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Autore: NPC_Stories    22/04/2019    3 recensioni
Lady Freya, figlia del capoclan più importante della Foresta di Mir, è una stregona incapace di controllare i suoi poteri. Sua madre la conduce ad Evereska, una città elfica rinomata per il controllo delle arti magiche, nella speranza che i migliori maghi elfi possano aiutarla a sviscerare quel mistero.
Le conseguenze di questo viaggio sono davvero imprevedibili.
.
Piccolo prequel di Non era amore ma almeno era Amyl, che racconta di come Freya e Aphedriel si sono conosciute.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1360 DR: Omnia vincit amor


“Freya, sei impazzita? Non puoi sposare una persona che conosci appena!”
Lady Merildil si massaggiò le tempie con piccoli movimenti circolari, per soffocare l'emicrania sul nascere. Era un gesto che stava diventando tristemente automatico negli ultimi anni.
Sua figlia, la sua giovane bellissima e scriteriata figlia, la stava guardando con occhioni da cane bastonato. Uno sguardo che avrebbe sciolto il cuore di chiunque, ma sua madre la conosceva da sempre e ormai si era immunizzata.
“Ma mamma, io e Aphedriel siamo thiramin! Lei è la mia altra metà, non puoi tenerci separate!”
“Tesoro…” Merildil avvertì chiaramente che il mal di testa stava arrivando, nonostante tutto. “Non è assolutamente mia intenzione tenervi separate, sto solo dicendo che prima dovreste conoscervi meglio. Non potete sapere se questa non sia un'infatuazione passeggera.” Parlava con Freya, ma decise di puntare gli occhi sulla maga, che le sembrava di gran lunga più ragionevole.
“Non mi sono mai sentita in questo modo” sospirò Freya, alzando le braccia al cielo e volteggiando per la stanza, come se stesse ballando in onore delle stelle. “Ho avuto delle infatuazioni ma non hanno mai raggiunto il mio cuore, ora capisco che erano solo capricci. Mamma,” tornò da Merildil e le prese le mani nelle sue, costringendola a smettere di massaggiarsi le tempie. “Mamma, io so che è vero amore. Capisco che non ti fidi, sono stata incostante e umorale in passato, ma ora credo di aver trovato il mio centro. Sai che non mi sono mai invaghita di una donna, eppure appena ho visto Aphedriel ho capito che lei era la mia thiramin. Il destino ci ha fatte incontrare, non lo vedi?”
La druida guardò sua figlia negli occhi per un lungo momento. Ragazza ostinata, pensò, realizzando che alla fine avrebbe dovuto capitolare.
“Vedo che sei seriamente convinta di questa cosa” concesse, in tono diplomatico, “ma già in passato hai fatto un sacco di scene per persone che credevi di volere.”
“Di volere, ma non di amare” sottolineò la giovane.
“Va bene. Va bene. Sei convinta di amare questa giovane, e sei sincera nei tuoi propositi. Ti sei preoccupata di che cosa provi Aphedriel per te?” Le domandò, pilotando lo sguardo di Freya verso la sua nuova fidanzata.
“Io amo vostra figlia” rispose l'elfa della luna, pacatamente ma con convinzione granitica. “Non sono mai stata una persona molto emotiva, o che prende decisioni su due piedi, e non mi affeziono velocemente alle persone. Ero venuta qui per litigare. Quando ho visto Freya però… qualcosa è scattato. Anche io ho sentito nel mio cuore che siamo thiramin.”
Merildil sostenne lo sguardo della maga, vi scrutò dentro come per cercare tracce di quella giovinezza, quell'incoscienza che caratterizzavano Freya. Non vide nulla di tutto questo. L’elfa della luna aveva lo sguardo di una vecchia nel corpo di una ragazzina, l'espressione di chi non ha mai vissuto quelle esperienze folli che dovrebbero essere relegate all'adolescenza.
