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Autore: crazy640    20/04/2019    5 recensioni
SEGUITO DI "IL PAGAMENTO DI UN DEBITO"
I personaggi di Harry Potter appartengono a J.K. Rowling. NON permetto la pubblicazione della storia in altri siti.
"Hermione Granger-Malfoy osservò il via vai di gente che quotidianamente animava la stazione di King’s Cross dal proprio tavolino e, puntuale come ogni anno, il ricordo del suo primo arrivo in quella stazione riaffiorò alla sua mente: una ragazzina di undici anni, ancora una bambina, in mezzo ai propri genitori, spaventata a morte da quella novità inaspettata, ma allo stesso tempo elettrizzata per il nuovo mondo cui andava incontro.
A ripensarci adesso sembrava un’altra persona.
Tante cose erano successe dalla prima volta che aveva messo piede sul binario che l’avrebbe condotta a Hogwarts: aveva combattuto tante battaglie, personali e non, si era fatta degli amici che capivano la sua intelligenza e non ne erano spaventati, aveva conosciuto la paura, la rabbia, l’odio…l’amore."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Blaise Zabini, Ginny Weasley, James Sirius Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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 N.D.A. Per la lettura di questo capitolo è importante che teniate a mente una frase attribuita a Napoleone( ma c'è anche chi la attribuisce al generale Goering, quindi non sono molto sicura della sua origine) su cui ho impostato parte di questo capitolo.

"La Storia la scrivono i vincitori". Buona lettura!

 

"Love don't give no compensation
Love don't pay no bills
Love don't give no indication
Love just won't stand still
Love kills, drills you through your heart
Love kills, scars you from the start
It's just a living pastime
Ruining your heartline
Stays for a lifetime won't let you go
Cause love (love) love (love) love won't leave you alone"


 

 

Era andato tutto storto.

Aveva organizzato tutto nei minimi dettagli eppure fin dal primo momento c’erano state delle complicazioni.

Quando era sceso nel giardino per prendere parte all’appello dei partecipanti alla gita, James era stato avvicinato da Richard; l’amico l’aveva informato che, a causa di un imprevisto all’ultimo momento, non gli sarebbe più stato possibile accompagnarlo a Godric’s Hollow, mandando così all’aria la prima parte del suo piano.

James aveva cercato in ogni modo di fargli cambiare idea, arrivando a promettergli di farsi carico dei suoi compiti di Storia della Magia e di Storia delle Creature Magiche per almeno tre mesi, ma le sue proposte e le sue preghiere erano state vane.

A seguito della defezione di Richard, James aveva dovuto rivedere velocemente il proprio piano: sarebbe andato insieme ai propri amici in gelateria e avrebbe attirato l’attenzione su di se in modo che tutti si ricordassero la sua presenza nel locale e poi sarebbe sgattaiolato via in un momento di distrazione.

Ma a quanto pare, quello non era il suo giorno fortunato.

I suoi amici avevano iniziato a rumoreggiare non appena aveva accennato ad allontanarsi, riportandolo più volte al loro tavolo, fino a quando James non aveva trovato la scusa perfetta per abbandonare il locale: un appuntamento con una ragazza.

Nessuno a quel punto aveva avuto da ridire sulla sua partenza, anzi il suo annuncio era stato accompagnato da applausi e incoraggiamenti, fino a quando i suoi amici non gli avevano augurato buona fortuna e gli avevano fatto promettere di raccontare tutti i particolari più piccanti una volta ritornati ad Hogwarts.

Grazie a quella scusa, James era riuscito ad allontanarsi in fretta dalle strade principali di Hogsmeade infestate di studenti, fino ad arrivare ad una stradina buia dove aveva potuto tranquillamente smaterializzarsi a Godric’s Hollow.

Nonostante fosse sabato, ad una prima occhiata, la piccola cittadina doveva aveva vissuto suo padre durante il primo anno di vita sembrava deserta: la strada principale era vuota, così come la piazza, le facciate dei pochi locali che si affacciavano su quello che sembrava essere il centro cittadino avevano un aspetto dimesso e sembravano avere un disperato bisogno di una ristrutturazione.

James si era guardato attorno per alcuni istanti ed era stato invaso da un senso di sconforto.

Possibile che quella città, così importante per la storia della comunità magica fosse abbandonata a se stessa?

Dov’erano i turisti? Dov’erano i fan riconoscenti che affollavano le strade diretti al museo per onorare la memoria di suo padre?

Possibile che tutti avessero la memoria corta all’interno della loro comunità? Perché non c’erano statue o negozi di souvenir che celebravano le grandi gesta di suo padre o il tenue legame tra questo posto dimenticato dagli Dei Riuniti e il grande Harry Potter?

Ripescando nella sua memoria, James si rese conto che c’era qualcosa di diverso nel paesaggio della città: dov’era la statua eretta in memoria dei suoi nonni Potter e di suo padre?

Si era guardato intorno più volte, confuso, spaventato dalla possibilità che il monumento fosse stato abbattuto, fin quando non lo aveva scorto in lontananza.

Leggermente sollevato, si era incamminato a passi veloci verso l’obelisco e aveva osservato come il monumento cambiava forma sotto i suoi occhi; sapeva che quello era uno stratagemma per non confondere i babbani e che presto davanti a lui sarebbe comparsa una stupenda statua di Lily e James Potter con in braccio il loro bambino.

Quindi la sua sorpresa era stata enorme quando l’obelisco era scomparso e dinanzi ai suoi occhi era comparsa una statua diversa da quella che si era aspettato: la statua originale era scomparsa e al loro posto erano state erette due statue in bronzo che raffiguravano due giovani maghi, un uomo ed una donna, con il braccio destro sollevato verso l’alto, le bacchette strette nel pugno chiuso.

La ragazza aveva lunghi capelli lisci che arrivavano fino a metà schiena, un’espressione determinata fissata sul suo volto per l’eternità; i capelli del ragazzo, invece, erano corti e spettinati con una ciocca bronzea che ricadeva sulla sua fronte, e un paio di occhiali fermi sulla punta del naso in un equilibrio precario.

Sconvolto, James si era avvicinato al piedistallo per leggere le poche righe incise sulla placca dorata sistemata sul marmo.

 

“In memoria di James e Lily Potter,

Caduti con valore nella I Guerra Magica il 31 Ottobre 1981.

Il loro sacrificio non verrà mai dimenticato.

La Comunità Magica e il Comune di Godric’s Hollow

Qui Posero ad eterna memoria

31 Ottobre 2010”

 

Il loro sacrificio?

Erano veramente impazziti tutti in questo buco di paese?

Perché avevano tolto la statua originale? Che bisogno c’era di sostituirla con questo stupido ed inutile monumento? In fondo i suoi nonni non avevano fatto nulla di eclatante rispetto a suo padre!

Lui si che meritava una statua per il suo coraggio e per la sua generosità! Possibile che la massa di idioti che formava la comunità magica avesse completamente dimenticato quanto fosse valoroso suo padre?

I suoi occhi si erano allontanati dalla statua, mentre una rabbia sorda gli scorreva nelle vene e soltanto per caso si era accorto delle frasi scarabocchiate sul piedistallo.

 

“Vi ricorderemo sempre!”

“Parleremo di voi alle future generazioni di maghi!”

“Non vi meritavate un figlio del genere”

“Spero che vostro figlio marcisca ad Azkaban per quello che ha fatto”

 

Le ultime due frasi non avevano fatto altro che aumentare la rabbia di James.

Certa gentaglia avrebbe meritato di essere governata da Voldemort e dai suoi Mangiamorte, pensò incapace di trattenere la furia.

L’ultima frase, in particolare, aveva rischiato di causargli un travaso di bile: perché dei maghi che chiaramente sostenevano Voldemort ed i suoi seguaci avevano sentito il bisogno di visitare quel posto e lasciare un segno del loro passaggio? Perché avevano dovuto infangare la memoria di suo padre con quelle frasi insulse e velenose quando l’uomo aveva sacrificato la propria vita per il Bene comune?

James aveva sentito soltanto degli accenni fugaci su Azkaban e su quello che succedeva lì dentro e anche quei semplici racconti lo avevano terrorizzato.

Quanto odio era ancora associato al nome del padre?

