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Autore: _kookieo    25/04/2019    0 recensioni
Jimin ha rispettato la promessa fatta a quel ragazzo misterioso incontrato alla stazione. Gli ha rivolto poche parole, ma sufficienti a cambiargli la vita e per questo Jimin vorrebbe incontrarlo di nuovo e ringraziarlo. Non sa però nulla su di lui, tranne che si chiama Yoongi. Ormai sono passati quasi due anni, quanto ancora dovrà aspettare?
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IL TEMPO DELLE ATTESE

 

Yoongi continuava a rigirarsi il libro fra le mani. Aveva fatto accomodare Jimin sulla sua piccola poltrona e gli si era poi seduto vicino su una sedia. Aprì la prima pagina.

“C’era il mio nome. Sapevi anche il mio nome…” emise una strana risatina “che idiota sono stato…”

“Perché? Se ci abbiamo messo tanto è colpa mia che non ti ho detto nulla-” replicò acceso Jimin.

“Ma io avevo capito com’eri fatto” tagliò corto Yoongi scuotendo la testa in modo sconsolato “alcune cose ti si leggono addosso. Avrei dovuto pensarci che sarei dovuto essere io a fare il primo passo e a dirti la verità”.

Jimin non voleva sembrare sciocco, ma si sentiva un po’ confuso per cui chiese timidamente:

“Il primo passo per cosa? Tu sapevi… sapevi chi ero? Mi avevi riconosciuto anche tu?”

Se così fosse stato ciò avrebbe significato che anche il più grande aveva la sua parte di responsabilità in questo fraintendimento, ma invece che fargli provare fastidio o rabbia il pensiero che Yoongi lo ricordasse gli fece battere il cuore più veloce “ma io non ho detto niente proprio perché ti ho visto-”

“Mi hai visto fingere. Ho finto anche io di non conoscerti, pensando però che se mi fossi messo lì vicino a quello scaffale preciso, la seconda volta che mi hai visto, tu avresti ricollegato. Non so nemmeno io cosa stessi facendo in realtà, e adesso che la dico così mi sembra davvero un’idea stupida e assurda. Il punto è che io non ero sicuro che avessi tu il mio libro, ma volevo sperarci. E invece ti ho dato un dispiacere e il tutto per il mio egoismo”.

“Yoongi, scusami però non credo di capire bene. Tu sapevi chi ero” ripetè Jimin come un automa.

“Si”.

“Ok. Ok” Jimin prese a muovere la testa in segno di assenso mentre cercava di elaborare questa nuova informazione. Si sentiva senza fiato, ma cercò di vincere la propria emozione per dare precedenza ai chiarimenti di cui così tanto entrambi avevano bisogno “Ve bene. Però perché saresti stato egoista?”

“Jiminah, c’è un’altra cosa che non sai. Quando sono venuto in libreria quel giorno… beh non era la prima volta che ti ho visto qui a Seoul”.

“Cosa??”

“Viviamo nello stesso quartiere… c’è stato un giorno in cui mi è sembrato di vederti al supermercato, tu eri già alla cassa mentre io ancora in fila. Non ho capito nulla in quel momento, però per qualche motivo mi sembravi familiare. Poi un’altra mattina ti ho visto di nuovo, stavi entrando nella libreria dove lavori. Sono riuscito ad associare il tuo viso al ricordo che avevo di quel giorno a Daegu, ma non ero sicuro, volevo guardarti meglio. Allora… lo so che suona da psicotici, ma ho deciso di entrare e… seguirti..?” Yoongi si portò la mano alla nuca muovendosi a disagio sulla sedia “aaah qual è il modo migliore per dire questa cosa senza sembrare davvero uno spostato?”

Se non fosse stato troppo preso dallo stupore Jimin avrebbe probabilmente riso. Quante volte aveva evitato di dire tutto a Yoongi solo per paura di sembrare un pazzo? O strano? Inquietante? Ora invece era proprio Yoongi che gli diceva la stessa cosa. Ma perché al destino piacciono così tanto i parallelismi? pensò. Yoongi intanto sembrava pensieroso, forse si stava chiedendo se continuare o no con la sua confessione. Alla fine lo vide fare spallucce e continuare:

