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Autore: Sinden    20/04/2019    1 recensioni
FF basata su film Il Signore degli Anelli - Le due Torri, genere fantasy/avventuroso
Storia di un esercito mercenario di Uomini dell'Est, comandati da una donna senza passato e senza scrupoli. Il suo arrivo nel regno di Rohan, oppresso da Saruman, porterà molte cose alla luce...non solo sul suo passato.
Estratto:
"Taci." le disse Éomer. "O i tuoi soldati non ti vedranno mai più."
"Spiacente, figlio di Éomund. Non mi impressioni. Non hai credibilità se lasci quel plebeo untuoso guidare il vostro reame. Ora sei tu il principe, non è cosí? Bene, guarda i tuoi sudditi." gli disse Goneril, indicando con un dito inanellato le abitazioni tutt'intorno. "È tua precisa responsabilità proteggerli. Per prima cosa, dovresti andare là dentro e mandare all'altro mondo quel Grima, o farlo imprigionare. Poi, dovresti galoppare con i tuoi Rohirrim verso Isengard, e spedire anche quel vecchio incartapecorito di Saruman dritto da Eru, e che se la veda lui. Allora tuo zio sarà libero, e anche tutti voi. Ma non farai né una, né l'altra cosa." Goneril fece una smorfia di disprezzo. "Invece, prendertela con una donna é più facile. Meno pericoloso."
⚜️⚜️⚜️
Capitolo conclusivo della saga Roswehn/Thranduil
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Eomer, Eowyn, Gandalf, Legolas
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Goneril venne gettata senza troppi complimenti in una delle celle del sotterraneo.

L'Elfo carceriere chiuse con un gesto deciso la porta a sbarre, e con due giri di chiave fece scattare la serratura.

La donna sentì un'ondata di rabbia percorrerle la schiena. Afferró le sbarre con entrambe le mani. "Thranduil!! Non puoi far questo! Disgraziato! Infame!!!" urló con tutta la voce che aveva in gola.

"Silenzio!" comandó la guardia. "Meglio per te se stai tranquilla. Impazzirai in questo angusto spazio, se non risparmi le energie."

"Dammi quelle chiavi!" gridó lei, facendo passare un braccio attraverso le sbarre di ferro. L'Elfo si ritrasse di scatto, anche perché la donna sembrava fuori di sé, come una leonessa in gabbia. "Dammi quelle chiavi...e forse ti lasceró vivo!" disse.

L'Elfo rise. "Dovresti preoccuparti di rimanere tu viva. Poiché Lord Thranduil non ti ha condannata a morte, siamo incaricati di sorvegliarti e portarti del cibo. Credo abbia ancora bisogno di parlare con te, per questo vuole che tu sopravviva."

"Il tuo Re...ha le ore contate, te lo garantisco. Come tutti voi." rispose lei. "Il vostro mondo brucerà. Ogni singolo albero di questa foresta andrà in fiamme. Stupidi!"

"Beh... in attesa di andare arrosto...io vado a bermi un bicchiere. Tu...mettiti pure comoda." ridacchió la guardia. Poi, dopo aver agganciato il mazzo di chiavi alla sua cinta, si allontanó verso le cantine.

"Torna qui, muoviti!" gridó ancora lei.

"Ti auguro buona notte, mortale." sentì l'Elfo rispondere, mentre si allontanava. E poi un'altra risata.

Goneril sbatté una mano contro il ferro di quella porta. Rinchiusa. Era prigioniera. E ora avrebbe allegramente detto addio al suo oro.

Certo, con lei bloccata lì, i suoi uomini sarebbero andati al galoppo a Gran Burrone a prendersi le cento casse indisturbati. A meno che, naturalmente, Degarre non avesse scelto davvero di unirsi al resto dei popoli dell'Est e andare a Gondor. Per mettersi al servizio di Sauron.

Più ci pensava, più le sembrava incredibile. E d'improvviso, le fu anche chiaro il motivo per cui gli Elfi covavano sempre quell'indistruttibile complesso di superiorità verso gli Uomini. 
Un Elfo non si sarebbe mai unito agli Orchi. Piuttosto si sarebbe fatto tagliare a fettine, ma non avrebbe mai e poi mai scelto di servire Morgoth o il suo amichetto a forma di occhio gigante.

