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Autore: ONLYKORINE    01/05/2019    1 recensioni
Un pomeriggio raccontato da un giocattolo.
la storia ha vinto a un contest.
1115 parole
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pomeriggio al parco

 

Guardai fuori dalla finestra. Anche quel giorno c'era il sole. Sentii gli schiamazzi dei bambini che correvano lungo il corridoio. Sarebbero andati al parco. Chissà se quel giorno sarei andato con loro. Anche il giorno prima c'era il sole e anche quello prima ancora, ma io non ero ancora uscito di casa.

Vincenzo mi passò velocemente davanti, così cercai di farmi notare. Non che fosse una cosa facile. Mi agitai un po', ma alla fine non riuscii a muovervi più di tanto. Vincenzo raccolse da terra la sciarpa e scappò fuori dalla porta senza neanche degnarmi di un'occhiata.

Uffa. Un altro pomeriggio in casa. Poi, dalla porta vidi entrare Linna, la piccola di casa. La sorellina di Vincenzo aveva grandi occhi scuri e manine perennemente occupate, e mi piaceva. Tanto.

Lei si avvicinò e mi guardò. Qualcuno gridò il suo nome sulle scale, ma Linna non vi prestò attenzione: mi stava ancora studiando. Poi, con quel suo sguardo furbetto, avvicinò una sedia al muro e vi si arrampicò sopra.

Continuai a guardarla inerme. D'altronde che avrei potuto fare? Quando le sue manine si sporsero verso di me e mi afferrarono, esultai: finalmente si usciva! Ce l'avevo fatta.

Vincenzo entrò in camera, un po' arrabbiato: "Marilena, quante volte devo chiamarti?" poi mi guardò e i suoi occhi si spalancarono "Cosa stai facendo?" la piccola rise mentre mi stringeva al petto.

"Voglio portarlo al parco" Vincenzo sbuffò "È mio. Non puoi prenderlo" la bambina sbatté un piede per terra e pensai che mi avrebbe fatto cadere. "Tu non lo usi mai!"

Seguì una discussione fra i due fratelli, ma non prestai attenzione: l'importante era uscire di casa. E loro volevano andare al parco. A me piaceva il parco. Cercai di resistere e non strapparmi quando due paia di mani si litigarono il mio possesso, ma persi una coda gialla, che cadde ai piedi del ragazzino.

"Guarda cosa hai fatto, stupida!" Linna scoppiò a piangere dicendo che non era stata lei ed effettivamente, aveva ragione: era stato Vincenzo a tirare quella coda.

"Dai, smettila di frignare! Prendilo su e andiamo" il fratello più grande girò sui tacchi ed uscì dalla porta, diretto verso le scale.

Linna sorrise e io dubitai che stesse veramente piangendo prima, ma quando corse dietro al fratello non me ne preoccupai più. Stava correndo. Stavamo correndo. Insieme. Verso il parco.

La giornata doveva essere freschina, perché i bambini avevano tutti la giacca addosso, e io iniziai a sperare che si alzasse un po' di vento.

Una volta al parco, passai la prima mezz'ora sdraiato sulla coperta posata per terra, insieme agli altri: Zoe la mucca di pezza, la palla e i pattini con le ruote. Eravamo tutti giocattoli abbandonati, mentre i bambini giocano a nascondino fra gli alberi, ma stavamo bene. Finalmente le giornate erano diventate belle e anche noi potevamo passare un po' di tempo fuori.

Quando Linna si ricordò di me, gridò correndo verso la coperta e si inginocchiò prima di prendermi. Avevate guance arrossate, possibile che ci fosse un po' d'aria? Che finalmente anch'io potessi giocare?

Le sue manine mi presero e lei, alzandosi, gridò verso il fratello: "Vincenzo mi aiuti?" ma suo fratello era ancora arrabbiato: io ero una sua proprietà in fondo. "Fallo da sola. L'hai voluto portare tu, no?"

Ma Linna era sì la più piccola, ma anche la più cocciuta della famiglia, così si tirò su e borbottò sottovoce: "Lo faccio da sola, allora." Due delle mie code strisciarono per terra perché lei si era scordata di raccoglierle e io sperai solo che non le pestasse, altrimenti sarei rimasto senza prima di sera.

Ad un certo punto, alzò le manine verso il cielo e mi guardò, stringendomi ai lati.. Se mi avesse lasciato andare in quel preciso istante, sarei potuto cadere e avrei potuto rompermi. Mmm. Speravo vivamente che sapesse quello che faceva.

Poi staccò una mano da me e si chinò a raccogliere un mio pezzo da terra. Pensai che mi si fosse staccata un'altra coda e invece raccolse il pezzo di plastica. Tornò a guardarmi sorridente e, provò a farmi giocare, ma non ci riuscì subito: le prime tre volte caddi, per fortuna senza rompermi, e alla quarta scappai dalla sua mano ma rimasi a rasoterra, sbattendo contro il terreno più volte. Lì si che pensai di rompermi. E invece, dopo tre rimbalzi, ci riuscimmo e, grazie a una folata di vento più giusta delle altre, iniziai a giocare.

Era fantastico. Avrei gridato. Gridato di piacere. Gridato come gridava Linna mentre mi contemplava con gli occhi colmi di gioia. Guardai intorno a me, era tutto azzurro, il cielo era azzurro e il vento faceva oscillare le chiome degli alberi. Il vento agitava anche tutto il mio corpo e le mie code svolazzavano libere e lunghissime. Ero contentissimo. Stavo giocando, finalmente. Stavo volando.

"Linna! Sei riuscita a far volare l'aquilone!" un bambino che non distinguevo, da lassù, si avvicinò a Linna per farle i complimenti e guardarmi, ma la bambina si distrasse e il suo braccio si piegò, così io mi spostai, prendendo in pieno una corrente d'aria. Il filo che mi teneva ancorato a Linna si tese e il vento si fece più forte, facendomi strattonare più volte. Sapevo che il mio filo non si sarebbe spezzato, quindi risi felice, quasi invogliato da quel gioco pericoloso e cominciai a salire sempre più in alto, quando i bambini iniziarono a gridare dal prato.

"Vincenzo, Vincenzo! Aiuto, tengo paura!" gridò Linna. Riuscii a sentirla anch'io.

Mi affacciai giù per vederli sempre più piccolini, che cercavano di tenermi e riprendersi il filo che nel frattempo si era fatto sempre più lungo. Quando vidi la piccola Linna correre dietro di me mentre mi lasciavo andare alla brezza, un po' mi spaventai e quando i suoi piccoli piedi iniziarono a staccarsi da terra, venni preso dal panico.

Vincenzo arrivò di corsa e abbracciò la sorella da dietro. Quando notai che anche il fratello faceva fatica a rimanere con i piedi per terra, lo sentii dire di lasciarmi andare altrimenti sarebbero volati via e la sorellina rispondergli che piuttosto sarebbe volata via con me, feci una cosa che non avevo mai avuto il coraggio di fare: cambiai direzione per pochi istanti e poi, tirai un forte strattone e strappai il filo.

I bambini dal prato guardavano tutti in alto, increduli. Guardavano tutti me, soprattutto Vincenzo e Linna che, nel colpo subito, erano caduti sul prato. Girai su me stesso più volte e, all'ennesimo colpo di vento, iniziai a volare lontano. Risi forte. Era bellissimo. Ero libero e stavo giocando.

L'ultima cosa che vidi del parco furono le mani dei bambini che si alzarono per salutarmi quando volai via.

   
 
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