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Autore: HermioneJeanGranger97    23/04/2019    1 recensioni
"Vi starete chiedendo chi io sia, bene è la stessa domanda che mi pongo io da quando sono qui."
Questa è la storia di come l'amore possa distruggerti e salvarti.
Di come l'amicizia non sia solo un legame di conoscenza.
Di come le persone migliori possono diventare le peggiori e viceversa.
L'importante è non mollare mai, perché nella vita Never Say Never (mai dire mai).
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo 35


Due settimane vuote.
Senza vederlo, senza sentirlo. Neanche un piccolo straccio di lettera.

L’avevo aspettato nella Stanza delle Necessità fino all’ora di pranzo. Avevo passato tutta la mattinata a cercare di fare i compiti, a cercare di leggere qualcosa, mentre la mia mente era popolata dalle immagini della sera prima, interrotte talvolta dalla crescente preoccupazione all’aumentare delle ore.
Ero preoccupata sapendolo così tanto agitato. Ero preoccupata perché se n’era andato volendo “vedersela da solo”. Ero preoccupata perché non aveva voluto il mio aiuto e se n’era andato quasi senza neanche degnarmi di un saluto o di uno sguardo.
Ero preoccupata perché non mi aveva dato nessuna spiegazione, se non quel lieve riferimento al padre e alla sorella.
Ero preoccupata perché non sapevo cosa lo agitasse e non sapevo come poterlo aiutare.

Era arrivata l’ora di pranzo e di Scorpius non ne avevo vista traccia.
La prima cosa a cui avevo pensato era stata la possibilità che lui non pensasse di dover ritornare nella Stanza delle Necessità.
Magari si è diretto direttamente verso Sala Grande, mi ero detta tra me e me. Perciò avevo raccolto tutto e mi ero diretta lì il più velocemente possibile.
Mi era bastata una occhiata veloce verso il tavolo dei Serpeverde per rendermi conto che della famosa testa bionda non ce n’era traccia.
Era nata in me, subito dopo, la speranza di trovarlo di fianco ad Al, accanto ad Eve, nel tavolo dei Grifondoro.
Ma anche lì, il nulla assoluto.
Allora poi avevo pensato che magari non avesse avuto fame e che avesse bisogno di stare da solo.
Perciò avevo chiesto subito ad Al, il quale stranito mi aveva risposto che pensava fosse ancora con me.
E in quel momento, conscia che neanche il suo migliore amico sapesse niente, avevo iniziato a preoccuparmi seriamente.
Non era possibile che non avesse informato nessuno, non era possibile che dopo cinque ore non fosse ritornato nemmeno in dormitorio.

Avevo perciò deciso di raggiungere la scalinata che portava all’ufficio della Preside e aspettarlo lì.
Dopo penso un paio di ore, la scalinata silenziosamente immobile aveva iniziato a muoversi, segno che qualcuno stesse scendendo.
La faccia stranita della Mc Granitt che fece capolino, aveva fatto agitare ulteriormente il mio cuore.
E dopo che mi informò del ritorno momentaneo di Scorpius a casa per motivi familiari, aveva iniziato a nascere in me un piccolo accenno di rabbia.
Poteva mandare un bigliettino in cui mi diceva che sarebbe tornato a casa.
Ma subito dopo mi ero maledetta, perché dovevo essere più comprensiva. Probabilmente per ritornare a casa, voleva dire che era successo qualcosa di grave e di conseguenza, l’ultima cosa che potesse venirgli in mente era quella di avvisare una povera cretina come me.

Avevo aspettato la sera.
E la mattina dopo.
E la sera dopo.
E tutte quelle a venire, ma nessun bigliettino mi sarebbe stato inviato.
Entravo in Sala Grande per fare colazione, ma il primo sguardo era rivolto sempre al tavolo delle Serpi, convinta e speranzosa che prima o poi la sua testolina bionda facesse la sua comparsa.
Così in ogni aula di lezione, perché poteva essere che quella mattina non ci fossimo incontrati in Sala Grande, perché avevamo deciso orari diversi per colazione.
Per tutto l’orario del pranzo rimanevo incollata al portone della Sala Grande, fermamente convinta che sarebbe entrato con il suo solito portamento regale.

