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Autore: Miss Halfway    28/04/2019    1 recensioni
REVISIONATA FINO AL CAPITOLO 5
«All'improvviso sentii un soffio gelido spirarmi sul collo, mentre una mano, altrettanto gelida, mi accarezzava i capelli e coi polpastrelli mi sfiorava la pelle. O forse no: quella mano dal tocco glaciale in realtà non mi stava affatto accarezzando i capelli ma me li stava semplicemente spostando delicatamente dal collo per scoprirmi la carotide, sfiorandomi appena. Continuavo a percepire un venticello fresco, nonostante ricordassi chiaramente di aver chiuso la finestra quella notte per via dei lupi che ululavano alla luna e gli spifferi di corrente andavano diffondendo nell'aria un profumo che avevo già sentito e che ormai conoscevo bene.» (cap. 11)
Streghe, vampiri, licantropi... Saranno solo vecchie leggende e sciocche superstizioni? O la realtà, in fondo, cela qualcosa di sovrannaturale? Cosa nasconde la biblioteca scolastica? Chi è il ragazzo misterioso e qual è il suo segreto?
In seguito alla morte della nonna materna, la quale lascia in eredità l'antica Villa dei Morgan, Meredith insieme alla sua famiglia allargata farà ritorno a Salem, sua città natale. Lì comincerà per lei una nuova vita alle prese con un potere sovrannaturale, sogni premonitori, bizzarre amicizie e il coinvolgimento in uno strano triangolo amoroso...
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Triangolo
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11) Attenta al lupo?


    Era tutto inutile. Per quanto stessi letteralmente crollando dalla stanchezza, continuavo a girarmi e rigirarmi nel letto: non riuscivo proprio a prendere sonno. Ero agitata, confusa e in più mi sentivo una perfetta idiota perché per la seconda volta avevo piantato in asso Heric per le mie insensate teorie paranormali. 
    Riuscii finalmente a trovare una posizione comoda, poggiata su un fianco e dando le spalle alla finestra, e mi assopii in un sonno profondo.

