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Autore: Ghost Writer TNCS    20/04/2019    2 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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24. Verdetto

Nello sguardo di Tenko si poteva leggere tutta la rabbia e la frustrazione che provava in quel momento. I teriantropi le avevano legato le mani, esattamente come avevano fatto con Zabar, e ora li stavano scortando chissà dove, presumibilmente al loro villaggio. Era quasi certa di potersi liberare da quelle spesse corde, l’istinto le diceva di fuggire, ma non intendeva farlo. Non voleva abbandonare Zabar, e in ogni caso non sarebbe sopravvissuta in quella gelida foresta da sola e disarmata.

Zabar, che camminava pochi passi dietro di lei, era invece spaventato ed eccitato. Aveva paura che i teriantropi decidessero di giustiziare lui e Tenko, una piccola parte di lui temeva addirittura che li avrebbero mangiati per cena, ma era comunque elettrizzato dall’idea di averli incontrati. La presenza di popolazioni in quell’area dimostrava che il Clero si sbagliava su alcune cose, che gli dei non erano onnipotenti, e questo spalancava la porta a una miriade di nuove possibilità. Forse avrebbe trovato davvero qualche indizio sulla vera origine del loro mondo.

All’improvviso il teriantropo in testa si fermò. Il suo aspetto richiamava quello di un imponente leopardo delle nevi e con ogni probabilità era il leader del gruppo. Diede alcuni ordini agli altri cacciatori, che annuirono e cambiarono leggermente disposizione, mettendosi in cerchio intorno ai prigionieri. Dovevano controllare che non fuggissero, ma erano anche all’erta per eventuali attacchi da parte di animali selvatici.

Zabar ne approfittò per avvicinarsi a Tenko. «Credo stia andando al villaggio per parlare con qualcuno, probabilmente gli anziani o comunque qualcuno di più saggio e autorevole di lui.»

La demone non smise di studiare i teriantropi. «Stai pronto. Se decidono di ucciderci, dovremo agire in fretta.»

Il chierico ammirava molto la tenacia di Tenko, ma aveva il fondato timore che, se quei cacciatori alti più di due metri avessero deciso di ucciderli, le loro chance di opporsi sarebbero state pressoché nulle.

L’attesa pareva destinata a durare in eterno e la demone continuava a guardarsi intorno, seria e concentrata. Per quanto difficile, stava cercando di intuire le capacità dei vari cacciatori presenti così da decidere quale fosse il punto migliore verso cui darsi alla fuga.

Quando, pochi minuti dopo, il capo dei cacciatori fece la sua comparsa, Tenko aveva già preparato un rudimentale piano di fuga. In realtà era un mezzo suicidio, ma era comunque meglio che aspettare di venire giustiziati.

Zabar dal canto suo drizzò le sue orecchie da pipistrello per cercare di carpire il benché minimo indizio su ciò che li attendeva. Se davvero i teriantropi intendevano ucciderli, un solo secondo avrebbe potuto fare la differenza.

«Gli anziani vogliono interrogarli» annunciò il leopardo delle nevi nel suo particolare dialetto. «Portateli allo steccato e legateli.»

Tenko, le mani già pronte su uno dei congegni di Icarus, lanciò uno sguardo a Zabar.

Il chierico le fece subito segno di aspettare. «Vogliono interrogarci. Ci legheranno a qualcosa.»

La demone, tesa come una molla, tirò un mezzo sospiro di sollievo. Per una volta la pazienza l’aveva premiata.

I teriantropi li presero per le braccia e senza troppi complimenti li trascinarono verso il loro villaggio. La forza delle loro dita artigliate era impressionante, in confronto a loro i due demoni sembravano dei bambini gracili e indifesi.

Tenko non sapeva come sarebbe stato il villaggio, ma di certo non pensava di trovarlo all’interno della foresta, coperto dalle verdi chiome delle conifere. Gli alberi della zona erano talmente alti e imponenti che i locali ne avevano usati alcuni come torri su cui costruire la loro alta palizzata. La demone aveva già visto difese di legno intorno ai villaggi, ma quella che aveva davanti le ricordava più la cinta di mura di una città.

Come ordinato dal leopardo delle nevi, i cacciatori li legarono saldamente a un robusto steccato, dopodiché rimasero in attesa, sorvegliandoli attentamente. Ben presto altri teriantropi emerso dalle tende: uomini, donne e bambini il cui aspetto richiamava quello di vari animali. Al contrario dei faunomorfi, che in genere avevano solo orecchie e coda di animali, i teriantropi erano più simili a bestie in grado di tenere una postura eretta. Avevano il pollice opponibile e non erano meno intelligenti di tutte le altre specie più evolute. La maggior parte dei teriantropi viveva nella parte occidentale di Meridia, ma quella comunità doveva essersi isolata dal mondo diversi secoli prima, accettando quell’ambiente ostile pur di vivere libera dal controllo del Clero.