I pomeriggi li passavo in giardino, convinta che prima o poi lo avrei visto camminare nella mia direzione sulla soffice erba semiprimaverile, con stampato in faccia il solito ghigno.

Ma per tutta la settimana, tutte le mie speranze furono vane.
In tutta questa improvvisa solitudine, Alex aveva un paio di volte cercato di parlarmi di nuovo, convinto che l’assenza di Scorpius gli fornisse più chance.
Ma la mia migliore amica e le mie cugine l’avevano messo al suo posto alla pari di Scorpius.
Lily, con molta nonchalance, gli aveva detto che era ora che finisse di rompere le palle o altrimenti l’avrebbe buttato nel Lago Nero insieme alla piovra Gigante.
Non mi avevano lasciato mai sola, cercavano di farmi svagare, perché senza che io dicessi niente, avevano capito che qualcosa con Scorpius era cambiato e che, grazie a questo, la sua assenza faceva più male del dovuto.
Non avevano fatto particolari domande, strano soprattutto per Lily, ma mi rimanevano vicino, lanciandomi qualche volta, sperando che non me ne accorgessi, sguardi ansiosi e preoccupati.
E ogni notte ripensavo a quella sera, ai suoi baci, alle sue carezze, a lui e il cuore sembrava far sempre più male.

E così iniziò la seconda settimana.
Il lunedì mattina a colazione, Al mi disse che Scorpius aveva mandato un bigliettino in cui si scusava per esser andato via in quel modo, che probabilmente a poco sarebbe ritornato e che avrebbe spiegato il tutto.
E fu proprio la sua indifferenza che mi fece più male in assoluto.
Era vero, non stavamo ufficialmente insieme, ma cazzo, dopo tutto quello che avevamo vissuto quella sera, le cose che ci eravamo detti negli sguardi e negli abbracci, ero convinta che un bigliettino di spiegazioni me lo meritassi anche io.
E non me ne frega un cazzo che Al è il suo migliore amico.
E non me ne frega un cazzo se a fine lettera gli avesse chiesto di salutarmi e di darmi un bacio da parte sua.
E non me ne frega un cazzo di niente.
E tutta la seconda settimana l’avevo passata a riempirlo di impeti sempre meno gentili.

E anche in questa domenica mattina, inevitabilmente,  il primo pensiero è volato su quel bastardo di una serpe biondastra.
Apro gli occhi e il suo viso fa capolino davanti a me.
E nonostante la rabbia, non riesco, neanche dopo tutto questo tempo senza sapere nulla, a non sperare che stia meglio.
Nonostante la rabbia, la voglia di vederlo e di abbracciarlo non smette di farsi sentire.
E, mentre indosso un semplice maglioncino color borgogna e un paio di jeans, non smetto di fantasticare sul momento in cui lo rivedrò.
E mentre scendo le scale del dormitorio con Eve silenziosa al mio fianco, la mente continua a viaggiare, in continua contraddizione tra rabbia e speranza.
E, varcato il portone della Sala Grande, i miei occhi, come d’abitudine ormai, viaggiano sul tavolo dei Serpeverde.
E ancora prima che il mio cervello capisca che la testolina bionda che i miei occhi stanno guardando è reale, è lì in mezzo ad altre cento e passa testoline, il mio cuore inizia a battere.
Attratto forse dal mio sguardo su di sé, immobile sul ciglio del portone della Sala Grande, gira all’improvviso la testa facendo, dopo tanto tempo, rincontrare il grigio ghiaccio dei suoi occhi con il verde smeraldo dei miei.
Il cuore batte sempre più veloce, incontrollatamente più veloce. Lo stomaco si torciglia su se stesso, mentre le gambe iniziano a tremare.
L’istinto mi dice di correre da lui ed abbracciarlo più forte che posso, ma dopo due settimane di preoccupazione e senza uno straccio di spiegazione, l’orgoglio è più forte, la rabbia è più forte, la delusione è più forte.
E dal suo spalancare gli occhi, capisco che sulla mia faccia tutto traspare.
Senza rendermene conto, giro su me stessa, sciogliendo quel legame di sguardi, e prendo la strada diretta al giardino.
Devo prendere aria.