Fermo di fronte alla statua, James non aveva potuto fare a meno di chiedersi perché una parte della comunità magica provasse ancora del risentimento verso il padre, nonostante i segni evidenti che con la caduta di Voldemort la vita era più facile per tutti.

Era per questo che suo padre aveva deciso di darsi alla macchia? Era a causa di queste persone se James non aveva avuto una figura paterna degna di quel nome nella sua vita?

Quando quel pensiero attraversò la sua mente, James si era ritrovato a pensare che, pur di ritrovare suo padre e instaurare un rapporto con lui, sarebbe stato disposto a tagliare i ponti con la comunità magica.

Era un sacrificio che era disposto a fare e che probabilmente non gli sarebbe pesato molto, se avesse avuto la certezza di essere accanto a suo padre.

Cercando di calmarsi e accantonando quei pensieri, il ragazzo aveva chiuso gli occhi, prendendo più volte un respiro profondo finché non era stato sicuro di aver ripreso il controllo di se stesso.

Soltanto allora James si era avviato lentamente per le strade del centro diretto al museo, seguendo le direzioni indicate dai cartelli rosso-oro leggermente consumati dal tempo e dalla pioggia, ma quando si trovò di fronte alla casa era rimasto ancora una volta senza parole.

Il cottage a due piani aveva sicuramente visto tempi migliori e come ogni altro edificio di quel paese sembrava privo di vita.

L’insegna “ Harry Potter’s Museum” posta al centro della facciata principale aveva la vernice scrostata e alcune lettere cambiavano forma per poi ritornare alla loro configurazione originale nel breve intervallo di trenta secondi.

Tutte le finestre del pianterreno e del primo piano erano inchiodate dall’interno con delle assi di legno mentre la porta d’ingresso era stata murata, probabilmente per dissuadere chiunque dal tentativo di intrufolarsi all’interno.

James si era avvicinato alla casa con passo incerto, incredulo della desolazione che si era presentata ai suoi occhi e soltanto allora aveva notato un foglio di pergamena affisso accanto ad una delle finestre del pianterreno.

Questo museo cesserà la sua attività il 01 Maggio del 2011

Sette anni fa.

Il museo aveva chiuso sei mesi dopo la sostituzione della statua nella piazza centrale del paese.

Per la prima volta da quando si trovava a Godric’s Hollow, James si era ritrovato a pensare che ci fosse una connessione logica tra gli strani eventi a cui aveva assistito nelle ultime settimane: l’atteggiamento ostile della bibliotecaria, la cittadina semideserta, la statua ed ora il museo dedicato a suo padre chiuso da sette anni.

Cosa era successo nel 2010 per far cambiare così radicalmente l’idea che l’opinione pubblica aveva di suo padre?

Perché all’improvviso tutti avevano iniziato a considerarlo il male assoluto mentre prima lo osannavano?

In preda ad una confusione inaspettata, James si era allontanato dal cottage ormai in rovina ed aveva percorso al contrario la strada che lo aveva condotto al museo, tornando nella piazza principale del paese.

Una volta giunto lì, si era guardato intorno alla ricerca di qualcosa o qualcuno a cui rivolgersi per far luce sui suoi dubbi e fortunatamente il suo sguardo si era posato su una libreria.

Si era avvicinato a passi veloci al negozio e, non appena era entrato, un uomo anziano era comparso dal retro.

L’uomo gli aveva rivolto un sorriso, incapace di nascondere la propria sorpresa nel trovarsi di fronte una faccia sconosciuta, e gli aveva rivolto un cenno di saluto con il capo.

-Posso esserti utile?-gli aveva chiesto in tono cordiale.

-Forse. Sto cercando un manuale di Storia della Magia- aveva risposto James con tono incerto.

L’uomo lo aveva guardato con un’espressione perplessa, domandandosi chiaramente perché fosse capitato nel suo negozio e non si fosse rivolto in una delle tante librerie di Diagon Alley.

-Vede, sto cercando qualcosa che parli della storia della nostra comunità negli ultimi vent’anni.

A scuola si concentrano principalmente sul passato-aveva aggiunto accennando un sorriso.

L’uomo aveva annuito lentamente e aveva mosso un passo per uscire da dietro al bancone.

-Ti riferisci ai processi svolti dopo la Seconda Guerra?-gli aveva chiesto.

James annuì.

Il librario gli era passato accanto con passo sicuro e si era avviato verso uno degli scaffali alla sua sinistra e pochi minuti dopo era tornato verso di lui con alcuni libri tra le mani.

L’attimo dopo aveva sistemato i diversi libri sul bancone accanto alla cassa.

-Questi sono alcuni dei migliori libri scritti sull’argomento.

Ti consiglio questo- aveva detto indicando un libro dalla copertina blu- E’ probabilmente il libro più dettagliato: ci sono diverse testimonianze ed i resoconti delle varie udienze-aveva aggiunto.

James aveva annuito.

-Allora credo proprio che lo prenderò-disse sorridendo nuovamente all’uomo.

Il proprietario della libreria gli aveva rivolto un cenno di assenso per poi sistemare in un angolo i libri da rimettere sugli scaffali e si era messo dietro la cassa iniziando a processare l’acquisto.

-Ha qualche libro su Harry Potter? Preferibilmente qualche libro che sia stato scritto di recente-gli aveva chiesto James, approfittando della distrazione momentanea dell’uomo.

James si rese subito conto di aver fatto la domanda sbagliata, fin dal momento in cui l’uomo aveva alzato lo sguardo dalla cassa sul suo volto e lo aveva fissato con aria sorpresa.

-Non esistono libri di quel genere- gli aveva risposto.

James aveva aggrottato la fronte davanti a quella risposta sibillina.

-Non esistono libri su Harry Potter scritti negli ultimi dieci anni?-aveva chiesto ancora perplesso.

L’uomo aveva annuito.

-E’ la legge.

Dopo gli eventi del 2009 è stata approvata una legge per impedire la pubblicazione di monografie o libri su Harry Potter, a meno che non trattassero la sua infanzia e adolescenza ed ovviamente il suo impegno nella lotta contro il Signore Oscuro- gli aveva spiegato velocemente il libraio.

James aveva corrugato la fronte, incredulo.

-Perché? Cosa è successo di così terribile nel 2009?- aveva domandato con un leggero sarcasmo nella voce, incapace di frenare la propria curiosità ed incredulità.

-E’ davvero una brutta storia, ragazzo… Qualcosa che nessuno ama ricordare- commentò l’uomo.

James aveva corrugato la fronte e aveva cercato velocemente qualcosa di ironico da dire, ma l’uomo sembrava desideroso di condividere i suoi pensieri al riguardo.

-Il pensiero di quello che poteva succedere a quella bambina ha sconvolto tutta la comunità magica.

Per Godric’s Hollow è stato un disastro, come puoi vedere: prima che succedesse quello scandalo eravamo pieni di turisti e ammiratori, ma dopo il 2009 gli unici maghi che sono comparsi in paese erano sostenitori di James e Lily Potter- aggiunse l’uomo.

-Quale bambina?- aveva chiesto James con la voce leggermente strozzata, confuso dalle parole del libraio.

Il libraio lo aveva fissato a lungo ed era apparso chiaro che fosse incerto se rispondere alla sua domanda o meno ma, dopo un lungo silenzio, l’uomo aveva dischiuso le labbra.

-Harry Potter è stato complice nel rapimento di una bambina-

A quelle parole un silenzio innaturale era sceso nella libreria.

James aveva continuato a fissare il libraio con un’espressione inorridita sul volto, incapace di processare completamente le parole dell’uomo, un ronzio fastidioso nelle orecchie che lo isolava completamente.

Incapace di pensare in modo coerente, si era voltato improvvisamente e si era avviato a passi veloci verso l’uscita.

Una volta in strada, aveva iniziato a camminare senza alcuna meta, lo sguardo basso sulle lastre di cemento della strada, nella testa una miriade di pensieri a cui non riusciva a dare un filo logico.

Era sicuramente una bugia. Non poteva essere altrimenti.

Una falsità  che aveva rovinato la reputazione impeccabile di un grande uomo e che, ora James lo vedeva chiaramente, lo aveva costretto ad abbandonare la propria famiglia perché sua moglie ed i suoi figli non fossero scalfiti dal fango che gli stavano gettando addosso.

