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Autore: giugenna    27/04/2019    3 recensioni
Questa storia era (in parte) stata già pubblicata anni fa, ma con un account diverso, che ho deciso di chiudere perchè adesso anche io sono una persona diversa.
Durante il sesto anno a Hogwarts, Hermione si troverà ad affrontare difficoltà mai immaginate, che metteranno in dubbio le sue posizioni all'apparenza così ferme, soprattutto grazie alle persone che troverà al suo fianco in queste vicende. Non bisogna avere paura di fidarsi e di conoscere gli altri per quello che sono davvero
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Sebbene fosse certo di essere completamente solo nella stanza, Draco non riusciva ad allontanare la sgradevole sensazione di essere osservato e si guardava intorno di continuo. Stava in piedi da ore davanti all’Armadio Svanitore, teso come una corda di violino; se i sui calcoli fossero stati giusti, di lì a poco su uno degli scaffali sarebbe comparsa una piuma d’oca, messa da uno degli scagnozzi di suo padre nell’altro Armadio comunicante.
Dopo le tante notti insonni per colpa di quel maledetto armadio, non gli sembrava vero di aver raggiunto dei risultati accettabili. Quella mattina, prima che spuntasse il sole, era sgattaiolato fuori dal dormitorio per provare l’ultima formula trovata nei libri che gli erano stati procurati e spediti da suo padre in persona. Aveva rischiato di commuoversi quando, per la prima volta, il rotolo di pergamena che aveva appoggiato sullo scaffale era scomparso.
E ora attendeva con sempre maggiore impazienza la penna d’oca in risposta, come aveva concordato con Lucius e gli altri Mangiamorte. Non gli importava affatto di saltare la lezione di Piton, anche se sicuramente il professore si sarebbe preoccupato; sarebbe rimasto davanti a quell’armadio per tutto il giorno, se fosse stato necessario.
La chiacchierata con Blaise e l’affetto dell’amico lo avevano rinfrancato un po’, ma non erano bastati a fargli passare i sensi di colpa per quello che stava facendo.
 
I coniugi Malfoy non si erano sempre trovati d’accordo quando si trattava di scegliere in merito all’educazione e al futuro del loro unico erede. Narcissa avrebbe preferito lasciarlo libero di seguire le sue inclinazioni, pensando che fosse un suo diritto scegliere, una volta diventato abbastanza consapevole, se sottostare a tutte le regole che l’appartenenza a una nobile famiglia di maghi imponeva. Pur amando il marito, soffriva molto per le rinunce a cui era stata costretta, e avrebbe voluto una vita diversa per Draco. Lucius, al contrario, era fermamente convinto della necessità di insegnare il prima possibile al figlio il disprezzo per tutto quello che non era Purosangue. Per anni  Draco era stato educato rigidamente, finchè le convinzioni del padre erano diventate anche le sue. Lucius Malfoy aveva l’obiettivo di plasmare un perfetto giovane Mangiamorte, quasi un suo clone, ma il carattere di Draco, in fondo, non era mai stato quello giusto.
Troppo chiuso e introverso, troppo sensibile, forse. Sicuramente, troppo simile a quello di sua madre. Quante volte suo padre aveva dovuto ripetergli che era importante, fondamentale, obbligatorio fare amicizia con le persone giuste e, soprattutto, tenersi alla larga da quelle sbagliate. Quante volte era stato punito per dei voti non abbastanza alti, un comportamento poco composto, una lacrima di troppo.
A poco a poco, Draco si era indurito, almeno all’esterno, nel tentativo di proteggere le fragilità che portava dentro di sé, delle quali era arrivato a vergognarsi. Faceva esattamente quello che suo padre si aspettava da lui, senza perdere tempo a pensare, altrimenti avrebbe ceduto alla tentazione di tirarsi indietro.
 
