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Autore: NyxTNeko    28/04/2019    2 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 14 - Quando diventa più difficile soffrire che cambiare... cambierai -

13 giugno 1785

Intanto i mesi trascorrevano e Napoleone si sentiva pieno di energia, anche se il dolore per la prematura scomparsa del padre non lo abbandonava, anzi gli ricordava continuamente della missione che avrebbe dovuto compiere. Il professore de l'Aiguille, di storia, disciplina in cui il giovane corso dimostrava le sue abilità mnemoniche, notando il suo carattere ardente, guerresco, impetuoso, disse fra se compiaciuto "Corso di carattere e di nazione, questo giovane uomo andrà lontano, se sarà favorito dalle circostanze".

All’Ècole frequentava le lezioni di alcuni dei più illustri insegnanti dell’epoca: Louis Monge, fratello del matematico e matematico Gaspard, e il marchese Laplace che gli insegnarono la matematica avanzata e la trigonometria. Materie in cui eccelleva come pochi ed erano indispensabili per gli ufficiali d’artiglieria. Monge aveva scritto in quei giorni 'Riservato e laborioso, preferisce lo studio ad ogni divertimento, si rallegra alla lettura dei buoni autori. Molto applicato alle scienze astratte; poco curioso delle altre; conosce a fondo le matematiche e la geografia. Silenzioso, amante della solitudine, capriccioso, altero, estremamente portato all'egoismo. Parla poco, energico nei suoi impegni, con molto amor proprio, ambizioso e aspirante a tutto. questo giovane è degno che lo si protegga'. Da Louis Domairon avrebbe imparato la difficile e nobile arte del sapere arringare le truppe prima della battaglia, per incoraggiarli e stimolarli.

Studiò anche un saggio del conte Jacques de Guibert da cui apprese l’importanza della velocità, della sorpresa e della mobilità in guerra. Un altro suo principio era il morale alto, lo spirito di corpo, che era in grado di far superare la maggior parte dei problemi. Disprezzava l’utilizzo di eserciti eccessivamente numerosi e mercenari in quanto non solo erano gravosi per l’economia dei singoli paesi, ma soprattutto per l’inaffidabilità dei soldati reclutati, i quali si battevano solo dietro compenso, non di certo per patriottismo. 

Nei cinque anni trascorsi a Brienne e un altro alla École militaire, Napoleone rese sua l’etica militare che lo avrebbe accompagnato e lo avrebbe influenzato profondamente per il resto della vita: i principi che apprezzava erano senz’altro l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, il governo razionale che escludeva il potere per diritto divino, l’efficienza, la meritocrazia, il nazionalismo aggressivo.

Ma non gli interessavano affatto l’equità di giudizio, i diritti umani, la libertà di stampa o il parlamentarismo. Tutte cose troppo inglesi e rivoluzionarie per la sua ideologia decisamente conservatrice. Aveva una profonda reverenza per la gerarchia sociale, la legge, l’ordine e la disciplina; inoltre era favorevole al fatto che il merito e il coraggio andassero premiati.

Provava una profonda repulsione per i politici, gli avvocati, i giornalisti che erano troppo teorici e poco pratici e, soprattutto per la Gran Bretagna, nemica per eccellenza della Francia. E disgustava la plebaglia rivoltosa, vista da lui come una minaccia per l'ordine e il comando.

28 settembre

Come si era prefisso Napoleone riuscì a dare tutti gli esami finali prima che l’anno scadesse e nella graduatoria finale arrivò 42° su 58. Un risultato che per chiunque poteva essere scarso, non per lui, perché a differenza degli altri compagni, diede tutti gli esami in un solo anno di studi e non dopo due o tre, come prevedeva di solito quell'indirizzo, tra lo stupore generale dei suoi insegnanti e compagni di corso.

L’unico cruccio era che il suo rivale De Phélippeaux lo aveva superato di un posto, ancora una volta, infatti costui, non appena aveva visto il risultato, subito aveva ribadito la sua superiorità - Visto, alla fine vi ho superato Buonaparte! Rimarrete sempre un gradino sotto di me!

Tuttavia, a parte un'occhiata veloce, il corso non gli dedicò molto tempo e lo liquidò annuendo semplicemente la testa; non gli importò di essere stato superato di un solo posto, da quello sbruffone, perché in compenso lui aveva ottenuto il titolo di sottotenente in uno dei reggimenti più antichi e prestigiosi a soli 16 anni, divenendo così uno dei più giovani ufficiali del Regno di Francia, e l’unico originario della Corsica ad essere assegnato nell’artiglieria francese. Napoleone si sentiva orgoglioso di tutto ciò ed ora avrebbe potuto dedicare un po’ dei suoi risparmi e del suo tempo alla famiglia.

De Phélippeaux stesso ammise la sconfitta, senza mostrarla all'eterno rivale "Ma chi voglio prendere in giro, anche questa volta mi ha battuto, quel dannato corso, ha una fortuna sfacciata, però, arriverà il giorno in cui sarò io ad avere la meglio, a mostrare chi è davvero il migliore tra noi due e tutti mi ricorderanno".