Era la spiegazione più logica! L’unica spiegazione possibile.

Improvvisamente, nel suo girovagare, James si era reso conto di avere il fiato corto, i battiti del cuore fuori controllo e, cercando di riprendere il controllo di se, si era appoggiato ad un muro per poi scivolare lentamente a terra.

Aveva chiuso gli occhi e, nonostante fosse difficile all’inizio, aveva cercato di fare lunghi respiri profondi.

Lentamente tutto era ritornato nella norma e, con il viso affondato tra le mani, James si era lasciato andare ad un gemito frustrato.

Era terribilmente confuso: possibile che il vecchio proprietario della libreria avesse detto la verità?

Sua padre aveva realmente aiutato qualcuno a rapire una bambina? E se lo aveva fatto, cosa lo aveva spinto a compiere un’azione del genere?

Perché aveva  rischiato tutto, il suo lavoro e la sua famiglia, per compiere un’azione tanto orrenda?

Che fine aveva fatto quella bambina? Era ancora viva?

In quel momento, il suo cervello non riusciva a pensare in modo coerente, non riusciva a ricollegare le nuove informazioni con l’immagine che aveva di suo padre.

Un’immagine che aveva plasmato sui libri di storia e sui manuali… Ora non  era più una sorpresa se avesse un’idea perfetta di suo padre.

Ciò che non capiva era il divieto di scrivere nuove monografie su di lui dal 2009 in poi.

Chi aveva approvato questo divieto? Per quale motivo era stato approvato?

L’unica che poteva dargli delle risposte era sua madre.

Per un attimo, James si era chiesto se messa di fronte al fatto compiuto la donna avrebbe accettato di dargli delle informazioni al riguardo oppure, come al solito, si sarebbe trincerata dietro un muro di silenzio come aveva fatto tutti quegli anni.

Questa volta non glielo avrebbe permesso. Ora pretendeva delle risposte.

Aveva bisogno di capire cosa era successo e chi era realmente sue padre: era l’uomo perfetto  che descrivevano nei manuali oppure era l’uomo capace di rendersi complice in un atto meschino come il rapimento di un bambino?

James rimase a lungo seduto in una stradina deserta di Godric’s Hollow, immerso nei propri pensieri, analizzando tutte le possibili motivazioni che allora avevano spinto suo padre a commettere un gesto del genere, ma ogni volta il suo cervello arrivava ad un punto di stallo: per quanto fosse complicata la sua relazione con la madre, la donna gli aveva insegnato che c’era sempre una seconda possibilità, anche quando ci si trovava di fronte a delle strade a senso unico.

Inoltre, sua madre gli aveva istillato alcuni valori che avrebbero dovuto essere la sua bussola morale per tutta la sua vita: doveva portare rispetto le persone più anziane di lui, perché avevano una maggiore esperienza e soprattutto perché le loro battaglie avevano fatto si che la società in cui vivevano fosse migliore; doveva inoltre rispettare le donne e infine doveva essere gentile verso i bambini perché rappresentavano il futuro.

Se Tom Riddle fosse stato amato durante l’infanzia, probabilmente non avremmo mai sentito parlare di Lord Voldemort e la nostra vita sarebbe stata molto più serena” era solita dire.

Perso dietro i propri pensieri, James non si era reso conto del passare del tempo finché non fu troppo tardi: aveva osservato distrattamente l’orologio e si era reso conto di essere in ritardo.

Ora non avrebbe fatto in tempo a riunirsi ai propri compagni di ritorno ad Hogwarts e, una volta terminato l’appello, al Castello sarebbe scattato l’allarme per la sua assenza.

James si era alzato lentamente in piedi, gemendo per le ossa doloranti a causa della postura assunta in quelle ore e lentamente si era avviato verso la piazza principale del paese.

Arrivato nuovamente di fronte al monumento dei suoi nonni Potter, James aveva fissato a lungo le due statue e si era soffermato a leggere altri commenti che prima erano sfuggiti alla sua attenzione.

Quando finalmente si era allontanato dalla statua, un nome continuava a girare nella sua mente. Un nome che aveva letto in diversi messaggi e che gli era fin troppo familiare.

Ron Weasley.

Doveva parlare con sua madre il prima possibile.

 

__________________________________

 

 

Sadie portò la tazza di caffè alle labbra, cercando di lasciar andare la tensione che ormai da giorni si era impossessata di lei.

Era stanca, desiderosa di una doccia e di una lunga dormita dopo il lungo turno in ospedale, ma era consapevole allo stesso tempo di non poter più rimandare.

Non era certa di aver preso la decisione giusta, ma più rifletteva sulle varie opzioni più si convinceva che quella fosse l’unica soluzione.

Quella era una giornata particolare: oggi sarebbero tornati gli studenti da Hogwarts e Prudence e Ben, come al solito, sarebbero stati lì ad accoglierli con Hermione e Draco.

La sua speranza era di riuscire a parlare con Ben prima che i due ragazzi uscissero di casa.

Aveva ponderato a lungo sul modo più adatto per introdurre il discorso dell’agenda con Prudence, cosa rivelarle e cosa no, ma ogni volta si ritornava al punto di partenza, incapace forse per la prima volta nella sua vita di mettere in ordine i propri pensieri.

Era stato allora che aveva deciso di coinvolgere Ben: inizialmente aveva pensato di scaricare sul ragazzo quel compito troppo grande, ma poi era ritornata sui propri passi, preoccupata che Prudence vedesse il suo gesto come una rottura della fiducia che era alla base della loro amicizia.

Quindi aveva optato per chiedere aiuto a Ben, in modo che fosse presente all’incontro e per dare supporto morale alla ragazza.

Malgrado conoscesse Prudence da sempre, Sadie non aveva idea di quale sarebbe stata la sua reazione nel momento in cui le avrebbe raccontato ciò che era contenuto all’interno di quel diario, ma era certa che la ragazza avrebbe avuto bisogno di tutto il supporto possibile.

-Che ci fai ancora in piedi?-

Un voce si intromise nei suoi pensieri e la riportò alla realtà, facendole muovere lo sguardo nella cucina fino a posarsi sulla figura di Ben.

-Buongiorno anche a te- commentò Sadie, incapace di frenare la sua risposta sarcastica, osservandolo mentre apriva uno degli sportelli sopra il lavabo per prendere una tazza.

Ben si voltò leggermente verso di lei e le rivolse un sorriso ironico.

-Hai ragione, scusa.

Devi ammettere, però, che la mia reazione è perfettamente giustificata: quando hai il turno di notte sei praticamente uno zombie e la tua unica priorità è una lunga dormita-rispose.

Sadie annuì lentamente.

-Lo è ancora.

Prue sta ancora dormendo?-gli chiese poi, prima di riportare la tazza alle labbra per un nuovo sorso.

Ben scosse la testa.

-Sta facendo la doccia.

Abbiamo appuntamento con i suoi genitori tra due ore- la informò.

La ragazza restò in silenzio qualche istante, osservando distrattamente i movimenti dell’uomo.

-Ti ha parlato dell’agenda?-gli chiese per introdurre il discorso.

Ancora una volta Ben non rispose, limitandosi ad annuire.

-Mi ha detto anche che l’ha data a te perché la leggessi in anteprima.

Lettura interessante?-aggiunse voltandosi verso di lei con una tazza tra le mani, la schiena appoggiata al piano cottura.

Sadie sospirò.

-Puoi dirlo forte. Ci sono delle cose davvero pesanti in quell’agenda- commentò la ragazza.

Ben restò in silenzio qualche secondo, bevendo il primo sorso di caffè della giornata.

-Hai scoperto chi è suo padre?-le domandò diminuendo leggermente il tono di voce.

Sadie annuì nuovamente, incontrando lo sguardo dell’amico.

-Quella è stata la prima cosa che ho scoperto, ma credimi quando ti dico che è la meno pericolosa-

Ben aggrottò la fronte a quelle parole.

-Che vuoi dire?-le chiese.

-C’è qualcosa di strano in quel diario. Voglio dire: tu conosci i genitori di Prue, hai visto tu stesso quanto possono essere fastidiosi nelle loro dimostrazioni d’affetto l’uno per l’altra- commentò strappando una lieve risata a Ben.