“Cosa sarebbe successo se quel giorno mi fossi rifiutato di obbedire? L’Oscuro Signore mi avrebbe ucciso, o sarebbe stato proprio mio padre a farlo? E cosa ne sarebbe stato di mia madre? “
Il ragazzo sentì che le sue gambe minacciavano di cedere e preferì sedersi sul pavimento; il tempo sembrava non passare mai e, più si avvicinava il momento in cui si sarebbe dovuta verificare la comunicazione tra i due Armadi, più Draco temeva che qualcosa non avrebbe funzionato. A quel punto, avrebbe avuto da temere per la sua vita e per quella di Narcissa.
E se invece fosse andato tutto alla perfezione? La scuola sarebbe stata violata, messa a soqquadro da persone senza scrupoli, assetate di potere e spinte dall’odio, esattamente come suo padre e, dovette ammettere, come lui stesso. Grazie alla sua debolezza e alla sua codardia, Hogwarts avrebbe smesso di essere un luogo sicuro e inviolabile e tutti gli studenti mezzosangue si sarebbero trovati in grave pericolo.
 
La Mezzosangue… Draco sentì una fitta attraversargli il petto.
Per compiacere suo padre stava rischiando di sacrificare forse l’unica persona che, senza essere sua amica e senza nessun secondo fine, ma semplicemente perché lo riteneva giusto, gli aveva offerto un po’ di conforto e non lo aveva lasciato solo.
“Non lo voglio fare, ma non posso non farlo. Mia madre non ha nessuna colpa e non merita di essere abbandonata anche da me. Se mio padre non ha intenzione di proteggerla, devo pensarci io”.
Il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri, per dedicarsi nuovamente all’Armadio Svanitore.  Trattenne il fiato e attese di sentire quel sibilo quasi impercettibile, segnale del fatto che l’armadio si era messo in attività. Esitante, allungò la mano verso l’anta e la schiuse lentamente. Non aveva il coraggio di guardare.
 
-Non è possibile…- bisbigliò, senza la forza di gridare tutta la frustrazione che provava. Sulla mensola era ricomparsa la stessa pergamena che credeva di avere consegnato qualche ora prima, nella stessa identica posizione e con il sigillo ancora intatto.  Questo poteva significare soltanto che la pergamena non era mai giunta a destinazione, qualcosa nell’incantesimo non doveva avere funzionato.
Aveva solo perso tempo e avrebbe dovuto ricominciare daccapo, per l’ennesima volta.
 
In preda al panico, Draco corse fuori dalla stanza.
 
***
 
-Eccolo! Finalmente sta uscendo dalla Stanza delle Necessità, credevo avesse deciso di nascondersi lì dentro per sempre- esclamò Harry mentre camminava lungo un corridoio con i suoi compagno di Casa, dopo la lezione. Per l’emozione accelerò il passo, sempre tenendo la Mappa spiegata davanti agli occhi, e per poco non travolse Ron e Neville.
-Harry, guarda dove metti i piedi- sbottò quest’ultimo –stavo per far cadere le mie Lenticchie Barbute! - indicò un vaso di vetro che conteneva dei germogli arancioni e lanciò un’occhiataccia a Harry.
-Sì…scusa, Neville. Chiedo scusa anche alle tue lenticchie...adesso però devo proprio andare. Ron, non vengo a pranzo, ci vedremo più tardi, quando avrò sistemato quella questione-.
 
Senza lasciare a Ron il tempo di rispondere, Harry fece una brusca deviazione e si mise a correre; avrebbe voluto aspettare Malfoy e coglierlo di sorpresa. Si aspettava di vederlo dirigersi verso la Sala Comune dei Serpeverde, ma la Mappa, con sua grande meraviglia, mostrava tutt’altro.
Era talmente concentrato che non si rese conto che Hermione, pallida e spaventata, si era staccata con una scusa dal gruppo delle ragazze e aveva cominciato a seguirlo.
 