Gli Uomini sì, invece. Gli Uomini erano deboli, ambiziosi, meschini. Gli Uomini dell'Est erano pronti a scendere in campo contro i loro fratelli del Sud, cioé gli abitanti di Gondor, e a quelli dell'Ovest, cioé Théoden e la sua gente, per arrivare al Potere.

Pensó che, alla luce di quello, perfino la razza degli Orchi poteva sembrare migliore di quella umana: gli Orchi non si fregavano l'un l'altro in quel modo. Non si facevano guerre fra di loro. Insomma, erano tutti schierati con il Male, ma almeno erano schierati tutti da una parte. Erano coerenti, per la miseria.

Degli Haradrim non c'era da sorprendersi: erano discendenti dei Numenoreani Neri, la gente che millenni prima aveva già scelto Melkor, o Morgoth, come padrone.

I Corsari di Umbar erano stati una spina nel fianco per Gondor fin dalla Seconda Era, e di sicuro non avrebbero perso la ghiotta occasione di tentare l'assalto finale al grande regno.

Ma dagli Orientali, in special modo dai Varyag del Khand, non se lo sarebbe aspettata. Il Khand era un piccolo territorio annesso a Mordor, ma nonostante la posizione geografica, i suoi abitanti avevano mantenuto sempre una certa indipendenza dai mostri che abitavano Barad-dûr. 
Anzi, odiavano gli Orchi.
Perché improvvisamente si erano sottomessi a Sauron? Dietro quale promessa avevano rinunciato alla loro autonomia?

Goneril si trovó a ripensare alle parole di Degarre: un potere troppo grande. Eh sì, se le cose si fossero messe bene per l'Oscuro signore, il potere che avrebbe acquisito sarebbe stato davvero immenso. Irresistibile. 
La chiave era l'Anello, di cui le aveva parlato Gandalf. Quello sconosciuto Hobbit che lo custodiva era stato gravato di un peso troppo grande per le sue piccole spalle.

Non ce l'avrebbe fatta, non poteva farcela. Portarlo al Monte Fato, scalare quella specie di vulcano e gettarlo nella lava, indisturbato? Robe da matti, solo a pensarci. Gandalf e Elrond dovevano essere stati ubriachi quando aveva pianificato la cosa.

Gli Hobbit erano creaturine che sapevano fare bene solo tre cose: coltivare i campi, mangiare e fumare erba pipa. Che cosa poteva saperne uno di quei piccoletti su Anelli magici e Maiar e incantesimi? 
Probabile che lo spirito di Sauron, benchè ancora ignaro di chi fosse il portatore, avesse sentito che l'Anello era nei paraggi e che tentava di tornare da lui. E lo aveva capito anche Saruman, che non aveva perso tempo a decidere da che parte stare. Gli era andata male, ma prima di dire addio al mondo era riuscito a mettere insieme un'armata senza precedenti.

Comunque, per il momento quelli erano i problemi del mondo al di fuori di Boscoverde, e non riguardavano Goneril. Il suo problema, nelle prossime ore, sarebbe stato capire come cavolo uscire da una prigione elfica.

Tastó la serratura della porta con le mani. Non trovó un punto debole, una parte arrugginita da forzare. Osservó le pareti interne della celletta: erano mura senza spiragli, ed erano di solida roccia, non erano fatte di tufo. Non si poteva scavare.

Cosa rimaneva da fare?

Impetosire gli Elfi fingendo un malore era fuori discussione. Erano esseri troppo intelligenti per cadere in un tranello.

Urlare, minacciare, non l'avrebbe portata a nulla, tranne forse a beccarsi una secchiata d'acqua gelida o, al peggio, una frustata.

Peró, doveva uscire di lì.

Calma, Goneril. Rifletti. Ricorda cosa diceva il tuo amico Amon, che conosceva bene questo posto: per ogni problema, c'é la soluzione. Devi solo riflettere.

L'umana non poteva sapere che di lì a qualche ora, la soluzione si sarebbe presentata da sola.

⚜️⚜️⚜️

Era seduta sul pavimento in pietra fredda del loculo, quando con la coda dell'occhio catturó un movimento. 
Guardó fuori dalla celletta.

C'era qualcuno lì.  Qualcuno che si nascondeva sotto a un lungo matello blu come la notte. Un meraviglioso mantello di velluto.