“Vabbè, tanto ormai è andata. Che non sono uno spostato dovresti averlo ormai capito…” ridacchiò “o almeno, non uno spostato completo. Comunque, io ovviamente non sapevo che tu lavorassi li, la mia idea immagino fosse quella di venirti intorno per cercare di capire meglio se eri davvero tu il ragazzino con cui avevo parlato alla stazione. Lì ho capito che eri proprio uno dei commessi, il che mi ha sorpreso visto che tu non sei di Seul. Ho quindi anche realizzato che forse la tua decisione aveva a che fare con la nostra conversazione. Ed è qui che entra in gioco il mio egoismo Jimin. Ho detto ho capito, ma in realtà non potevo esserne sicuro. Io ho sperato, con tutto me stesso, intensamente, che tu adesso fossi a Seul, lontano da casa tua, ma circondato da ciò che ami di più, perché nonostante tutti i tuoi timori e la tua giovane età in qualche modo avessi trovato un po’ del coraggio che all’epoca ti mancava seguendo il mio consiglio. Insomma io… io speravo di aver fatto breccia in te, di aver lasciato un segno nella tua vita. Ne avevo bisogno. In quel momento avevo estremo bisogno di sapere che potevo dare qualcosa, che la mia esistenza non era completamente inutile e che anche se il mio sogno era già fallito una volta, non sarei rimasto nell’ombra per sempre. Tu non mi hai visto la prima volta che sono entrato in quel negozio, ma io ti ho osservato per un po’. Mi sei parso così tranquillo, rilassato, parlavi con le persone con il sorriso. C’era in te ancora una traccia del ragazzino dolce che avevo incontrato, ma tutto quello che lo teneva a freno era sparito. Sembravi davvero felice e sicuro di te. Se solo avessi potuto avere la certezza che quell’energia te l’avevo in parte tirata fuori io… per me sarebbe stata la prova di essere riuscito ad aiutarti e se ero riuscito ad aiutare te a realizzare il tuo sogno, perché non avrei dovuto trovare le forze per realizzare il mio? Per questo motivo non ho detto nulla, Jiminah. La prima volta che ci siamo incontrati sembrava davvero che tu non avessi idea di chi fossi e è stata dura da digerire. Ho però continuato a sperare e sono tornato, ma avevo già deciso di non rivelarmi. Volevo essere sicuro al cento per cento che ti ricordassi davvero di me, e non mi dicessi di sapere chi ero solo perché io te lo avevo ricordato. Insomma, forse il mio discorso non ha senso, voglio solo dire che se sono stato zitto tutto questo tempo è solo perché volevo capire se non ero… dimenticabile”

Yoongi sospirò un attimo. A Jimin faceva male il cuore, ma decise di farlo continuare, proprio come aveva fatto durante il viaggio in auto. Il più grande riprese:

“La sera in cui ci siamo visti al ristorante… ti giuro, non volevo dire quelle cose. Non volevo ferirti. Io avevo intuito che nutrivi un interesse per me e avevo anche capito che tutto quello che ti frenava era essenzialmente il mio atteggiamento scostante, ma nonostante questo… non riuscivo a rilassarmi. Stare con te era per me un’arma a doppio taglio. Volevo vederti, avevo bisogno di vederti, ma ogni volta che la mia speranza aumentava, ogni volta che mi sembrava che anche tu, come me, stessi solo fingendo di non sapere chi io fossi, tu dicevi o facevi qualcosa che mi gettava di nuovo nello sconforto. Che mi faceva pensare di starmi solo facendo sciocche illusioni. Quella sera non è stata diversa. Avrei davvero voluto che andasse tutto bene, ci tenevo da morire. La volta precedente ti avevo dato buca per dei timori idioti, ma quella sera ero intenzionato sul serio a far funzionare le cose, devi credermi”.

“Cosa è successo?” Jimin lo interruppe con la sua domanda. Non c’era accusa nel suo tono, ma solo sincera curiosità “Yoongi, io ti ho visto agitato ben prima della nostra discussione. Perché?”

“Di nuovo la mia ansia. È sempre la mia ansia. Lì non c’entravi niente tu, sii sicuro di questo. Ho iniziato ad agitarmi, sempre per l’idea di star sottraendo tempo prezioso alle mie prove. Mi sentivo in colpa e i timori di andare incontro a una sconfitta certa avevano ripreso a divorarmi. Mi serviva aria e quando siamo usciti è andata meglio, ma poi… hai preso a farmi tutte quelle domande e io volevo così tanto che tu mi dicessi il perché. Mi sembrava assurdo che potessi essere interessato a me così dal nulla, e quando hai affermato con così tanta fermezza che non credevi fossi uno spostato, come se già mi conoscessi, ho pensato che dovevi, dovevi assolutamente sapere già chi ero. In quel momento di terrore puro per il mio futuro, avevo bisogno di sentirmi dire solo questa cosa”.

“E invece non è successo… ti ho solo strillato contro”.

