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Autore: Ace of Spades    03/05/2019    1 recensioni
“Mio padre non era così, prima di perdere mia madre era un'altra persona. Di sicuro non una dolce e carina, ma almeno era una persona. Dopo la morte di sua moglie è diventato un mostro senza sentimenti, animato solo da ciò che ci potrebbe essere di più oscuro dentro un cuore vuoto.”
Degli occhi neri lo fissarono.
“Come se avessero aperto il Vaso di Pandora”
“Aperto? Direi più che è caduto al suolo e si è frantumato. Quando si perde una persona amata in modo traumatico è come perdere il sostegno che ti teneva sulla retta via, come la colonna su cui posava il Vaso. Senza quella, le piaghe dentro al tuo cuore prendono vita e ti divorano da dentro”
“Ho sempre trovato quel mito abbastanza insulso”
“Come mai?”
“Sai perchè esiste il detto ‘la speranza è l’ultima a morire’? Perchè è l’ultima che esce dal Vaso di Pandora. Ma perchè dovrebbe essere l’ultima se è ciò di cui si ha più bisogno?”
“Perchè le speranze le hanno le persone, ma i destini li distribuisce il diavolo.”
•••
DoflaCroc + Mihawk / AkaTaka/ KiddLaw/ KillerPenguin.
Genere: Angst, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Crocodile, Donquijote Doflamingo, Drakul Mihawk, Eustass Kidd, Trafalgar Law | Coppie: Shichibukai/Flotta dei 7
Note: AU, Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
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49) “Stai attento a chi concedi la tua fiducia, il Diavolo una volta era un angelo, ed era il preferito di Dio 









 
Zoro entrò nella casa di Mihawk portandosi dietro le sue tre spade; ancora non aveva capito cosa fosse successo, e lo fece notare anche all'uomo. 
“Perché hai deciso di darci un tetto? Non ho bisogno della tua pietà”
Mihawk non si girò neanche, facendo finta di non averlo sentito. Alzò un braccio e cominciò ad indicare. 
“Camera con bagno tua, ragazzina. Camera con bagno tua, moccioso. Camera mia e bagno mio, vietato l'accesso. Cucina là, salotto lí. Camera senza uso là in fondo”
“Domanda!” esclamò Perona alzando la mano. 
“Cosa”
“Se non posso entrare nelle tue stanze come faccio a pulire?”
 
In effetti era una cosa sensata. 
 
“Ci entri solo per pulire, non toccare o spostare nulla in più dello stretto necessario” le rispose. 
“Ok! E la spesa sempre due volte a settimana? Tu quanto mangi?” chiese rivolta a Zoro che continuava a capirci sempre meno. 
“Abbastanza? Ma io voglio dell'alcool”
“Fantastico, fortunatamente avete gusti simili, non sarà un problema. Scrivete quello che volete sulla lista che lasceremo qui nell'ingresso” 
Zoro fece spallucce. 
 
Poi Mihawk inspirò massaggiandosi le tempie. 
“Dove sono i vostri vestiti”
Perona alzò la mano “Moria li ha bruciati, ho solo un cambio”
Zoro incrociò le braccia. “Quali vestiti?”
Mihawk voleva davvero spararsi in bocca. 
Prese un bel respiro. 
“Roronoa, tu metterai una mia maglia per oggi, e domani vi svegliate presto. Andiamo a comprare dei vestiti. E facciamo la spesa.”
Concluse passandosi una mano tra i capelli. 
Zoro lo fissò annuendo. 
“Ma perché io sono qui? Lei ti serve, ma io?”
Mihawk lo guardò. 
“Non ne ho idea. E ora fuori dai piedi, andate a farvi una doccia. Perona ordina la pizza, tieni i soldi, chiama quando arriva”
E si chiuse in camera. 
 
