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Autore: Emmastory    25/04/2019    6 recensioni
Dopo essersi unita al suo Christopher nel sacro vincolo del matrimonio, Kaleia è felice. La cerimonia è stata per lei un vero sogno, e ancora incredula, è ancora in viaggio verso un nuovo bosco. Lascia indietro la vecchia vita, per uscire nuovamente dalla propria crisalide ed evolvere, abituandosi lentamente a quella nuova. Memore delle tempeste che ha affrontato, sa che le ci vorrà tempo, e mentre il suo legame con l'amato protettore complica le cose, forse una speranza è nascosta nell'accogliente Giardino di Eltaria. Se avrà fortuna, la pace l'accompagnerà ancora, ma in ogni caso, seguitela nell'avventura che la condurrà alla libertà.
(Seguito di: Luce e ombra: Essere o non essere)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-III-mod
 
 
Capitolo II

Terra di creature

Già scesi dalla groppa del nostro cavallo, ora Christopher ed io camminavamo insieme. A passi lenti ma decisi, e mano nella mano come due adolescenti alla prima cotta. Tranquilla, lasciavo che la fresca brezza mi sfiorasse il viso e i capelli, e senza una parola, mi godevo la passeggiata. Sempre accanto a noi, Xavros  ci trottava accanto, sereno e rilassato mentre Christopher teneva salde le redini. Fra un passo e l’altro, mi voltavo a guardarli entrambi stupendomi della loro complicità, e come mossa da una forza invisibile, mi avvicinai per abbracciarlo, ricambiando il gesto con cui mi stringeva. Il suo braccio attorno alla mia spalla, ed io calma come sempre, intenta ad ascoltare i suoni della natura e quelli del mio cuore, impegnato in battiti di pura quiete mentre stavo al suo fianco. Sorridendo, incrociai il suo sguardo color speranza, e senza una parola, posai la testa sulla sua spalla, liberando un sospiro che non avevo idea di star trattenendo. Alla nostra vista in quella posa così romantica, Xavros battè uno zoccolo in terra, e scoppiando a ridere, gli accarezzai il dorso. “Cos’è, sei geloso? Tranquillo,  prima o poi troveremo una ragazza anche per te.” Scherzai, lasciandomi contagiare dall’umorismo che tanto mi aveva fatta arrabbiare in precedenza. Tutt’altro che offeso, l’unicorno mi spintonò giocosamente, e di lì a poco, un solo attimo mi sfuggì dalle mani. Perdendo l’equilibrio, quasi caddi, ma per mia fortuna, Christopher fu lì per sorreggermi. “Attenta, tesoro. Cosa fai, mi scivoli dalle mani?” chiese, afferrandomi appena in tempo perché non cadessi e azzardando a una battuta che mi fece ridere. “Non oserei, mio custode.” Risposi, veloce e innamorata come sempre, abbandonando la vergogna e perdendomi nel suo sguardo così magnetico e perfetto. Ipnotizzati l’uno dall’altra, restammo fermi per una bellissima eternità, congelati in quell’istante di puro amore. Di lì a poco, i miei sentimenti furono la mia guida, e sicura, posai lievemente le labbra sulle sue. Lenti, i secondi continuarono a scomparire dalle nostre vite, e poi, finalmente soddisfatti, ci staccammo. “Fortuna che c’ero, giusto, fatina?” disse lui, rompendo il silenzio creatosi fra noi e accarezzandomi piano la guancia, che da chiara e fresca divenne calda e rossa d’imbarazzo. “Già…” ebbi appena la forza di rispondere, ancora ebbra di felicità. Mantenendo il silenzio,  Christopher si limitò a sorridermi, e riuscendo finalmente a ritrovare la calma, tornai a concentrarmi su quello che era il nostro viaggio, e nello spazio di un solo momento, le mie mani lambirono appena il suo petto. Del tutto immobile, Christopher non ebbe reazione alcuna, e anzi continuò a camminare come se nulla fosse accaduto. Confusa, non seppi cosa pensare, e fra un passo e l’altro su quei ciottoli tanto duri, mi chiesi dove davvero stessimo andando. Curiosa e rapita dall’ambiente circostante, mi guardavo attorno facendo saettare lo sguardo in tutte le direzioni, notando che di tanto in tanto alcuni strani animaletti zampettavano per la