Jimin stava per mettersi a piangere. Si sentiva mortificato. Non aveva pensato che Yoongi avesse provato tutto questo. Forse tra loro due era quello che aveva sofferto di più e lui non se ne era mai reso conto. Yoongi fece un gesto con la testa:

“Ma no, io capisco i tuoi motivi. Eri stanco anche tu. Lo eravamo entrambi, ma nessuno dei due in quel momento ha usato le proprie ultime energie per cercare di risolvere le cose. Ti ho chiesto che cosa ti spingesse a volermi conoscere e tu non mi hai detto niente. Poi mi sono spinto ancora più in là, cercando di metterti quanto più all’angolo, ma ancora una volta… nulla. Per me quello è stato il colpo di grazia. Mi sono convinto che la tua memoria aveva davvero fagocitato in un buco nero quel giorno a Daegu e questa cosa mi ha fatto uscire di testa. Era l’ennesima prova di quanto fossi irrilevante. Per questo ti ho rivolto quelle parole, per questo ti ho detto che non ti sarebbe stato difficile scordarti di me. Sono stato ingiusto, ma in quel momento è stato l’unico strumento che ho sentito di avere per potermi difendere dal dolore. Perché ogni volta che tentavo di scoprire la verità e tu la negavi, io perdevo un po’ di fiducia in me. Mi convincevo che sarei per sempre rimasto nessuno, per tutti. E perché… perché mi stavo innamorando. Mi stavo innamorando Jiminah, ed era orribile continuare a vedermi sbattere in faccia la realtà: non essere stato nessuno per te”.

Jimin spalancò gli occhi e sentì il respiro mozzarglisi in gola. Non sapeva cosa dire, non sapeva come reagire. Di colpo gli era piombato addosso tutto il dolore che Yoongi aveva dovuto affrontare e più dettagli il maggiore gli aveva fornito su quanto aveva provato più lui si era maledetto per non avere il dono di tornare indietro nel tempo. Adesso però Yoongi gli aveva detto che si era innamorato di lui. Glielo aveva detto chiaramente e anche se Jimin sapeva essere sbagliato, non poté fare a meno di provare un enorme senso di sollievo. Si, perché se entrambi si amavano, ci sarebbe stato il modo di risanarsi a vicenda le ferite, quelle stesse ferite che si erano procurati l’un l’altro. Si erano fatti del male, inconsapevolmente, per tanto tempo e anche se il pensiero di ciò aveva fino a pochi minuti prima devastato Jimin, adesso aveva capito che finalmente gli era stato concesso il bellissimo dono di rimediare agli errori fatti. Allungò una mano leggermente tremante verso il viso di Yoongi e delicatamente rimosse una lacrima che stava lasciando un solco bagnato lungo quella pelle chiarissima. E morbidissima, pensò. Gli venne voglia di sfiorare di nuovo le sue labbra, anch’esse soffici e delicate. Si ricordò di quando Yoongi lo aveva ringraziato all’ospedale. Anche in quel momento era apparso ugualmente fragile e delicato e forse per la prima volta Jimin comprese davvero chi era davvero Yoongi. Un vaso meraviglioso, ma estremamente frangibile. Frastagliato da così tante crepe da essere sempre sul punto di rompersi in mille pezzi. Ma Jimin non lo avrebbe permesso. Facendogli scorrere la mano dietro la nuca lo guardò dritto negli occhi e disse:

“Sono più di due anni che sei il mio tutto. Volevi sentirtelo dire: io, Park Jimin, non ti ho mai dimenticato perché se oggi sono qui, felice, libero e sicuro di ciò che voglio lo devo a te, e a nessun’altro. Te l’ho già detto prima, mi hai salvato la vita quel giorno. Non so per quale motivo tu abbia deciso di parlare proprio con me, ma di sicuro so che se non lo avessi fatto il mio destino sarebbe stato terribilmente diverso. Yoongi... quando ci siamo incontrati qui a Seul, io ero già innamorato di te. E adesso, dopo averti conosciuto meglio, averti compreso davvero, lo sono ancora di più. Perdonami per tutto il dolore che ti ho provocato, non sei stato tu il vero egoista, ma io”.

Yoongi sembrò incerto per alcuni secondi, finché non abbassò lo sguardo.

“Che stai…” ridacchiò, ma era un riso strano, quasi prossimo al pianto “che stai dicendo, stupido?”

Attirò all’improvviso Jimin a sé e lo baciò con impeto. Il più piccolo fu preso in contropiede, ma ricambiò subito, sedendosi meglio sopra di lui e affondandogli le mani tra i capelli. Yoongi si staccò per primo, sussurrando all’orecchio dell’altro:

“Non ti avevo detto che non dovevi più farti chiamare stupido?”