***
 
Si era rifugiato di nuovo in quel bagno vecchio e malconcio, dove praticamente nessuna delle ragazze metteva piede. Ormai nascondersi lì nei momenti di crisi era diventata un’abitudine; il silenzio quasi totale, fatta eccezione per il gocciolio dei rubinetti, lo aiutava a calmarsi. E poi c’era Mirtilla, che in più occasioni l’aveva ascoltato, permettendogli di sfogarsi e sommergendolo a sua volta con le proprie lamentele.  In altre occasioni avrebbe riso apertamente di qualcuno che avesse apprezzato la compagnia di un fantasma bizzarro e petulante, ma doveva ammettere che la sua presenza l’aveva fatto sentire meno solo.
Quel giorno, però, Draco sapeva che niente e nessuno avrebbero potuto aiutarlo a stare meglio. Si appoggiò con entrambe le mani a un lavandino sbeccato, lo sguardo fisso verso il basso per evitare anche solo di intravedersi nello specchio.  Il suo respiro era talmente accelerato che si sentiva girare la testa, temeva che da un momento all’altro sarebbe svenuto o, peggio, si sarebbe messo a piangere.
Per quanto cercasse di concentrarsi per trovare una soluzione al pasticcio in cui si trovava, gli sembrava di avere nella testa un grande spazio vuoto, nel quale si stavano insinuando con rapidità sentimenti di terrore e disperazione.
Si rese conto di stare tremando e strinse il bordo del lavandino così forte che le sue nocche sbiancarono.
 
Continuavano a passargli davanti agli occhi immagini dei suoi genitori. Sua madre china sui suoi primi compiti di scuola, che gli insegnava a impugnare correttamente la penna d’oca, suo padre che gli annodava la cravatta e gli faceva mille raccomandazioni prima di lasciarlo salire sull’Espresso per Hogwarts, ormai cinque anni prima. E ancora, sua madre che lo stringeva in un abbraccio convulso, dopo aver saputo la missione che gli era stata affidata e suo padre che li separava bruscamente, intimandogli di non comportarsi da ragazzino. Il servizio da tè di Narcissa, i quaderni verde pallido su cui appuntava le sue riflessioni. La poltrona su cui solo Lucius poteva sedere, con la sua pipa, i suoi libri e il bicchiere di Whisky Incendiario posati sul piccolo tavolino accanto.
Improvvisamente, un nuovo volto si sovrappose a tutti quei ricordi, lasciandolo senza fiato per la sorpresa; sebbene non appartenesse direttamente alla sua famiglia, gli era noto ormai da molto tempo.
Occhi del colore dell’ambra, lineamenti quasi perfetti e quella massa di capelli arruffati che neanche il più robusto dei fermagli riusciva ad arginare. Troppe volte quella ragazza aveva pianto per colpa sua, troppe volte le aveva scaricato contro tutta la sua frustrazione e il suo apparente disprezzo. Odiava ammetterlo, ma la invidiava per il fatto che i suoi rapporti con gli altri fossero sempre autentici, disinteressati. I suoi amici le volevano bene per davvero, a nessuno di loro importava che il suo sangue non fosse puro. E faceva sempre la cosa giusta, o se non altro la meno sbagliata.
“A parte provare a starmi vicino. Questa è sicuramente la cosa più sbagliata che potesse fare. Non si merita niente di tutto questo, non lo augurerei nemmeno a Potter!”
 