-Ok, questa volta sono costretto a darti ragione-ammise lui ridendo nuovamente.

-Eppure, per la prima parte dell’agenda lo zio Draco non viene neanche menzionato per poi comparire all’improvviso e ogni volta che la zia Hermione parla di lui…- disse interrompendosi all’improvviso, abbassando lo sguardo sul pavimento.

-Cosa?-la incalzò Ben.

Sadie prese un respiro profondo e tornò a fissare l’amico.

-Ne parla come se ne fosse spaventata e disgustata allo stesso tempo-commentò.

Un’espressione incredula comparve sul volto di Ben.

-Un comportamento lontano anni luce da quello attuale- commentò poi.

-Se ci pensi bene, non combacia neanche con i ricordi che abbiamo io e lei: entrambe li ricordiamo innamorati pazzi l’uno per l’altra, pieni di gesti affettuosi e attenzioni, una di quelle coppie che sembra incapace di stare lontana anche per qualche ora.

Lo stesso vale per gli altri membri della famiglia: tu lo sapevi che lo zio Draco aveva avuto una storia con Daphne?-gli domandò colta da un pensiero improvviso.

Incredulo, Ben scosse la testa prima di lasciarsi scappare una lieve risata.

-Se può consolarti non lo sapevo neanche io.

Eppure ci sono tantissime pagine in cui zia Hermione si interroga sul perché si siano lasciati visto che ai suoi occhi sono la “coppia perfetta”- raccontò leggermente divertita Sadie.

-Beh, se posso azzardare un ipotesi, direi che la colpa sia da imputare a Blaise- rispose ironico Ben.

Sadie alzò le spalle.

-Probabile, ma la sua reticenza non è soltanto nei confronti di Daphne, ma anche verso lo zio Blaise e addirittura verso mia madre.

C’è qualcosa di poco chiaro in questa faccenda- concluse la mora.

Per alcuni istanti i due ragazzi restarono in silenzio, entrambi persi nei propri pensieri, finché Sadie non ricordò un altro argomento di cui voleva parlare con Ben; un evento di cui non aveva memoria e che le aveva provocato i brividi lungo la schiena quando lo aveva trovato scritto nel diario.

-Prudence ti ha mai parlato del mese in cui ha vissuto a New York?-gli domandò cauta.

Ben corrugò la fronte confuso per poi scuotere la testa l’attimo dopo.

-Prue non è mai stata a New York, anzi non è mai stata negli Stati Uniti.

E’ da quando la conosco che non fa altro che ripetere di voler visitare la Grande Mela un giorno-replicò con convinzione.

Sadie abbassò lo sguardo sul pavimento e si sfiorò la fronte con il palmo della mano destra, cercando di riorganizzare le proprie idee in base alla nuova informazione.

Possibile che l’amica non avesse nessun ricordo di quell’esperienza?

Dopo aver preso un respiro profondo ed aver rialzato lo sguardo su Ben, Sadie dischiuse le labbra.

-Secondo il diario della zia Hermione, Prue ha trascorso un mese a New York quando aveva tre anni.

Con il suo vero padre-aggiunse infine.

Ben la fissò qualche istante confuso, finché sul suo volto non si disegnò un’espressione allibita che lo portò a scuotere con forza la testa.

-Non è possibile!-

-Ti dico che è così- ribatté con fermezza Sadie.

Ben si passò una mano tra i capelli scompigliati e la fissò per qualche altro istante.

-Lei ha sempre detto di non aver mai incontrato il proprio padre… Non ha nessun ricordo di questo viaggio a New York- aggiunse lui l’attimo dopo.

-Inizio a pensare che le abbiamo fatto un incantesimo di memoria, anzi credo lo abbiano fatto ad entrambe visto che neanche io ricordo niente di questo episodio-replicò Sadie con voce calma.

I due ragazzi si fissarono per qualche istante in silenzio, gravati dal peso della scoperta, prima che Ben trovasse il coraggio per fare la domanda che gli stava più a cuore, ma che allo stesso tempo lo spaventava di più.

-Le ha fatto del male?-domandò alla mora, con un’espressione minacciosa in volto, pronto a difendere la compagna anche ad anni di distanza.

Sadie scosse la testa, portando Ben a sospirare sollevato.

-No, a lei non ha fatto del male-rispose la mora sibillina.

I due ragazzi tornarono a fissarsi per qualche secondo, finché Ben non annuì con determinazione.

-Posso leggere il diario?-domandò poi.

-Ben…-

-So che non dovrei neanche chiedertelo Sadie.

Se Prue ti ha dato questo compito è perché si fida di te e sa che ti comporterai in modo da fare ciò che è meglio per lei, ma è evidente che tutto questo è troppo grande anche per te.

Inoltre, il fatto che tu me ne hai parlato mi porta a pensare che volessi il mio aiuto-aggiunse infine.

Sadie annuì.

-Ho bisogno di qualcuno che le stia accanto quando le parlerò di quello che c’è scritto lì dentro-ammise.

-Per questo motivo devo sapere cosa mi aspetta: non posso occuparmi di lei e allo stesso tempo cercare di controllare le mie emozioni per ciò che verrà fuori.

Dovrò essere forte per lei e posso farlo soltanto dopo aver letto e processato ciò che è successo nel passato di Prue- ragionò lucidamente Ben.

Malgrado non le facesse piacere, Sadie dovette ammettere che Ben aveva ragione: se avesse chiesto il suo aiuto senza metterlo al corrente di quello che lo aspettava, avrebbe dovuto occuparsi di due persone emotive allo stesso tempo, sopraffatta da due reazioni completamente diverse e forse quel compito si sarebbe rivelato troppo anche una persona controllata come lei.

-Ok, lascerò che tu legga il diario… Ma non devi farne parola né con Prue né con i suoi genitori- concesse infine la ragazza.

Ben annuì.

-Te lo prometto-

Con un gesto affermativo del capo Sadie sancì il loro patto, sperando con tutta se stessa di non doversi pentire della propria decisione.

 

 

 

_____________________________

 

Ad Albus bastò uno sguardo. O per essere più precisi, il veloce cambiamento d’espressione che era avvenuto sul volto di sua madre per capire che non sarebbe riuscito a farla franca.

Una volta sceso dall’Espresso si era mescolato alla folla di studenti in cerca dei propri genitori, tenendosi a lieve distanza sia da James sia da Michelle e una volta raggiunto il gruppo formato dai Malfoy e dai Zabini era stato quasi immediatamente avviluppato nell’abbraccio confortante di sua madre, desiderosa di annullare la lontananza di otto lunghe settimane.

L’abbraccio era stato rassicurante anche per Albus, il primo gesto d’ amore disinteressato ed incondizionato in quelle settimane di caos e di incertezza; per un breve istante, Albus sentì il desiderio di aggrapparsi alle spalle di sua madre e scoppiare in un pianto disperato, raccontando alla donna tutto quello che era successo nelle ultime settimane.

Quando, però, la donna aveva alzato lo sguardo sul suo volto, Albus aveva visto chiaramente l’espressione preoccupata che si era disegnata sul volto della madre per un brevissimo istante, prima che la donna tornasse a rivolgergli un sorriso affettuoso ed era stato proprio quello sguardo a fargli capire che non era ancora pronto.

Prima della fine di quella vacanza avrebbe sicuramente raccontato tutti i suoi pensieri a sua madre ma quello non era il momento adatto: c’era troppa gente, troppe orecchie indiscrete e nella gioia di rivedere i propri figli dopo otto settimane, sua madre non gli avrebbe prestato la giusta attenzione.

La donna gli aveva posato una mano sulla guancia destra per poi dargli un bacio lieve.

-E’ bello riaverti a casa tesoro- gli aveva detto sorridendo.

Albus aveva automaticamente sorriso e le aveva posato un bacio sulla guancia sinistra, abbracciandola un’ultima volta.

Al contrario di sua madre, invece, Blaise non si era preoccupato di nascondere la propria sorpresa nel vedere il suo viso scavato e gli occhi coperti da profonde occhiaie.

-Hanno smesso di darvi da mangiare ad Hogwarts?- disse tentando l’approccio dell’ironia prima di abbracciarlo a sua volta.

Albus accennò un sorriso prima di alzare gli occhi al cielo.