Strinse appena con un po’ più di forza i fianchi di Jimin, quasi a rimarcare il suo fastidio. Lo guardò però poi con uno sguardo pieno di affetto “Eppure dici cose stupide. Egoista tu? Ma se stavi per mandare a puttane la tua vita pur di non dare un dispiacere ai tuoi genitori”.

“I-io… ero ancora piccolo e non-”

“L’età non conta” lo interruppe Yoongi scostandogli con dolcezza un ciuffetto di capelli dalla fronte “mai sentito parlare di ragazzi ribelli? Che fanno solo ciò che vogliono? Che tornano a casa tardi la sera?”

“Mi stai prendendo in giro, vero?” Jimin si imbronciò “scusami se a diciassette anni non ero ancora sufficientemente ‘ribelle’”.

“Eri perfetto” disse con tenerezza Yoongi dandogli un leggero bacio sulla guancia “e ti si leggeva in faccia tutto. Quando ti vidi addormentato… beh ammetto di essere stato… come dire…”

Sembrò in difficoltà e Jimin aggrottò la fronte:

“Tentato di rubarmi tutto?”

“Colpito da quanto eri bello”.

Lo disse così, in modo semplice, guardandolo negli occhi, e la temperatura di Jimin salì di diverse decine di gradi.

“Waaaah Yoongi!!” disse portandosi le mani sul viso “che cosa dici?!!”

Yoongi ridacchiò, l’imbarazzo di Jimin lo aiutava a vincere il suo. Lo abbracciò stretto, mentre Jimin affondava il viso nell’incavo del suo collo cercando di nascondersi:

“È vero, però. Eri chiaramente ancora giovane e un po’ acerbo, ma la tua era una bellezza pura, di quelle che vengono non solo da fuori, ma anche da dentro. E poi mi sono accorto che non potevi restare lì addormentato, con le valigie attorno alla mercè di chiunque. Mi è venuta voglia di aiutarti e così ti sono venuto vicino. E da vicino eri ancora più bello”.

Jimin gemette ancora per l’imbarazzo e Yoongi ridacchiò di nuovo, prendendo poi a cullarlo piano e accarezzargli i capelli morbidi.

“Quando poi mi hai raccontato di te… non potevo lasciarti così. Ho dovuto dirti ciò che sentivo, ciò che credevo fosse giusto farti realizzare. Ero così sicuro di me all’epoca che mi sentii in dovere di guidare anche te verso i tuoi sogni. Sai che ero lì proprio per il primo contest a cui ho partecipato? Non credo di avertelo detto la scorsa volta, o avrei dovuto rivelarti troppo, ma quel giorno mi trovavo alla stazione di Daegu pronto per prendere il treno per Seul. Ero convinto che ce l’avrei fatta e per qualche motivo l’idea che non avessi anche tu l’occasione di inseguire i tuoi sogni mi sembrò ingiusta e insopportabile”.

“Ti amo Yoongi” la voce di Jimin suonò ovattata, ma limpida. Si tirò su e guardò il più grande, che invece si era ora immobilizzato “non mi importa se è presto per dirlo. Ti amo davvero. E sei il più bel sogno che io abbia mai raggiunto”

Con queste parole Jimin chiuse gli occhi e accostò le proprie labbra a quelle di Yoongi. A quel punto, nella stanza calò il silenzio. Le parole non servivano più. I due ragazzi rimasero per un po’ lì, su quella piccola sedia, prima di spostarsi sul divanetto, un po’ più largo. Infine Yoongi portò Jimin sul proprio letto. Passarono lì tanto tempo, e tra abbracci, carezze e dolci parole si confermarono a vicenda l’amore e l’affetto che l’uno provava per l’altro.

Fu solo prima di alzarsi – si era fatto tardi e Jimin doveva assolutamente delle spiegazioni a Taehyung – che Yoongi riprese il discorso interrotto:

“Parlavamo di sogni…” prese una mano di Jimin e lasciò soffici baci su ognuna di quelle piccole dita “il tuo che fine ha fatto?”

Jimin sorrise e rispose vivace, gli occhi a mezzaluna brillanti:

“Chiuso in un cassetto Ma terminato, rilegato, e pronto per uscirne”.

 

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DUE ANNI DOPO

 

Ma possibile che tu debba essere sempre in ritardo? Anche in un’occasione del genere?!

“Eddai Taehyungieeeee! Lo so, ma non è colpa mia! La lavanderia non aveva-“

Non mi interessano le scuse! Noi siamo già tutti qui, vedi di sbrigarti!”

Taehyung terminò così, con malagrazia, la telefonata. Jimin si rimise il telefono in tasca sconsolato.

Yoongi, di fianco a lui sulla soglia dell’appartamento, sollevò un sopracciglio tendendogli il cappotto:

“Era furioso, vero?”

