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Autore: hey_youngblood    17/04/2019    3 recensioni
[Nephilim!AU]
2182. Gli umani sono segretamente in guerra con una specie da loro considerata superiore , i Nephilim.
Yuuri. Apprendista in una struttura che detiene queste creature, finirà per disertare le idee del padre e stringere un legame con uno di loro, Victor.
Otabek e Yuri fanno parte di un gruppo terroristico che mira a distruggere tutte le strutture in cui vengono rinchiusi tutti quella della loro specie. Durante una missione verranno catturati e imprigionati con gli altri nella sede principale dell'azienda che compie queste oscenità.
Dal testo:
“Sei la prima persona che prova bellezza osservandomi, da quando sono rinchiuso qui dentro.” Quelle parole uscirono in un sussurro dalle labbra che aveva sfiorato un momento prima. Yuuri lasciò la presa sul suo viso e scattò indietro d’istinto. Victor, ormai sveglio, lo osservava con occhi socchiusi, mentre sentiva la sonnolenza causata dal sedativo cercare di riportarlo nel sonno. “Ti prego, non avere paura di me.”
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Otabek Altin, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Sono pessima, assolutamente pessima. Terribile. 
Non mi merito niente, dopo essere scomparsa per quasi due anni. Eppure, sembra che abbia smesse di scrivere qualche mese fa, mentre d'altra parte ci siamo salutate che stavo per entrare in Quinta Superiore, mentre ora ho quasi finito il primo anno di Università.
Ma le spiegazioni di tutto ciò ve le lascio a dopo il capitolo, che spero mi faccia in parte perdonare per questa assenza di per sé imperdonabile.
Buona lettura.


Capitolo Sesto
-



 
Quando, dopo il weekend, il lunedì mattina Yuuri si ritrovò di nuovo davanti all’immenso edificio che portava la firma di suo padre, non poté fare a meno di fermarsi un momento, prima di entrare, per osservarlo. In quell’edificio si svolgevano azioni disumane, eppure, dall’esterno, nessuno avrebbe potuto capirlo. Ci si aspetta, di solito, che un’organizzazione internazionale segreta resti di per sé appartata dal resto del mondo, per evitare anche un minimo cenno di attenzione da parte di chiunque ne sia inconsapevole. Tuttavia, la PTEA & Co. svettava tra gli edifici più alti della città, proprio all’incrocio di una tra le vie principali. Probabilmente il miglior travestimento è proprio quello di stare in mezzo agli altri.
Strinse i pugni mentre pensava a quanto il suo essere continuava ad ostinarsi contrario a tutte le pratiche che, nei giorni infrasettimanali, gli avevano fatto osservare e imparare. La sua mente ritornò subito al Nephilim che, poche notti prima, gli aveva assillato la testa. Sospirò nel ricordarne gli occhi azzurri; le pupille estremamente dilatate, mentre, con le guance leggermente rosee, lo fissava dal basso, facendolo godere infinitamente. Quando, inconsciamente, emise un lieve sospiro, ritornò alla realtà. Si pressò leggermente una guancia col palmo della mano e la scoprì bollente – sicuramente era arrossito! Scosse la testa, non poteva crederci che l’immagine di quella creatura per metà celestiale lo stesse assillando in quel modo, lo facesse reagire in quel modo, nonostante fosse solamente un sogno… o meglio, un’allucinazione.
Sperava che in quel giorno, come nei seguenti, non avrebbe dovuto avvicinarsi troppo a lui. Doveva cercare di calmarsi e dimenticare tutto, o poco ci avrebbe messo il biondo a percepirne le emozioni. Come avrebbe reagito? Sarebbe stato disgustato, stranito, sorpreso? Il cuore di Yuuri batteva all’impazzata mentre raggiungeva lo spogliatoio per cambiarsi. Meno ci avrebbe pensato, meno avrebbe dovuto far finta che nulla fosse successo. Anche perché, effettivamente, non era successo assolutamente nulla all’infuori della sua testa.