-Ehi! È la prima volta che ti vedo qui di giorno. Sembri sconvolto…Posso fare qualcosa per te?- Mirtilla cominciò a svolazzargli attorno e gli diede degli impalpabili colpetti su una spalla.
-Ho sbagliato tutto, di nuovo. Mia madre morirà per colpa mia e mio padre mi odierà ancora di più. Tutti mi odieranno. Ma come posso fare? Mi stanno chiedendo troppo e io non ci riesco, faccio del mio meglio ma non ci riesco-.
-Cerca di stare tranquillo, sono sicura che troverai la soluzione. Sei così intelligente…-
-Non ci riesco- ripeté lui a bassa voce, chinando la testa e lasciando che i capelli biondi gli coprissero il viso. Non riusciva a smettere di pensare a tutte le persone che avrebbero sofferto a causa sua.
Vide sua madre morta. I suoi amici che gli voltavano le spalle. La Granger che gli riversava addosso tutto il suo rancore. Era davvero troppo difficile da sopportare.
Draco scoppiò in lacrime.
***
Harry non poteva credere ai suoi occhi: Malfoy era nel bagno delle ragazze, appoggiato a un lavandino, e stava piangendo. Anche da lontano si potevano sentire distintamente i singhiozzi, quasi surreali, che gli scuotevano le spalle; vedendolo con addosso solo la camicia, Harry non poté fare a meno di notare quanto fosse dimagrito. Sembrava malato. E disperato.
Cercò di avanzare il più silenziosamente possibile, con la bacchetta saldamente stretta in mano. Sperava di prendere il Serpeverde alle spalle e riuscire a scagliare l’incantesimo Legilimens senza dargli il tempo di reagire.
Per fortuna quel fantasma piagnone aveva capito che non tirava l’aria giusta e se ne era andato a frignare da qualche altra parte; nonostante tutto preferiva Malfoy a Mirtilla, su questo non c’erano dubbi. Senza fare rumore, si sporse oltre la porta dietro cui si era nascosto; ormai era così vicino a Malfoy che poteva vedere le lacrime scivolargli lungo il naso affilato, ce l’aveva quasi fatta.
Purtroppo, un istante dopo, si accorse di non aver tenuto in considerazione lo specchio sopra il lavandino.
 
***
Draco avvertiva ancora quella sensazione insopportabile di essere osservato; vincendo il disgusto per se stesso alzò lo sguardo e nello specchio sporco, oltre al proprio viso stravolto, intravide l’ultima persona dalla quale avrebbe voluto farsi vedere in quello stato.
-Tu! - ringhiò, girandosi con la bacchetta alzata, il viso ancora rigato dalle lacrime e un lampo di follia negli occhi. In quel momento nutriva per Harry un odio che non riusciva a spiegarsi, come se fosse lui il solo responsabile di tutti i suoi problemi. Se una volta tanto si fosse svestito del ruolo di salvatore del mondo, i suoi tentativi di obbedire all’Oscuro Signore sarebbero sicuramente andati a buon fine. Invece continuava a ostacolarlo e si era permesso anche di aggredirlo mentre parlava con la Granger; come al solito, credeva di sapere tutto ma non aveva capito nulla. Draco ne aveva davvero abbastanza.
 
-Cruc…- voleva fargli male. Voleva che stesse male almeno quanto lui, che si rendesse conto di non essere l’unico a soffrire. E che capisse cosa voleva dire sentirsi morire dentro un giorno dopo l’altro.
Ma, prima di riuscire a scagliare la maledizione, Draco sentì Harry scandire –Sectumsempra! -
In un attimo si sentì trapassare in tutto il corpo da centinaia di pugnali invisibili e vide il proprio sangue uscire a fiotti da tutte quelle ferite, inzuppandogli gli abiti. Il ragazzo si accasciò a terra, mentre una pozza di sangue si allargava intorno a lui; era talmente sconvolto che all’inizio non avvertì nessun dolore, poi ne fu travolto, ma non aveva abbastanza energie per gridare.
Potter sembrava altrettanto sconvolto: era in piedi a pochi passi da lui, ancora con la bacchetta stretta in pugno, e lo fissava stralunato, ansimando.
Draco si sentiva sempre più debole e sapeva di non poter fare nulla per difendersi. Sperava solo che, qualunque cosa dovesse accadere, accadesse in fretta, per poter finalmente stare in pace.
Mentre la vista gli si annebbiava, si accorse che nel bagno era entrata una terza persona. Quella persona si diresse verso Potter –Harry, cosa hai fatto? Anzi, lascia perdere le spiegazioni e vai via da qui, subito! –
Draco teneva gli occhi chiusi e non poté vedere Harry che, muovendosi quasi al rallentatore, raggiungeva l’ingresso del bagno per poi scomparire nei corridoi, ma sentì chiaramente gli strilli acutissimi di Mirtilla       -Aiuto! Aiuto! Harry Potter ha assassinato un ragazzo nel bagno! -
 