Jimin alzò gli occhi al cielo:

“Si, ovviamente! Ma cosa posso farci io?” così dicendo si infilò il cappotto con uno strattone e Yoongi sobbalzò.

“Ehi, stai attento! L’ho pagato un sacco, non vorrai romperlo proprio la prima volta che lo indossi? Aspetta, ti aiuto io” si mise dietro Jimin e gli dette una mano ad indossare il bellissimo cappotto blu notte che gli aveva dato in regalo proprio poche ore prima, in occasione di quel giorno così speciale. Gli andò davanti e sistemò con mano esperta il bavero e i bottoni, lisciando infine per bene le maniche “ecco. Così sei perfetto”.

Gli indicò lo specchio all’ingresso e Jimin ci si guardò dentro. In effetti quel cappotto sembrava cucito su misura per lui. Anche il completo nero che avevano scelto insieme gli stava davvero bene e la lavanderia aveva fatto un lavoro egregio nello stirarlo. Peccato solo che poi c’erano stati dei fraintendimenti sulle tempistiche e quindi Jimin lo aveva potuto ritirare con un’ora di ritardo. Taehyung si era arrabbiato, ma tutto sommato ne era valsa la pena. Il giovane non avrebbe mai creduto di poter risultare elegante, invece che ridicolo, in giacca e cravatta.

“Sembro quasi una persona importante…”

Sei una persona importante”

Jimin ridacchiò guardando Yoongi divertito, ma l’altro rimase serio.

“Jiminah, hai appena pubblicato il tuo libro. Con la casa editrice più importante del paese. Non denigrare i tuoi successi”

“Senti chi parla…” rispose Jimin avvicinandosi e lasciandogli un delicato bacio sulle labbra.

“Io mantengo un ‘low profile’, non denigro. È diverso. E adesso andiamo o credo che a Taehyung non importerà nulla se sei l’ospite d’onore, ti farà fuori ugualmente”.

Non potendo affermare il contrario, Jimin seguì docilmente Yoongi fuori dall’appartamento e poi sulla strada. Il taxi era già lì ad aspettarli per fortuna. Mentre i due entravano in vettura, Jimin ricevette un messaggio, sempre da Taehyung.

“Mi chiede dove siamo. Quel ragazzo è qualcosa di assurdo, mi ha chiamato due minuti fa! Mi chiedo a volte se faccia così anche con hyung… Yoongi? Mi stai ascoltando?”

Anche Yoongi aveva ricevuto un messaggio, e Jimin lo vide scorrere velocemente le dita sulla tastiera, un po’ rosso in viso.

“Chi è?”

“Uh? Niente, lavoro” rispose sbrigativo.

“Il sabato sera?”

“L’industria discografica non dorme mai” rispose Yoongi con un sorrisetto malizioso e mettendo via il cellulare nelle tasche del lungo cappotto grigio. Jimin sbuffò divertito:

“L’ennesimo giornalista che vuole un’intervista esclusiva per chiederti della tua segretissima vita privata?”

Yoongi non rispose, semplicemente ridacchiò e si girò poi verso il finestrino. Jimin non se la prese, era abituato agli atteggiamenti evasivi di Yoongi. Si lasciò cullare dal movimento del veicolo in corsa e nel percorso dalla propria casa a quella – ben più imponente – di Seokjin cercò di rilassarsi e prendersi un momento per pensare a tutto quello che aveva nella sua vita e per cui doveva ringraziare.

