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Autore: Carme93    28/04/2019    2 recensioni
I nati del 1998 sono figli della guerra e della vittoria su Lord Voldemort.
La loro nascita ha simboleggiato nuova luce nel buio delle tenebre e gioia e speranza in un mondo in macerie da ricostruire. Un chiaroscuro insito nella vita di ognuno di loro.
La generazione figlia della guerra arriva a Hogwarts.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Minerva McGranitt, Neville Paciock, Nuovo personaggio, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo quinto
 
 
Sei piccoli Tassorosso
 


La Preside McGranitt si alzò dal suo scranno e fece tintinnare un cucchiaino contro un calice d’oro. Il silenzio fu immediato e gli studenti le rivolsero sguardi più o meno interessati.
«Buonasera a tutti. Benvenuti i nuovi studenti e bentornati tutti gli altri» disse con un leggero sorriso, che, difficilmente, i ragazzi più grandi le avevano mai visto se non in quelle rare occasioni. «Prima di dare inizio al nostro splendido banchetto, vi ricordo che la Foresta Proibita è chiamata così perché è vietato entrarvi… mi sembra così lampante che mi chiedo come sia possibile che debba ripeterlo ogni anno…». Qualcuno dei ragazzini del primo anno ridacchiò, ma nessuno dei più grandi ne ebbe il coraggio. «Non si può usare la magia al di fuori delle classi ed è vietato qualsiasi duello magico o babbano… Spero che ve lo ricordiate… Buon appetito». A un suo gesto le pietanze apparvero sui tavoli.
«Wow» strillò Zoey facendo un balzo indietro. «S-sono apparse dal nulla?» domandò riprendendosi dalla sorpresa e indicando le portate dall’aria succulenta.
Charlie, gettatasi su un vassoio di costolette, sollevò la testa quel tanto che bastava per lanciarle un’occhiata interrogativa. Mark e Teddy le rivolsero la propria attenzione; mentre Enan si riempì il piatto di salsicce e patate con lo sguardo rivolto al tavolo dei Serpeverde e apparentemente incurante dei loro discorsi.
Charis le sorrise gentilmente e chiese: «In che senso?».
«Come in che senso?!» ribatté Zoey. «Il cibo prima non c’era e ora c’è!».
«È una magia, no?» replicò Teddy accigliandosi.
«Quindi voi maghi non morite mai di fame?» insisté Zoey, a quanto pare più colpita da quello che da ogni altra magia vista fino a quel momento.
Mark non disse nulla, ma era molto perplesso da quelle considerazioni: a casa sua doveva cucinare sempre perché vi fosse qualcosa di commestibile ai pasti, certo che suo padre non poteva usare la magia e sua sorella era diventata maggiorenne da poco e adorava troppo vederlo faticare per dargli una mano.
«Mia nonna cucina» borbottò Teddy meditabondo. «Non fa mai apparire il cibo dal nulla».
Zoey si rivolse a Charis sperando che almeno ella sapesse risponderle, ma la compagna si strinse nelle spalle: «A casa mia cucinano gli elfi domestici».
«Elfi domestici? Come Legolas del Signore degli Anelli?» proruppe Zoey.
«Ma che te ne frega da dove viene il cibo? E chi sarebbe questo Legolas?» esclamò Charlie dopo aver ingoiato un grosso boccone di carne.
«I Babbani muoiono di fame!» sbottò Zoey indignata. «Devo assolutamente imparare l’incantesimo. Sai quanti bambini potrei salvare? Voi maghi siete egoisti!» gettò la forchetta, che aveva preso imitando i compagni, e li fissò arrabbiata.
«Non siamo egoisti» ribatté infastidita Charlie. «Non so di che cosa stai parlando! Se dobbiamo salvare qualcuno, puoi contare su di me… ma potremmo farlo dopo cena?».
«E comunque ci sono delle regole» borbottò Teddy. «Non possiamo immischiarci negli affari dei Babbani».
«Che importanza hanno le leggi quando ci sono di mezzo delle vite umane?» replicò Zoey.
«Ragazzi, va tutto bene?». Una ragazza più grande era silenziosamente scivolata accanto a Charis, che sobbalzò. «Ho notato che state discutendo».
Teddy ne osservò il volto dai lineamenti un po’ infantili, ma dagli occhi gentili e le sorrise automaticamente.