30 settembre

Pochi giorni prima di partire per il reggimento in cui fu assegnato ossia alla compagnia di Autume di bombardieri della 5° brigata del 1° battaglione del reggimento di La Fère, di stanza a Valence sulla riva sinistra del Rodano, andò a salutare la sorella Elisa, che si trovava come lui a Parigi, presso il collegio di Saint-Cyr, chiamato anche Maison royale de Saint-Louis fondata da Madame de Maintenon nel 1686. Un istituto per giovinette di buona condizione. 

Elisa lo vide da lontano, sul suo destriero, come un vero ufficiale e senza nemmeno dargli il tempo di fermarsi lo raggiunse. Era una bambina di otto anni, che aveva lasciato la Corsica quando ne aveva appena sei, ricordava poco, se non nulla, del padre e degli altri fratelli, di alcuni ricordava solo i nomi. Napoleone imparò a conoscerlo durante quell'annetto in cui aveva studiato per diventare ufficiale.

- Fratellone - gridava la ragazzina, mentre correva per raggiungerlo. Lui la riconobbe, fermò il cavallo e scese per parlarle faccia a faccia, era una bambina molto sveglia e ribelle, per molti aspetti assomigliava a lui quando era più piccolo, prima di trasformarsi nell'ufficiale taciturno e schivo che conosceva. 

- Elisa - emise solamente, abbozzando un lieve sorriso, quasi liberatorio, ogni volta che era andato a trovarla, percepiva la sensazione di vicinanza della sua isola e della sua famiglia. Non ora, perché stava partendo e stava lasciando l'ultimo baluardo che lo legava al suo passato spensierato e privo di effettivi problemi.

La bambina, avvicinandosi scorse la malinconia che riemergeva nello sguardo freddo del fratello, l'aveva notata molte volte e rendeva il suo viso, regolare e un po' ossuto, afflitto da un tristezza inconsolabile - Fratellone - mormorò di nuovo lei prendendo le mani affusolate e delicate di Napoleone - Dovresti sprizzare di gioia, sei diventato un ufficiale come desiderava nostro padre e soprattutto come volevi tu... - si aspettò una risposta, quello che sentì fu solo un sospiro profondo provenire dalla sua bocca.

Elisa osservava i suoi lineamenti spigolosi, quel naso importante, quel viso scavato, pallidissimo, un po' giallognolo, che gli conferiva sempre quell'aria malaticcia,  protetto dai capelli castano rame che gli scendevano sulle spalline della divisa,  leggermente più ampia del suo corpo minuto e gracile. Incrociò poi i suoi grandi occhi grigi, incavati dall'ombra della fronte prominente e da ciuffi di capelli ribelli che la coprivano in parte.

- Sì, Elisa, in realtà sono molto contento - rispose lui fissandola negli occhi chiari e gioiosi, aveva dei lineamenti velatamente mascolini, il corpo ancora acerbo, occultato da un lungo abito nero e scarno, i lunghi capelli, agghindati secondo la moda riparati dalla cuffietta del medesimo colore - Solo che non è da militare esprimersi in atteggiamenti troppo esagerati - aggiunse infine più per autoconvincersi che per giustificarsi; con l'educazione militare aveva imparato a controllare meglio le sue reazioni ed emozioni.

La sorella gli credette annuendo dolcemente, voleva essere obbediente come una donnina di buona famiglia, specialmente per non dargli altri pesi: sapeva che lui, essendo uno dei più grandi aveva delle grosse responsabilità. Poi spostò l'attenzione sul suo cavallo arabo bianco, molto elegante e dalla forma affusolata, che trasmetteva velocità, destrezza, accarezzò il muso, ridendo ogni volta che quest'ultimo sbuffava con le narici, era davvero divertente quando lo faceva.

Persino Napoleone ridacchiò, tranquillizzandolo con alcune carezze nei punti giusti - Buono, buono, non fare il solito scontroso con la mia sorellina - soffuse sottovoce. Il cavallo sembrava quasi rispondergli con un lieve nitrito, calmandosi.

A quel punto sopraggiunse una delle suore responsabili del collegio femminile, evidentemente spaventata, non trovandola all'interno della struttura; appena la intravide insieme al fratello maggiore, che aveva avuto modo di conoscere di vista sporadicamente qualche volta, ma di cui Elisa le aveva parlato molte volte, emise un sospiro di sollievo - La prossima volta potete anche avvisarmi, Elisa

- Scusate, madame, non volevo - si scusò la bambina abbassando la testa in segno di sincero rispetto. Napoleone guardò la scena senza dire nulla, tenendo fisso lo sguardo sulla donna appena giunta lì. Era giovane ed aggraziata, il suo corpo formoso, agile e scattante era avvolto dalla tonaca da suora, nero e largo, in modo da non far cadere in tentazione sia lei sia gli uomini. Il viso, l'unica parte del viso 'scoperta', era ovale e perfettamente liscio, gli occhi vispi e marroni avevano un leggero taglio orientale, le guance erano rosee, il naso all’insù piccolo, tipicamente francese, le labbra erano carnose e ben delineate.