-Dovresti saperlo meglio di me quanto è carente la cucina del castello- ribatté altrettanto ironico.

Blaise scosse la testa, accennando una risata, prima di avvicinarsi a Ruby per salutarla in modo appropriato.

Certo che quello fosse soltanto il primo round e che presto avrebbe dovuto dare spiegazioni del suo comportamento e del suo aspetto ad uno, se non ad entrambi i propri genitori, Albus sospirò e si distanziò leggermente dal gruppo affondando nuovamente nei propri pensieri.

Le ore prima della partenza erano state veramente difficili.

Al ritorno dal Babylon, Al aveva passato ore sveglio, fermo ad osservare il panorama notturno fuori dalla finestra del proprio dormitorio, riflettendo su quello che era successo quel giorno.

Era stata una giornata particolare: le ore passate insieme a Richard erano state le più belle e le più difficili della sua vita.

Per la prima volta aveva potuto essere se stesso, senza alcun filtro; inoltre

aveva finalmente confessato al ragazzo di essere gay, abbattendo un muro che suo malgrado aveva alzato tra loro nell’ultimo anno, spaventato dalla paura di perdere l’amico inizialmente e di veder rifiutati i propri sentimenti in un secondo tempo.

Per la prima volta da tempo immemore, si era sentito libero: aveva confessato il suo grande segreto a qualcuno, poco importava che quella persona fosse l’oggetto del suo desiderio.

A posteriori poteva ammettere con se stesso di essere stato  terrorizzato sul momento, ma mentre si trovava a faccia a faccia con Richard non si era preoccupato delle conseguenze o di cosa potesse pensare il ragazzo: vista la presenza al Babylon del Grifondoro era quasi certo che non lo avrebbe visto fuggire via inorridito dall’annuncio ma questo non diminuiva la sua paura che questo ennesimo cambiamento in quella che inizialmente era una semplice amicizia, si rivelasse troppo per il ragazzo portandolo a distaccarsi definitivamente da Albus.

Il loro rapporto si era complicato nelle ultime settimane, al punto che incontrare Richard casualmente per i corridoi si rivelava ogni giorno più difficile, specie se il ragazzo era in compagnia di James, ma una parte di Albus non aveva mai smesso di sperare che in un modo o nell’altro avrebbero trovato il modo di ritrovarsi e di ricostruire la loro amicizia.

Sarebbe stato disposto a soffocare i propri sentimenti e a controllare la propria gelosia pur di non perdere l’amico di sempre.

Trovarlo lì, accanto a se al Babylon era stata una sorpresa e, anche se la sua prima reazione era stata la rabbia, ora Albus si rendeva conto che questa era svanita velocemente per lasciare il posto al sollievo: probabilmente se fosse stato solo non avrebbe resistito neanche un’ora all’interno del locale, invece la presenza del ragazzo l’aveva calmato e gli aveva permesso di godersi a pieno quell’esperienza.

Per la prima volta da settimane avevano parlato per ore degli argomenti più disparati senza preoccuparsi di essere interrotti e, in un gesto di estrema follia, Albus aveva convinto l’amico a ballare.

Al centro della pista, davanti a tutti.

Se non era morto d’imbarazzo in quel momento, Albus poteva considerarsi immortale.

Il Serpeverde era il primo ad ammettere di non avere grandi doti sulla pista da ballo, a causa della sua altezza e della sua incapacità di controllare gambe e braccia più lunghe del normale ma grazie all’aiuto di Richard, che aveva cercato di metterlo a suo agio, e alla consapevolezza che una volta uscito dal locale non avrebbe più incontrato nessuno dei presenti sulla pista da ballo, si era lasciato andare al ritmo della musica e si era scatenato.

Era stato un pomeriggio perfetto.

C’era solo una piccola, insignificante, nota negativa: aveva avuto la conferma che Richard provava qualcosa per James.

Era stata una sorpresa quando il Grifondoro aveva ammesso di essere, se non gay, almeno bisessuale visto il suo sempre più frequente interesse verso il genere maschile.

Quella notizia aveva fatto nascere il lui un briciolo di speranza che potesse nascere qualcosa tra loro oltre l’amicizia, ma questa era stata prontamente schiacciata dalla confessione di Richard.

C’era già un ragazzo nella sua vita.

Qualcuno che aveva fatto perdere la testa al Grifondoro. Anche se Richard non aveva usato esattamente quelle parole era evidente dal mondo in cui parlava di lui quanto fosse preso da quel ragazzo.

La batosta finale era arrivata con la consapevolezza che l’ “uomo del mistero” altri non era che suo fratello James.

Una parte di se avrebbe voluto convincere Richard a lasciar perdere, a concentrare le proprie attenzioni su qualcun altro, fosse anche una ragazza, pur di non vederlo “morire d’amore” per James che non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti; ma aveva messo a tacere quella vocina nella sua testa e, facendo violenza su se stesso aveva provato a dare qualche consiglio a Richard in modo che il rapporto tra i due Grifoni diventasse più stretto, anche se Al era  certo che non sarebbe mai evoluto oltre l’amicizia.

Quella consapevolezza lo aveva rincuorato e aveva allo stesso tempo fatto sentire una merda: che persona è quella che gioisce delle pene del proprio amico?

Dopo un veloce esame di coscienza, Albus dovette convenire con se stesso che si trattava di semplice istinto di autoconservazione: se la confessione di Richard aveva reso i suoi sogni accessibili, dall’altra lo aveva messo di fronte alla realtà che Richard lo avrebbe sempre e solo visto come un amico.

Sapere che Richard avrebbe provato un po’ della sua pena lo faceva sentire meglio e, Albus ne era certo, gli avrebbe dato la spinta necessaria per guarire dai sentimenti che provava per Richard.

Se neanche quello fosse stato abbastanza, poteva sempre contare sulle sue amate pozioni.

L’unico modo sicuro per dimenticare tutti i suoi problemi.

Ora però non poteva pensarci; per le prossime due settimane avrebbe dovuto comportarsi come al solito ed evitare di cadere nella tentazione di infilarsi in qualche pub babbano per un drink che lo aiutasse ad arrivare a fine giornata.

Doveva rientrare nei panni del bravo ragazzo che aveva indossato fino a pochi mesi prima… Doveva restare lucido in modo da essere pronto nel momento in cui James avesse scatenato il panico con il suo annuncio.

Per due settimane avrebbe dovuto tenere insieme i pezzi frammentati di se stesso, con la speranza di sopravvivere a quella vacanza senza danni permanenti.

Poteva farcela. Doveva farcela.

 

 

______________________________

 

 

Come di consueto, Prudence e Ben avevano raggiunto i genitori della ragazza a King’s Cross per accogliere i ragazzi di ritorno da Hogwarts.

Per tutta la mattina, Prue era stata segretamente preoccupata del nuovo incontro con i genitori: malgrado avesse parlato più volte con sua madre al telefono, Prue non aveva più avuto modo di incontrarli dopo l’incontro di quasi quattro settimane fa con suo padre.

Conoscendo sua madre, Prudence sapeva che Hermione Granger-Malfoy era curiosa di sapere cosa si erano detti e allo stesso tempo era in ansia per un imminente colloquio fra loro, ma non appena l’aveva vista avvicinarsi a loro sul binario, un sorriso era apparso all’istante sul volto di sua madre.

La donna l’aveva abbracciata e aveva iniziato a farle mille domande per assicurarsi che tutto stesse procedendo bene con la gravidanza, un’espressione felice ed emozionata negli occhi ogni volta che posava lo sguardo sulla pancia di quasi sei mesi che era ormai evidente sotto il cappotto, prima di farsi da parte e lasciare anche a Draco la possibilità di salutare sua figlia.

Prudence sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare il polverone causato dal mistero del suo passato che lei stessa aveva contribuito a sollevare, ma era altrettanto consapevole di non essere pronta per affrontare la grande nube che incombeva su di lei.

Tutto sarebbe cambiato quando avrebbe deciso di affrontare ciò che era contenuto all’interno dell’agenda nera che le aveva consegnato suo padre: il suo punto di vista su se stessa, sui suoi genitori e anche sulla loro famiglia.