«Voi maghi create il cibo dal nulla e lasciate morire di fame i bambini babbani!» accusò Zoey senza mezzi termini.
Teddy si chiese se sarebbe stato utile insegnarle a riconoscere le gerarchie del castello, o sarebbe stato totalmente una perdita di tempo: la ragazza aveva la spilla da Prefetto appuntata al petto. Tacque per non fare la figura del pedante o del secchione, come tanto amava chiamarlo Laurence.
«Mi chiamo Emily Dawson» si presentò la Prefetta. «Immagino che tu sia una Nata Babbana, dico bene?».
«Sì, è un problema?» ribatté all’istante Zoey. Charlie abbandonò il vassoio di cui stava esaminando il contenuto e le guardò.
«No, anch’io sono una Nata Babbana» rispose Emily. «E comunque siamo entrambe streghe indipendentemente dalle nostre origini. Farai l’abitudine a questo nuovo mondo… Per quanto riguarda il cibo, per vostra norma e regola, è una delle eccezioni alle leggi di Gamp: non si può creare dal nulla. Sotto di noi ci sono le cucine e il cibo viene da lì con un incantesimo».
«Oh» commentò sorpresa Zoey.
«Come funziona l’incantesimo?» domandò Teddy curioso.
«In cucina ci sono quattro tavoli, cinque con quello dei professori, posti nella medesima direzione di questi… gli elfi vi appoggiano il cibo e quello poi appare qui in Sala Grande… Agli studenti è vietato l’ingresso in cucina, per cui vi sarei grata se facesse finta che non vi abbia detto nulla».
«Allora anche i Tassorosso infrangono le regole» commentò Charlie, prevenendo ogni altra domanda di Teddy sull’incantesimo.
«Direi proprio di sì» rispose Emily ridacchiando. «E ti svelo un altro segreto» soggiunse piegandosi in avanti verso la ragazzina che l’ascoltava con tanto d’occhi. «I Corvonero non fanno sempre i compiti e a volte li copiano».
Teddy, Charis e persino Mark non riuscirono a trattenere un sorrisetto divertito; Charlie per conto suo cadde quasi dalla panca. «Cosa?! Tu mi prendi in giro!».
«No, dovresti avere meno pregiudizi sulle Case» l’ammonì Emily. «Noi Tassorosso saremo anche buoni di cuore, ma ciò non vuol dire che la nostra condotta sia sempre irreprensibile. E, a proposito di questo, molti nostri compagni non hanno apprezzato la scenata che hai fatto per essere stata smistata nella nostra Casa e pensano di vendicarsi. Non ci abbiamo fatto per nulla una bella figura. Gli altri studenti ci prenderanno in giro per mesi!».
«Tutta la mia famiglia è stata a Grifondoro» borbottò Charlie iniziando a maltrattare con foga una salsiccia. Non fu chiaro a nessuno se fosse il suo modo di scusarsi.
«Beh, guardati le spalle» si limitò a dire Emily alzandosi. «Buona cena».
«Non rimani con noi?» la fermò Teddy, al quale la Prefetta era stata subito simpatica.
«Ho detto ai miei compagni che sarei tornata» replicò ella. «Ci vediamo più tardi in Sala Comune. E mi raccomando, la nostra Caposcuola è molto severa… ignorate quello che ho detto sul fatto che i Tassorosso non rispettano le regole».
«È buono» trillò Zoey, decisasi finalmente a mangiare. «Non mi avete detto cosa sono gli elfi».
«Gli elfi domestici sono delle creature vincolate magicamente a un mago, il padrone, e in virtù di questo vincolo sono obbligate a obbedirgli» rispose Teddy pazientemente.
«Sono degli schiavi!» sbottò nuovamente indignata Zoey, sventolando una forchettata di patate che si sparsero sul tavolo e una colpì persino Enan in volto che si voltò a guardarli interrogativo.
«Bentornato tra noi» lo derise Charlie. «Ti conviene mangiare o non rimarrà nulla».
«Tu stai mangiando tutto» non riuscì a trattenersi Teddy.
«Devo crescere» rispose la ragazzina facendogli la linguaccia.
«Chiudi la bocca mentre mangi» la rimbeccò Teddy disgustato.
«Noi li trattiamo bene i nostri elfi» mormorò timidamente Charis rivolta a Zoey. «Il Ministero è molto attento negli ultimi anni».