Quand’era passato davanti al bancone dell’accettazione, pochi minuti prima, ed aveva visto Silvia chiacchierare con un uomo in giacca e cravatta, probabilmente intenta a fornirgli qualche indicazione importante, aveva virato velocemente verso l’ascensore: non riusciva a guardarla in faccia dopo ciò che era successo; soprattutto, non riusciva a trovare una scusa per come aveva reagito a quello che era successo.
Dopo essere entrato in laboratorio, vide che Phichit era già seduto davanti al bancone con dei documenti davanti. Una ruga gli solcava la fronte mentre leggeva tra quei fogli pieni di segni rossi. Salutò Yuuri senza alzare la testa, per poi sbuffare sonoramente. “Per quante correzioni mi ha fatto quell’uomo, mi sa che devo rifare tutto!” lanciò i fogli che teneva in mano lontano da sé, sul bancone, rischiando di farli cadere.
Yuuri sorrise. “Vasilyev ha restituito i compiti sui dosaggi?” Phichit annuì frustrato, poi gli indicò con un dito l’armadietto e Yuuri si affrettò a recuperarlo. Si rimise a sedere di fronte all’amico, tirò un sospiro profondo prima di aprire il fascicolo. Non sapeva se necessitava di vedere quei fogli pieni di segni rossi, o senza neanche uno. Rifletté qualche minuto in silenzio, sotto lo sguardo spazientito di Phichit.
Non avrebbe potuto riavvicinarsi a lui in questo stato, non in quel momento; d’altra parte, però, gli tornò alla mente la difficoltà con cui il Nephilim a malapena riusciva a rimanere sveglio per pochi minuti, prima di ricadere sotto l’effetto dei farmaci, e una stretta allo stomaco gli fece venire la nausea. Doveva agire il più in fretta possibile, decise.
“Hai intenzione di aprire quell’affare o no?” gli intimò Phichit. Yuuri tornò con i piedi per terra, poi alzò la copertina del fascicolo. Vide con la coda dell’occhio l’amico avvicinarsi cautamente dall’altro lato del tavolo, mentre osservava il primo, il secondo, il terzo, poi tutto il resto dei fogli interamente intonsi: nessun segno rosso. Ce l’aveva fatta! Avrebbe potuto aiutare Victor e trovare un modo per farlo uscire di lì al più presto e –
“Che cavolo ti ridi tu?!” gli fece notare Phichit, ancora più scocciato di prima. Yuuri lo guardò, e l’amico non poté che distogliere lo sguardo dal suo: sapeva meglio di chiunque altro che non poteva prendersela con Yuuri, quando aveva visto la precisione e la concentrazione con cui aveva lavorato su quegli esperimenti. Perciò sbuffò, non potendo fare altro, cercando di sbollire quel senso di fastidio che non riusciva a scrollarsi di dosso. Non era di certo un bell’inizio settimana.
Yuuri si rese conto di aver impresso sul viso un piccolo sorriso solamente quando l’amico lo aveva rimproverato, perciò tentò in ogni modo di nascondere quella piccola felicità che provava, almeno per far un piacere a Phichit. Mentre richiudeva il proprio fascicolo e lo spostava al lato del tavolo, entrò il ragazzo francese e si sistemò vicino a loro, dopo aver preso anche lui il proprio fascicolo dall’armadietto.
Quando, finalmente, Vasilyev arrivò, intimò a Phichit e all’altro ragazzo di proporgli una relazione decente alla fine della giornata. “O starete qui finché non avrete azzeccato tutti i dosaggi!” Poi con un dito indicò a Yuuri di avvicinarsi, e gli lanciò un paio di guanti in lattice. Yuuri li afferrò al volo, dopo aver rischiato di farli cadere, poi seguì il professore. Mentre camminavano tra le celle illuminate che imprigionavano gli Aviani, si fermarono davanti a quella del ragazzino biondo che avevano osservato il primo giorno.