Varcato l’immenso portone in quercia dell’uscita, l’aria fresca del mattino mi colpisce la faccia in fiamme. Individuo il mio albero preferito e mentre mi dirigo di tutta fretta, mi rendo conto di quanta fatica faccia a respirare.
-Rose- mi arriva decisa e chiara la sua voce, mentre mi rendo conto di come il mio cuore stia cercando di urlare sempre più forte per sormontare la testa.
-Rose- sento la sua voce più vicina, mentre accelero di più il passo.
Non voglio parlargli in questo momento, non voglio ascoltare niente.
Non è concepibile che scompaia per due settimane, spedisca un unico messaggio ad Al e poi, come se nulla fosse, ricompaia senza dire nulla.
-Rose- esclama deciso, prendendomi in contemporanea un braccio.
E per quanto io voglia scappare, andare il più lontano possibile da lui, c’è qualcosa che, la pelle della sua mano a contatto con il mio braccio, mi obbliga a fermarmi all’istante.
È lui a posizionarsi davanti a me, che con la testa bassa riesco a vedere solo le sue scarpe.
-Rose- sussurra lievemente, mentre lascia andare lentamente il mio braccio, che inerme si posiziona sul mio fianco.
-Guardami- dice piano con un tono quasi indeciso.
Da una parte qualcosa dentro di me urla di ascoltarlo, di lasciarlo spiegare, perché sicuramente ci sarà qualcosa di importante da sentire.
Dall’altra, orgoglio e delusione forse, mi dicono di andarmene e di non degnarlo di uno sguardo, esattamente nello stesso modo in cui si era comportato lui.
-Mia sorella ha una grave malattia- dice in un sussurro debole e fragile.
Ed è proprio questo a spezzarmi definitivamente il cuore.
Alzo lo sguardo e i suoi occhi lucidi rompono qualcosa dentro di me.
Vorrei abbracciarlo, stringerlo per rubargli un po’ del dolore che sta provando, mentre con lo sguardo triste lui mi prega di farlo.
Ma nonostante questo, non riesco a muovermi di un millimetro. Rimango ferma in piedi davanti a lui, con le braccia inermi sui miei fianchi, con il cuore che scalpita.
-Cosa ha?- domando in un filo di voce, mentre la testa continua a ricordarmi che non ha avuto neanche un secondo in queste due settimane per dirmi cosa fosse successo.
Per quanto sia consapevole dell’amore forte che prova verso la sorellina, dall’altra parte non riesco a dimenticare quanto io sia stata male vedendolo andare via così.
-I medimaghi non riescono a capire di cosa si tratti- inizia con tono malinconico - E’ da mesi che continua avere febbre e stanchezza, ma ha iniziato ad avere anche forti dolori addominali, perciò i miei l’hanno portata al San Mungo. L’hanno ricoverata subito, perché era in atto una forte emorragia interna causata dalla rottura della milza. - continua sempre con voce più sofferente, mentre sembra ripercorrere quei momenti con la mente.
-I medimaghi l’hanno operata e nonostante l’intervento sia andato bene, la febbre non si abbassa e sembra sempre più stanca. L’abbiamo riportata a casa, ma ogni giorno sembra andare sempre peggio. Nonostante riposi e dorma tutto il tempo, appare sempre più stanca e ultimamente inizia ad avere un colorito giallognolo.-
Si ferma prendendo un lungo respiro. Mi guarda come se si aspettasse qualcosa.
Magari un abbraccio, che dici testa di rapa?
Interviene una vocina, la mia coscienza immagino, ma cerco di non farci caso.
Non so cosa mi spinga a rimanerci così male, alla fine non è che sia andato a divertirsi con gli amici. La sorella è stata male, anzi continua a stare male, e non posso, anzi non voglio, pretendere di stare al primo posto.
E allora, che cazzo mi prende?
-I medimaghi stanno cercando di trovarne la causa, magari trovata quella si riesce poi a capire cosa abbia mia sorella e a trovarne la cura-
Ha un’aria stanca, oltre che triste.
-Mi dispiace- mi lascio scappare con un tono leggero.
Non so cos’altro dire. Cosa si dice in questi casi?
-Tutto qui?- mi domanda incredulo e anche un pochino arrabbiato.
-Cos’altro dovrei dirti?- chiedo fin troppo dura.
E mentre lui sgrana sempre di più gli occhi, io mi pento subito di quello che ho appena detto.
Ma posso essere più deficiente di così?
-Ti ho appena detto che mia sorella sta male e tutto quello che sai dirmi è Mi dispiace? Tutto quello che sai fare è rimanere lì impalata come una stoccafisso?- mi domanda mentre la voce si alza sempre più.
Lo sguardo arrabbiato con cui mi guarda mi fa rimanere male, tanto quanto quella sera in cui mi ha girato le spalle.
-Non parli più?- continua la raffica di domande, sempre più incredulo e arrabbiato.
Non so perché, ma dentro di me inizia a nascere un senso di rabbia, uguale a quella provata questa settimana.
Mi infastidisce il modo in cui mi sta parlando, il tono che sta usando.
Non importa se è arrabbiato e stanco. Deluso e triste.
-Te lo ripeto, cos’altro dovrei dirti?- domando arrabbiata e infastidita.