Questo forse è anche peggio, perché Aphedriel sicuramente si considera matura e responsabile, quando in realtà non ha alcuna saggezza data dall'esperienza. Astenersi dalle follie non significa essere savi. Merildil rifletté sui costumi della sua gente, la totale libertà concessa agli adolescenti perché potessero seguire i propri capricci finché era il tempo. Aphedriel sembrava qualcuno che avesse completamente saltato quella parte della vita.
Freya potrebbe essere la sua prima pazzia. Forse sta commettendo un grosso errore; non le interessa davvero mia figlia, ma l’idea di libertà che porta con sé.
Sono così simili. No… complementari. Sono come due strade che sembrano dirigersi in direzioni opposte, ma fanno solo un largo giro per poi riunirsi. Non riesco a capire se sia una cosa positiva o negativa.

“Ragazze, il mio unico timore è che vi facciate del male a vicenda. Se una sola di voi due si sta illudendo sui suoi sentimenti, l'altra ne soffrirà immensamente.” Questo in effetti riuscì a scatenare una reazione preoccupata in entrambe. Le due giovani si guardarono brevemente, come se ognuna delle due avesse paura di fare del male all'altra. Merildil decise che era una buona cosa, non avevano del tutto perso la ragione e i loro sentimenti non erano egoistici. “Quindi vi prego, proprio per l'amore che dite di provare l'una per l'altra, aspettate. Date tempo ai vostri sentimenti di stabilizzarsi, di vedere se sopravvivono al periodo iniziale dell'innamoramento.”
Altri sguardi preoccupati fra le due giovani.
“Come faccio a sapere che non si tratta di un trucco? Tu sei chiaramente contraria a questa unione” mugugnò Freya.
Merildil alzò le mani in segno di pace. “No, tesoro, non sono contraria. Voglio solo essere certa che tu non corra troppo. Sarebbe un onore dare il benvenuto ad Aphedriel nella nostra famiglia e nella nostra foresta.” Quest’ultima frase era indirettamente rivolta alla maga, che infatti si irrigidì. La druida ci aveva visto giusto, le ragazze non avevano ancora parlato di sciocchezzuole come le centinaia di miglia che separavano le loro case e chi delle due si sarebbe trasferita. Aphedriel era una promettente studentessa, Freya la figlia di un capoclan: entrambe avevano forti interessi da proteggere, carriere da tutelare. In realtà ormai nessuno credeva che Freya sarebbe diventata capoclan, a meno che prima non avesse messo la testa a posto; se le due erano veramente thiramin, tornare senza Aphedriel avrebbe voluto dire escludere Freya dalla successione. Merildil conosceva bene i capricci di sua figlia quando si trattava di minuzie che giudicava importanti, e l’instabilità magica che portavano; non osava pensare a come avrebbe reagito la magia involontaria della stregona davanti alla deprivazione del vero amore.
Non posso portare a casa Freya senza la sua nuova fiamma, ma questa maga non vorrà andarsene da Evereska, dove sta costruendo il suo futuro. Forse dovrei lasciarle stare qui, ma dove e con chi? Non abbiamo parenti in città, non conosciamo nessuno abbastanza bene da chiedere un simile favore, Freya non è attrezzata per una lunga permanenza lontana da casa. Dovrei restare qui con mia figlia, ma ho delle responsabilità a Sarenestar. E in tutto questo non sappiamo neanche se la famiglia di Aphedriel accetterebbe questa unione.
“Comprendo i vostri sentimenti, dico solo: aspettate qualche settimana. Intanto parleremo con la famiglia di Aphedriel, che immagino non sappia ancora nulla. Se siete veramente thiramin, ci saranno molte cose da decidere.”