    Era già notte fonda.
    All'improvviso sentii un soffio gelido spirarmi sul collo, mentre una mano, altrettanto gelida, mi accarezzava i capelli e coi polpastrelli mi sfiorava la pelle. O forse no: quella mano dal tocco glaciale in realtà non mi stava affatto accarezzando i capelli ma me li stava semplicemente spostando delicatamente dal collo per scoprirmi la carotide, sfiorandomi appena. Continuavo a percepire un venticello fresco, nonostante ricordassi chiaramente di aver chiuso la finestra quella notte per via dei lupi che ululavano alla luna. Gli spifferi di corrente andavano diffondendo nell’aria un profumo che avevo già sentito, e che ormai conoscevo bene.
     Spalancai gli occhi e mi voltai di scatto dall'altro lato del letto, verso la finestra. Qualcosa, una figura all'apparenza umana si mosse frettolosamente ritraendo la propria mano e allontanandosi dal mio letto. Fu a quel punto che mi resi conto che non stessi per niente sognando come le altre volte poiché avevo appena socchiuso gli occhi. Ero sveglia, non ero nemmeno in dormiveglia, ero sveglia e cosciente.
     Abbagliato leggermente dai riflessi della luna, potei vedere Heric che, colto di sorpresa dalla mia reazione, indietreggiò. Se ne stava a meno di cinquanta centimetri di distanza da me, fissandomi, con gli occhi ormai completamente neri. Li vedevo perfettamente nonostante l'oscurità, scintillavano per via del bagliore lunare.
    «Come sei entrato?»
    Indicò la finestra alle sue spalle e sorrise mostrandomi i suoi canini candidi e affilati. Un brivido mi attraversò la schiena facendomi sobbalzare: il suo sguardo era assetato di sangue, glielo leggevo in faccia, e il suo sorriso, per quanto stupendo, non prometteva nulla di buono. Stava qui, in camera mia in piena notte e mi fissava lasciando intravedere i suoi denti aguzzi e perfetti. Stringevo nervosamente la collana della nonna che sembrava essere diventata un iceberg e, in quel momento, avrei voluto solo che Jeremy, come nei miei sogni, arrivasse per difendermi e tirarmi via da quell'incubo reale.
     Mi passarono per la mente tanti pensieri: non poteva essere affermativa la risposta alla domanda che stavo per porgli. Con voce flebile e insicura gli chiesi quello che da tempo mi dava il tormento.
     «Sei un vampiro?»
     «E tu una strega. Siamo pari, no?» rispose lui con tono sarcastico e divertito. Non lo avevo mai visto con quell'aria insolente se non con i professori e il fatto che io fossi spaventata lo entusiasmava assai, come un vero cacciatore. Sebbene non riuscissi a nascondere la paura che provavo, continuai presuntuosa e ironica, come se fosse un gioco.
     «Vuoi mordermi?» 
     «Mi farai un incantesimo?» ribatté con tono di sfida. Non era il caso di fare la spavalda, non ero nella posizione giusta. Sapevo che era un vampiro, sentivo che c’era qualcosa di diverso in lui e ora ne avevo la conferma. Era tutto così assurdo.  Continuammo con quel gioco di domande e battute: il suo atteggiamento irriverente mi spaventava ed eccittava al tempo stesso. Quel suo modo di fare, di parlare, di muoversi e di guardarmi mi affascinavano. Terribilmente. E il suo sguardo, il suo sguardo mi aveva paralizzata. Riuscivo a leggergli negli occhi la sensazione di sete che provava e l'irrefrenabile voglia di mordermi. Ero come ipnotizzata e avrei fatto qualsiasi cosa per accondiscenderlo. Ero completamente nelle sue mani.
     «Io non sono una strega» balbettai.
     «Non ancora»
     «E tu cosa sei invece?»
     «Sai già cosa sono. Sta attenta a quelli come me- si avvicinò lentamente alla finestra, saltò sul davanzale e aggiunse:-ci vediamo lunedì mia giovane strega. E sta attenta anche al lupo cattivo.»
     «Lupo?»
     Fu in quel momento che mi resi davvero conto, purtroppo, di aver solo sognato un'altra volta. Purtroppo perché, beh, avere Heric nella mia camera a quell'ora di notte non era mica una cosa da niente. Aprii gli occhi senza urlare, agitarmi o dimenarmi come mi capitava solitamente ogni qual volta facevo degli incubi, quello in fondo non lo era.
     Guardai la sveglia: erano le tre del mattino come di consueto. Poi diedi uno sguardo alla finestra: era chiusa, sigillata, come ricordavo. Sì, era soltanto un sogno!
     Mi alzai dal letto e andai ad affacciarmi, faceva davvero caldo e avevo bisogno di respirare. Poggiai i gomiti sul davanzale per appoggiarci la testa godendomi l'aria fresca e il cielo stellato fino a che non vidi una figura nel giardino che si nascondeva dietro un albero e mi fissava con occhi ambrati e luminosi.
    C’era...c’era un lupo nel giardino di casa?!
    Uscii dalla mia stanza per andare da Jeremy. Entrai piano per non svegliarlo di sorpresa.
     «Jeremy! Jeremy! Svegliati! C’è un lupo in giardino!» bisbigliai. Lui però non era nella sua stanza.
     Scesi al piano di sotto per cercarlo, poteva benissimo essere in cucina o in bagno. La porta del bagno superiore però era aperta e giù in cucina non c’era nessuno. Sentii la porta di casa scricchiolare e presi un coltello dal cassetto delle posate. In quel momento non pensavo a cosa avrei potuto fare, magari non era un lupo ma un ladro.
     «Meredith! Sei pazza? Volevi ammazzarmi?!»
     «Cosa ci facevi in giro a quest’ora?»
     «Ero a prendere una boccata d’aria.»
     «Non hai visto il lupo nel giardino?»
     «Lu-lu-lupo?- balbettò -non ho visto nessun lupo.»
     «C’era un lupo nel giardino. O almeno credo fosse un lupo»
     «Tu stai completamente uscendo fuori di testa.»
     «Perché? Esistono i vampiri. E dove ci sono i vampiri ci sono anche i licantropi, lo dice leggenda. Son riuscita a trovare un piccolo paragrafetto in un libro prima di andare a dormire ma non l'ho finito di leggere. Sembrava più un racconto, una leggenda.»
     «Mi sto seriamente preoccupando per te» disse con una risata innaturale quasi cercando di nascondermi qualcosa.
     «Beh io almeno non me ne vado in giro alle tre del mattino! Comunque, ho sognato Heric anche stanotte. Ammetteva di essere un vampiro e mi diceva di stare attenta al lupo. Mi sono affacciata alla finestra e cosa c’era? Un lupo nascosto dietro un albero! Domani gli chiederò spiegazioni.»
     «Su andiamo a dormire che è tardi. E basta con queste cavolate superstiziose» mi zittì.