Il fatto che il suo libro fosse stato accettato da più di un editore era già stato un miracolo, ma ancora di più lo era stato scoprire che una delle case editrici interessate al suo racconto era la più importante del mercato. Ci era voluto tempo e fatica, prima di arrivare alla pubblicazione. Nulla era stato semplice e Jimin aveva dovuto sudarsi tutto. Ma l’appoggio che aveva trovato in Yoongi era stato di valore inestimabile. Non soltanto lo aveva aiutato nei mesi in cui ancora stava revisionando la prima bozza del libro per poterla poi inviare a tutte le case editrici possibili, ma gli aveva anche offerto un grandissimo aiuto successivamente, una volta iniziati i rapporti con l’editore che voleva pubblicarlo. Anche Seokjin gli aveva dato una mano, sia personalmente che con i suoi contatti, aiutandolo a rendersi conto dei suoi diritti e guidandolo nelle fasi delle trattative a decifrare le parti più complesse del contratto che avrebbe dovuto firmare. Era stato un percorso lungo. Mesi per attendere una risposta, mesi per trovare un accordo, mesi occorsi all’editore per revisionare il romanzo, scegliere una copertina, un titolo adeguato. Infine mesi per mandare in stampa e pubblicizzare prima di pubblicare. Erano così passati due anni. Ma ce l’aveva fatta. E la cosa di cui era più grato era essere riuscito a raggiungere questo traguardo non solo con le proprie forze, ma anche grazie al sostegno di tutte le persone intorno a lui che gli volevano bene. Sostegno materiale, spirituale, emozionale. Di qualsiasi cosa avesse avuto bisogno – sfogarsi, riposarsi, piangere, lamentarsi, distrarsi – tutti i suoi amici, nessuno escluso, avevano fatto di tutto per non fargliela mancare. Il romanzo era suo, ma il merito della sua pubblicazione di tutti. Jimin era sicuro che questa non fosse solo una propria impressione: il giorno in cui aveva firmato il contratto avevano celebrato tutti insieme con una felicità tale che davvero risultava chiaro come ognuno percepisse quel traguardo come collettivo. Quella sera Jimin aveva anche telefonato ai genitori, per avvisarli. La mamma aveva mostrato un po’ più di emozione, dicendogli – seppur con voce incerta e tremante – di essere fiera di lui, ma il padre era rimasto piuttosto freddo. Ci era rimasto un po’ male, ma in qualche modo sentiva che prima o poi sarebbe riuscito anche a recuperare un rapporto con i genitori, forse quando il libro sarebbe stato ufficialmente pubblicato.

E adesso finalmente il libro era fuori, nelle librerie di tutto il paese e pubblicizzato su importanti testate che lo definivano “la rivelazione dell’anno”. Poteva davvero essere tutto vero? Cercò la mano di Yoongi istintivamente, quasi come per accertarsi che non fosse tutta un’illusione. Yoongi gliela strinse all’istante e Jimin sospirò sollevato.

Buttò uno sguardo fuori e si accorse che stavano per arrivare. La casa di Jin si intravedeva in lontananza tra la lunga fila di villette a schira e Jimin sentì un senso di benessere diffonderglisi nell’animo. Presto avrebbe festeggiato con le persone che amava di più. Un piccolo spillo lo trafisse al cuore. Non erano tutte. Jungkookie, tornerai mai a far parte della nostra vita? Quanto tempo ancora vorrai farci aspettare?

Yoongi lo scosse dai suoi pensieri. Gli fece notare di essere finalmente arrivati, così i due, dopo aver pagato il taxi, si diressero al cancelletto e suonarono il citofono. I ragazzi dentro aprirono senza nemmeno rispondere, forse li avevano visti arrivare dalle finestre del primo piano o dalle grandi vetrate del piano terra.

Prima di oltrepassare il cancello ed entrare nello spazioso giardino Jimin vide ancora una volta Yoongi buttare uno sguardo al cellulare e guardarsi poi nervosamente intorno. Stava per chiedergli spiegazioni, ma una voce squillante glielo impedì.

“Minnieeeee!! Finalmente sei arrivato! Il nostro uomo è qui!” urlò Hoseok saltandogli al collo e stritolandolo in un abbraccio. La serata era tiepida ed il ragazzo indossava una semplice camicia bianca leggera senza cravatta né giacca ed il sole in procinto di tramontare faceva apparire la sua pelle ancora più ambrata del normale. Hoseok era sempre stato allegro e solare, ma negli ultimi tempi si vedeva che era finalmente felice. E Jimin sapeva il perché.

“Hyung! Mi spiace per il ritard-”

“Non dirlo nemmeno per scherzo! Ho già rimproverato Tae, trattarti così proprio oggi! Infatti credo che poi ti abbia mandato un messaggio di nascosto per non farsi vedere da me… Comunque vieni, sono tutti dentro a bere, Joonie era impaziente di aprire il soju per cui ci siamo già fatti un bicchierino” sorrise poi amichevolmente in direzione di Yoongi “spero non vi dispiaccia”.

“Assolutamente no Hoseokah” rispose Yoongi ricambiando sereno il sorriso.

Oltrepassato il grande atrio, Jimin, Yoongi e Hoseok entrarono finalmente nel grande open space moderno che accoglieva sala da pranzo e cucina. Questa casa era formidabile, accessoriata con tutti i lussi del design moderno e Jimin ne era innamorato. Non era stupito che Namjoon si fosse ormai praticamente trasferito qui. Lo accolsero tutti festosi, Taehyung compreso. Abbracciò forte Jimin con un braccio rischiando di far cadere il soju nel bicchierino che aveva in mano. Uno alla volta tutti i ragazzi lo salutarono, per ultimo Jin il quale, da bravo padrone di casa, lo invitò anche a togliersi finalmente il cappotto.

“Ma è bellissimo!” esclamò mentre lo prendeva in mano “Yoongiah mi aveva accennato al volerti regalare un capo di pregio, ma con questo si è superato!”