Spinti dalla curiosità, alcuni piccoli provarono ad avvicinarsi per vedere più da vicino i due demoni e fiutare meglio il loro odore, ma i cacciatori ordinarono loro di stare alla larga: gli stranieri erano pericolosi.

Nonostante gli ammonimenti, nel giro di pochi minuti una nutrita folla di curiosi si era già radunata intorno ai due prigionieri. Con ogni probabilità non avevano mai visto persone di altre specie, quindi non c’era da stupirsi se erano così interessati a Tenko e Zabar.

D’un tratto la folla cominciò ad aprirsi in due ali e il brusio generale si fece più lieve. Il motivo venne presto svelato quando tre figure vecchie e ingobbite apparvero dinnanzi ai due demoni. In testa c’era una femmina dalla pelliccia bruna e con un paio di corna ricurve, simili a quelle dei buoi muschiati, ai suoi lati procedevano un tarchiato orso dal manto ingrigito e una volpe delle nevi dallo sguardo diffidente.

«Capite la nostra lingua, vero?» iniziò l’anziana al centro. «Perché siete qui?»

Tenko, che del dialetto dei teriantropi non capiva nemmeno una parola, si voltò verso Zabar, cercando di intuire dalla sua espressione se la loro vita sarebbe finita da lì a poco.

«La capisco un po’» rispose il chierico, sforzandosi di usare una pronuncia più chiara possibile. «Ho studiato la lingua dei teriantropi. Vi stavamo cercando, ci serve il vostro aiuto.»

I musi dei tre anziani rimasero cauti, in particolare la volpe sembrava la più sospettosa.

«Aiuto? Aiuto per cosa?» lo incalzò la bovina.

Zabar sapeva che dalla sua risposta sarebbe dipeso il suo destino e quello di Tenko, così fece molta attenzione alla scelta delle parole. «Il Clero sta diventando sempre più pericoloso. Gli dei vogliono sottomettere il mondo intero, e non si fermeranno finché non ci saranno riusciti. Sanno che vi nascondete qui, e presto o tardi vi troveranno. Noi vogliamo sconfiggerli, vogliamo essere liberi, ma non possiamo farcela da soli. In questa zona ci sono indizi che potrebbero esserci utili, oggetti del passato in grado di svelare gli inganni degli dei e le loro debolezze. Vi prego, aiutateci a trovarli. Se non volete farlo per il mondo, almeno fatelo per voi stessi.»

Gli anziani rimasero immobili per alcuni lunghi secondi, muti e solenni, poi gli voltarono le spalle. Zabar provò un brivido di paura: aveva forse scelto le parole sbagliate? Forse nel dialetto locale le sue frasi assumevano un significato diverso. Continuò a fissare i tre teriantropi, che ora parlavano tra loro a bassa voce. Sembravano in disaccordo, ma parlavano troppo piano e troppo in fretta, anche con le sue grandi orecchie non riusciva a capire nulla di ciò che dicevano.

«Allora?» lo incalzò Tenko, lo sguardo che oscillava tra Zabar e gli anziani.

«Non lo so» ammise il chierico. «Non riesco a capire cosa dicono.»

Finalmente i tre teriantropi si voltarono, e questa volta fu la volpe a parlare: «Come possiamo fidarci di voi? Chi ci assicura che non rivelerete la nostra posizione ai servi degli dei?»

«Perché vogliono ucciderci. Siamo venuti qui perché non potevamo andare da nessuna altra parte. Vi prego, faremo qualsiasi cosa per dimostrarvi la nostra lealtà.»

Di nuovo gli anziani li scrutarono con attenzione e poi ricominciarono a confabulare tra loro a bassa voce.

«Allora?» ripeté Tenko, che cominciava ad averne abbastanza.

«Non si fidano di noi. Hanno paura che riveleremo la loro posizione al Clero.»

«È una stronzata! Quelli ci ucciderebbero appena ci vedono!»

«Questo lo so, ma loro non possono saperlo.»

«E allora diglielo! Digli cosa mi hanno fatto! Digli cosa faranno a loro appena li troveranno!» Si voltò verso gli anziani. «Ehi! Ehi, dico a voi!»

I tre teriantropi si voltarono, infastiditi dall’atteggiamento della demone.

«Tenko, calmati» la implorò Zabar. «Non è questo il modo…»

«Digli di guardare la mia schiena» gli ordinò la giovane. «Devono vedere ciò di cui è capace il Clero.»

Il chierico ebbe un attimo di esitazione, poi però fece come richiesto. Non avrebbe voluto arrivare a tanto, ma avevano bisogno di una prova.