«Infatti» intervenne Charlie, «i miei mi adorano».
«Vorrei tanto conoscere un elfo. Legolas è bellissimo» continuò Zoey con occhi sognanti.
«Ma insomma chi è questo Legolas?» domandò Charlie per la seconda volta.
«Non lo conosci?» ribatté Zoey stupita.
«È letteratura babbana» rispose Teddy, che, avendo frequentato una scuola babbana, aveva una certa esperienza. «Ehm, gli elfi domestici di solito non sono proprio una bellezza».
«Enan, ti chiami così giusto?» disse a un certo punto Charlie. «Smetti di fissare i Serpeverde? Vedrai che scopriremo perché quello di assomiglia tanto».
«Ma non sono affari tuoi» disse Teddy sconvolto da tanta invadenza.
«E come facciamo a scoprirlo?» domandò Enan perplesso.
«Non lo so, un modo lo troviamo, tranquillo» rispose Charlie con un largo sorriso.
 
La cena procedette tranquillamente finché i fantasmi non fecero il loro ingresso in Sala Grande per dare il benvenuto ai nuovi studenti.
«O mio Dio» urlò Zoey attaccandosi istintivamente al braccio più vicino, quello di Mark. Il ragazzino, non essendo particolarmente abituato al contatto fisico, sobbalzò e se ne sorprese: dopotutto chi avrebbe mai cercato protezione da lui? Nessuno osava avvicinarlo alla scuola babbana e poi lì c’era Enan, palesemente più forte, e sarebbe stato più normale cercare aiuto a quest’ultimo.
«Sono solo fantasmi» provò a tranquillizzarla Teddy. «Ce ne sono tanti a Hogwarts».
«Benvenuti nuovi Tassorosso!» trillò un fantasma che indossava un saio e sorrideva benevolo. Si mise a galleggiare proprio sopra il tavolo. Zoey lo fissava a occhi sgranati.
«Sei un monaco». Quest’ultima non tardò a recuperare la voce.
«Un frate» mormorò a malapena udibile Mark.
«Monaco, frate, è uguale» intervenne Charlie.
«Non lo è» insisté Mark, non sapendo da dove stesse tirando fuori quella voglia di discutere di un simile argomento. «I monaci preferiscono l’isolamento e la preghiera; i frati stanno nelle città vicino al popolo».
«Esatto!». Il fantasma sembrò contento di quella definizione. Mark arrossì e chinò il capo sul suo piatto. «Sono sicuro che Tassorosso farà grandi cose quest’anno!».
«Come ti chiami?» gli chiese Zoey, il cui spavento era decisamente passato ed era pronta a fare domande a ruota libera come suo solito.
«Sono noto come Frate Grasso» rispose egli allargando maggiormente il suo sorriso bonario.
«E non ti offendi se ti chiamiamo così?» domandò Charis timidamente.
«Oh, no, bambina mia».
«E i fantasmi delle altre Case come si chiamano?».
Il Frate Grasso ridacchiò di fronte all’entusiasmo di Zoey.
«Quello dev’essere il Barone Sanguinario. Mio fratello Willy me ne ha parlato» disse Charlie indicando un fantasma vicino al tavolo dei Serpeverde. Aveva l’aspetto cupo e delle catene intorno al corpo.
«Lui sì che è spettrale» commentò Zoey abbassando la voce, come se avesse timore a farsi sentire.
«Lasciatelo in pace. È un cuore inquieto» intervenne il Frate Grasso. «Se avete bisogno, cercatemi, miei piccoli Tassorosso». E poi svolazzò via.
«Quello invece è Nick-Quasi-Senza-Testa» continuò Charlie. «Il fantasma di Grifondoro».
«Come quasi senza testa?».
«Mio cugino mi ha detto che il boia non è riuscito a tagliargliela per bene» rispose Enan.
Charis e Zoey fecero una smorfia disgustata al solo pensiero.
«E Corvonero?». Zoey quasi si alzò nella speranza di vedere qualche altro interessante soggetto spettrale galleggiare sul tavolo blu-bronzeo.
«Mio cugino mi ha detto che il loro fantasma è molto riservato. Lo chiamano Dama Grigia. Si dice che sia stato il Barone Sanguinario a ucciderla» raccontò Enan.