I due ragazzi, rimasti da soli nell'ingresso, si guardarono.
“Non pensavo fosse così” si lasciò sfuggire Perona. 
“Che ne sai, magari ci mette all’ingrasso e poi ci cuoce nel forno per mangiarci” rispose Zoro. Anche se non capiva avrebbe vissuto lí, non che avesse altra scelta, ma avrebbe sfruttato questa apertura dell'uomo e avrebbe carpito ogni suo segreto e debolezza per poi usarlo contro di lui.
Ma per il momento era meglio lavarsi. 
La camera non era male, c'era tutto quello che gli serviva. Un letto. 
Si era sempre accontentato di poco per vivere, non aveva avuto molti soldi da spendere in sciocchezze e la maggior parte del tempo la passava allenandosi a spostare pesi piú grandi di lui. 
Solitamente viaggiava facendo l’autostop e dormendo dove riusciva, passando da una città a un'altra seguendo un percorso tutto suo, fatto apposta per prepararlo al suo scontro con Mihawk. Uno dei suoi migliori amici gli aveva detto che sembrava Ash dei Pokémon, che viaggiava andando nelle varie palestre per sfidarne i capi. Lui gli aveva risposto che con quel cappello di paglia perennemente sulla testa sembrava Sanpei.
Appoggiò le spade in un angolo e sospirò, sentendo per la prima volta l'adrenalina scemare, lasciando il posto a tutta la stanchezza accumulata. 
Abitare col nemico era un vantaggio e uno svantaggio insieme, non aveva ancora capito se l'uomo lo stesse facendo per pietà o solo perché si annoiava. Era noto a tutti che i suoi scontri con Shanks, che erano divenuti leggendari e per cui avrebbe pagato con un rene anche solo vederne uno, erano finiti da anni. 
E la noia è sempre stata una cattiva consigliera. 
Avrebbe potuto cogliere l'occasione al volo e allenarsi con lui, col tempo sarebbe sicuramente riuscito ad arrivare al suo livello e poi a batterlo. 
Si tolse la maglietta e decise che ci avrebbe dormito sopra. 

 
Il giorno dopo Perona si svegliò verso le nove, riposata e incredula ancora dell'accaduto. Si guardò intorno e decise che avrebbe cercato un lavoretto e che con il primo stipendio avrebbe addobbato la sua cameretta per renderla piú adatta a lei. I candelabri e l'armadio in legno da film horror erano perfetti, ma mancavano peluche, drappi neri e merletti un po’ ovunque. 
Nel complesso la casa non era male, anzi, era esattamente come l'aveva immaginata: una villetta che si trovava in una via, trasversale alla strada principale più trafficata, costeggiata da cipressi e tigli e dall'aspetto leggermente lugubre. 
La casa fuori di per sé sembrava come tutte le altre, ma dentro si vedeva che mancava un tocco femminile. Arredamento spartano, ispirato a qualche castello ottocentesco, aveva finestre alte e strette adornate con tende damascate. Il resto era molto elegante, ma l'atmosfera rimaneva leggermente paurosa; se le avessero detto che era morto qualcuno anni prima, magari dentro la sua stanza, ci avrebbe creduto. 
E le sarebbe piaciuto da impazzire. 
Adorava i fantasmi e tutte le cose più terrificanti che una ragazza normale rifugge: zombie, spettri, pipistrelli, ragni, era tutto di suo gusto. 
Vivendo con Moria e presenziando alla sorveglianza del suo obitorio tanto normale non doveva esserlo. 
 
Si alzò e si vestí, andò in bagno - per trovarlo scarno e bisognoso del suo tocco da arredatrice - e verso le dieci bussò alla porta dell'altro coinquilino.
Bussò. E bussò. E bussò. 
Dopo dieci minuti buoni Zoro le aprí la porta con un grugnito. 
“Che c'è?”
“Ricordi? Shopping”
“Oddio” e si diresse verso il bagno. Lei aspettò pazientemente in cucina, preparando la colazione con quello che c'era in casa. 
Quando vide Zoro gli andò incontro. 
“Direi che è tardi, dici che dovremmo…”
“Svegliarlo?”concluse lui alzando un sopracciglio. “In effetti ha detto che ci saremmo dovuti andare presto”
I due si incamminarono e si fermarono davanti alla porta. 
Perona abbassò la maniglia per ritrovarsi immersa nell’oscurità più totale.
“Ehi, Mihawk, non dovevamo-”
Entrambi si immobilizzarono allo spostamento d'aria tra le loro teste. Si girarono per trovare il pugnale a forma di croce che l'uomo portava al collo conficcato nel muro alle loro spalle. 
Si girarono nuovamente verso la porta per poi trovarsi davanti a due occhi dorati che brillavano nel buio. 
Entrambi scapparono urlando. 
 