Per l’ennesima volta i tre anziani si concessero qualche momento per discutere tra loro, dopodiché ordinarono ai cacciatori di liberare Tenko e di scoprirle la schiena. Nonostante il freddo pungente, la demone si tolse i guanti e lo spesso giaccone di pelliccia. Si sfilò la parte superiore dell’uniforme rinforzata e poi lasciò che uno dei cacciatori le sollevasse la parte posteriore della maglia, limitandosi a trattenere la parte davanti in modo da non restare troppo scoperta.

Tremante per il freddo, si sforzò di reprimere la vergogna e rimase immobile, così che tutti potessero vedere le cicatrici che il Clero le aveva lasciato là dove un tempo c’erano le sue ali.

«I servi degli dei le hanno tagliato le ali per punirla. Punirla di essere sopravvissuta, mentre la sua famiglia e la mia sono state giustiziate. L’hanno tenuta come una schiava, l’hanno costretta a uccidere e hanno abusato di lei. Se non fossi riuscito a liberarla, ora sarebbe morta o incatenata al letto di qualche servo degli dei.»

Un brusio si alzò dalla folla di teriantropi. Zabar cercò gli sguardi dei presenti e in essi riconobbe rammarico, empatia. Perfino l’anziana volpe sembrava colpita dalla vista delle cicatrici e dalla storia della demone.

«Va bene così, può coprirsi» affermò la femmina di bue muschiato.

Il cacciatore che teneva sollevata la maglia lasciò la presa e Tenko sentì il tessuto che scorreva sulla sua schiena gelata, dandole subito un po’ di sollievo.

«Credo abbia funzionato» le disse Zabar mentre lei si infilava la giacca dell’uniforme.

La giovane rimase in silenzio, preferendo voltargli le spalle. Nonostante ciò, il demone riuscì a intravedere le lacrime congelate sulle guance di lei e capì che stava solo cercando di nascondere il proprio dolore. Zabar poteva solo immaginare quanto fosse stato difficile per lei ricordare quei momenti, svelare a tutti le mutilazioni e i soprusi che aveva subito. Sentì l’impulso di provare a consolarla, ma si trattenne: ormai aveva capito che Tenko odiava ammettere con altri il proprio dolore e le proprie debolezze.

Una volta indossati il caldo giaccone e i guanti, la giovane si asciugò rapidamente le lacrime e poi lasciò che uno dei cacciatori la legasse di nuovo alla staccionata.

I tre anziani intanto stavano ancora discutendo fra loro a bassa voce: sembravano in disaccordo. Alla fine fu di nuovo la teriantropa di tipo bue muschiato a rivolgersi ai due demoni: «Se quello che dite è vero, è anche nel nostro interesse supportarvi nella vostra ricerca. Questo però non vuol dire che ci fidiamo di voi. Per il momento vi concederemo di restare nel villaggio, ma non potrete prendere le vostre armi e verrette costantemente sorvegliati. Quando sarà il momento, prenderemo la nostra decisione.»

Fece cenno ai cacciatori, che subito andarono a liberare Tenko e Zabar. La giovane, quasi sorpresa, lanciò uno sguardo al chierico, il quale le spiegò quello che stava succedendo: «Non si fidano ancora di noi, però hanno detto che possiamo restare.»

La demone non fece i salti di gioia, ma parve comunque sollevata. Si guardò intorno: la folla li osservava ancora con curiosità, ma nei loro occhi adesso c’era anche un velo di pietà e commiserazione. Questo infastidì la giovane: non le piaceva essere compatita, ma si sforzò di non darlo a vedere: doveva comportarsi bene, o avrebbe vanificato tutto quanto.

Notò che il leopardo delle nevi che li aveva condotti al villaggio stava parlando con gli anziani, ma al contrario di Zabar, non era in grado di capire cosa si stessero dicendo. Questo la fece riflettere: da quanto il chierico stava progettando quella missione?

Quando il capo dei cacciatori ebbe finito di discutere, si voltò e andò dai due demoni. Ora che Tenko lo guardava da vicino, gli sembrava ancora più imponente, fiero e muscoloso. «Gli anziani vi hanno concesso di restare, quindi dovrete collaborare. Nel villaggio ognuno deve fare la sua parte. Seguitemi.»

Mentre camminavano, la giovane ebbe modo di guardarsi intorno. Gli edifici erano a un solo piano, avevano quasi tutti la stessa forma vagamente circolare ed erano disposti in modo da ottimizzare lo spazio tra un albero e l’altro. Erano più grandi di quelli a cui era abituata – i teriantropi sembravano tutti molto imponenti – ma nessuno si avvicinava ai rami più bassi degli alberi, che si trovavano a diversi metri d’altezza.