Non chiedetemi che cavolo mi stia succedendo, ma la mia bocca sta facendo tutto da sola.
-Stai scherzando Weasley?- domanda facendo un passo indietro e guardandomi come se davanti a sè avesse un alieno.
E la rabbia si fa più intensa, come il fastidio al sentire il mio cognome uscire dalla sua bocca.
-Cosa dovrei fare scusa?- domando come se davvero non sapessi che basterebbe allungare le mie braccia e stringerlo a me. Come se non sapessi che basterebbe una carezza ed un bacio per alleviare un po’ il dolore che sta provando.
-Io non credo alle mie orecchie- butta fuori tutto d’un fiato - Mi stai chiedendo cosa dovresti fare? Ma ti sei rincretinita tutto d’un colpo?- continua la serie di domande, allargando le braccia e guardandomi con fare sbigottito.
-Smettila di usare questo tono con me Malfoy- ribatto risentita, sputando la parola Malfoy quasi fosse una specie di insulto. E anche questa volta la testa prevale sul cuore che continua ad urlarmi di smettere di fare la deficiente e di buttargli le braccia al collo.
Ma ancora una volta, c’è qualcosa che mi ricorda che lui non ha bisogno del mio aiuto.
-E poi- continuo sotto il suo sguardo sempre più arrabbiato che sorpreso - non eri tu quello che voleva cavarsela da solo?-
E forse è proprio questo che mi fece più male quella sera.
Era stata proprio quella sua semplice frase a deludermi più di tutte. Sentirmi così … inutile.
E mentre quel famoso qualcosa che non mi permette di muovermi, di abbracciarlo, di stringerlo sta facendo finalmente capolinea nella mia mente, qualcosa nel suo sguardo cambia.
-Cosa vuoi dire Weasley?- mi domanda con tono fermo, freddo, senza nessuna traccia di rabbia o sorpresa. Aveva cambiato totalmente e radicalmente atteggiamento.
-Dico esattamente quello che mi dissi tu- rispondo come se non me ne importasse nulla.
SMETTILA! NON ESAGERARE!
Mi urla qualcosa nei meandri del mio cervello, ma che caccio malamente via. Alla fine, era stato lui a deciderlo.
-Perciò adesso di cosa ti stupisci, se sei stato tu a dirmi che te la saresti cavata da solo? Cosa che poi hai fatto, dato che per due settimane non ho saputo neanche come stessi- rincaro la dose, lasciando una generosa dose di delusione.
Perché sì, mi aveva davvero fatta rimanere male sapere che lui non avesse pensato neanche di potersi rivolgere a me per un aiuto.
-Forse non hai capito bene quello che ti ho detto- risponde con tono freddo e glaciale - mia sorella è stata ricoverata in ospedale. Mia sorella di cinque anni non sta bene- continua alzando sempre di più la voce - secondo te, con mia sorella in quelle condizioni, potevo pensare a scriverti letterine d’amore e strappa lacrime?- domanda con il suo famoso tono derisorio, con quel fare altezzoso, come se fossi uno straccio vecchio e logoro da buttare per terra.
-Non ho detto questo- rispondo infastidita dal quel suo vecchio atteggiamento che mi mandava sui nervi mesi fa e mi manda sui nervi anche adesso.
E non mi importa un fico secco, se forse la possibilità che io me lo meriti questo suo fare alla vecchia maniera sia davvero alta.
-E cosa vuoi dire esattamente?- domanda sempre con quel fare spocchioso.
-Un bigliettino per sapere cosa fosse successo non ti costava mica cinquecento mila galeoni d’oro- rispondo stizzita - tanto che ad Al una letterina gliel’hai mandata-
E sembra quasi cambiare qualcosa in lui, nei suoi occhi grigio ghiaccio nei quali sembrano quasi del tutto sparite le pagliuzzette dorate che tanto ho imparato ad amare. Quasi però, tanto che in una frazione di secondo, ritorna come prima.
-E’ stato Al a mandarmi una lettera per sapere come stavo, la mia era di risposta- ribatte infastidito - critichi tanto me, ma tu ti sei per caso fatta sentire in queste due settimane eh? - domanda rialzando di nuovo la voce.
-Tu hai detto di volertela cavare da solo, che, in poche parole, il mio aiuto non ti sarebbe servito- ribatto ferma nella mia convinzione, ignorando il fatto che non avesse scritto ad Al per fargli sapere cosa stesse succedendo, ma era stato Al ad essersi informato sul suo migliore amico.
In poche parole, ho ignorato il senso di colpa nato in me.
-Adesso ho bisogno di te, cazzo Weasley- l’ha detto così velocemente, con un tono quasi disperato, che il mio cuore ha riniziato a sbattere sulla gabbia toracica come se volesse uscire fuori.
E proprio questa sua esternazione così chiara, imprevedibile, che smonta due settimane di preoccupazione, rabbia e delusione, mi ha lasciata senza parole.
Ed è stata questa mia scelta di stare in silenzio ed immobile a farlo arrabbiare ancora di più, tant’è che con un bel “vaffanculo Weasley” e una bella spallata di accompagnamento, ha preso la direzione del portone per rientrare al castello e lasciare me lì come un’idiota.
Perché diciamocelo chiaro, sono decisamente l’idiota più idiota di tutto il mondo magico.