Aphedriel abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore. “Io…” mormorò. Guardò Freya, sembrò riuscire a trarne un po’ di conforto, quindi si schiarì la gola e riprese: “Non ho una vera famiglia. Non è mai stato molto chiaro chi fosse mio padre, ma le voci dicono che mia madre abbia avuto una relazione con un elfo già sposato. La famiglia di mia madre mi ha accolta e mi ha dato il suo cognome, e quando ero piccola sono stata cresciuta ed educata come una nobile, ma circa vent'anni fa sono rimasta orfana. Mio zio ha svincolato l'eredità di mia madre, una discreta somma, me l'ha consegnata e mi ha augurato buona fortuna. Era chiaro che per loro ero motivo di imbarazzo. Ho deciso di investire quasi tutto nella mia educazione e nel mio futuro, iscrivendomi all’Accademia. Speravo di diventare una persona importante in città contando solo sulle mie forze. Per il momento sto andando molto bene e ammetto che mi dispiacerebbe rinunciare ai miei studi, ma non c'è nient'altro che mi lega a questa città. Se non c’è altro modo, io sono disposta a partire con te. Fra la carriera e l'amore, devo scegliere l'amore, perché ho visto…” abbassò la voce fino a renderla appena un sussurro “... che cosa succede a chi ne viene privato.”
Sembrava che l'elfa della luna fosse diventata ancora più pallida, sempre che fosse possibile. Freya si accorse del turbamento della ragazza e la strinse in un abbraccio improvviso e spropositato.
“Non verrai privata dell'amore. Sei la mia thiramin. Non dare retta a quello che dice mia madre, lei non mi conosce come mi conosco io. Non è un capriccio passeggero, io so che tu sei il mio destino.”
Aphedriel rimase rigida fra le braccia di Freya, ma si appoggiò alla sua innamorata come se avesse bisogno di quel supporto.
“Speravo che a me non succedesse” sussurrò. “L’idea di amare senza possibilità di scelta…”
“L’amore è sempre senza possibilità di scelta, anche per chi non è thiramin” ribatté l’elfa dei boschi, con la convinzione della giovinezza. “Noi siamo più fortunate perché sappiamo che sarà per sempre!”
“No, noi siamo fortunate perché è ricambiato” la risposta era ancora solo un sussurro, ma la maga ricambiò finalmente l’abbraccio di Freya. “Se è necessario dimostrare alla tua famiglia la serietà delle mie intenzioni, sono disposta ad aspet…”
“Io no” tagliò corto la bizzosa giovane. “Per tutta la vita ho sentito che mi mancava qualcosa. Ora so che ciò che mi mancava eri tu, l’altra metà della mia anima. Sappiamo già che ci sposeremo alla fine, quindi perché aspettare?”
Aphedriel si svincolò dall’abbraccio e accarezzò il viso di Freya con una mano. “Ti amo. Non andrò da nessuna parte e non guarderò mai nessun’altra. Non hai nulla di cui preoccuparti, ma proprio perché ti amo voglio mostrare rispetto alla tua famiglia. Se aspettare qualche settimana potrà pacificare il cuore di lady Merildil…”
“Ah, ma invece il mio cuore?” La giovane sfoderò il suo migliore sguardo da cucciolo abbandonato. Aphedriel non era immunizzata come Merildil, e la druida percepì che stava per sciogliersi come una pera cotta.
“Va bene, ora basta” si infiltrò fra le due ragazze e le separò quasi con prepotenza. “Freya, ti sei accorta che Aphedriel ha una vita qui? Pretendi che mandi tutto all’aria senza un minimo di preavviso, senza darle il tempo di sistemare i suoi affari?”
“È… è vero, ho degli esami a breve. In occorrenza della Festa della Luna si chiude un ottennio di studi, e il giorno dopo comincia una sessione di prove e dimostrazioni che durerà fino all’ultimo dell’anno. Potrò dimostrare di avere appreso e padroneggiato certi segreti. Mi piacerebbe rimanere fino ad allora. Sarà il termine del mio ventesimo anno all’accademia e potrei guadagnare un riconoscimento ufficiale… sarà un buon modo per accomiatarmi da Evereska.”