«Figo» commentarono in coro Zoey e Charlie.
«È terribile» mormorò invece Charis.
Mark era d’accordo con lei, ma non disse nulla.
«Avevo capito che tuo cugino fosse un Grifondoro» commentò perplesso Teddy.
«Oh, ma io ho un sacco di cugini» spiegò Enan. «Quelli a Hogwarts quest’anno sono cinque: tre Grifondoro e due Corvonero».
«Wow» commentò Zoey. «Io sono figlia unica».
«Beh, anch’io lo sono» replicò Enan con un’alzata di spalle.
«Ma hai tanti cugini».
«Fidati, troppi fratelli non sono un bene. Io per esempio ne ho due: Willy e James. Di James ne farei a meno» sentenziò Charlie.
«Pure io sono figlio unico, ma ho tanti cugini» disse Teddy.
«Io sono figlia unica come te Zoey» mormorò Charis sorridendo alla compagna.
Mark non si unì alla conversazione ma si voltò verso il tavolo dei Grifondoro: Jay si stava ingozzando, mentre Alexis rideva e scherzava con i suoi compagni mettendo in mostra qualcosa, probabilmente la spilla da Capitano. A lui avere fratelli non dispiaceva, ma avrebbe preferito che gli volessero bene.
«I dolci!» gridò Zoey.
Effettivamente erano apparsi così tanti dolci che nessun undicenne avrebbe potuto rimanerne indifferente.
«Ora sì che sono sazia» sospirò Charlie dopo essersi riempita ben bene. «E possiamo parlare di cose importanti» soggiunse chinandosi in avanti e fissando Teddy intensamente.
Il ragazzino si ritrasse istintivamente. «Che c’è?».
«Com’è Harry Potter dal vivo?» domandò la ragazzina a bruciapelo.
«Chi è Harry Potter?» esclamò Zoey. Mark, Enan e Charis li squadrarono leggermente turbati.
«In che senso?» borbottò Teddy contrariato, rompendo il leggero velo di tensione calato su di loro.
«Come in che senso? Stiamo parlando di Harry Potter!» ribatté Charlie apparente incapace di cogliere il nervosismo del compagno. «È così forte come dicono? E, soprattutto, posso avere un autografo di Ginny Weasley?».
«No, Ginny non fa autografi e nemmeno Harry» sbottò Teddy infastidito.
«Ehi, ragazzi, tutto bene? Tocca a me accompagnarvi in Sala Comune». Emily Dawson era apparsa alle loro spalle, spezzando definitivamente quel momento di tensione. I ragazzini, presi dalla discussione, non si erano accorti che tutti si stavano alzando. Probabilmente la Preside li aveva congedati.
«Sì, tutto bene» rispose Teddy lanciando un’occhiataccia a Charlie.
«Ma che ho fatto?» sussurrò quest’ultima.
«Sei stata un po’ invadente» mormorò Charis con espressione contrita.
«Ma chi è Harry Potter?» insisté Zoey confusa.
«Lo scoprirai a Storia della Magia» tagliò corto Emily che aveva colto il rossore sul volto di Teddy e i suoi capelli cangianti tra il nero e il rosso.
«Non mi piace la storia» borbottò Zoey in risposta.
«E ti pareva» borbottò Emily. «Forza, mettetevi in fila o la Caposcuola se la prenderà con me».
«Non sei l’unica del settimo anno che segue le lezioni di Storia della Magia?».
«Fagan!» esclamò Enan contento, regalando al cugino, apparso improvvisamente al loro fianco, un enorme sorriso.
«Che volete?» borbottò Emily squadrando i nuovi arrivati, specialmente i due Grifondoro più grandi.
Infatti con Fagan Macfusty vi erano anche Artek e Blair. Enan li salutò contento, tanto che per un attimo si dimenticò persino di Mulciber.
«Calma, calma Dawson, vogliamo solo salutare nostro cugino» disse Fagan diplomaticamente.
Enan li presentò immediatamente ai suoi compagni, notando gli sguardi languidi che alcune Tassorosso lanciavano a Fagan e Artek.
Teddy ne approfittò per cercare Diana e Laurence, rendendosi conto che entrambi avevano già tentare di attirare la sua attenzione. L’amico gli rivolse un’occhiata da ‘era ora’ e gli fece segno che si sarebbero visti l’indomani; mentre Diana gli sorrise leggermente affrettandosi a seguire il suo Prefetto.