***

Pov Scorpius

Son ritornato da almeno un’ora nella Sala Comune e, nonostante mi fumasse il cervello, il comportamento di Rose non l’avevo ancora capito.
Non capivo come potesse rispondermi con tale indifferenza.
Ero arrabbiato, ma soprattutto deluso. Avevo passato due settimane di merda e le avevo superate solo grazie al pensiero di lei e me insieme, di noi.
Grazie al profumo della sua pelle, al sapore dei suoi baci, grazie al modo in cui mi guardava e mi faceva sentire.
Non vedevo l’ora di ritornare ad Hogwarts solo per risentire su di me quelle mani così delicate, di abbracciarla e farmi stringere finché non avessi avuto più fiato e sentirmi così di nuovo bene, felice.
Non vedevo l’ora di liberare la mente e sentirmi il cuore un po’ più leggero, perché sapevo  con certezza che solo lei poteva farmi sentire un po’ meglio.
Non vedevo l’ora di sentire la sua voce delicata dirmi che sarebbe andato tutto bene, mentre mi avrebbe guardato con i suoi occhi splendidamente verde smeraldo.
Avevo superato con dignità queste due settimane infernali, evitando di piangere davanti ai miei genitori, davanti a mia sorella, solo pensando a lei e a quanto mi facesse star bene.
E invece tutto quello che avevo ricevuto era stato un bello schiaffo in pieno viso.