Drakul entrò in cucina qualche minuto dopo. 
“Quando dico presto” sibilò “intendo dopo mezzogiorno, chiaro?” e i due abusivi annuirono. 
In quel momento presero la decisione di non svegliare mai più lo spadaccino. Mai più.

 
-

 
“Quei villani, filibustieri, figli di una brava donna, buoni a nulla, peni muniti che danno ordini a me” 
Cavendish, seduto comodamente su una poltrona in pelle dell'ultima collezione, stava sorseggiando la sua aranciata quotidiana quando vide entrare nell'ufficio della sua socia la sua socia, appunto. 
Di ottimo umore per giunta. 
Hancock chiuse la porta con un calcio e si voltò verso la sua direzione, con uno sguardo poco amichevole sul volto. 
 
“Immagino che la tua ‘riunione con pezzi grossi di cui non devo sapere nulla ma so tutto perché siamo 'partner in crime' sia stata uno spasso” commentó appoggiando il bicchiere vuoto e alzandosi in piedi, mettendo a posto il cappello Fedora che portava in testa. 
 
“Tu non hai idea” sibilò la donna sedendosi alla scrivania. 
“No, ma oggi sono uno spettacolo” disse tra sé e sé Cavendish guardandosi nello specchio verticale con intarsi barocchi. 
“Quegli, quegli, uomini.” continuò lei ignorandolo. 
“Piano con le offese” sbuffò mettendosi a sedere di fronte a lei. 
“Sai che sei un'eccezione Cav. Ma, dato che sono parecchio alterata, cercherò di farti un riassunto esplicativo del perchè sono circondata da idioti”
Il biondo ascoltò senza battere ciglio, toccandosi i capelli raccolti in una treccia laterale ogni tanto. 
 
“Ti ci vuole del cioccolato” le propose alla fine del racconto, e lei emise un verso tra il sí ti prego e il ho voglia di uccidere. 
“Comunque, se quello che i barbari austroungarici ti hanno detto è vero, allora dovremmo davvero dare un'occhiata alle lettere, o alle mail, o a qualsiasi cosa sia arrivata qui in agenzia da quando sono iniziate queste morti”
“Sì, conviene, la prossima volta non mi faró trovare impreparata. Chiama le mie sorelle e dí loro che incarichino del compito Margaret e la sottosezione Amazzoni.”
 
Perché Boa Hancock era una modella, un'attrice e anche un'icona di stile, ma nel tempo aveva capito che al mondo vive piú a lungo chi non ha scrupoli, e chi ha più frecce al suo arco. 
Per quello aveva instituito una parte dei fondi ad un gruppo di sole donne, guardiane della sua sicurezza e dei suoi affari, chiamando questa sezione Amazzoni per ricordare che le donne non sono solo bei visini a cui regali fiori per farti perdonare qualcosa.
‘L'uomo sarà anche il capo, mia cara,’ le ripeteva sua madre ‘ma la donna è il collo, e muove il capo come vuole’. 
 
Aveva fatto di quella frase uno stile di vita; gli uomini si fermavano sempre al suo aspetto fisico, al suo seno prosperoso e alle sue curve, accentuate dai vestiti che sceglieva, non riuscivano a vedere quanto fosse velenosa la sua presenza. E quando se ne accorgevano era troppo tardi. Chi si perde nello sguardo di Medusa si perde per sempre.
Rivolse uno sguardo al suo socio. Anche Cavendish aveva una sua agenzia, la Noblesse Oblige, e anche lui era a capo di un gruppo di persone fidate a cui poteva chiedere qualsiasi cosa, lui li chiamava i Cavalieri.
Boa era rinomata, oltre che per la sua bellezza, anche per il suo odio verso il genere maschile, eppure il biondo dai capelli dorati e gli occhi azzurri tanto simili ai suoi quanto completamente diversi, lui era diverso. 
Primo, non voleva portarsela a letto, e secondo, aveva un comportamento simile ad una sorta di spirito cavalleresco di altri tempi che lo portava ad essere sincero e diretto, e anche rispettoso e galantuomo. 
Non mancava di riempirla di complimenti, ma ciò che Hancock apprezzava di lui era la sua innegabile autostima, che rivaleggiava con la sua. Era noto a tutti col nome di Superstar, aveva un sacco di fan club e poteva contare un numero spropositato di seguaci. Eppure il suo fan numero uno rimaneva se stesso.
 