Aveva detto a suo padre che niente avrebbe potuto cambiare il rapporto che c’era tra loro, ma ripensando alla segretezza che avvolgeva il suo passato fin da quando ne aveva memoria e la ritrosia di suo padre ad affrontare l’argomento, si era ritrovata a chiedersi cosa potesse essere successo di così terribile nella sua infanzia da provocare una reazione simile nei suoi genitori.

Decisa a lasciarsi alle spalle quei cattivi pensieri per almeno altre ventiquattro ore, Prudence si lasciò coinvolgere dall’atmosfera caotica che le gemelle e Jude portavano con sé ad ogni ritorno a casa.

Li aveva visti otto settimane prima e allora non aveva potuto confidare loro la sua grande notizia ma ora, dopo aver scritto ai ragazzi che presto sarebbero diventati zii, era pronta a subire il fuoco incrociato delle loro domande e anche a farsi coccolare un po’ dalle gemelle che, non appena avevano saputo dell’arrivo di un nipotino avevano iniziato a fare mille progetti per l’arredamento della stanza del neonato e a proporre i nomi più assurdi per il piccolo.

Per questo motivo ora si ritrovava seduta su uno dei divani di casa Malfoy, con Eleonor alla sua destra e Michelle alla sua sinistra; mentre Michelle si limitava a fissare la sua pancia con sguardo guardingo, Ellie era chinata su di lei, un orecchio sul suo ventre con la speranza di poter captare qualche movimento del bambino.

-Sei sicura che ce ne sia solo uno lì dentro?- le domandò Michelle perplessa.

Prue corrugò la fronte e fissò la sorella per qualche istante prima di annuire.

In risposta la ragazza alzò le spalle.

-Sei ingrassata davvero tanto dall’ultima volta che ti abbiamo visto-rispose la ragazza.

Prue alzò gli occhi al cielo.

-Proprio quello che una donna incinta vuole sentirsi dire…- commentò leggermente ironica.

-Non sto dicendo che sei diventata una balena! Prima nessuno, ad una prima occhiata, avrebbe potuto immaginare che tu aspettassi un bambino ma ora è evidente-.

Prudence fece per rispondere alle parole della sorella ma il sospiro frustrato di Eleonor le provocò una risata divertita.

 -Questo bambino è tutto suo padre- commentò la ragazza rizzandosi a sedere. –Siamo qui da dieci minuti e non è successo niente- aggiunse.

-Perché non mi raccontate cosa avete fatto queste settimane? Che novità ci sono a Hogwarts?

Magari se siamo fortunate, nel frattempo il bambino si sveglia e potrai finalmente infastidirlo- disse Prudence divertita.

In risposta, Eleonor alzò gli occhi al cielo mentre Michelle si limitò ad scrollare le spalle.

-Niente di interessante- commentò poi Michelle.

-Se escludiamo l’esaurimento nervoso di Albus e la lenta decadenza dell’insegnamento, non c’è molto da raccontare- aggiunse Michelle.

Prue aggrottò la fronte, lanciando poi uno sguardo a Michelle.

-Che è successo ad Al?- le domandò.

Ancora una volta, la gemella si limitò ad alzare le spalle.

-Niente di importante…-

-Col cavolo!- s’intromise Ellie. –E’ andato completamente fuori di testa: ha iniziato a frequentare gente poco raccomandabile, si ubriaca quasi tutte le sere e come se non bastasse si è lasciato andare a commenti poco decorosi verso Elle- raccontò velocemente.

Prudence osservò attentamente Michelle, preoccupata per la sorella.

-Stai bene?- le domandò posandole una mano sul ginocchio più vicino a lei.

Michelle prese un respiro profondo e dopo qualche istante annuì.

-Adesso sto meglio ma non sono state settimane facili.

Ellie mi ha fatto capire che devo lasciargli spazio e anche la gita a Hogsmeade mi ha aiutato a distrarmi…-

-Non solo quella- la interruppe nuovamente Eleonor.

Prudence mosse velocemente lo sguardo tra le due gemelle, notando l’espressione maliziosa sul volto di Ellie e quella indispettita sul viso di Michelle.

-Ok, qui c’è chiaramente sotto qualcosa-si limitò a commentare.

-E’ tutto nella testa di Ellie- commentò prontamente Michelle seccata.

-Niente affatto! La nostra Elle ha un potenziale corteggiatore-annunciò trionfante la mora.

Divertita dal battibecco tra le due gemelle, Prudence sorrise guardando ora l’una ora l’altra.

-Piantala! Jeremy è stato solo gentile- replicò nuovamente Michelle.

Chiaramente frustrata, Eleonor sospirò passandosi una mano fra i capelli castani prima di riportare lo sguardo su Prudence.

-Sapevi che tutti i Serpeverde erano convinti che Albus e Michelle fossero una coppia?- le disse, soddisfatta quando vide Prudence spalancare gli occhi dallo stupore. –Quando Al ha completamente perso la testa e hanno litigato, si è finalmente rotto il cordone ombelicale che sembrava incatenarli e, indovina un po’?

Ci sono diversi ragazzi interessati alla nostra Elle che finora non si sono mai fatti avanti perché la credevano già impegnata con Albus- concluse Eleonor.

Prudence lanciò un’occhiata a Michelle che evitò di incontrare il suo sguardo, chiaramente imbarazzata.

-Immagino che Jeremy sia uno di loro- commentò cauta.

La bionda restò in silenzio, lo sguardo fissò sulle mani poggiate in grembo, finché Prudence non ne posò una sulle sue.

-Che c’è di male se un ragazzo è interessato a te?-le domandò con lo stesso tono cauto di poco prima.

Michelle restò in silenzio qualche istante prima di sospirare.

-Niente.

Jeremy è simpatico, mi sono divertita molto con lui a Hogsmeade ma ho paura di quello che potrebbe pensare Albus.

Ho paura… ho paura che creda lo abbia rimpiazzato-confessò quasi vergognosa.

-Anche se fosse? Se lo merita dopo quello che ha detto ed il modo in cui si è comportato-commentò prontamente Eleonor.

-Ellie…- la riprese Prue.

-E’ la verità Prue! Non hai idea delle cattiverie che le sputato addosso-replicò a sua volta Eleonor.

-Questo non toglie che è il migliore amico di Elle.

Forse sta attraversando un momento difficile e sicuramente non doveva sfogare la sua frustrazione su di lei, ma è normale che Elle sia preoccupata per lui.

Un’amicizia come la loro non si cancella con un colpo di bacchetta.

-La cosa importante, però, è che tu vada avanti con la tua vita- aggiunse voltandosi leggermente verso Michelle e cercando il suo sguardo. –Forse la vostra amicizia tornerà quella di un tempo, oppure no, ma questo non deve impedirti di conoscere persone nuove o di stringere rapporti più importanti con un’altra persona.

Ti sei trovata bene con Jeremy durante la giornata a Hogsmeade?-le domandò infine.

Michelle si limitò ad annuire, lo sguardo fisso in quello della sorella.

-Bene, allora vai avanti.

Continua a frequentarlo, cerca di capire se avete qualcosa in comune, se tra voi può esserci dell’amicizia o magari qualcosa di più profondo.

E’ sempre meglio avere dei rimorsi che dei rimpianti Elle-

Ancora una volta, Michelle fece un cenno d’assenso con il capo, prima di avvicinarsi alla sorella e posarle la testa sulla spalla.

Un sorriso distese le labbra di Prudence, prima che la giovane donna posasse un braccio sulle spalle della sorella cercando di infonderle tutto il coraggio e l’affetto che aveva bisogno in quel momento.

-Andrà tutto bene vedrai- la rassicurò. –Ora però voglio una descrizione dettagliata di questo ragazzo e di quello che avete fatto insieme a Hogsmeade- aggiunse con una punta d’ironia nella voce che fece ridere entrambe le gemelle.

Seguendo l’esempio della gemella anche Eleonor si sistemò sul divano in modo da poter poggiare la testa sulla spalla di Prudence, una mano poggiata sul ventre rigonfio della sorella.

Fu in quella posizione che le trovò Draco quando entrò velocemente nel salotto, attirando su di se l’attenzione delle tre ragazze.

Nonostante gli occhi di ghiaccio dell’uomo fossero puntati sulle figlie, Prudence ebbe la chiara impressione che l’uomo fosse distante anni luce da quella stanza.

-Papà, va tutto bene?- gli domandò Prudence.