Tu hai detto di volertela cavare da solo.

Ma chissenefotte di quello che avevo detto! Pure un cazzo di cieco si sarebbe accorto che sto male e che l’unica cosa di cui ho bisogno è un suo abbraccio.
Ma evidentemente non ha avuto le palle di dire chiaramente che si è pentita di quella notte, di noi insieme e si è aggrappata alla prima scusa plausibile.
Ed è proprio questo pensiero a farmi più male in assoluto.
Cazzo mi sono totalmente innamorato e ancora una volta, il mio cuore viene buttato nel cesso.
Eppure quella sera tutto sembrava, tranne che pentita. Addirittura avevo pensato che con quel “grazie” in realtà mi stesse dicendo anche quanto si fosse innamorata di me, ma, conoscendola, non me lo avrebbe detto così semplicemente.
Lei è logica razionale e ci avrebbe pensato su ancora per molto, molto tempo.
Eppure a me non era interessato, perché glielo potevo leggere negli occhi e questo mi bastava per sentirmi l’uomo più fortunato del Mondo Magico.
E ancora una volta, mi sono sbagliato e tutto quello che ho ricevuto è stato un bel calcio nelle palle.
-Ciao Scorpius- è una voce femminile facilmente riconoscibile a distogliermi dai miei pensieri.
Di tutto risposta tiro gli occhi verso l’alto. Ci manca pure sta rompi pluffe oggi.
-Sembri triste- mi chiede portando una sua mano sul mio braccio.
E sarebbe stata anche invitante con lo sguardo lascivo, le labbra piene, coi lunghi capelli neri, la scollatura profonda e le gambe sensualmente chilometriche e accavallate, se non fosse che oramai preferisco indomabili peli di carota, forme più morbide e sguardo più genuino.
E c’era stato un tempo in cui se mi si fosse stato offerto un corpo del genere, mi sarei tagliato tutto l’amico dei bassi fondi piuttosto che rifiutarlo.
Ma ora, con lei seduta sul divano dalla pelle verde di fianco a me, tutto quello che volevo era che mi si lasciasse in pace.
-Che vuoi Brown?- domando scontroso. Ignoro il suo sguardo fintamente dispiaciuto.
Ai tempi d’oro le piaceva essere trattata male, diceva che il tutto sarebbe stato più divertente.
Non mi ha mai creato problemi, l’importante era passare la serata. Dove e come, domande alle quali non mi serviva una risposta, se un corpo come quello della Brown richiamava le mie attenzioni.
Adesso come adesso, solo averla seduta di fianco a me mi fa girare il cazzo.
-Ci divertiamo un po’?- domanda abbassando il tono, credendo di essere sexy e stringendo un po’ la presa, come per richiamare la mia attenzione -Come ai vecchi tempi- continua imperterrita, avvicinandosi al mio orecchio.
Se fosse stato come ai vecchi tempi, se una donna mi si fosse avvicinata all’orecchio e mi avesse parlato in modo così impudico e lussurioso, mi avrebbe mandato in pappa il cervello e tutto l’apparato.
Quest’oggi, se quella donna non porta selvaggi capelli rosso fiamma, puri e genuini occhi verde smeraldo, sinceramente non me ne può fregare che un cazzo.
Scanso il braccio dalla sua presa e mi alzo dal divano.
-Sinceramente Brown, lasciami perdere- dico in tono scontroso, dirigendomi subito dopo alle scale che portano ai dormitori.
-Scorpius un giro veloce- insiste lei con tono quasi di lamento.
La Brown con il suo fare così vizioso era stata una delle migliori, ma adesso come adesso mi chiedo come fossi riuscito a scendere così in basso.
-Scorp- mi richiama lei con evidente polemica nella voce.
E continuo ad ignorala, perché in questo momento l’ultima persona che vorrei sentire è proprio lei.
-Se fossi stata pel di carota, non te ne saresti andato così- dice con tono strafottente.
E probabilmente se non fosse stata una donna, l’avrei massacrata di botte.