     Per tutto il fine settimana non ebbi notizie da Heric: non una telefonata, non una visita improvvisata a casa mia. Silenzio stampa. 
    Avrei tanto voluto vederlo e chiarire la situazione. Nel mentre mi facevo lunghi viaggi mentali dove lui ad esempio si presentava a casa mia con un mazzo di fiori chiendomi di perdonarlo per esser sparito tutti quei giorni oppure immaginavo che, nel cuore della notte, entrava dalla mia finestra rincuorandomi del fatto che, sebbene fosse un vampiro, non mi avrebbe mai fatto del male, oppure ancora mi confessava di essere uno stregone e che i avrebbe aiutata a comprendere i segreti della magia. Ogni sera mi addormentavo pensando a lui e ideavo uno scenario diverso dove però, alla fine, stavamo insieme.
    Era
martedì e non vedevo Heric da sabato alla festa al luna park: non si era presentato a scuola né il giorno prima, lunedì, né tanto meno oggi. La situazione iniziava a preoccuparmi. Che se ne fosse andato? No, no e no, non era assolutamente possibile!
    Nel frattempo notavo che i miei fratellastri facevano coppia fissa entrambi, soprattutto Jeremy e Alexis. Sembravano davvero affiatati ed io ero sempre più gelosa tant'è che la evitai
quei giorni: sebbene le cose fra lei e Jeremy sembrassero andare a gonfie vele, non sapevo come scusarmi né che cosa inventarmi riguardo l'esser voluta tornare a casa nel bel mezzo del loro appuntamento nel cuore della festa.
    Quei giorni, nonostante la mia impazienza e il mio desiderio di rivedere Heric, trascorsero piuttosto sereni e non ebbi nessun incubo. Fino a quel martedì notte.
    Era il 30 marzo ed erano ormai passati circa venti giorni da quando avevo lasciato Coral Spring e in meno di tre settimane mi erano successe una marea di cose strane.
    Quella notte, il cielo era limpido e la luna piena splendeva alta nel cielo. Rimasi per un po' affacciata alla finestra a contemplarla nell'attesa che Heric sbucasse da un momento all'altro come nei miei sogni ad occhi aperti ma, ovviamente, le mie erano solo fantasie irrealizzabili.
    Spensi la luce e andai a dormire.
    La quiete della notte era spezzata solo dai versi dei lupi provenienti dal bosco. Il loro ululato si diffondeva fino al giardino rieccheggiando addirittura sin dentro la mia stanza quasi come se fosse un richiamo, tant'è che decisi di addentrarmi nella foresta dietro la villa.
    Calzai le scarpe e indossai una felpa pesante e avviandomi verso le scale per uscire di casa, notai che la porta della stanza di Jeremy era aperta e soprattutto che lui non era lì. Sicuramente sarà andato a fare un'altra passeggiata notturna come la scorsa notte, o almeno era quello che credevo.
    Passeggiavo come avvolta dal fruscio degli alberi i quali mossi da un venticello primaverile e leggero riversavano nell'aria un fresco profumo. Camminai per circa dieci minuti facendo scricchiolare le foglie sotto ai miei piedi fino a che non giunsi nel bel mezzo di una radura nel bosco. Avanzai ancora per un tratto e mi accorsi d'un tratto di aver calpestato qualcosa di viscido con la scarpa. Attivai la torcia del mio cellulare puntando la luce in basso: sul suolo c'era del sangue fresco. Seguii con la luce la traccia di sangue che si faceva strada per alcuni metri e...
    «Jeremy? Jeremy!» gridai con tutto il fiato che avevo in gola. Davanti a me giaceva inerme mio fratello, ferito a un fianco che ancora sanguinava.
Mentre mi avvicinavo, comincia a vedere tutto intorno a me dei piccoli cerchi color ambra fluttuare nell'aria e risaltare nel buio della notte. Erano occhi, occhi di un branco di lupi che mi fissavano con aria minacciosa.
     Iniziai a correre verso a casa, aprii la porta violentemente e urlai chiamando mia madre e salendo le scale facendo i gradini a tre a tre fino alla camera matrimoniale.
     Mia madre e Joseph si svegliarono di soprassalto così come Ashley.
   