Anche lei incrociò il suo sguardo gelido ed ebbe un brivido che la scosse velocemente, sembrava che le stesse scrutando l'anima - Voi...voi siete suo fratello... Napoleone...giusto? - domandò riscuotendosi.

- Sì - effuse solamente, rimirò ancora una volta la sorella e riprese - Non siate troppo severa con lei, voleva solo salutare un parente che sta per partire, la colpa semmai è mia

Nell'udire il verbo partire, Elisa si fece mesta per qualche secondo, per lei Napoleone era quasi un padre, la figura maschile con la quale era rimasta più a contatto, non solo fisicamente. Le sarebbe mancato.

- Partite? - chiese la suora un po' stranita; la bambina le aveva detto che era arrivato a Parigi da poco più di un anno, per studiare alla prestigiosa École militaire, com'era possibile che stesse già andando via in veste di ufficiale?

- Mi hanno assegnato ad un battaglione di artiglieria - confermò senza scendere troppo nei particolari. Non gli piaceva parlare delle sue faccende private a dei perfetti sconosciuti, persino se si occupavano della sorella.

La suora notò una punta di fastidio nella sua voce, oscillante tra l'acuto dell'infanzia e il grave della maturità, era proprio come Elisa glielo aveva descritto: altero, severo, cupo; non aveva proprio l’aspetto e l’aria di tanti giovani ufficiali che si vedevano in giro, molto spesso dei sempliciotti e ciò la colpì molto.

- Ora devo andare - informò Napoleone mettendo il piede sulla staffa.

- Aspetta...fratellone... - lo fermò la sorella - Potresti scendere, per favore... - aggiunse mentre arrossiva. Il fratello non capì ma fece quanto detto. Elisa lo abbracciò, il ragazzo rimase un po' rigido, non era abituato a quei gesti troppo affettuosi; però percepì, dalla stretta, il senso di smarrimento della bambina, facendo riemerge il suo, celato con grande fatica - Ce la faremo - emise in italiano, guardandola sorridente - Scrivimi mi raccomando...

Lui annuì con un nodo alla gola, avrebbe voluto piangere, sfogarsi. Aveva represso tutto per tanto tempo, concentrato sugli studi e sul suo dovere. Si sciolse lievemente e la strinse a sua volta - Lo farò, sorellina mia - sussurrò anch'egli in italiano, gli occhi chiusi per evitare di mostrare l'umidità degli occhi. Il momento durò qualche secondo, poi si staccò dalla sua dolce presa e salì sul suo cavallo.

Diede un'altra occhiata alla suora, alla sorella e dopo aver salutato entrambe si avviò verso la nuova strada che scorgendo sul suo cammino; ancora non era al corrente dei disegni riservatigli dal destino, ciò che sapeva era che lo avrebbe sempre affrontato di petto.

Valence, reggimento di La Fère, 15 ottobre

Al suo arrivo nella piccola e tranquilla città di Valence, subito si mise in luce non tanto per le sue capacità intellettive, che non ebbe modo di mostrare, quanto per la sua estrema povertà dovuta proprio ai risparmi economici e alla parsimonia. Trovò l’affetto, la generosità tra i suoi colleghi che lo trattavano sempre come uno di famiglia, essendo il più giovane, offrendogli da mangiare, consumando pochissimo in quanto non sopportava gli sprechi, oppure prestandogli alcuni libri che gli servivano.

Nonostante la vita fosse, tutto sommato, tranquilla covava dentro di sé quel sentimento di odio e di rancore verso i francesi che si portava, come un macigno, da quando era partito quasi 7 anni prima da Ajaccio.

In quei momenti la nostalgia per la sua terra lontana, mista al forte desiderio di riabbracciare i suoi cari dopo tanto tempo, occupava gran parte dei suoi pensieri: ovviamente dissimulava il tutto, con una maestria degna di un ministro al servizio del sovrano, ai suoi colleghi che non conoscevano i suoi reali pensieri, le sue ideologie, le sue aspirazioni.

Se ne stava quasi sempre da solo, evitando il più possibile contatti se non strettamente necessari: si chiudeva per tutta la giornata nella sua stanza a leggere libri su libri con una voracità incredibile, riempiendo completamente la libreria, assieme alle innumerevoli cartine geografiche e agli strumenti di misurazione.

Agli occhi degli altri giovani o non colleghi ufficiali, i suoi atteggiamenti erano abbastanza anomali, raramente avevano incontrato un ragazzo di 16 anni che alla vita sociale preferiva quella appartata, i libri, la solitudine. Quelle poche volte in cui era con loro, non parlava mai di sé e della sua famiglia per cui spostavano i discorsi su altro, come ad esempio, la politica estera e francese, mostrando grande preparazione su ogni argomento.
 

 

   
 
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