Il cappuccio rialzato nascondeva i lineamenti. Le sembró di rivivere la scena con Legolas a Edoras, quella notte in cui l'Elfo biondo le aveva suggerito senza mezzi termini di andarsene al diavolo e piantarla di rovinare la vita a tutti, grazie tante.

Anche quel misterioso visitatore era biondo, qualche ciocca dorata spuntava dal cappuccio ed era morbidamente abbandonata sul petto. Erano capelli ondulati. Del viso, vedeva solo il mento e le labbra. Labbra rosse, piene, da donna. Ma quello era un maschio, lo capiva dall'altezza e dal torso ampio.

"Chi sei?" disse lei, alzandosi in piedi. "Che vuoi?"

"Tu sei la donna chiamata Goneril." disse la creatura. La voce era profonda, il timbro era quello di Thranduil, forse un po' più mellifluo.

"Ho chiesto chi sei." ripeté la guerriera.

Dal mantello spuntó allora una mano candida come porcellana, e con un movimento lento ed elegante abbassó la cappa che copriva il volto.

Appena vide i lineamenti, Goneril seppe di chi si trattava.

Haldir, il secondogenito del grande Re Elfo. 
Il fratellastro di Legolas. 
Il mezzosangue più importante di Arda.

Doveva essere lui, perché una bellezza simile non poteva che appartenere a un essere speciale, a un essere che pareva venire da un altro mondo.

La somiglianza con Thranduil, in realtà, era vaga, e stava tutta nel biondo dei capelli e negli occhi color ghiaccio. Il resto, doveva averlo ereditato dalla madre umana. Aveva in effetti un viso femmineo, sensuale, dolce. Zigomi morbidi e occhi impreziositi da lunghe ciglia.

E perfino Goneril, che normalmente era parca di complimenti verso il prossimo, non riuscì a trattenersi. 
"Ma sei uno splendore..." mormoró, rapita.

L'Elfo abbassó lo sguardo, intimidito e lusingato, e accennó un sorriso. 
Poi tornó a guardarla. "Mio pa...il Re ha dato ordine di rinchiuderti. Volevo parlarti." disse Haldir.

"Non sforzarti di nascondere la tua identità...principe." rispose Goneril.

Haldir si allarmó e fece un passo indietro. "Sai...chi sono?" chiese, i grandi occhi azzurri spalancati.

"Tuo padre si é così impegnato per proteggere il segreto della tua esistenza...che é perfino divertente vedere quanto i suoi sforzi siano stati vani. Sì, so chi sei." riveló la donna. Sorrise. "...ho sentito molto parlare di te, giovane Haldir."

L'Elfo guardó in direzione delle cantine, preoccupato che una guardia sopraggiungesse. Le fece cenno di abbassare la voce. Poi si avvicinò alla cella. "Oggi il Re ti ha interrogato, me l'ha detto. Non é soddisfatto dalle tue risposte. Per lui, tu ancora nascondi qualcosa. Intendevi andare a Esgaroth." disse. "É la verità?"

Goneril fece di sí col capo. "Esatto. Ahimé, il tuo papà non é d'accordo."

Haldir mise una mano sulle sbarre. Si fece ancora più vicino e Goneril ammirò di nuovo la perfezione del
suo viso. "Se sai chi sono...forse...allora...conosci anche mia madre." disse lui.

L'umana si trovò interdetta. Davanti a Thranduil aveva faticosamente evitato di pensare alla donna di Dale...ma con suo figlio, cosa avrebbe dovuto fare?

Scrutò i suoi occhi.
Haldir aveva uno strano sguardo, e un atteggiamento che sembrava cospiratorio. Questo la incoraggiò a correre il rischio.

"Sí. So che vive lí. Si chiama Roswehn." ammise.

Il principe afferrò le sbarre anche con l'altra mano. "Dimmi, ti prego... stai andando da lei?" chiese, ansioso.

A quel punto, la guerriera tornò cauta. Il suo istinto le ordinò di non sbottonarsi troppo. Prudenza, ci voleva con gli Elfi. Prudenza.

"Io devo parlare con la regina Sigrid, come ho spiegato a tuo padre. É quello il mio piano." rispose freddamente.