«Dobbiamo chiamare i soccorsi! Jeremy è ferito, è nel bosco, è stato attaccato!»
    «Cosa stai dicendo Meredith? Jeremy è ferito?» disse Joseph già in preda al panico.
    In un attimo ci catapultammo in salotto e chiamammo la polizia e l'ambulanza. Seguimmo gli agenti nel bosco dietro casa fino ad arrivare alla radura dove poco prima avevo intravisto il corpo di Jeremy. La scia di sangue si protraeva ancora per diversi metri ma di lui non c'era traccia. Avevo il terrore che quei lupi lo avessero trascinato con loro stessi da qualche parte in una tana nascosta, pensavo lo avessero ucciso e divorato. Iniziai a piangere.
    Uno dei poliziotti mi interrogò ma ripetei quel che avevo visto.
    Continuava ad insistere sul perché, di martedì a notte fonda, stessimo girovagando nel bosco con la luna piena. Ripetei più volte che stavamo solo facendo una passeggiata e che a un certo punto Jeremy si era addentrato troppo a fondo nel bosco e quando lo raggiunsi era stato ferito e siccome era circondato da un branco di lupi, io scappai terrorizzata.
    L'agente che mi interrogava non sembrava molto sicuro della mia versione, ma non sapevo proprio che inventarmi per rendere la storia credibile. L'interrogatorio proseguì ancora per un po' e ricerche si protrassero per tutta la notte ma di Jeremy non c'era traccia. Era ufficialmente disperso e senza un corpo non era possibile stabilire se fosse ancora vivo o no.
    La mattina dopo né io né Ashley andammo a scuola e né mia madre né suo padre andarono a lavorare. Verso le 7.30 decidemmo di andare tutti a riposarci un po' e anche le ricerche vennero interrotte. Ma io non potevo dormire, nessuno di noi poteva in realtà, io meno di tutti considerando ciò che avevo visto la notte nel bosco. Mi feci coraggio e mi riaddentrai nella foresta setacciandola in lungo e in largo, centimetro per centimetro.
    Un crepitio del fogliame mi fece sobbalzare: non ero sola nel bosco.
    «Jeremy!» gridai il suo nome più volte. D'un tratto, con voce flebile, qualcuno rispose al mio richiamo pronunciando il mio nome. Jeremy comparve di fronte a me, senza vestiti e coperto di sangue.
    «Jeremy! Sei ferito?- gli corsi incontro abbracciandolo stretto a me -Cosa è successo?»
    «Non lo so. Io...andiamo a casa.»
    «Riesci a camminare? Cosa è successo? Oddio sanguini!»
    «Sto bene, non sono ferito. Per favore, andiamo via!»
    Una volta giunti a casa, non feci in tempo neanche ad avvisare i nostri genitori del suo ritorno che Jeremy scappò sotto la doccia. Probabilmente non avrebbe saputo cosa rispondere alle domande sia dei nostri familiari sia dei poliziotti riguardo la sua sparizione, del perché fosse in giro nel bosco di martecì notte, del perché fosse mezzo nudo e soprattutto cosa gli fosse successo, così cercava di guadagnare tempo per inventarsi una qualche frottola.
    Mentre era in bagno però, io avvisai mia madre, Joseph e Ashley che Jeremy aveva fatto fortunatamente ritorno a casa. Un sorriso di sollievo comparve sui loro volti ma Joseph sembrava piuttosto arrabbiato per aver procurato tale preoccupazione alla nostra famiglia. Senz'altro pensò che fosse una bravata. E fu così. Una volta uscito dalla doccia, mentre me ne stavo in camera mia, sentivo che discutevano anche piuttosto animatamente. Jeremy non sapeva proprio che rispondergli e ammise di aver fatto una cavolata uscendo di notte con "degli amici per andare a bere nel bosco". Ovviamente mi mise in mezzo dicendo che io lo avessi in qualche modo coperto e che non avevo avuto il coraggio di andare con loro. Chiramente finimmo entrambi in punizione e dovettimo spiegare tutto agli agenti. Le nostre versioni della storia non reggevano e senz'altro presentavao delle incongruenze poiché non facemmo in tempo a metterci d'accordo. I poliziotti, fortunatamente, chiusero un occhio sulla faccenda ma non si spiegarono del perché ci fosse del sangue presumendo che, forse, nel bosco ci fosse stato qualche altro attacco.
    Joseph decise di andare in ospedale, mia madre stava in cucina ed Ashley tornò a dormire. Ora chessuno potesse sentirci, potevo finalmente parlare con Jeremy: era ferito ne ero sicura, avevo visto personalmente il sangue sulle foglie e su di lui e sicuramente aveva bisogno di aiuto.
   