Namjoon si avvicinò con sguardo interrogativo:

“Beh, è vero che è bello, ma non è alla fine un cappotto normale?”

Taehyung scoppiò a ridere, quasi sputando il contenuto del suo bicchiere, nello stesso momento in cui Jin alzava gli occhi al cielo con fare esasperato:

“Aaah Jonie, ma perché devi essere sempre così semplice?!”

“Hyung” intervenne Taehyung “quello è l’ultimo modello della collezione primaverile di uno dei fashion designer più in voga del momento. Possibile che tu non ne abbia mai sentito parlare?”

“Davvero?!” esclamò Jimin, colto anche lui di sorpresa “avevo capito che era costoso, ma non così tanto! Yoongi non me lo aveva specificato”

Taehyung lo guardò incredulo e Jin orripilato. Hoseok aggiunse il carico da novanta sul loro sbigottimento:

“Nemmeno io lo avrei mai capito, ad essere onesto”.

“Bestie! Siete delle bestie!” esclamò Jin allontanandosi per riporre il cappotto sull’appendiabiti.

“Ma non ti ho insegnato niente?” disse invece Taehyung a Hoseok che, di suo, ricambiò lo sguardo di rimprovero con una risata cristallina.

Namjoon anche stava per aggiungere qualcosa ma si bloccò:

“Scusate, dov’è Yoon? È già andato al bagno?”

Tutti si guardarono attorno e si accorsero che, in effetti, Yoongi non c’era più.

“Mi scompare il fidanzato la sera stessa del mio successo?” disse Jimin sconfortato non sapendo cosa pensare e facendo vagare gli occhi spaesati per la stanza.

“Ma no, sono qui” la voce di Yoongi giunse da dietro l’angolo del muro che divideva il salone dall’atrio. Entrò, mani in tasca nel cappotto che ancora indossava, sorriso alle labbra rosse “che melodrammatici. Ero solo andato un attimo fuori a ritirare un pacchetto”.

“Che pacchetto?” chiese Jin confuso, ma poi si interruppe, come se avesse capito.

“E’ permesso..?” disse una voce timida e calda. Jimin ebbe un tuffo al cuore e Taehyung con lui. Con passo un po’ incerto, fece capolino Jungkook. E Jimin lanciò un urlo.

Non fu capace di porsi domande su cosa ci facesse lì, in quel momento e in quella stanza, troppa la gioia che gli aveva pervaso il cuore al vederlo. Gli corse incontro d’sitinto, senza riuscire a fermare le lacrime e lo soffocò in un abbraccio fortissimo che il ragazzo più piccolo ricambiò ridendo felice. Taehyung dal canto suo aveva portato una mano davanti alla bocca, leggermente tremante e incredulo. Quando Jungkook sollevò lo sguardo su di lui da dietro la spalla di Jimin, non riuscì più. Si precipitò anche lui e cercò di scansare Jimin.

“Chim, levati! Dallo anche a me!”

Jungkook rideva e rideva, cercando di accontentare entrambi gli amici e intanto anche a lui iniziarono ad affiorare delle piccole gocce umide ai lati degli occhi luminosi.

“Che cosa ci fai qui?!” esclamò Jimin mentre Taehyung gli teneva ancora le braccia appese al collo.

“Va bene, basta, non me lo consumate, che il ragazzo mi serve!”

La voce di Yoongi giunse alle loro spalle e Jimin si voltò. Vide Seokjin, Hoseok e Namjoon tranquilli e non particolarmente sorpresi, e si chiese se non sapessero qualcosa di quanto stava accadendo.

“Yoongi… cosa significa? Kookie, che cosa ci fai qui?!”

Yoongi gli mise un braccio attorno alla vita:

“Oggi è un giorno speciale. Hai finalmente tutto ciò che volevi, ma mancava un pezzo no?” lanciò un’occhiata a Jungkook e il suo sguardo si riempì di dolcezza “Jungkookah qui ha talento da vendere. Lo capii già quella sera a casa di Hoseok-hyung, quando mi mostrasti i suoi video. Lui adesso ha terminato la scuola. Ha bisogno di un lavoro, io di un editor per i miei video. E voi due, anzi voi tre” indicò col dito i tre ragazzi più giovani “avevate bisogno l’uno dell’altro. Così ve l’ho portato qui”.

Taehyung e Jimin lo guardarono senza parlare. Non erano sicuri di aver capito bene il significato delle parole di Yoongi. Jungkook andò in loro aiuto.

“Hyung è stato gentilissimo con me. Mi ha contattato qualche mese fa per chiedermi che progetti avessi per il mio futuro. Quando mi ha proposto di lavorare qui a Seul per lui non potevo crederci”.

