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Autore: queenjane    21/04/2019    9 recensioni
Pasqua 1918, una famiglia un tempo potente, i Romanov, separata e prigioniera, i pensieri di un ragazzo, che non molla e cerca di andare avanti, in onore e memoria di Alexei, l'ultimo zarevic i cuoi occhi conservavano ogni sfumatura di indaco, zaffiro e celeste, che esisteva tra il cielo e il mare. Dedicato a CB, Yonoi, MK, K69, L67, S_U, AA, MGrandier Per non dimenticare.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Da una lettera cumulativa di Olga Romanov a suo padre, dalla Siberia agli Urali, nel 1918 la Pasqua ortodossa cadeva il 5 maggio” .. da un telegramma abbiamo saputo che tutto è a posto. O Dio, come state? È terribile non essere insieme, non sapere nulla, dato che non sempre ci raccontano la verità (..) Dio sia con te, Papa (..) ..  continuo la lettera, Cristo è risorto. Vorremo sapere come avete celebrato la Pasqua, Mamma cara quando saremo finalmente insiemeDio vi protegga. La messa di mezzanotte e il servizio successivo sono stati fatto bene, era tutto bello e intimo (..) Il Piccolo ha dormito e non ha partecipato alla cene di Pasqua, neanche si è accorto che lo abbiamo portato nella sua stanza..Oggi abbiamo distribuito le uova(..) Sentiamo le campane.. Il tempo è brutto” 


Alessio sognava la Spagna, se la passava, voleva vedere la rocca dei Fuentes, immaginava Ahumada come una magica melodia, diventare un soldato, fatti e non parole.  Lui e le sue sorelle, tutti da Catherine, nata nel 1895, come la prima figlia dell’attuale colonnello Romanov, Olga, amica e confidente, sposata a un Funtes, appunto.
E ricordava la Pasqua del 1917 “Da quando in qua dipingi le uova?” aspirò l’odore delle tempere, scrutando il tavolo invaso dai  tentativi di dipingere, appunto, in vista della Pasqua ortodossa, era costume dare uova dipinte.
Aveva rimuginato bene, quando Kerensky era venuto per la seconda volta gli aveva dato la mano e aveva chiesto serafico se, essendo lui K., ministro della giustizia, trovasse legale che lo zar avesse abdicato pure per lui. La sortita aveva causato un imbarazzato silenzio, dopo l’imperatore gli aveva spiegato che lo aveva fatto per non fargli riscontare i suoi errori “Come se non li stessimo scontando tutti ora, come se non li scontassi ora” aveva ribattuto, amaro, lucido, se ne era andato, maleducato come non mai con i suoi genitori, così infuriato che manco un soldato lo aveva tallonato, aveva uno sguardo autocratico, che inceneriva e bandiva ogni replica. E  lo pensava ancora, a Tolbosk, suo padre aveva sbagliato, arrogandosi di un diritto, il suo, di cui non doveva e poteva disporre, e tanto lo aveva fatto.
Erano prigionieri dall'abdicazione dello zar nel marzo 1917, ogni giorno era stato uno scalino verso l’inferno, lui era prigioniero, in tripla misura, delle guardie, del letto su cui giaceva, aveva avuto l’ennesima crisi, di emofilia, detta il “morbo inglese” trasmessa da sua madre. Alessandra, la tragica straniera che si era appellata alla religione e a Rasputin per guarirlo da quella maledizione, dolore nel dolore che mai avrebbe conosciuto termine.

Un sospiro  sorse dalle labbra, era stremato e non si arrendeva.

Si  può restare liberi dentro la proprio anima, nonostante tutto, che in quel modo nessuno può toccarti,  ho sempre vinto, a prescindere.
 Potevo essere una vittima o cercare di andare avanti, ho scelto quella seconda opzione.
La nostalgia si scava lungo gli alisei del ricordo..
Tutto passa,
come i petali di bianche rose
soffiati dalle mie mani.
   
 
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