Bussai alla sua porta.
    Con voce infastidita mi rispose di voler dormire e di voler essere lasciato in pace, ma io entrai comunque.
   
«Jer, devi dirmi cosa è successo nel bosco. Ho visto che eri ferito, ho visto che c'era del sangue nel bosco e ho visto il branco di lupi.»
   
«Tu sei completamente pazza!»
   
«Io sarei pazza?! Ti rendi conto dei guaio che hai combinato? Tra l'altro mi hai pure messo in mezzo per pararti il culo! Sei uno stronzo bugiardo!»
   
«Non sono un bugiardo. Non ho davvero la più pallida idea di come sia finito, di nuovo, nel bosco. Non ho neanche la minima idea di cosa sia successo né di come io abbia trascorso queste ultime ore!»
    Forse avevo esagerato a dargli dello stronzo e forse era vero che non mentiva. Ma io, e pure gli agenti, il sangue lo avevamo visto, non potevamo aver avuto tutti un'allucinazione collettiva!
   
«Togliti la maglia» gli intimai.
   
«Cosa? Ho detto che non ho nulla.»
    Insistetti nuovamente fino a che non cedette e si sfilò la maglia. Non aveva un minimo graffio, né sul petto, né sulle braccia, né sulle gambe.
   
«Sei contenta ora? Non ho niente. Lasciami dormire ora.»
    Chiusi la porta e andai a riposare anche io. Dormimmo tutti fino al tardo pomeriggio.
    La situazione in casa quel giorno e i giorni seguenti era abbastanza tesa. Eravamo entrambi in punizione per almeno una settimana: niente auto per Jeremy e niente uscite dopo la scuola
per tutti i due, incluso il fine settimana. Non solo aveva (o avevamo) fatto preoccupare i nostri genitori, ma li avevamo pure messi in imbarazzo davanti agli agenti e a tutta la comunità tant'é che quella sera, mentre cenavamo tutti e cinque insieme senza dire mezza parola, al telegiornale locale di Salem trasmisero la notizia di «una bravata adolescenziale: due ragazzi mettono in scena una sparizione allarmando la polizia e chiamando i soccorsi dopo aver partecipato ad un rave nel bosco dietro la propria casa». Inquadrarono ovviamente la nostra e tutti in città sapevano che noi avevamo appena traslocato lì.
    Anche a scuola le cose non stavano procedendo particolarmente bene. 
Ashley continuava a farmi battutine che avessi fatto scappare Heric a gambe levate ed ogni tanto notavo sguardi strani da parte delle ragazze e dei ragazzi.
   
«Ma cosa è successo a casa vostra?- domandò George durante la pausa pranzo mentre mangiavamo insieme a Jeremy e ai fratelli Cooper allo stesso tavolo -Ho visto il notiziario ieri» aggiunse.
   