Charlie sfuggì dal controllo di Emily e, insieme a Zoey, corse al tavolo dei Grifondoro urtando vari ragazzi sul suo cammino. La Prefetta tentò di richiamarla, ignorando le battutine di Fagan e Artek.
«Charlotte, è mai possibile che cominci a farci disperare dalla prima sera?» intervenne una voce seccata.
«James» mormorò Emily, che le aveva seguite, visibilmente imbarazzata.
«Buonasera» replicò il ragazzo con la consueta pomposità. «Ti chiedo scusa per il comportamento di mia sorella».
«Non ti preoccupare» borbottò la ragazza guardandosi intorno nervosamente.
«La Montgomery è uscita qualche minuto fa in compagnia di McBridge» ghignò Artek.
«Volevo solo salutare Willy» sbuffò Charlie, che aveva abbracciato di slancio l’altro fratello. «Quanto la fate lunga».
«Charlotte, ora sei a Hogwarts e non puoi…».
«Ma vai al quel paese» sbottò la ragazzina. «E non mi chiamare Charlotte!».
«Dawson, ti conviene occuparti dei tuoi Tassorosso» disse rigidamente James Krueger. «E voi due smettetela» soggiunse stizzito rivolgendosi a Fagan e Artek che sghignazzavano.
Mark, Teddy, Enan e Charis aveva atteso tranquillamente il ritorno di Emily e, vedendo la sua espressione esasperata, tentarono di essere collaborativi.
«Seguitemi» sospirò la ragazza. «Voi due davanti, per favore» soggiunse rivolta a Charlie e Zoey.
«Dove stiamo andando?» domandò quest’ultima.
«Nella nostra Sala Comune».
«I Grifondoro stanno in una torre» borbottò Charlie arricciando il naso, mentre Emily li guidavano verso una scala e poi nel seminterrato.
«Stiamo in una cantina» borbottò Zoey.
Teddy si chiese se fossero in grado di tacere per qualche secondo e scambiò un’occhiata complice con Charis, che sembrava essere riservata come lui.
Enan osservava intorno a sé tutto contento. «Qui ci sono anche le cucine? Me l’ha detto Fagan».
«I tuoi cugini sono bravissimi a rispettare le regole» ribatté ironica Emily. «La nostra Sala Comune non è una cantina».
«Non sarà mai bella quanto quella dei Grifondoro» sentenziò Charlie.
Mark rimase in silenzio, ma era leggermente più tranquillo lontano dalla Sala Grande gremita e soprattutto dagli occhi dei suoi fratelli.
«Siamo arrivati» sospirò Emily, fermandosi di fronte a una serie di botti accatastate in una nicchia di pietra.
«Una cantina» bofonchiò Charlie derisoria.
«Ascoltatemi con attenzione» disse la Prefetta in tono ammonitorio, fissando specialmente Charlie. «Questo è il ritmo di Tosca Tassorosso». Ella colpì con le nocche della mano la seconda botte dal basso della seconda fila, che si aprì di fronte ai loro occhi più o meno stupiti. «Imparerete a farlo».
«Che succede se sbagliamo?» le chiese Teddy.
Emily ghignò. «Si apre un’altra botte e ti inonda di aceto».
Teddy fece una smorfia.
«Che idiozia» commentò Charlie alzando gli occhi al cielo.
«Che schifo» proruppe Zoey.
Come al solito Charis e Mark tacquero, ma fissarono preoccupati le botti.
«Seguitemi» riprese Emily entrando nel cunicolo terroso. Charlie e Zoey si lamentarono ancora, ma nessuno diede loro retta. «Ecco, benvenuti nella nostra Sala Comune».
«Oh» sospirò Charis appena entrò.
«Niente di eccezionale» sbuffò Charlie a braccia incrociate e senza neanche guardarsi intorno.
La Sala era a pianta circolare, con i soffitti bassi e dall’aria rustica. In un vasto caminetto, sovrastato da un dipinto di Tosca Tassorosso, scoppiettava un allegro fuocherello. L’ambiente era disseminato di divani e poltrone imbottite rivestite di giallo e nero. I tavoli e le sedie, con tanto di cuscini, erano di legno chiarissimo e all’apparenza delicato. Sui davanzali di piccole finestre rotonde vi erano molte piantine decorative che contribuivano a conferire una sensazione di calda accoglienza.