nostra stessa strada. Divertita, piegai le labbra in un sorriso sghembo, per poi ricompormi e guardare ancora Christopher. “Amore, dov’è che stiamo andando?” chiesi, con uno strano dolore ai piedi e un principio di stanchezza nei muscoli. Non proferendo parola, Christopher mi strinse delicatamente un fianco, e dopo l’ennesimo sorriso pieno di luce e dolcezza, si decise a parlarmi. È una sorpresa per entrambi, tesoro mio.” Disse soltanto, tenendo viva la mia curiosità e il mio interesse. A quanto sembrava, teneva spesso i suoi segreti chiusi in cassaforte, e benchè in due anni di relazione ci fossimo sempre confessati ogni cosa, questo non era decisamente il caso. Seppur confusa, non posi altre domande, e dopo altro camminare, eccoci. Al centro di un villaggio mai visto prima, che gremito di gente, sembrava emanare luce e felicità proprie. Emozionata, mi voltai verso il mio ragazzo, e nel silenzio, lui mi strinse la mano. Prima che potesse parlare, però, un’altra voce sopraggiunse, sovrastando la sua. “Benvenuta ad Eltaria, giovane fata. Chi ti accompagna in questo luogo?” disse quella voce, sorprendendoci entrambi e lasciandoci quasi senza parole. Stranamente a disagio, provai a ingoiare il rospo e parlare, ma avevo la lingua impastata. “Christopher. L’ho soccorsa ormai tempo addietro, dopo che la foresta in cui viveva è andata in fiamme.” Rispose il mio amato, soccorrendomi verbalmente e facendo le mie veci. A quelle parole, la donna a noi dinanzi sbiancò, e diventando pallida come un lenzuolo, e portando la mano al cuore, ne controllò i battiti impazziti. “Alle fiamme? Povera cara, sarai così scossa! Venite, abbiamo ancora posto per dei forestieri, forza.” Continuò poi, non riuscendo a nascondere la sorpresa. Ancora incerti sul da farsi, Christopher ed io ci scambiammo una rapida occhiata d’intesa, e così anche Xavros, che a testa bassa, tremava di paura. “Può… può venire anche…” balbettai, paralizzata dalla paura e sentendo quella frase morirmi in gola. “Certo!” rispose in fretta la donna, preoccupata come e più di noi. In quel momento, non ero sicura di nulla, ma sotto muto consiglio del mio protettore, decisi di fidarmi. Fu quindi questione di attimi, e un nuovo viaggio ebbe inizio. Mentre il tempo scorreva, la paura e l’incertezza mi bloccavano, e fu solo camminandole accanto che la osservai veramente. La sua pelle aveva lo stesso colore del mio prezioso ciondolo, e i capelli, castani come i miei, le ricadevano lunghi e morbidi sulle spalle, intrecciandosi in boccoli degni di una principessa. Piccole e quasi invisibili, alcune foglie danzavano nel vento, e con esse anche fiori colorati di rosa e d’azzurro, che calmi quanto lei, si aprivano per sbocciare al sole. Un attimo di indecisione passato a riflettere portò ai miei ricordi le altre creature magiche esistenti oltre alle fate, e solo allora, capii che era una ninfa. Non ne ero sicura, né potevo esserlo, ma forse, con un pizzico di fortuna, avrebbe potuto istruirmi sui miei poteri proprio come il mio amato, o come le fate anziane. Ad ogni modo, e sempre più confusa, cercai ancora conforto in Christopher, che con le mani metaforicamente legate, si ritrovò  a non poter far altro che annuire con decisione. Inquieto, Xavros si muoveva appena, ed io fui letteralmente costretta a trascinarlo,re  “Su, vieni. Non ti farà del male.” Provai a dirgli, conservando nel cuore la speranza di potermi fidare a mia volta. Indeciso, l’unicorno non si mosse, e forse complici le sue forti emozioni, il magico corno che aveva in testa perse piccole stille di polvere magica. “Andrà tutto bene, avanti.” Ritentai, abbozzando un sorriso. Per mia fortuna, almeno quell’espediente parve funzionare, e riprendendo finalmente il suo cammino, Xavros accettò la mano della nostra nuova amica, e continuando a sfoggiare quel sorriso, sentii il nodo alla gola sciogliersi come neve al sole. “Sono Kaleia.” Dissi, presentandomi. “Io Aster, cara. È