Vasilyev gli mise in mano un fascicolo e gli fece cenno di aprirlo. “Nome: Yuri Plisetsky. Data di nascita: 1° marzo 2176.” Lesse mentalmente. Fece un calcolo veloce e gli si strinse lo stomaco: aveva solo sedici anni. “Altezza: 1,63 cm. Peso: 50 kg. Tipo di sangue: B, con qualche differenza. Capelli: biondi. Occhi: verdi. Segni particolari: una macchia circolare sulla nuca. Potere: controllo del fuoco e viandante.” Il corpo del piccolo Nephilim lo aveva già visto in precedenza, durante il giro che il professore aveva fatto fare ai propri nuovi allievi qualche settimana prima. Era evidente che quel ragazzo non fosse ancora maggiorenne, lui stesso gli aveva dato non più di sedici anni la prima volta che lo aveva visto; in ogni caso, scoprire realmente di aver avuto ragione non gli procurava il senso di soddisfazione che avrebbe dovuto, se non altro perché rendeva tutta quella situazione ancora più terribile.
Quando si rese conto che Vasilyev lo stava ancora fissando, fisse un’espressione confusa per nascondere quella estremamente sprezzante che, era sicuro, gli aveva aleggiato sul volto per almeno qualche secondo. “Che cosa indica il termine ‘viandante’?” chiese al professore, corrugando lievemente la fronte, fingendo incomprensione.
Vasilyev sorrise, poi batte con le nocche sulla vetrata che li separava dal corpo mingherlino di quel ragazzino incosciente. Yuuri fermò lo sguardo sulla sua figura, osservandolo mentre, ammanettato alla testiera del letto, rimaneva incosciente tra le lenzuola leggere. “Significa che questo ragazzino può camminare nei sogni.”
“In che senso?” chiese Yuuri, non avendo ancora compreso appieno che cosa significasse l’espressione ‘camminare’ nei sogni. Continuò ad osservare il petto di quel ragazzo alzarsi ed abbassarsi ritmicamente, non potendo evitare di stringere le dita attorno al fascicolo che teneva in mano, fino a farle sbiancare. Grazie a dio, Vasilyev non notò quel suo gesto istintivo.
“Significa che questo corpicino, all’apparenza innocuo, può entrarti nella testa, sconvolgerti il subconscio, creare incubi ed illusioni.” Sospirò. “In pratica, se fosse alla sua massima potenza, avrebbe in sua balìa tutti noi.”
Yuuri annuì e, dopo un po’ di tempo in cui né lui né il professore avevano spiccicato parola, si decise a chiedergli che cosa ci facevano lì. Decisamente era affascinato dal sapere come funzionava quel dono, ma ne era anche consciamente spaventato. Nonostante questo, però, continuava a pensare che non dovesse trovarsi rinchiuso lì. Vasilyev sorrise ancora; Yuuri sentì il suo cambiamento d’espressione, ma si rifiutò di guardare quel volto che godeva nel fare del male ad un ragazzo così giovane. “Oggi metterai in pratica le tue doti con i dosaggi, Katsuki. Seguimi.”
 
Passò la mattinata rispondendo alle domande di Vasilyev e facendo i dovuti dosaggi al ragazzo. Lo guardò per tutto il tempo con un’espressione di scuse, nonostante il ragazzo non potesse rendersene conto, privo di sensi qual era.  Finito con lui passarono alla cella successiva, dove, proprio come Victor, un altro ragazzo giaceva seduto sul freddo pavimento, con i polsi rinchiusi in manette sopra la sua testa: anche lui l’avevano visto durante il giro di Vasilyev, ma solo adesso poteva conoscerne i tratti. Passò in rassegna anche le sue credenziali:
Otabek Altin. Nato il 31 ottobre 2172.  Aveva vent’anni. Alto 1,68 cm. Peso di 60 kg.  Occhi marroni, capelli neri. Aveva la carnagione leggermente olivastra, decisamente diversa dagli altri due Nephilim che aveva incontrato Yuuri. Come segni particolari, possedeva una decina di macchie circolari scure sulla nuca – come, d’altra parte, erano presenti sugli altri due. Magari era un segno distintivo – mentre i suoi poteri risultavano essere il controllo sull’acqua e la lettura del pensiero.