“Ma quindi- tu rimarrai..” iniziò Jimin, ma fu interrotto da Taehyung, che non riusciva a rinunciare al suo senso pratico nemmeno in situazioni del genere.

“Come ti sei messo in contatto con lui? Dal canale?”

Yoongi sorrise beffardo:

“Diciamo che ho avuto una fatina che mi ha aiutato”

Hoseok, appoggiato con i gomiti alla tavola di marmo, ridacchiò e fece segno di vittoria con le lunghe dita affusolate:

“Potrei aver fatto un giretto sulla tua rubrica. Te l’ho sempre detto che dovresti mettere il pin al telefono”

“Già” disse Yoongi “Jiminah non mi dice il suo e non volevo insospettirlo per cui ho chiesto a Hoseokah”.

Mentre Taehyung rimaneva a bocca aperta Jimin prese a guardare alternativamente Yoongi e Jungkook.

“Rimani qui Jungkookie..? È vero? Yoongi, è vero?”

Yoongi annuì stampandogli un bacio sulla fronte.

“Adesso ci siamo proprio tutti, no?”

“Vuol dire che è tempo di aprire lo champagne!” la voce di Jin trillò acuta mentre prendeva a distribuirne a tutti “facciamo un bel brindisi al nostro Park Jimin e al suo sicuramente splendente futuro!”.

“E a tutti voi” aggiunse il ragazzo sollevando il bicchierino colmo di liquido frizzantino color oro “le persone a cui tengo al mondo e senza cui non sarei qui oggi”.

Brindarono tutti insieme e la serata finalmente poté finalmente avere inizio. Jimin si guardò un po’ intorno. Namjoon e Jin stavano portando le pietanze in tavola, ridacchiando di qualcosa che solo loro sapevano. Poi spostò lo sguardo su Jungkook: non poteva ancora crederci. Il regalo di Yoongi era stato meraviglioso. Avrebbe avuto finalmente anche lui di nuovo nella sua vita e il pensiero gli fece inumidire gli occhi. Per così tanto tempo lui e l’amico avevano sognato che questo giorno giungesse e adesso il loro Jungkookie era proprio lì, vicino a Taehyung, a far la conoscenza di Hoseok. Osservando il più grande Jimin si chiese che cosa avesse risposto alla proposta di Taehyung. In quei frenetici giorni non aveva avuto tempo di parlare per bene con l’amico, ma glielo avrebbe chiesto tornati a casa perché voleva davvero sapere. Il suo cuore gli diceva però che era andato tutto bene. E che ogni cosa, ognuno di loro, era finalmente al proprio posto. Cercò la mano di Yoongi, la strinse forte e sorrise. Il tempo delle attese era finito.

 

Fine

 

 

 

Note dell’autrice: Ciao ciao ciao! Eccomi di ritorno dopo un bel po’ di tempo per un finale che è rimasto fedele al suo titolo e si è decisamente lasciato attendere. Che cosa dire? Mi dispiace davvero molto di aver pubblicato questa fic a singhiozzo, ma spero comunque che la lettura vi sia risultata gradevole. Per me è stato un piacere scriverla ed ammetto di essere un po’ dispiaciuta di essere giunta al termine perché forse mi sarebbe piaciuto rimanere ancora un altro po’ a curiosare nelle vite di questi sette ragazzi. Ma non mi piace l’idea di deragliare troppo una storia dal suo percorso, e credo che ciò che questa storia aveva da dire l’abbia detto tutto. Solo una cosina ancora rimane: e per questa aspettate solo un altro pochino poiché a breve arriverà un capitolo bonus dove si entrerà più nello specifico di una determinata situazione… sono sicura avete capito qual è ;)

Che altro aggiungere… grazie tantissimo a voi che avete seguito con pazienza per mesi lo sviluppo di questa storia, sia chi lo ha fatto silenziosamente, sia chi mi ha fatto sapere cosa ne pensava. Per favore datemi un feedback anche su questo ultimo capitolo: mi rendo conto che non è denso di azione, e la cosa mi dispiace visto il tempo che ho fatto aspettare per pubblicare, però era necessario per dare una degna conclusione alla storia, no? Se però vi ha fatto schifo, fatemi sapere anche quello, accetto ogni commento ahah E spero di aver reso un po' tutto chiaro, ma nel caso aveste dubbi su quanto succede nel capitolo non esitate a chiedere. 

Grazie ancora tantissimo (anche per essere arrivati alla fine di queste note) e se vi andrà di leggerlo spero di rivederci sul capitoletto bonus che prestò pubblicherò.

Annyeong, Elle ♥

   
 
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