***
Hermione era inorridita e spaventata, e le urla di Mirtilla non facevano che confonderla e peggiorare la situazione. Non poteva permettersi di perdere la lucidità proprio in quel momento, doveva fare qualcosa il più in fretta possibile; Malfoy rischiava seriamente di morire e Harry non avrebbe potuto in alcun modo difendersi dalle accuse, sebbene avesse agito per difendersi. Lei stessa lo aveva visto e sentito mentre lanciava quell’incantesimo dall’effetto devastante.
Avrebbe voluto chiedergli dove l’avesse imparato, ma una sorta di sesto senso le diceva che la risposta non le sarebbe piaciuta affatto.
Corse verso il ragazzo che giaceva a terra, immerso nel suo sangue, e si inginocchiò vicino a lui, senza curarsi di imbrattarsi i vestiti. Lo scosse leggermente per una spalla –Malfoy? Draco…mi senti? -
Le sue labbra si dischiusero leggermente, ma non riuscì a risponderle; se non altro, constatò Hermione sollevata, era ancora vivo. Sapeva di non poter contrastare gli effetti dell’incantesimo, ma voleva fare del suo meglio per aiutarlo; cominciò a ripetere tutte le formule curative che conosceva nel tentativo di chiudere le ferite più superficiali e ridurre il sanguinamento da quelle più importanti.
Purtroppo, nessuno dei suoi incantesimi fu sufficiente a fargli sentire meno dolore. Il volto di Draco era contratto, la sua fronte imperlata di sudore, stava tremando. Ed era spaventosamente pallido.
Hermione gli si avvicinò ulteriormente e gli fece appoggiare la testa sulle sue gambe; intanto gli parlava sottovoce, sperando che potesse sentirla –Non ti preoccupare, sono sicura che presto arriverà qualcuno ad aiutarti, poi Madama Chips ti rimetterà in sesto in men che non si dica, e ti chiarirai con Harry, se serve vi aiuterò a parlare come due persone normali. Metterai tutto a posto, vedrai, devi solo avere fiducia-.
Gli occhi le si riempirono di lacrime. Si sentiva sola e impotente come poche altre volte nella vita, era consapevole che se Mirtilla non fosse riuscita ad attirare l’attenzione di qualcuno sarebbe toccato a lei andare a cercare aiuto, ma non poteva pensare di abbandonare Malfoy in mezzo a tutto quel sangue, sul gelido pavimento del bagno.
 
Come se le avesse letto nel pensiero, Draco bisbigliò qualcosa, senza aprire gli occhi. –Cosa c’è, Malfoy? Riesci a ripetere? – Dopo un lungo sospiro, il ragazzo si sforzò di rendere la sua voce più udibile –Ho…freddo- riuscì a dire, poi perse i sensi.
Hermione si guardò intorno, angosciata. Perché non arrivava nessuno? Stava per rassegnarsi a lasciare il bagno per andare a chiamare la McGranitt, o forse addirittura Silente in persona, quando sentì dei passi veloci che si avvicinavano e pochi istanti dopo comparve il professor Piton, trafelato e carico di boccette di vetro.
-Professore, non sono stata io- fu tutto quello che Hermione riuscì a dire. –Lo so, Granger. E non ha nessuna importanza ora. Per cortesia, spostati e rimani in silenzio, non c’è tempo da perdere-.
Riluttante, la ragazza si fece da parte, appoggiando con la massima delicatezza la testa di Draco sul pavimento. Si accorse di stare tremando da capo a piedi e di essere coperta di sangue, quel sangue puro così importante, così prezioso.
Osservò il professore che applicava un unguento e una polvere sulle ferite, interrompendo finalmente l’emorragia, e rovesciava tra le labbra del giovane svenuto il contenuto di una fiala. Senza degnarla di uno sguardo, Piton alzò la bacchetta e fece levitare il corpo di Malfoy per condurlo in infermeria.
 
Hermione sentiva che se fosse rimasta con le mani in mano per un altro minuto sarebbe impazzita; fece evanescere il sangue dal pavimento, cercò di ripulire la sua bacchetta e corse fuori dal bagno.
Doveva assolutamente parlare con Harry.
   
 
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