“Non ho mai preteso che lasciassi la città senza preavviso” Freya scavalcò sua madre e si riappropriò della mano di Aphedriel “voglio solo che stiamo insieme fino ad allora.”
Nemmeno Merildil poteva obiettare a questo.

Venne fuori che i Maestri dell’Accademia invece potevano.
Non che fossero persone crudeli o irragionevoli, ma Freya non aveva il permesso di frequentare le lezioni per stare accanto ad Aphedriel, e nemmeno di condividere la stessa stanza. La stregona doveva rimanere nell’ala destinata ai rari ospiti, e Aphedriel nella sua stanza da studentessa.
Le ultime lezioni videro l’elfa della luna sempre più distratta e sempre meno produttiva. La Maestra di Cosmologia Applicata arrivò a minacciarla di escluderla dalla classe se non avesse disegnato correttamente il suo Cerchio di Evocazione, perché un minimo errore avrebbe potuto portare la disgrazia su tutta l’Accademia.
Dopo aver pronunciato la formula di rito che avrebbe dovuto evocare un bebilith, un demone a forma di ragno specializzato nella caccia ad altri demoni, l’elfa della luna si accorse con costernazione e imbarazzo che nel suo cerchio era comparsa una succube. Non sarebbe dovuto succedere, a meno che… l’intensità della sua frustrazione sessuale non avesse in qualche modo aperto una breccia per quell’infida creatura.
All’inizio tutta la classe ammutolì davanti a quell’imprevisto, tranne i bebilith degli altri sei studenti che entrarono in agitazione alla vista di quel pasto così invitante. Per fortuna però il cerchio di Aphedriel era tracciato correttamente, e la demonessa non poteva uscire. La sensuale tanar’ri strinse le labbra in un broncetto invitante, agitò la testa per scuotere la cascata di riccioli neri e si mise la mano sul fianco, in una posa provocante che metteva in risalto le sue gambe ben tornite.
Non sei bella quanto Freya, pensò Aphedriel con fastidio, e recitò subito la formula di congedo. L’espressione stupita che fece la succube prima di scomparire era quasi comica, anzi, gli altri studenti dovettero trovarla esilarante perché scoppiarono a ridere, mentre i loro bebilith schioccavano i cheliceri con impazienza.
“Dovrei mandarti fuori dalla classe, Aphedriel Presrae, ma sospetto che la tua nuova ragazza sia proprio fuori dalla porta ad aspettarti, quindi non sarebbe esattamente una punizione” la professoressa aggrottò la fronte.
“Signora, ho novantanove anni e studio qui da quasi venti. Penso che non sia più tempo di parlare di punizioni. Agite in base a quello che ritenete meglio per la classe.” Le suggerì Aphedriel, con tutto il buonsenso che riuscì a racimolare.
Venne invitata a lasciare l'aula. Appena chiusa la pesante porta alle sue spalle, Freya comparve al suo fianco e la trascinò a forza verso uno sgabuzzino.

I giorni seguenti non andarono molto meglio. Presto i Maestri cominciarono a sospettare che gli incidenti magici di Aphedriel non fossero colpa di Aphedriel. La magia si stava facendo instabile, anche e soprattutto per gli studenti più giovani.
Allo stesso modo, gli studenti più giovani stavano anche perdendo il controllo su qualcosa che non era la loro magia. Stavano completamente soccombendo ai loro istinti.
All’inizio si trattava solo di qualche coppia che si sbaciucchiava a lezione, niente di allarmante. Poi quelle distrazioni iniziarono a diventare troppo frequenti, troppo sfacciate.
In realtà, l’unico a trovare divertente tutto questo era Beiro Chaedilen, il Maestro di Magia Sperimentale. Continuò a trovarlo divertente fino a quando uno studente cercò di infilargli la lingua in bocca durante un colloquio di orientamento.