D’un tratto il leopardo si fermò e si voltò. Alle sue spalle c’era un edificio più largo degli altri, probabilmente una stalla. All’interno c’erano degli animali che Tenko non aveva mai visto: sembravano grosse mucche, ma avevano una pelliccia lanosa come quella delle pecore e sulle loro schiene facevano bella mostra delle punte cristalline, come di ghiaccio. Anche le loro corna ricurve avevano lo stesso aspetto.

«Per ora date una pulita, quando avrete finito vedremo cos’altro potete fare. Gli attrezzi sono da quella parte.» Detto ciò, il teriantropo si allontanò, lasciando l’onere di sorvegliarli ad altri due cacciatori.

Zabar lanciò uno sguardo agli animali impegnati a prendere cibo da una mangiatoia, poi alle scope, e infine a Tenko, che a sua volta stava osservando quelle bizzarre creature.

«Allora? Cosa dobbiamo fare?» lo incalzò lei vedendolo in difficoltà.

«Ecco… Sì, insomma, ci hanno chiesto di pulire» le spiegò, quasi mortificato. Temendo una reazione contrariata della giovane, si affrettò a continuare: «So che non è il massimo, ma cerca di essere comprensiva. Vedrai che presto troveranno un altro incarico più… interessante.»

«Zabar, rilassati, non è un problema spalare merda in una stalla. Avanti, prima iniziano e prima finiamo.»

Il chierico, sorpreso dalla positività della sua compagna di viaggio, sfoggiò un sincero sorriso. «Sì, cominciamo!» Afferrò un forcone e subito entrò nel recinto.

Un paio di animali, forse il capobranco e il suo vice, si avvicinarono per studiare l’intruso. Sembravano sospettosi, ma Zabar riuscì subito a farsi accettare e si mise al lavoro con energia.

Questa volta fu Tenko a sorprendersi: dopo tutto quello che aveva passato, quell’umile e puzzolente incarico non la turbava minimamente, tuttavia vedere l’entusiasmo sincero e un po’ infantile del chierico le strappò un mezzo sorriso.

Andò a prendere un badile e con cautela entrò nella zona degli animali. I due esemplari di prima si avvicinarono per controllarla e Tenko strinse istintivamente la presa sull’impugnatura. Forse avvertendo la sua tensione, anche gli animali si innervosirono, uno dei due sbuffò leggermente, ma a Zabar bastò posargli una mano sul fianco per tranquillizzarlo.

«Tranquilla, non ti faranno niente» disse il chierico alla demone. «Se sei calma, anche loro si calmeranno.»

La giovane si concentrò sul suo respiro, inspirò ed espirò lentamente, lasciando che gli animali la annusassero. Alla fine i due strani bovini decisero che anche lei era a posto e tornarono alla mangiatoia.

Risolto il problema, Zabar si rimise al lavoro con rinnovato entusiasmo. «Sai, tutto questo mi ricorda un po’ i vecchi tempi, quando mi occupavo degli animali del circo.»

Tenko rimase immobile qualche secondo, assorta nei suoi pensieri, poi si rivolse al chierico: «Ehi, non è che mi insegni la lingua di questi qua? Non mi va di sembrare un’idiota ogni volta che aprono bocca.»

L’espressione del demone divenne, se possibile, ancora più gioiosa. «Con vero piacere!» E poi aggiunse: «È bello vederti sorridere.»

Tenko, che senza nemmeno accorgersene si era lasciata contagiare dall’euforia del demone, si limitò a fare spallucce. «Non venire uccisa mi fa questo effetto.» Lanciò una rapida occhiata alle sue spalle, dove si trovavano i due teriantropi incaricati di sorvegliarli. «Vedi di non esagerare però, o quelli cominceranno a pensare che ci piace spalare merda.»

Zabar lanciò a sua volta uno sguardo ai due imponenti cacciatori e capì che era meglio tornare al lavoro. Le attività manuali non erano mai state il suo forte, ma in quel momento si sentiva al settimo cielo: non solo era riuscito a farsi accettare dalla comunità dei teriantropi, ma anche il suo rapporto con Tenko stava lentamente migliorando.

Dopo tante difficoltà, finalmente il destino sembrava volgere in loro favore.


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Come prevedibile, i teriantropi non si sono dimostrati troppo accoglienti con i due estranei, ma vedere le prove delle sofferenze patite da Tenko li convinti a dare ai due demoni una possibilità.

La strada per ottenere la fiducia degli abitanti del villaggio è ancora lunga, ma Tenko e Zabar sono riusciti a fare un altro passo avanti verso il loro obiettivo. E per una volta non è stato necessario l’uso delle armi.

Grazie come sempre per aver letto il capitolo e alla prossima :D


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