Anche con lui Yuuri aveva dovuto fare la stessa cosa che col biondo: Vasilyev gli poneva domande sulla quantità dei dosaggi, poi glieli faceva applicare. Una volta finito, Yuuri credette di dover andare anche nella cella di Victor, e si scoprì in agitazione, mentre il cuore gli aveva iniziato a battere all’impazzata. Non voleva essere lui quello ad infilargli l’ago nella pelle candida, né tantomeno il sedativo nel sistema sanguigno. Cercò di calmarsi per evitare di far sospettare il professore, ma questo non lo stava più degnando di uno sguardo.
Al contrario di quanto aveva ipotizzato – sospirò di sollievo –, però, Vasilyev lo riportò dagli altri, spiegando che il dosaggio dell’ultimo Nephilim rimasto era già stato fatto per quella mattina. Quando finalmente si congedò, Yuuri rilasciò un sospiro di sollievo e si risedette al bancone, vicino a Phichit. Questo lo osservò di sottecchi mentre con un contagocce versava un liquido bluastro in una provetta.
“Ti sei divertito?” gli fece. Quando vide il volto stanchissimo di Yuuri, però, cambiò tono. “E’ successo qualcosa?” chiese preoccupato. Yuuri scosse la testa, poi gli rispose che aveva solamente rivisto gli altri due soggetti, oltre a quello che gli avevano fatto osservare il primo giorno, per poi constatare che erano entrambi troppo giovani.
“Quanti anni hanno?” con gli occhi concentrati sulla provetta, l’amico tentava di versarci all’interno la misura giusta di una polverina bianca.
“Uno venti, l’altro sedici.” Rispose Yuuri.
“Stai scherzando.” Non era una domanda. Phichit staccò gli occhi dalla provetta per posarli sull’espressione dell’amico: era tremendamente seria, teneva gli occhi fissi sul pavimento. Phichit sbatté l’attrezzo di metallo che teneva in mano sul bancone candido, indignatissimo. “E’ sempre peggio.” Sussurrò a Yuuri, in modo da non essere sentito dal ragazzo francese, impegnato anche lui nel misurare ingredienti, a pochi metri di distanza da loro. Yuuri annuì, facendo capire all’amico che la pensava allo stesso modo, tuttavia non alzò lo sguardo da terra.
 
Quella sera, quando ormai tutti – in primis Vasilyev, come al solito – se n’erano andati, Yuuri si fermò davanti alla cella di Victor. Non era riuscito a fare altrimenti, seppur non volesse avvicinarsi, si ritrovava comunque pervaso da un’immensa voglia di vederlo. Poggiando un palmo sul vetro divisorio, ripercorse con i polpastrelli i lineamenti del Nephilim che, incosciente, teneva la testa appoggiata al muro dietro di sé.
Così reale. Yuuri sospirò. Possibile che la sua testa avesse già memorizzato in modo così dettagliato i lineamenti di quel volto tanto da riproporglielo identico a com’era in realtà? Si avvicinò al vetro, poggiandosi la fronte e tentando di respirare a fondo. Sentiva la pelle bollente, un calore che gli proveniva dal profondo del suo essere e che tentava di manifestarsi attraverso il rossore sulle sue guance e il calore che lo portava a cercare superfici fresche per mimetizzare. Riaprì gli occhi, allontanandosi dal vetro, dopo essersi lievemente calmato. Quando riportò gli occhi sul Nephilim, si scioccò nel vederlo sveglio, con gli occhi fissi su di lui. Non poté ritrarre lo sguardo, perciò si perse in quegli occhi color del ghiaccio per un tempo che gli sembrò lunghissimo. Poi, la voglia di avvicinarglisi diventò più forte, quasi insopportabile, tanto da fargli mancare il respiro.