Fu grazie al suono della voce della figlia che Draco ritornò presente a se stesso e il suo sguardo si focalizzò sulla scena che aveva davanti.

-Sto cercando vostra madre.

Sapete dov’è?- domandò senza rispondere alla domanda della primogenita.

Le gemelle scossero la testa, per quel poco che la loro posizione permetteva e fu di nuovo Prudence che rispose al padre.

-Credo sia in cucina-

Draco annuì e senza dire altro si diresse a passi veloci verso la cucina.

Le tre ragazze restarono in silenzio qualche istante, ancora confuse dall’atteggiamento del genitore.

-Che strano…- commentò Eleonor.

Prima che una delle altre due ragazze potesse rispondere un rumore arrivò alle loro orecchie: qualcosa, probabilmente un piatto, era andato in pezzi.

-Dite che dovremmo andare a controllare?- chiese Michelle alle altre.

Senza rispondere, le tre ragazze si alzarono in piedi quasi all’unisono e si diressero verso la cucina e, una volta arrivate nello specchio della porta si fermarono imbarazzate e preoccupate dalla scena che si mostrò ai loro occhi.

I loro genitori erano fermi al centro della stanza, uno di fronte all’altra, i resti di un piatto da portata ormai in frantumi erano sul pavimento poco distante dai loro piedi insieme a quello che ad una prima occhiata sembrava essere il contorno del loro pranzo.

Sua madre era parzialmente coperta dal corpo di suo padre, la testa bassa ed il viso coperto dai boccoli castani, ma era evidente dal movimento sussultorio delle sue spalle e dal suono del suo respiro agitato che qualsiasi cosa le avesse detto l’uomo l’aveva visibilmente sconvolta.

Nel tentativo di calmarla, suo padre aveva posato una mano sulla schiena della donna attirandola leggermente a se; la mano destra di Draco era stretta attorno al polso sinistro della madre e solo ad una seconda occhiata Prudence si accorse che il pollice disegnava segni astratti sulla pelle interna.

In quell’abbraccio, il viso di suo padre era a sua volta in parte nascosto dai capelli della donna, le labbra posate contro la sua fronte.

Fu soltanto quando la reazione iniziale provocata da quella scena scemò che Prudence si accorse delle parole sussurrate che suo padre ripeteva ininterrottamente, quasi un mantra, all’orecchio di sua madre.

-Andrà tutto bene. Non permetterò che ti succeda nulla di male…-

Sentendosi improvvisamente un’intrusa, Prudence allontanò lo sguardo dai propri genitori e, afferrando le mani delle gemelle le allontanò dalla porta della cucina, prima che una delle due potesse dire o fare qualcosa per rendere nota la propria presenza.

In silenzio le tre ragazze ritornarono in salotto, scioccate e confuse da quello che avevano appena visto.

-Secondo voi cosa è successo?- domandò Michelle chiaramente preoccupata.

Ne Prudence ne Eleonor risposero, entrambe immerse nei propri pensieri e ancora troppo scombussolate da quello a cui avevano assistito.

-Non ho mai visto la mamma così sconvolta- disse ancora Michelle.

Mentre Eleonor annuì distrattamente per dare ragione alla sorella, Prudence si rese conto che l’unica altra volta in cui aveva visto sua madre perdere il controllo in quel modo era stato il giorno in cui le aveva chiesto notizie sulla sua storia medica.

Il giorno in cui aveva tentato di avere informazioni sul suo vero padre.

Possibile che anche questa volta la causa di tutto fosse il passato dei suoi genitori ed i mille segreti che circondavano la sua nascita?

 

________________________________

 

Come ogni mattina da ormai tredici anni, la sveglia suonò alle sette in punto.

Con il solo intento di interrompere quel suono fastidioso, una mano comparve dalla montagna di coperte e si allungò verso il comodino alla sua sinistra per fermare l’allarme.

Nella stanza nuovamente avvolta nel silenzio, l’uomo si lasciò cullare per qualche altro istante dal calore e dal silenzio della stanza, consapevole che di lì a poco avrebbe dovuto abbandonare il suo bozzolo per affrontare una nuova giornata.

Lentamente il suono di voci e passi lontani arrivò a lui attraverso la porta lasciata leggermente aperta: sentì il lieve chiacchiericcio di due bambini che malgrado fossero ancora mezzi addormentati non perdevano occasione per punzecchiarsi o per battibeccare, seguito dal veloce scalpitio di passi che si avviavano al piano inferiore per la colazione.

Dopo essersi lasciato andare ad un respiro profondo, l’uomo scostò le coperte pronto ad iniziare la giornata.

Seduto sul letto, si passò una mano tra i capelli spettinati e afferrò gli occhiali lasciati sul comodino la sera prima, mettendo a fuoco il mondo intorno a se, prima di alzarsi in piedi e dirigersi con passi strascicati verso il bagno poco distante dalla camera da letto.

Osservando il proprio volto nello specchio sistemato sopra il lavandino, l’uomo dai capelli neri scoprì una nuova ruga sulla propria fronte e sospirò nuovamente per la profondità delle occhiaie che ormai da anni circondavano i suoi occhi azzurri per poi spostare lo sguardo sui capelli neri, ormai diffusamente spruzzati di grigio sulle tempie e sulla fronte.

Quando i primi capelli bianchi erano comparsi, l’uomo era andato completamente nel panico, costretto a confrontarsi con l’inizio della maturità che inevitabilmente lo avrebbe portato alla vecchiaia: per buona parte della sua adolescenza aveva avuto la certezza di non arrivare ai vent’anni, costretto a combattere un nemico più grande di lui e fortemente determinato ad ucciderlo e, ritrovarsi a trentanove anni e confrontarsi con la prova effettiva che quel pericolo  e quel mondo erano alle sue spalle, che la sua vita era ormai banale quasi come quella di un babbano qualsiasi lo aveva messo in crisi e rassicurato allo stesso tempo.

Allora il suo attacco di panico era stato contenuto da Rory e dalla sua inaspettata notizia della gravidanza.

Ora, a quarantasei anni, poteva soltanto rassegnarsi all’inevitabile: stava invecchiando, ma finché avesse avuto la forza per correre dietro ai suoi figli avrebbe continuato a considerarsi un ragazzino.

Distogliendo lo sguardo dall’immagine riflessa nello specchio, l’uomo si spogliò e fece una doccia veloce, per poi  tornare in camera e indossare i vestiti preparati la sera prima.

-Papà! La colazione è pronta- si sentì chiamare.

Un sorriso apparve istantaneo sulle labbra dell’uomo al suono della piccola voce maschile.

-Arrivo subito!- rispose prima di avvicinarsi alla porta della camera da letto e scendere velocemente le scale che lo avrebbero condotto al piano di sotto, attraversando poi velocemente il corridoio fino a giungere in cucina.

La scena che si presentò ai suoi occhi una volta arrivato nello specchio della porta era la stessa da anni ormai, ma ogni giorno una sensazione di serenità gli riscaldava l’anima ogni volta che il suo sguardo si posava sui suoi figli o su sua moglie seduti attorno al tavolo.

Rory era seduta a capotavola, la mano sinistra stretta attorno alla prima tazza di caffè della giornata, un piatto con un toast imburrato davanti a se; alla sua destra era seduta Saoirse con indosso l’uniforme della scuola ed i capelli neri perfettamente acconciati in due trecce, lo sguardo fisso sulla tazza di cereali davanti a se come se il contenuto della ciotola le avesse fatto un dispetto. Seduto accanto alla sorella c’era Cillian, anche lui già pronto per la scuola, ma contrariamente alla sorella più interessato alle macchine giocattolo che aveva accanto a se che alla colazione, malgrado le sollecitazioni della madre.

-Cillian, niente giochi sul tavolo- lo rimproverò bonariamente l’uomo prima di avvicinarsi al tavolo.

Fermandosi accanto a Saoirse, si chinò leggermente per posarle un bacio tra i capelli e allungando una mano, affondò le dita della mano destra per scompigliare i capelli castani del bambino provocando la risata divertita di Cillian.

-Buongiorno tesoro-disse avvicinandosi a Rory, chinandosi nuovamente per posare un bacio lieve sulle labbra della donna.