«Non so, dovresti chiedere a Jeremy» gli risposi io lanciandogli un'occhiataccia.
    Il rapporto fra lui ed Alexis sembrava procedere sempre meglio, ormai sembravano quasi una coppia: mangiavano insieme all'ora di pranzo, passeggiavano mano nella mano per i corridoi della scuola, si salutavano sempre scambiandosi un tenero bacio. Mentre per quanto riguardava Heric
, non venne più a scuola, né il giorno dopo né quello dopo ancora ed essendo venerdì, avrei dovuto aspettare altri tre giorni per rivederlo a scuola e potergli parlare. Sempre se il lunedì successivo si sarebbe presentato.
    Non resistevo. Sabato mattina dunque sarei andata a casa sua, niente mi avrebbe fermata, nemmeno la punizione.
    Sbadigliando entrai in cucina decisa a supplicare i miei di farmi uscire almeno un'oretta, in fondo era sabato e io non avevo fatto poi nulla di male. Mia mamma preparava il caffè e Joseph stava seduto sul divano a guardare la televisione: era il momento giusto per inventarmi una qualche scusa plausibile e andare a cercare Heric.
    Ma mentre mi accingevo a chiederle il permesso per uscire, sentii il notiziario dalla cucina. C'era stato un altro assassinio con le stesse modalità del precedente: una giovane donna era stata uccisa venendo azzannata alla gola da un animale non ancora identificato fuori dalla propria abitazione.
    Qualcuno, distogliendo la mia attenzione dal telegiornale, entrò in cucina: era Ashley.
     «Jeremy dorme ancora?» le chiesi io.
     «Non so, la porta era chiusa» rispose ancora assonnata e troppo stanca per fare l'ennesima battutina su me ed Heric.
      Dopo aver fatto colazione, salii le scale per tornare in camera mia; lui era appena uscito dalla sua e come mi vide rimase fermo nel corridoio.
     «Tutto bene?» gli domandai.
     «Ho un po’ di mal di testa. Ma sto bene.»
     «Hai idea di dove potrebbe abitare Heric?»
     «Prova in qualche cripta» disse sghignazzando. Non riuscii a distinguere se fosse sarcasmo o ironia. In entrambi i casi a me non fece per niente ridere.
     «Sei molto divertente. Chiederò ad Alexis.»
     «Lasciala fuori da queste faccende.»
    «Wow! Quanto sei diventato protettivo nei suoi confronti!»
     «Non dire sciocchezze!» 
    Ero preoccupata anche per Jeremy in realtà. Mi stava nascondendo qualcosa ne ero sicura: la sua storia con Alexis, per quanto mi facesse piacere e ingelosire al tempo stesso, non mi convinceva del tutto, ma ancor di più non mi davo pace del fatto che qualche sera fa, Jeremy sparì per tutta la notte nudo nel bosco. Beh in realtà, tutto il suo comportamento nell'ultimo mese era insolito. Terminai quell’inutile conversazione chiudendomi in camera mia e telefonai ad Alexis. Lei probabilmente sapeva darmi l’indirizzo di casa di Heric.  
    Mi rispose di attendere un attimo in linea e che avrebbe controllato
negli archivi online della segreteria della scuola. .
     «Eccolo. Ma a cosa ti serve? Cosa è successo alla festa?» mi domandò curiosa.
     Questo sì che sarebbe stato un gossip per la Salem High School. Immaginavo già il titolo della prima pagina del giornalino della scuola "La coppia segreta e invidiata da tutta la sfera femminile della Salem High School è già in declino". 
     «Ehm, vorrei sapere come sta. Non è più venuto a scuola e non ho il suo numero di telefono» dissi ad Alexis senza alcun dettaglio.
     «Ok, ho capito. Abita al numero 17 di Laswell Street, verso la campagna.»
     «Grazie. Ma tu come puoi accedere agli archivi della segreteria scolastica dove sono registrati i dati degli studenti?»
     «Eh, è un segreto. Ricorda che io so tutto di tutti qui» rispose quasi ammiccando.
     La ringraziai nuovamente e riattaccai il telefono. Corsi in bagno a prepararmi poi tornai in camera a prendere la borsa.
     «Non farlo. Non ci andare» mi intimò Jeremy che nel frattempo era entrato nella mia stanza. Stava origliando senza ritegno.
     «Devo. Sta diventando tutto un’ossessione. Non voglio essere una psicopatica che si immagina cose che non esistono rovinando i miei futuri rapporti! Vorrei avere una relazione sana e normale senza fuggire ogni volta che scopro un insignificante dettaglio che collego alla mia ipotesi sovrannaturale campata in aria. E tu di certo non mi stai rendendo le cose più semplici.»
     «Metti il caso che non sia campata in aria. Cosa faresti?» era serio.
     «Vedi? Con queste tue frasi ambigue non mi stai per niente aiutando! E comunque, per rispondere alla tua domanda, non farei nulla. Ma conoscere la verità mi metterebbe il cuore in pace.»
     «Sì, e poi andresti in giro con paletti di legno, croci e un grappolo di aglio appeso al collo, eh?»
     «Ahahahah forse».
     «Dammi dieci minuti, mi preparo e ti accompagno.»
    Lo ringraziai. Non mi sembrò vera la sua proposta: non volevo chiederglielo ma ero felice che si fosse offerto lui stesso di accompagnarmi. Non ci sarei mai arrivata da sola, a piedi.
    Ora il problema era solo convincere i nostri genotori a farci uscire. Mia mamma era più flessibile e la supplicammo inventandoci che la nostra amica Alexis fosse malata e che dovessimo portarle assolutamente gli appunti degli ultimi giorni in vista del compito in classe di scienze della prossima settimana. Dopo un po' si arrese e ci lasciò andare.
   