Dimenticò tutto ciò che si era ripetuto da un paio di giorni a quella parte. Sul non volersi avvicinare, sul non voler farsi scoprire da quell’essere etereo. Agì quasi automaticamente quando afferrò il suo badge e lo passò davanti al lettore, per poi entrare. Gli occhi del Nephilim non lo avevano lasciato andare neanche per un secondo, e Yuuri sentiva il suo sguardo solleticargli la pelle mentre entrava.
E adesso che doveva fare? Era immobile, dritto vicino alla porta, e l’unica cosa che riusciva a concepire nella sua testa era l’immagine dell’uomo seduto davanti a sé, con gli occhi stanchi, seppur svegli, le labbra leggermente aperte lo riportarono inevitabilmente nella memoria di quella dannata sera. Cercò di non pensarci, ma Victor sembrava guardarlo come se sapesse già tutto, e non lo stesse giudicando. “Mr bellezza” sussurrò attraverso le labbra semi-aperte. Il cuore di Yuuri iniziò a battere all’impazzata.
“Vieni da me” supplicò il biondo, il tono supplichevole, implorante, fece stringere il suo cuore, mentre si ritrovava ammaliato dal tono di voce dell’altro. La sua mente sembrava non riuscire più a controllare le azioni del proprio corpo, e si spense completamente quando, avvicinandosi alla creatura incatenata, sentì ancora più forte quel calore propagarsi dall’interno del proprio corpo. Si sentiva in preda alla vergogna nel non riuscire a controllare ciò che provava in quel momento.
Si accucciò in silenzio all’altezza del suo bacino, non staccando mai il proprio sguardo da quello del Nephilim. Non sapeva che cosa i suoi occhi stessero dicendo in quel momento, ma la consapevolezza che, nonostante i sedativi, veniva letto dentro dall’uomo che aveva davanti, gli negò ogni forma di conversazione verbale. Non riusciva a spicciare parola, in primis perché non riusciva a mettere insieme poche parole da dirgli, poi perché si sentiva nudo davanti a lui, e ogni parola che avrebbe potuto rilasciare pareva estremamente superflua.
Victor lo osservò, in preda al rossore sulle guance, e allungò leggermente il viso verso di lui. Yuuri spalancò un po’ gli occhi sorpresa, ma anche tremendamente curioso. “Vieni da me” ripeté flebilmente, ed il moro perse completamente il lume della ragione. Sentendo quel calore incendiarsi nel proprio corpo, si fiondò sulle labbra del mezzo-angelo, facendole scontrare con le proprie violentemente. Sentì quelle labbra morbide muoversi sulle sue, e non poté fare a meno di posargli le mani sulla nuca, cercando un contatto più intimo.
Quello non era lui. Yuuri non avrebbe mai agito così di propria spontanea volontà, nel pieno della lucidità; ma era proprio per questo che non riuscì a fermarsi quando sentì la propria lingua intrecciarsi con quella di Victor. Nella ricerca di un contatto sempre più intimo, gli si sedette sul bacino, le proprie gambe ai lati dei fianchi candidi del maggiore. Sentiva il proprio cuore battere ad una velocità a cui non aveva mai battuto prima, come se volesse uscirgli dal petto.
Si baciarono a lungo, in preda ad una sensazione estatica, e solo per riprendere fiato Yuuri si staccò dal biondo, dopo molto tempo. Lo osservò da vicino: quei capelli morbidi spettinati da lui, inconsapevolmente, quando aveva portato le mani ad afferrarglieli cercando più contatto; le iridi azzurre quasi scomparse a causa della dilatazione delle pupille; le labbra arrossate, in netto contrato con le guance candide. Victor lo osservò a sua volta; impazzì alla vista di quella creatura così dannatamente ingenua che si trovava sul proprio corpo; sull’effetto che lui stesso gli faceva, portandolo ad agire in modo completamente contrastante dal suo solito. Le guance arrossate, il respiro spezzato: non sapeva quando quell’attrazione aveva iniziato a filtrarsi all’interno di lui, ma non riusciva a negarsi il piacere di quella visione. Voleva di più.