un piacere conoscerti.” Rispose in fretta la donna, imitandomi nel sorridere e acquistando finalmente una vera identità. Per qualche istante, il silenzio ci colse entrambe impreparate, e finalmente pronto a parlare a sua volta, Christopher lo ruppe come vetro, salvandomi da attimi di insopportabile imbarazzo. “Piacere nostro, signora.” Disse infatti, per poi stringermi la mano per l’ennesima volta, che dati i miei sentimenti fu esattamente identica alla prima. Ad essere sincera, non sapevo spiegarlo, e allo stesso tempo mi stupivo di cosa quel ragazzo, ormai uomo e mio marito, fosse capace di farmi. In soli due anni era riuscito a cambiarmi, rendendomi a suo modo una fata migliore, più forte e pronta ad affrontare le avversità della vita. Non da sola, certo, ma al suo fianco, uniti in una coppia dal legame indissolubile. A quel pensiero, sentii il cuore battere e riempirsi d’orgoglio, e appena un istante più tardi, il silenzio riempirsi ancora. “Fammi un favore, ragazzo, non chiamarmi signora. Qui ad Eltaria la cattiveria non ha posto.” Ancora una volta, fu Aster a parlare, e intromettendomi, non potei evitare di difendere il ragazzo che amavo. “Aster, ti prego, scusalo. Non era sua intenzione offendere.” Fui veloce a rispondere, provando subito vergogna per entrambi. “Tranquilla, Kaleia, non l’ha fatto. Piuttosto spiegami, lui è il tuo fidanzato umano?” chiese, dando voce a quella domanda solo dopo avermi opportunamente rassicurata. Improvvisamente incerta, mi bloccai di nuovo, e tremando come le foglie su cui avevo più d’un potere, esitai. “S-Sì.” Biascicai poco dopo, tenendo nascosta l’identità di Christopher almeno per quel momento. Grato del mio gesto, lui mi rivolse un lieve sorriso e regalò una carezza,  e deglutendo, sperai di sciogliere per la seconda volta il nodo che mi attanagliava la gola. “Sono felice di scoprirlo, sappiatelo.” Replicò Aster, sinceramente impressionata mentre osservava anche solo da quei gesti la profondità del nostro legame. Intimorita, nascosi la croce incisa sul polso sperando che non la notasse, e quando finalmente si fermò e il nostro cammino ebbe fine, mi ritrovai in una parte di quel nuovo villaggio mai vista prima. A primo impatto, tutto mi giunse simile alla vecchia comunità umana nella terra natale del mio fidanzato, e alzando lo sguardo, non vidi altro che lanterne organizzate in gruppi di tre elementi. Tutte vicine, vantavano tre colori. Il bianco, simbolo di novità, il verde, canonico segno di speranza, e infine il rosso, chiaro riferimento al forte, fortissimo sentimento che ci univa, e al quale io ero sempre svelta a dare un nome. In effetti, ce n’era uno soltanto, e quel nome era amore. Alla vista di quelle lanterne, quasi piansi, e come mossa da un istinto primordiale, convinsi Christopher a lasciare le redini del cavallo per baciarlo. Stringermi a lui e baciarlo con tenerezza e pazienza, suggellando per l’ennesima volta quella promessa d’amore che ci univa  e teneva uniti, e che mai, mai nella mia intera vita avrei lasciato spegnere. Orgogliosa di noi, Aster rimase a guardarci, e con lei un’intera tribù di strani animali che abitavano quei boschi. Conigli dalle corna appuntite, cuccioli dal pelo soffice e in tutto simile a piccole volpi, e perfino una piccola banda di scoiattoli, forse amici del mio Bucky, o forse parte di un’unica grande famiglia. Presa com’ero dal bacio, sentii appena i loro versi, e staccandomi quasi di malavoglia, lo vidi sorridere e stringermi le mani, e poi, posandomi un bacio sulla fronte fresca, pronunciare insieme alla nostra nuova amica, una sola frase. “Benvenuta ad Eltaria, fatina mia. Dove tutti gli esseri magici hanno sempre una speranza.” Fu così che a sera ricordai la mia giornata, facendo ordine fra i miei ancora nitidi ricordi e scoprendomi finalmente felice e non più estranea in quella nuova terra di creature.

 
   
 
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