«Bella» esclamò Teddy rilassato. «Voi che dite?».
Enan annuì, mentre Mark sorrise trovando veramente piacevole quell’atmosfera.
«Benvenuti». Una voce nuova per tutti, tranne che per Mark che impallidì, li costrinse a voltarsi. «Per piacere, accomodatevi un attimo perché vorrei parlarvi. Vi prometto che sarò breve». I ragazzi obbedirono osservando con curiosità la ragazza. «Mi chiamo Eleanor Montgomery e sono la Caposcuola di Tassorosso».
«Come se non l’avessero capito da soli» borbottò un ragazzo che Mark riconobbe come Bobby.
Elly gli lanciò un’occhiataccia e riprese: «Vi presento i nostri Prefetti: Robert Johnson del settimo anno come me».
«Bobby» precisò il ragazzo facendo un lieve cenno di saluto ai nuovi Tassorosso.
«Emily Dawson l’avete già conosciuta… poi abbiamo Corbin Savage, entrambi del sesto anno». La prima sorrise, mentre il secondo si limitò a un serioso cenno. «Infine i gemelli Lancaster, Dorian e Amelia». Concluse Elly. «Ho ritenuto opportuno presentarveli perché, di qualunque cosa doveste aver bisogno, non dovrete farvi alcun problema a rivolgervi a uno di noi… inoltre… e lo dico davanti a tutti, la spilla che abbiamo non è fonte di superiorità e se qualcuno di noi dovesse abusare del potere conferitogli, voi avrete il diritto e il dovere di farlo presente o a un altro di noi o direttamente a un insegnante, è chiaro?».
Teddy la fissò positivamente stupito e annuì convinto.
«Molto bene, allora credo sia arrivato il momento di andare a letto» annunciò la Caposcuola. «A destra trovate l’ingresso del Dormitorio delle ragazze, a sinistra quello dei ragazzi. Che non vi venga in mente di andare in giro per la Scuola dopo il coprifuoco, mi raccomando» aggiunse indicando poi due porte rotonde in fondo alla Sala Comune. «Mark Becker, vorrei parlare con te. Gli altri possono andare».
«E se non volessimo?» s’impuntò Charlie, mentre gli altri si alzavano.
«Hagrid ha comunicato ai professori quello che è accaduto durante la traversata del Lago Nero e la scenata da te messa in atto durante lo Smistamento è la ciliegina sulla torta, se fossi in te non attirerei ulteriormente l’attenzione dalla prima sera» rispose Elly.
«Dai, vediamo com’è la nostra stanza» intervenne Zoey prima che Charlie se ne uscisse con qualche rispostaccia.
«Buonanotte» disse Elly con un tono che non ammetteva repliche.
«Vi accompagno» disse gentilmente Emily alle ragazzine.
«Sarò felice di farvi da guida» propose a sua volta Bobby a Teddy ed Enan che lo seguirono di buon grado.
Mark contorse le mani in grembo nervosamente e si fissò i piedi. Il divano si abbassò e il ragazzino percepì la presenza di Elly accanto a lui. Ora la Sala Comune era perfettamente silenziosa.
«Mi vuoi espellere?» mormorò il ragazzino non riuscendo a trattenersi.
«No. E comunque non ho questo potere» rispose la ragazza pacatamente. Mark non osò sollevare gli occhi su di lei. Era troppo spaventato. «Quello che è successo sul treno è grave: sei penetrato nella mia mente. Nel nome di Merlino, come hai fatto? Ci vogliono anni e anni di studio». Aveva mantenuto il tono della voce basso, ma le sue parole erano diventate sempre più concitate.
Il ragazzino sentì il battito del cuore accelerare, non avendo la minima idea di come dovesse rispondere: suo padre gli aveva sempre detto di non raccontarlo a nessuno, ma come poteva mentire alla Caposcuola? Specialmente dopo quello che era accaduto!
«Sono un legilimens naturale» mormorò a voce bassissima, ma Elly lo udì ugualmente.
La ragazza rifletté qualche secondo e poi sospirò: «È incredibile… ma non credo possa esistere un’altra motivazione perché a undici anni tu sappia fare una magia del genere! I professori lo sanno?».