Il pomeriggio dell’ultimo giorno di lezioni, tutti i Maestri si riunirono nella Sala del Consiglio dell’Accademia, invitati dal Magnifico Rettore. Alcuni di loro non avevano nemmeno mai messo piede in quel luogo cruciale, riservato all’elite dei Maestri più anziani. Beiro Chaedilen fu l’ultimo ad arrivare, e con i vestiti un po’ in disordine.
“Questa cosa deve finire” affermò con aria sconvolta, anche se nessuno l’aveva invitato a parlare.
“Sono d’accordo con il collega” lo spalleggiò Maestro Elond, un evento più unico che raro. “Oggi stavo camminando per il corridoio e una delle luci magiche si è trasformata in una cascata di petali di rosa, senza motivo.”
“È tutto il giorno che prendo la scossa ogni volta che tocco una maniglia” rincarò il professore di Invocazione.
“Tutti gli incantesimi di influenza mentale dei miei studenti si stanno trasformando in magie di seduzione” raccontò la professoressa di Magia Sottile, che insegnava illusioni e ammaliamenti. “Questo sarà un problema per gli esami di dopodomani.”
“Sette giorni! Sono bastati sette giorni di permanenza qui e quella dannata selvaggia ha combinato questo disastro!” sbottò il professore di Necromanzia. Non piaceva a nessuno dei suoi colleghi, nonostante insegnasse solo quella branca della Necromanzia che era lecita e moralmente accettabile, ma tutti in quel momento sentirono almeno un po’ di pietà per lui. Era dall’alba del giorno precedente che i suoi studenti non riuscivano più a manipolare l’energia negativa necessaria a certi incantesimi, e correva voce che lui stesso avesse dei problemi. “Forse non ve ne siete accorti, ma ha portato una sovrabbondanza di vita. I rampicanti che di solito vengono tenuti a bada da incantesimi di base, ora stanno attaccando le mura dell’Accademia. Di questo passo prima o poi ne comprometteranno la struttura.”
“Tutti i fiori della serra stanno nascendo fuori stagione, e questo non è un bene” confermò la Maestra di Alchimia. “Quelle piante sono certamente contaminate da magia caotica e lo sanno gli dèi che effetti avranno nelle pozioni.”
A quel punto cominciarono a parlare tutti contemporaneamente, senza più curarsi di mantenere un ordine.
“Concordo con la collega, anche costruire bacchette con quegli arbusti sarà rischioso”
“La mia migliore studentessa oggi scriveva poesie d’amore a lezione…”
“...comportamento indecente…”
“...e invece è uscito un incantesimo di Spruzzo Colorato, così dal nulla…”
“...necessità di separare i tavoli da lavoro, perché due studenti...”
“...perfino i miei assistenti! Davanti a tutta la classe!”
“Va bene, ora basta!” Il Magnifico Rettore batté le mani, ma invano.
“...strani sogni, che lasciano le persone sfinite al mattino, e…”
“...tutto il tempo a guardare fuori dalla finestra verso l’Accademia Militare!”
“HO DETTO BASTA!” Tuonò il Rettore, sbattendo a terra il suo bastone di legno di chiomanera.
I suoi colleghi e sottoposti smisero finalmente di parlarsi addosso. Quell’elfo del sole di mezza età sapeva ancora incutere il sacro timore quando era necessario, e la sua Voce di Potere sapeva sovrastare qualunque altra voce.
“Questa ragazzina era già problematica di suo, per questo sua madre è venuta a chiedere aiuto. Da quando lady Freya Arnavel è qui non possiamo accusarla di aver volontariamente compiuto magie, o di aver infranto le regole in modo serio. Ma è chiaro che la sua influenza, anche se accidentale, sta creando il caos. Ascolterò le vostre proposte… se saprete esporle con ordine.” Quest’ultima frecciatina fu accompagnata da un’occhiataccia di avvertimento che scivolò su tutti, senza tolleranza per la loro difficile situazione. Erano tutti Maestri, ci si aspettava da loro che sapessero fare fronte alle emergenze.