“Vieni da me” ripeté ancora una volta, e quel gemito, così dannatamente sensuale, fece rabbrividire Yuuri. Riportò le proprie labbra su quelle di Victor, e niente più sembrava avere importanza, né dove si trovavano, né la possibilità di essere visti; solo il bisogno di sentire quel corpo ancora più vicino divenne una priorità.
Yuuri agganciò le proprie dita tra i capelli argentei del Nephilim, tirandoli leggermente, mentre, col bacino si tirava più vicino, per far scontrare il proprio petto contro il suo. Un gemito gutturale risuonò nella stanza, facendogli capire che quel gesto era stato tremendamente apprezzato dall’altro.
Quando disciolse le proprie dita dai suoi capelli, fece discendere i polpastrelli in maniera impacciata lungo la nuca, poi le clavicole ed il petto del biondo. Sentiva la sua pelle fredda contro le sue dita lunghe, così nettamente in contrasto con la propria, decisamente bollente. Lo sentì irrigidire quando spinse la propria lingua ancora più in profondità nella bocca del maggiore, mentre sentiva sotto il proprio bacino una pressione che prima non c’era. Un gemito oltraggioso gli lasciò le labbra, ma non sentiva vergogna. Aveva perso ogni freno.
“Yuuri!” ansimò Victor quando l’altro aveva lasciato abbandonato la sua bocca per poter concentrare le labbra alla base del suo collo, dove lasciò baci febbricitanti, bagnati, che lo fecero sprofondare nell’estasi. Nonostante quella magnifica sensazione, la cui mancanza lo aveva trovato bisognoso per troppo tempo, Victor decise di fermarsi. “Yuuri” lo chiamò ancora, facendo sì che questo interrompesse ciò di seviziarlo per riportare i propri occhi scuri nei suoi. Mugugnò qualcosa, per fargli capire di continuare, mentre ancora ansimava. “Liberami, Yuuri.” Implorò in un ansito supplichevole.
Vide gli occhi di Yuuri riacquistare un po’ di lucidità, per poi annuire lentamente, lo sguardo intrecciato al suo. “Lo farò, Victor.” Pronunciò con tono altrettanto disperato, per poi riunire ancora le labbra con le sue, in un bacio preda del bisogno.



 
Ehilà! Io lo so che sono una persona orribile, perciò cercherò di schivare i pomodori che avete tutto il diritto di lanciarmi per questa lunghissima assenza. 
Comunque, in breve, il 2018 non è stato il mio anno. Ricordo perfettamente che nella seconda parte del 2017 ho continuato a scrivere, ho ritrovato persino le bozze di una minilong Victuuri che stavo preparando per un concorso, pensate! Ammetto che, tornata dal mare, nel 2017, mi mancava l'ispirazione per questa storia, e ciò è andato avanti finché non ho smesso completamente di scrivere per concentrarmi esclusivamente sugli studi e la maturità. Vicende personali, poi, mi hanno fatto passare un anno tremendo, sono stata giù di morale per mesi, finché non ho cambiato completamente ambiente e mi sono ripresa. Perciò eccomi qui, terribilmente dispiaciuta, sperando che non tutti abbiano abbandonato la storia o la sezione. 
Scusatemi ancora tantissimo. 
Riguardo alla storia, vi lascio una sola piccola domanda e poi me ne vado: secondo voi, quanto c'entra il potere di Victor con il cambiamento repentino di Yuuri? Lascio a voi le riflessioni.
Se poi volete leggere altro su cui mi sto cimentando al momento, vi lascio il link della mia minilong sui BTS  MIKROKOSMOS e quello di una fanfic un po' strana BTS x Harry Potter Predestined . 
Un bacio, 
Carlotta.

 
  
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