«No, no. Mio padre mi ha ordinato di non dirlo a nessuno» replicò in fretta Mark sempre più terrorizzato.
«Ma tu sai usare questo potere?» domandò Elly colta da un’illuminazione.
«No» ammise Mark. «Non c’è un modo di usarlo, no? Devo solo evitare il contatto visivo» aggiunse ripetendo quello che gli era stato inculcato per anni.
«Che idiozia, certo che si può. È un potere… ah, non so manco definirlo… ma, Mark, non nasce un legilimens naturale da un sacco di tempo! Devi dirlo ai professori! Sono sicura che il professor Vitious o la professoressa McGranitt sarebbero in grado di aiutarti. Non puoi mica passare la vita a evitare lo sguardo delle altre persone!».
«No, ti prego, non dirlo a nessuno!» quasi piagnucolò il ragazzino. «Mio padre mi ucciderebbe!».
«Mark, i professori devono saperlo! Hai bisogno di aiuto!».
«Ti prego» la supplicò lui con le lacrime agli occhi.
«Va bene» sospirò Elly, sorprendendolo. «Però promettimi di pensare a quello che ti ho detto. Me lo prometti?».
«Sì, lo prometto» rispose istintivamente Mark.
«In qualità di Caposcuola sono tenuta a ricordarti che non devi far uso del tuo potere né sugli altri studenti né sui professori, che se ne accorgerebbero senz’altro. E ti avverto che non mi sfugge nulla e se mai dovessi aver solo sentore che non hai mantenuto fede al nostro accordo, non avrò alcuna remora a denunciarti alla Preside, è chiaro?».
«Sì» mormorò mestamente Mark.
«Un’ultima cosa: sei hai bisogno di aiuto, non esitare a cercarmi. Non ti nascondo che non provo una grande simpatia per i tuoi fratelli… i miei genitori mi ucciderebbero se mi comportarsi come hanno fatto loro oggi sul treno».
Il ragazzino annuì, sperando che lo lasciasse andare al più presto.
«Va’ pure adesso. Ci vediamo domani mattina. Buonanotte».
«Grazie» mormorò Mark. «Buonanotte». E quasi corse verso l’entrata del suo Dormitorio, ma non gli sfuggì il sorriso tra il dolce e comprensivo della Caposcuola. Tirò un sospiro di sollievo soltanto quando si chiuse la porta alle spalle, ma a quel punto gli sovvenne una nuova difficoltà tanto che ebbe la tentazione di tornare indietro nella speranza di trovare ancora Elly in Sala Comune: non aveva la minima idea di quale fosse la sua camera. Prese un bel respiro e s’intimò di non farsi prendere dal panico e ragionare, ci mancava solo di passare per stupido davanti ai suoi nuovi compagni fin dalla prima sera. Se non lo pensassero già. Compì qualche passo nel corridoio e si rese conto che, appese accanto alle porte che si aprivano sul corridoio, vi erano delle targhette. Si avvicinò, lesse la prima e comprese che vi erano elencati i nomi dei proprietari della stanza. Lesse attentamente varie targhette finché non trovò quella su cui era scritto: Allievi del Primo Anno.
Ebbe un attimo di titubanza e poi entrò. Teddy ed Enan interruppero per un momento le loro chiacchiere e lo salutarono.
«Tutto bene?» chiese Teddy.
«Che voleva da te la Caposcuola?» domandò curioso Enan.
«Voleva parlarmi di una cosa» borbottò Mark dopo aver annuito in risposta a Teddy.
«Hanno portato i bauli qui. Che forza. Teddy dice che sono stati gli elfi domestici. Sarebbe comodissimo averne una squadra a casa, no?».
«Magari» borbottò Mark al pensiero che le faccende fossero sbrigate da qualcuno che non fosse lui.
«Mia zia Hermione non approverebbe mai. Lei ha fondato un’associazione a salvaguardia degli elfi domestici» disse Teddy.
«Ho sentito dire qualcosa ai miei zii» commentò Enan buttandosi sul suo letto. «Fagan mi ha detto che possiamo andare a dormire all’ora che vogliamo».
«In teoria non ci conviene andare troppo tardi perché non riusciremo a seguire le lezioni del mattino» ribatté Teddy assennatamente. «Mark, noi abbiamo scelto questi letti, ma se tu non sei d’accoro, dillo».