  «Abita lontano il ragazzo misterioso, eh?»
     «Non è che ti sei perso? Siamo in mezzo a un bosco.»
     La parola bosco mi fece ricordare il sogno in cui c’era anche Madeline. Rabbrividii al solo ricordo.
 
    Eravamo in macchina già da mezzora: avevamo attraversato una fitta strada alberata, davvero simile al mio sogno. Non mi ero accorta che il ciondolo era diventato caldo quando ero salita in macchina con Jeremy e che si stava raffreddando sempre di più man mano che proseguivamo la strada.
     Dopo un'interminabile mezzora, finalmente arrivammo alla meta: al 17 di Laswell Street.
     La sua casa era gigantesca e imponente: una villa enorme e bianca, con un portone in stile gotico ed ampie e numerose finestre. Era piuttosto antica ma ancora in perfette condizioni e ben nascosta dalla penombra della foresta. Si trovava al di là di una schiera di alberi che circondava una piccola radura la quale separava la strada alberata dalla villa, come se quella fitta boscaglia avesse il compito di nasconderla da occhi indiscreti e...dalla luce del sole.
     Nelle vicinanze non c’erano altre abitazioni. Solo alberi di una grande foresta rabbuiata.
     Jeremy parcheggiò la macchina nei pressi della villa, un po' distante però.
     Avevo paura, e quando mi capitava di essere impaurita non sapevo mai cosa fare. Era come se mi si annebbiasse la mente. Scesi dalla macchina e lentamente mi avvicinai alla casa. Più avanzavo e più sentivo che c’era davvero qualcosa di malvagio che avvolgeva quella dimora e la pietra del ciondolo, ormai simile a un ghiacciolo, me ne dava la conferma.
     Mi voltai indietro: Jeremy stava appoggiato alla macchina e mi teneva d’occhio da lontano guardingo e pronto ad attaccare.
     Salì quei pochi gradini per arrivare all'ingresso e rimasi lì, ferma sul patio, indecisa sul da farsi.
    «Su bussa! Ormai sei qui!» mi suggerì una vocina nella mia testa, la stessa che mi spinse a salire sulle montagne russe con Heric alla festa al luna park.
     Così avanzai ancora di qualche passo, tesi la mano per bussare ma prima che potessi poggiare le nocche sulla porta questa cominciò a schiudersi...





Angolo autrice.
Se avete notato, ogni capitolo (ad eccezione del primo, il Prologo, e del secondo, l'introduzione al contesto e ai personaggi), tratta di un singolo giorno o al massimo copre il lasso temporale di due giorni.
Dal momento che la narrazione scorreva abbastanza lenta, almeno cronologicamente, e che dovevo sfruttare il fatto della luna piena di martedì 30 marzo, in questo capitolo ho deciso, per forza di cose, di sintetizzare un'intera settimana. Come già detto in qualche altra NDA, questa storia segue il calendario del 2010.
Con la conclusione di questo capitolo ci troviamo esattamente a sabato 3 aprile.

   
 
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