Non sarei comunque riuscito a fare finta di nulla. Mi blocco immediatamente sul posto e mi giro lentamente verso di lei, con le braccia incrociate e in piedi con una minigonna che assomiglia più ad un top, un crotop vedo e non vedo, sexy ovviamente e con una faccia da schiaffi.
-Primo - inizio in tono glaciale - non ti azzardare mai più a chiamare Rose pel di carote-
-Secondo hai proprio ragione, se fossi stata Rose non me ne sarei andato. Ho deciso che passerò le mie serate con una donna con la D maiuscola- e dopo averle sorriso con il mio solito ghigno strafottente, prendo e me ne vado in camera, prima che ci ripensi e la schianto seduta stante.
Potrebbe che solo imparare da una come Rose.
Per quanto fossi arrabbiato con lei, non avrei permesso a nessuno, ne tantomeno a una sottospecie di ragazzina come la Brown, di offenderla o dirle qualcosa.
Sbatto troppo forte la porta del mio dormitorio che divido con gli altri.
Non mi aspettavo di ritrovarli tutto qua, con uno sguardo quasi intimorito.
-Che succede Scorp?- mi chiede subito Al, e inevitabilmente non posso che sentire una crepa nascere nel mio cuore.
È così simile a lei. Il colore degli occhi, anche se quelli di Al sono più scuri.
Il taglio degli occhi, anche se quelli di Rose sono più innocenti. Lo stesso sguardo preoccupato; si, quello è decisamente uguale.
Zab, seduto sul mio letto, non fa che guardarmi come se davanti a sè avesse un alieno, mentre Nott seduto sul proprio letto sembra impaziente.
-Tua cugina- dico semplicemente, dirigendomi verso il bagno. Voglio farmi una doccia e lasciar andare via il magone che ho da troppo tempo.
-Che è successo con Rose?- domanda incerto Al.
Solo dal tono con cui mi pone la domanda, so già che ha capito tutto.
Ero arrivato stamattina all’alba e mi ero diretto nei Dormitori per lasciare la sacca dentro la quale avevo messo un po‘ di cambi per il ritorno a casa. Ovviamente i ragazzi mi avevano sentito arrivare e, quando neanche dopo dieci minuti dal mio arrivo, mi ero fiondato alla porta di uscita, Al mi aveva fermato.
“Dove vai?” mi aveva chiesto e quando gli dissi che volevo vedere Rose, mi aveva fermato e mi aveva  detto che non sarebbe stato il momento giusto. Nonostante avessi insistito per sapere il motivo, non aveva aperto più bocca.
Dopodiché l’avevo rivista lì davanti al portone della Sala Grande e non avevo resistito. È stato più forte di me.
-Come se non l’avessi capito- ribatto duro, troppo forse. Sembra guardarmi un po’ dispiaciuto, mentre Zab e Nott mi guardano curiosi.
-Noi no però-interviene subito Nott, indicando se stesso prima e Zab dopo.
-Si è arrabbiata perché non mi sono fatto sentire in queste due settimane- dico sbuffando e buttandomi sul letto di Zab.
Avevo bisogno di parlare, altrimenti sarei scoppiato.
-E’ impossibile- dice Nott con tono sbalordito -non sei andato a divertirti, sei andato a casa-
E aveva ragione, cavolo se aveva ragione.
-Infatti - lo appoggia Zab - le hai detto che tua sorella è stata male?-
-Ma che razza di domande fai? Ovvio- rispondo scontroso, ma ritornare a litigare con Rose adesso, è più difficile che in tutti gli anni addietro.
Perché non voglio litigare con lei, ci voglio fare l’amore.
-Non si sarà arrabbiata per questo- la difende Al -ci deve essere un altro motivo - continua lasciandomi sbalordito.
-Non puoi difenderla anche adesso Al- ribatte un po’ deluso dal mio migliore amico.
Capisco che è la sua cugina preferita, ma non sempre può andarle a favore.
-Non la sto difendendo - risponde subito - semplicemente la conosco troppo bene. Sei sicuro che non ti abbia detto altro?- mi domanda Al sospettoso.