“Con il dovuto rispetto” Maestro Saeldur Immeril, professore di Abiurazione, fece un passo avanti. Era uno dei maghi più rispettati della città e sapeva che l’avrebbero ascoltato. “Dovremmo allontanare quella ragazza dall’Accademia.”
Questo scatenò un altro fruscio di sussurri.
“Con il dovuto rispetto non sono d’accordo” a farsi avanti, contro i pronostici di tutti, fu Maestro Elond. Era professore di Tradizioni Magiche ed anche uno degli elfi più tradizionalisti e quadrati di tutta l’Accademia. “Stimato collega, capisco la tua posizione. Hai un approccio che ricorda l’Arte che insegni: i pericoli vanno tenuti a distanza. Ma in questo caso, la fanciulla non è una nostra nemica. Non è lei a creare volontariamente il caos, ma la sua frustrazione. I problemi sono cominciati quando abbiamo preteso che stesse a distanza dalla sua thiramin, la giovane Aphedriel Presrae.” Un mormorio di assenso si propagò nella sala. “In casi come questi, la Tradizione ci insegna che la Magia Rossa funziona su presupposti…”
“La ragazzina Arnavel non sta facendo Magia Rossa!” Intervenne la Maestra di Magia Sottile. “Non chiamare in causa una nobile Arte per spiegare quello che è soltanto il pasticcio di un’adolescente…”
“Non più un’adolescente” la corresse Maestro Elond, glissando sull’interruzione. “Una giovane adulta, in età sufficiente per sentire il thiramin, e con sangue fatato nelle vene. La Magia Rossa, stimata collega, è un sistema che è stato inventato per imbrigliare energie istintive, come quelle che la ragazza sta emanando come un piccolo sole. Lady Freya può essere ignorante e inconsapevole, ma il suo potere grezzo è materia di questa branca della magia. E per tornare al punto, la Magia Rossa insegna che un potere è tanto più forte quanto più a lungo il desiderio viene frustrato. Allontanare lady Freya funzionerebbe, per un limitato periodo di tempo. Ma il focus della sua attenzione, Aphedriel Presrae, è qui. Se sono davvero thiramin allora sono legate nell’anima, quindi anche se rimandassimo quella stregona nella sua foresta nel Calimshan sarebbe questione di ore prima che la sua magia caotica iniziasse ad agire attraverso Aphedriel… e potrebbe crearle anche dei problemi. Aphedriel non ha sangue fatato, e non è abituata a gestire emozioni burrascose. Se cominciasse a veicolare la magia della sua compagna senza saperlo, dovremmo temere per la sua salute fisica e mentale.”
“E per quella di tutti noi” convenne Maestro Chaedilen, impallidendo più del solito.
“Stai suggerendo di… lasciare che stiano insieme?” Il Rettore intervenne per fare il punto della situazione.
“Con il tuo permesso, lord Naelgrath” Maestro Elond piegò il busto in un piccolo inchino alla volta del Rettore “sto suggerendo di dare alle due ragazze la nostra benedizione, un comodo sacco a pelo, e di mandarle in escursione in un boschetto della nostra bella valle. Lì potranno consumare la loro frenetica unione. Temo le conseguenze se lo facessero fra queste mura, ma deve essere fatto.”
Il suggerimento fu accolto dal silenzio, ma Adamar Elond sapeva che i suoi colleghi stavano solo considerando la sua proposta.
Lord Naelgrath, Magnifico Rettore dell’Accademia e nobile della città, si massaggiò il mento mentre pensava. Tutti in quella sala sapevano che le regole della loro scuola impedivano agli studenti di uscire se non in particolari ricorrenze, ma per fortuna il giorno della Festa della Luna era una di quelle ricorrenze. Era una festività che cadeva proprio fra l’ultima impegnativa giornata di studi e il primo giorno di esami. Di solito gli studenti preferivano rimanere all’Accademia e usare quell’ultimo momento di pace per studiare, ma quest’anno Aphedriel poteva essere persuasa a prendersi un po’ di tempo per se stessa.