Haldir la fissò e la donna incontrò lo stesso sguardo penetrante del Re. Ma se non aveva ceduto davanti al millenario Thranduil non avrebbe ceduto nemmeno davanti a quell'Elfo,  che sembrava poco più di un adolescente.

"Senti," disse infine Haldir. "Voglio chiederti un favore."

"Parla." lo esortò Goneril. 
Haldir era venuto lí a contrattare qualcosa... e nessuno meglio di una mercenaria sapeva fiutare una grande occasione. Un buon affare.

"Ti voglio aiutare. Ti farò fuggire. Ho qui con me l'altra chiave di questa cella. Vengono sempre realizzate copie di queste chiavi, in caso venissero perse. L'ho trovata." spiegò il principe.

"Eccezionale." si complimentò Goneril. "E che favore vuoi in cambio della mia libertà?" chiese, intuendo comunque la risposta. Non ci voleva un genio. 

"Andrai a Dale, hai detto. Mia madre vive lí. Ti chiedo...di portarle un mio messaggio." disse a bassa voce Haldir. "Lo farai, se ti lascio libera?"

"Puoi scommetterci." promise la donna.

Haldir studiò il suo viso per qualche attimo. Non gli piaceva molto la luce maliziosa negli occhi verdi dell'umana, ma doveva rischiare. Doveva provare a fidarsi di lei. "Mio padre mi ha proibito di andare a Esgaroth. Ho sempre fatto visita a mia madre, ma ora me l'ha vietato. Se sparisco d'improvviso, lei si preoccuperà. Tu sai chi é Roswehn Monrose, immagino tu sappia anche quanti anni ha. Non le resta molto da vivere, purtroppo. E io ho paura di non riuscire a dirle addio, prima che i suoi giorni da mortale  finiscano. Puoi comprendermi? Io devo rivederla. E lei deve sapere che in qualche modo andrò a Dale. Deve...aspettarmi." disse. Goneril notò che aveva gli occhi lucidi.

"Perché non parli a tuo padre e non gli dici quello che hai detto a me?" chiese.

Haldir fece un sorriso amaro. "Mio padre...lo hai conosciuto, mio padre." mormorò. "Mi ostacola su molte cose. É fatto cosí."

"Mi sembra crudele, peró. Inoltre, so che lui e tua madre si sono amati moltissimo. Come può essere cosí duro anche verso di lei? Proibirle di vedere il suo unico figlio?" obiettò Goneril.

Haldir si girò dall'altra parte. Forse per nascondere una lacrima. 
"Non lo so. Non lo so, ma io...non posso. Cioé, non voglio chiudere in questo modo. Dimenticarmi di lei." si voltò di nuovo verso Goneril. "Allora, mi aiuterai?"

La guerriera allungò una mano attraverso le sbarre. "Questa mano ne ha strette molte altre, principe. Ho preso decine di accordi, in vita mia. A volte li mantenevo, a volte no. Ma questa volta, hai anche la mia parola d'onore."

Haldir allungò timoroso una mano verso la sua e gliela strinse. Goneril avvertí una strana energia saettarle nel braccio.

Poi, l'Elfo estrasse la preziosa chiave e, il più silenziosamente possibile, la inserí nella serratura. In un lampo, la porta si aprí e lei fu libera.

"Ora seguimi. In silenzio." sussurrò Haldir. "Stiamo entrambi rischiando grosso, sappilo."

"A me capita spesso, altezza." rispose lei. "Ho rischiato grosso per tutta la mia vita."

"Ti accompagnerò al confine orientale. Ti mostrerò il sentiero nascosto attraverso i boschi, quello che percorro io quando vado a Dale. Mio padre non sa della sua esistenza" bisbigliò l'Elfo, mentre entrambi sgattaiolavano lontani dai sotterranei. "É notte fonda. Dovrai fare attenzione."

"Non preoccuparti. Ma rivoglio il mio mantello. E la mia spada." pretese lei.

"Ho già recuperato tutto." rispose il principe.

I due attraversarono cunicoli oscuri, corridoi sotterranei e inosservati lasciarono il Palazzo.

Una volta all'aperto, vennero avvolti dalla nebbia notturna, che in quelle prime notti di Marzo era ancora fitta. Faceva freddo.

"Per di qua. Seguimi." disse il Principe. "E prega che nessuno ci veda."



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