Tu hai detto di volertela cavare da solo.

E di nuovo la sua voce ottusamente infastidita fa capolinea nel mio cervello.
Ancora non riesco a crederci!
-Quando le ho fatto notare che anche lei non si era fatta sentire per niente, mi ha risposto che io le avevo detto che potevo benissimo cavarmela da solo. C’è ti rendi conto Al?- ribatto con più veemenza di quanto volessi - Non è riuscita a schiodarsi dalla sua posizione, neanche quando le ho detto di mia sorella e di cosa le è successo. Indifferenza, solo questo- continuo alzandomi dal letto - Niente di niente Al- e glielo urlo con tutta la rabbia che ho dentro, quasi come se fosse colpa sua.
Perché vederla indifferente a me, mi ha fatto più male di quanto voglia ammettere. Mi ha fatto male non vederla felice nel vedermi; magari preoccupata, si, ma almeno felice.
E invece niente di niente!
-Né un abbraccio, né una parola di conforto. Pura e semplice indifferenza- dico fin troppo deluso.
Qualcosa mi blocca lo stomaco, quasi non mi permette di respirare. Più passa il tempo e più il dolore aumenta.
-Scorp- sento la voce di Al arrivarmi nella orecchie, mentre mi rendo conto che una piccola lacrima scende sulle mie guance.
Veloce come un fulmine mi risiedo sul letto e abbasso la testa, sentendomi così indifeso e vulnerabile come mai nella vita.
E tutto il carico delle ultime due settimane, la fatica di rimanere impassibile davanti alla faccia così stravolta della mia sorellina, il dolore di mia madre, la tristezza di mio padre, l’indifferenza di Rose, viene tutto su, in un pianto rumorosamente silenzioso.
-Scorp Rose si è sentita inutile - inizia Al sedendosi di fianco a me - Lei odia sentirsi inutile per le persone che ama-
E non mi fanno sentire meglio le sue parole, perché quando la pregavo con lo sguardo di abbracciarmi, quando la supplicavo di stringermi, lei non lo ha fatto.
Quando poteva rendersi “utile” non lo ha fatto.
Quando le ho urlato di abbracciarmi, non lo ha fatto e questo ha fatto male, molto male.
Vorrei dirlo ad Al, vorrei urlargli che io sono andato avanti grazie al pensiero che avevo di noi, ma il pianto silenzioso mi blocca anche il respiro.
-E’ vero ha fatto male a non farsi sentire, ma lo sai quanto è orgogliosa- cerca nuovamente di difenderla Al.
Ma io non voglio più sentire niente.
-Basta Al- dico cercando di non far tremare troppo la voce, anche se dalle sguardo dispiaciuto che hanno, non sono propriamente stato bravo.
-Vado a farmi una doccia- dico loro voltando le spalle e prendendo la direzione del bagno.
Poco prima di chiudere la porta sento la voce di Zab dire chiaramente - In amore non vince mai l’orgoglio- e non posso che essere più che d’accordo.
Rose ha messo davanti a me l’orgoglio, ha pensato più a se stessa che a me in quel momento, nonostante io le avessi detto che avevo bisogno di lei.
E adesso, sotto l’acqua calda, le lacrime scendono vertiginosamente e, nonostante la rabbia, la delusione, il dolore, non riesco a non volerla qui con me, tra le mie braccia.

EEEEEEEE Ciaoooo!!
Eccomi di nuovo qui, abbastanza in fretta direi no?
In questo capitolo Rose e Scorpius ritornano a litigare! Ottosi, orgogliosi, delusi!
Che ne pensate? Rose ha fatto bene? Scorpius ha fatto bene?
Se volete la mia, mentre scrivevo il capitolo la voglia di prendere a schiaffi Rose era tanta, mentre urlavo dentro la mia testa: abbraccialo, abbraccialo, abbracialo!
A questo punto mi prenderete per pazza, dato che i personaggi sono miei e decido io cosa far loro fare, ma una delle caratteristiche di Rose oltre la testardaggine è l'orgoglio e molto spesso prevale su tutto.
Bhe, fatemi sapere la vostra!
Un bacio,
Herm :*
   
 
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