“È un approccio certamente… progressista” il Rettore cercò di non farlo suonare come un insulto. “Però riconosco la validità del ragionamento.” Sospirò, perché quella soluzione gli sembrava così poco elegante, come un’ammissione di sconfitta. La prestigiosa Accademia della Magia di Evereska, messa in ginocchio da una ragazzina?
Ovviamente no, ricordò, cercando di tacitare il suo orgoglio ferito. La soluzione più semplice sarebbe uccidere lady Freya, e quello sarebbe facile. È quello che faremmo con un nemico. Ma quella ragazzina innocente non è una nemica, dobbiamo agire in modo più diplomatico.

Il mattino dopo, Aphedriel e Freya vennero informate della loro fortuna. Un’intera giornata libera da dedicare ad approfondire la loro conoscenza, e dopo quello avrebbero avuto il permesso di condividere una stanza. L’elfa della luna rimase di sasso, avere un giorno libero per la Festa della Luna era normale, ma il permesso di vivere con qualcuno? Totalmente contro le regole dell’Accademia!
“Ma… questo è…”
“Necessario, bambina cara” le spiegò Maestro Elond, con la sua solita saggezza. “Tenervi separate ha portato a conseguenze inaccettabili, comportamenti folli, incidenti magici… tutto questo deve finire. È opinione di tutti i professori che una studentessa diligente come te meriti di finire gli esami prima di lasciare la città, se è questo che vuoi fare. Ma non è più possibile tenervi separate. Oggi andrete a fare una lunga passeggiata, e farete in modo di… scaricare la vostra tensione. Non farmi essere più esplicito di così, hai capito cosa intendo.” Aphedriel arrossì furiosamente, ma annuì. “Bene, e domattina tu ti presenterai agli esami. E così anche il giorno dopo ancora. Ma passerai le tue notti con lady Freya, perché se non lo farete, la magia tornerà a comportarsi in modo instabile. È tutto chiaro?”
Ancora più imbarazzata, Aphedriel annuì di nuovo. Non era una vergine, aveva già avuto le sue esperienze perfino dentro l’Accademia, e i professori chiudevano un occhio su quel genere di cose. Parlarne apertamente con loro, però, era abbastanza umiliante.
Freya non condivideva il suo pudore. Le saltò addosso stritolandola in un abbraccio non appena il Maestro voltò loro le spalle.
Aphedriel strinse le mani di Freya nelle sue, mentre l’elfa dei boschi la stringeva da dietro e le schioccava un bacio sulla guancia. “Allora, siamo ancora qui?” Sussurrò l’esuberante ragazza, titillando la punta del suo orecchio.
“Non posso camminare se mi stringi in questo modo” sorrise, appoggiandosi contro la sua amata.
“Va bene, ti lascerò andare… se prima mi dici una cosa in confidenza” scivolò intorno alla maga fino a trovarsi faccia a faccia con lei. Abbassò la voce in un sussurro. “Tu lo sai come… be’... come si fa? Insomma, io e te?”
La maga guardò la compagna con curiosità, poi lentamente cominciò a capire.
“Oh… intendi… come si fa. Certo, io lo so!” ridacchiò, punzecchiando Freya con un dito. “Vuoi dire che tu non lo sai?”
“Non mi sono mai invaghita di una donna” ripeté, come aveva detto anche a sua madre.
“Ah, io sì” ammise Aphedriel stringendosi nelle spalle. “Ma mai come con te, mia amata. Penso che questa volta sarà una sorpresa anche per me. Nei boschi, come i selvaggi.” Scherzò.
“Ehi! Noialtri viviamo nei boschi, lo sai? E di conseguenza facciamo anche l’amore nei boschi. Sarà meglio che ti abitui.”
“Oh cielo…” sospirò la fanciulla, pensando che allora avrebbe fatto meglio a godersi i suoi ultimi giorni all’Accademia. In mezzo ai comfort, e con la sua thiramin.

   
 
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