolo secondo. Alla faccia dell’incentivo.”

Tony cerca di non svenire. Cerca di prepararsi. Magari hanno solo una grave… amnesia-- no, cazzo, non può ingannarsi così.

“Ci sono dentro,” dice, scuotendo la testa, e ascolta Justin ridere di nuovo.

Si sente perduto. Come se avesse sbagliato qualcosa. Ci è dentro. È in trappola, e lo sa. Se ne ricorderà ogni maledetto secondo, e l’unica altra persona a ricordarselo è Justin. Hammer.

Tony è dentro al maledetto loop.
 

 
 


Tradotto da What if there was no tomorrow? © iron_spider

Note di traduzione:

[1] Nederland esiste veramente, così come la Festa dell’Uomo Congelato che vi si svolge. E anche tutte le assurde attività elencate successivamente sono reali [wiki].
[2] Vagone-bar: un tipo di bar molto di moda negli USA, ricavato appunto da un vagone di un treno o di un tram in disuso.
[3] Happy cita, storpiandolo, un verso della canzone di Cher: I believe in life after love.
[4] Era un gioco di parole tra “newly wed game” e “newly dead game”.
[5] La marca originale era Trident, credo semi-sconosciuta in Italia, e l’ho sostituita con una più familiare.
[6] Seagate è una prigione fittizia che compare/viene menzionata nelle serie tv Marvel Luke Cage, The Defenders e Iron Fist. In Luke Cage fa la sua comparsa anche Justin Hammer, appunto come detenuto.
[7] Il 27° Presidente degli Stati Uniti. Consiglio di vederne una foto [link] per capire l’osservazione di Tony e il dialogo successivo.
[8] Storica nemesi di Spider-Man, iconico per la sua notevole stazza [link].
[9] In originale Hammer citava Shang di Mulan con “let’s get down to business”, che purtroppo in italiano non è stata tradotta letteralmente, e l’ho quindi sostituito con “ci sono anch’io” di Jim Hawkins ne Il Pianeta del Tesoro.

N.B.1. L’intera storia è dichiaratamente ispirata al film Groundhog Day (Ricomincio da capo in italiano), al quale infatti fa svariati riferimenti, a partire dall’attore Bill Murray fino alla radiosveglia che trasmette un brano di Cher (I Got You Babe di Sonny&Cher nel film). Il Giorno della Marmotta in sé esiste, ed è una festività statunitense [wiki].
N.B.2.
 La punteggiatura inglese differisce da quella italiana e anche la sintassi e la prosodia sono diverse, così ho scelto di “interpretare” i cosiddetti e numerosi dashes — (lineette) originali a seconda del contesto, mutuandoli in doppio trattino -- in caso di brusca interruzione della frase, classici … tre puntini per una normale sospensione, e trattino semplice – per gli incisi, cercando così di mantenere il senso originale facilitando al contempo la lettura in traduzione.

Note della traduttrice:

Salve a tutti!
Questa è una traduzione della storia di iron_spider “What if there was no tomorrow?”, pubblicata su AO3.

Disclaimer: Trovate l’account dell’autrice e la storia originale cliccando sui rispettivi link in fondo al capitolo. Allego [qui] uno screenshot del permesso datomi da iron_spider per la traduzione; se non doveste riuscire a visualizzarlo, trovate [qui] l’originale (quarta pagina di commenti sull’ultimo capitolo della storia, in calce alla recensione che le ho lasciato. Il mio nickname su AO3 è _Lightning_ / Lightning070).

Spero che la lettura sia stata gradita, e che abbiate apprezzato sia la storia, che la sua traduzione :) Ho optato per un approccio fedele nei concetti ma più libero nella forma, così da renderla più scorrevole e familiare in lingua italiana.

Il prossimo capitolo arriverà presto (è al momento in fase di revisione), e spero che continuerete a leggere e seguire la storia <3
Grazie a voi e grazie a iron_spider!
@iron_spider Should you drop by, thank you for allowing me to translate your story, I hope you’ll appreciate my efforts :)

-Light- (trovate [qui] il mio account ufficiale su EFP)

P.S. Ho seguito alla lettera il regolamento di EFP riguardante le traduzioni, nel rispetto dell’autrice e del suo lavoro… ma errare è umano, quindi se doveste notare delle mie mancanze in proposito non esitate a dirmelo: provvederò subito a rimediare!



Disclaimer:
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare queste traduzioni altrove, anche se creditate e anche con link all'originale su EFP.

©iron_spider 
©_Lightning_

©Marvel
 
   
 
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