«Oh». Il ragazzino fu decisamente stupito da quella premura e scosse la testa. «No, va bene, grazie».
«È un peccato che non possiamo andare in cucina» sospirò Enan.
«Non mi dire che hai ancora fame!» sbottò Teddy.
«Sto crescendo» replicò Enan, imitando Charlie. «Ho sempre fame».
Persino Mark non riuscì a trattenersi e si unì alla risata degli altri due.
 

*
 

«Era una vita che non saltavo così sul letto!» strillò Charlie euforica.
«A chi lo dici! E questi letti sono comodissimi» le fece eco Zoey. «E mia madre pensava che ci sarebbero state brandine stile militare».
Charis ridacchiò e si lasciò cadere seduta sul proprio letto.
«Certo che i Babbani hanno idee strane su noi maghi» commentò Charlie.
«Gli strani siete voi per noi» replicò Zoey. «Quando impariamo a volare?».
«Ci saranno delle lezioni apposite» rispose Charis.
«Io lo so già fare» cantilenò Charlie. «Me l’ha insegnato Chris, il maggiordomo di mio padre».
«Non vedo l’ora! Sarà fantastico» trillò Zoey con voce sognante. «Basta, non ce la faccio più» soggiunse buttandosi sul letto.
«Ho vinto!» gridò felice Charlie.
«Vinto? Quando abbiamo detto che era una gara?» si lamentò Zoey.
Charlie ghignò e poi si rivolse a Charis: «Tu non parli mai».
«Non è vero, ho parlato poco fa» si difese la ragazzina.
«Parli poco».
«Ma che dovrei dire?».
«Quello che ti pare. Io lo faccio sempre».
Zoey rise e poi indicò il pigiama di Charlie. «Le palline sul tuo pigiama si muovono».
«Palline? Quali palline. Oh, per le mutande di Merlino, devo insegnarti le basi» ribatté Charlie portandosi una mano sulla fronte con fare melodrammatico.
«Sono boccini d’oro» mormorò Charis divertita.
«E che sono?».
«Lascia che ti spieghi la bellezza, la poesia del Quidditch» quasi urlò Charlie, saltando giù dal letto e iniziando a svuotare il baule alla ricerca delle riviste che aveva messo di nascosto dalla madre.
Zoey le si avvicinò e tirò la maglia per vedere meglio i fantomatici boccini d’oro che sfrecciavano sullo sfondo scarlatto.
«Io vado a letto» borbottò Charis. «Buonanotte».
Le altre non l’ascoltarono neanche, tanto erano prese dalla loro conversazione sul Quidditch.

 
*
 

Avevano chiacchierato per un po’, Enan aveva parlato più di tutti in realtà raccontando storie fantastiche sui draghi della riserva gestita dalla sua famiglia. Roba da fiaba o da romanzo. Mark l’aveva trovato meraviglioso e si era bevuto ogni parola, come un assetato, e per un po’ si era dimenticato ogni paura. Adesso, però, Enan e Teddy si era addormentati, ma lui proprio non ci riusciva o almeno aveva dormito per pochissimo tempo e si era svegliato con il cuore che gli batteva a mille. Eppure non ricordava di aver sognato qualcosa di particolare.
Aveva sperato che almeno a Hogwarts quel fastidio gli avrebbe dato pace, invece eccolo di nuovo e dalla prima sera.
No, no, doveva calmarsi o sarebbe stato peggio. La soluzione migliore sarebbe stata quella di camminare un po’ come faceva a casa, ma qui avrebbe rischiato di svegliare i compagni. Si mise a sedere e si guardò intorno incerto finché non adocchiò la brocca d’acqua sul comodino di Teddy. Si avvicinò piano piano per non svegliarlo e si riempì un calice.
Il battito accelerato non sembrava volersi placare e la camera iniziava ad apparirgli improvvisamente troppo piccola, perciò decise di tornare in Sala Comune. Fortunatamente la trovò vuota.
Camminò per un po’ avanti e indietro osservando nei dettagli quella che sarebbe stata la sua casa per i successivi sette anni e questo lo rincuorò: era un bel posto, tranquillo e accogliente.
Quando fu più calmo si adagiò su un divano con l’intenzione di salire in camera di lì a poco, ma il sonno ebbe la meglio e il ragazzino si addormentò.
   
 
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