-Buongiorno amore. Il caffè è ancora caldo e ti ho lasciato il pane tostato nel tostapane-lo informò prima di posargli un nuovo bacio sulle labbra.

-Come farei senza di te?- le domandò l’uomo con un sorriso accennato.

Rory alzò gli occhi al cielo, dandogli una leggera spinta per allontanarlo da se.

-Non sapresti neanche dove sono i tuoi calzini- rispose ironica.

Ridendo, l’uomo si avvicinò al lavabo per prendere la tazza sistemata poco distante dal bollitore, iniziando subito dopo a preparare la propria colazione.

-Puoi portare i bambini a scuola questa mattina?- gli domandò Rory voltandosi leggermente verso di lui.

Il moro annuì.

-Nessun problema, però non sono sicuro di poter andare a prenderli oggi pomeriggio: ho una riunione alla radio e non so quanto durerà.

Ci pensi tu?-domandò di rimando.

Questa volta fu la donna ad annuire.

-Sarai a casa per cena?-

-Papà, mi hai promesso che oggi avremmo lavorato insieme al mio progetto di storia- s’intromise Saoirse.

L’uomo annuì, prima di addentare il proprio toast.

-Tranquilla tesoro, non l’ho dimenticato. Sarò a casa in tempo per darti una mano e per cenare tutti insieme.

Avete finito la colazione?-domandò poi rivolto ad entrambi i figli.

I due bambini annuirono.

-Bene, allora andate di sopra e lavatevi i denti e cercate di non trasformare il bagno in una piscina come al solito- disse loro.

Uno dopo l’altra i due bambini si alzarono e si uscirono velocemente dalla cucina, lasciando i due adulti da soli.

-Che programmi abbiamo per il fine settimana?- domandò l’uomo voltandosi a guardare la compagna.

Rory alzò le spalle.

-Ha chiamato mia madre ieri sera: vuole  passare un po’ di tempo con i bambini; magari posso chiederle di andarli a prendere a scuola e possono restare a dormire da lei venerdì sera-gli disse, voltandosi leggermente per incontrare lo sguardo dell’uomo.

Un’espressione maliziosa apparve sul volto dell’uomo, prima che questi alzasse le sopracciglia in un gesto ironico.

-Stai per caso cercando di sedurmi?-scherzò il moro.

Rory rise e scosse leggermente la testa.

-Non sapevo di dover ancora sfoderare tutte le mie arti seduttive dopo tanti anni- ribatté ironica.

L’uomo rise e si avvicinò alla compagna posando una mano sulla spalliera della sedia e l’altra sul piano del tavolo, bloccandola così in quello spazio ristretto e costringendola ad alzare leggermente lo sguardo per incontrare gli occhi verdi dell’uomo.

Il moro scosse la testa prima che un lieve sorriso gli incurvasse gli angoli della bocca.

-Non ne hai bisogno… Tu riesci a sedurmi ogni volta che ti guardo- le disse serio.

Rory restò in silenzio qualche istante, prima di rispondere al suo sorriso.

-Stai cercando di farti perdonare qualcosa?- gli domandò scherzosa. –Non è il nostro anniversario, San Valentino è ancora lontano e non è neanche il mio compleanno- disse ironica.

L’uomo rise prima di chinarsi leggermente verso di lei e posare le labbra su quelle di Rory e baciarla.

-E’ per il tuo senso dell’umorismo che ti ho sposato-commentò allontanandosi dal volto della moglie la distanza necessaria per incontrare nuovamente gli occhi castani della donna.

Rory alzò gli occhi al cielo e lo scostò da se per poi alzarsi in piedi.

-Tu sì che sai far felice una donna- commentò con la stessa ironia nella voce.

Prima che l’uomo potesse replicare, un cellulare iniziò a squillare.

Riconoscendo la suoneria, l’uomo infilò la mano destra nella tasca dei pantaloni ed estrasse il telefono, avviando la conversazione senza guardare il nome sullo schermo, certo che quella fosse la prima telefonata di lavoro della giornata.

-Pronto?-

-Harry?- disse una voce femminile dall’altra parte della cornetta.

Il suono di quella voce, totalmente inaspettato, portò l’uomo ad immobilizzarsi al centro della stanza, mentre un brivido freddo scorreva lungo la sua schiena.

-Ginny?-

Erano undici anni che non sentiva quella voce.

Undici anni da quando si erano incontrati per l’ultima volta.

Una voce che rappresentava un passato e tutti gli errori commessi che aveva cercato di cancellare e a cui non avrebbe mai potuto fare ammenda.

Se ora, dopo tanti anni, Ginny lo aveva contattato doveva avere un motivo veramente importante, una ragione che lo avrebbe costretto a fare i conti con quel passato che ormai non gli apparteneva più e con cui non si identificava più.

Sentendo pronunciare quel nome, Rory si voltò verso il marito e lo fissò con un’espressione sorpresa e preoccupata allo stesso tempo.

-Abbiamo un problema Harry.

Si tratta di James-.

Confermando in un istante tutte le sue paure.

 

 

Salve a tutti! Bentrovati ^_^

Chiedo scusa per la lunga attesa per il nuovo capitolo, ma è stato un periodo complicato tra problemi di salute, sessione d'esami e inizio delle nuove lezioni XD

Dunque, veniamo a noi e affrontiamo subito il problema dei cambiamenti a Godric's Hollow: come vi ho suggerito all'inizio, tenete sempre presente che le circostanze in cui avvengono gli eventi narrati sono molto diverse dai libri della zia Rowling; seguono, ovviamente, gli eventi della prima FF, dove Harry si è reso complice del rapimento di Prudence ed è stato processato per il proprio crimine. Quindi possiamo dire senza paura di essere smentiti che la sua immagine dell'eroe perfetto e senza macchia sia stata irrimediabilmente compromessa, influendo così sulla piccola città di Godric's Hollow.

Inoltre si è fatto più volte accenno ad alcune leggi che sono state approvate nel 2010, quindi subito dopo il processo descritto nella prima FF e vi prometto che sarò più chiara al riguardo nei prossimi capitoli.

Un altro grande tema è sicuramente il ritorno di Harry: siate sinceri, ve lo aspettavate? Io stessa fino all'ultimo non ero a conoscenza del suo ritorno, fino a quando non è sembrata la cosa più logica da fare. Lui è l'unico che può risolvere la complicata questione tra James e sua madre e, probabilmente, l'unico a cui Jim darà ascolto senza mettere in dubbio le sue parole.

Vi prometto che presto affronteremo anche l'altra grande questione di questa FF, ovvero Prudence ed il suo passato ma ci stiamo avvicinando pian piano a questo momento e vi posso assicurare che le azioni descritte in questo capitolo hanno messo in modo un meccanismo che sarà difficile fermare.

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e, come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura e/o ortografia.

Il titolo è tratto da una canzone omonima degli Eurythmics mentre la frase ad inizio capitolo è tratta da "Love kills" di Freddie Mercury.

Ed ora i ringraziamenti: Liz_P(Grazie per i complimenti, sia per questa FF sia per "Il pagamento"! ^_^ Spero la lunga attesa sia stata ripagata), FiorentinaSara(Prudence vuole conoscere il proprio passato perchè non capisce il segreto che circonda la sua infanzia, ma continua ad amare e considerare Draco il suo vero padre;James è un ragazzo confuso al momento, inoltre è facile idolatrare un padre di cui leggi le gesta eroiche su tutti i libri di Storia, ma piano piano si sta rendendo conto che la verità è molto diversa da quello che è scritto sui libri. Posso chiederti una cortesia? Quando scrivi un commento puoi fare attenzione alla punteggiatura?), Dastan92(Grazie per i complimenti e soprattutto Benvenuta! ^_^ Spero davvero di non deluderti, ma allo stesso tempo ti chiedo un pò di pazienza per la mia vita sconclusionata di studentessa universitaria che mi impedisce di dedicarmi alla scrittura quanto vorrei XD Io ADORO Queer As Folks!!!! Come ho sempre detto la mia concezione dell'amore è completamente cambiata dopo aver conosciuto Brian & Justin, quindi cerco sempre di inserire un riferimento a questa meravigliosa e, purtroppo, sottovalutata serie).

Bene, per il momento è tutto io vi auguro Buona Pasqua e vi do appuntamento al prossimo capitolo.

Baci, Eva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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