“Fatto! Ora scusa ma ho un appuntamento con quel buzzurro dai capelli verdi che deve venire oggi ad impestare il mio ufficio con il suo gusto nel vestirsi inesistente e le sue doppie punte. Ci vediamo Gorgone” concluse, facendole l'occhiolino ed uscendo. 
Cavendish era un ottimo alleato alla pari, ma soprattutto era un mostro nel combattimento con la spada.
Aveva solo due piccoli problemi: era sonnambulo, e quando succedeva cambiava totalmente personalità, tanto da arrivare a pestare a sangue la gente che incontrava, senza ovviamente ricordare nulla il giorno dopo. Per questo aveva assunto Bartolomeo, il buzzurro dai capelli verdi. In una delle sue sortite sonnambulesche, era uscito di casa e aveva iniziato a far male a chiunque; lui era l'unico che era riuscito non solo a resistere ma addirittura a fermarlo e a contenere i danni. 
Il secondo problema di Cavendish era che Satana al confronto era un tenero uccellino. 
Aveva più volte dimostrato alla donna quanto bene sapesse manipolare la gente quando riusciva a mettere da parte i suoi complimenti su se stesso. Era bravo ad usare le parole ed era ancora più bravo a capire i punti deboli nella psiche della persona che aveva davanti. 
Perchè nessuno si aspetterebbe un doppia faccia da un ragazzo dal volto pulito, vestito bene, dall’apparenza angelica con quei boccoli biondi e gli occhi azzurri.
La gente spesso si dimentica che il Diavolo non è un mostro orribile con le corna e il corpo grottesco. Sa essere suadente e bellissimo, solo come un angelo sa fare. 
 
Sogghignò tornando a guardarsi allo specchio. 
“Se mi fanno venire le rughe li denuncio”

 
-

 
“Quindi Donquixote le ha offerto questa cifra?”
Crocodile si rilassò sulla poltrona nera, tamburellando con le dita sulla scrivania in mogano. 
“Le offro il due percento, anzi, il cinque percento in più” 
L'uomo dall'altro capo del telefono si perse in balbettii e sospiri, ma dopo qualche secondo acconsentì alla transazione. 
“Molto bene, è un piacere fare affari con lei” e chiuse la chiamata. “è un piacere per lei”
Appoggiò il cellulare davanti a sé; con la consapevolezza di aver rovinato la giornata a quella persona aveva dato un senso alla sua di giornata.

 
Doflamingo sbattè un pugno contro il muro; Crocodile gli aveva soffiato da sotto al naso un affare non da poco, e sapeva, sapeva, che a lui non interessavano le scommesse sulle corse di cavalli e tantomeno i cavalli stessi. 
Sapeva che lo aveva fatto apposta. 
“Bene” disse. “che guerra sia”

 
Dopo una settimana Crocodile afferrò il cellulare e spinse rabbiosamente sullo schermo. 
Doflamingo accettò la chiamata dal numero salvato sotto il nome di Non Rispondere. Perché era una persona matura, lui. 
“Non dovevi soffiarmi quell'affare”
Cominciò, mentre camminava per il corridoio, finendo in salotto. 
“Mi hai iscritto ad un sito porno, quanti anni hai, 10?” sbottò il moro arcuando la schiena e catturando l'attenzione di Kidd, che stava passando davanti all'ufficio. Il ragazzo capì che quello era il momento per testare i suoi nuovi giocattoli, o meglio, quelli che aveva fabbricato insieme a Killer. 
Si nascose dietro la porta, fuori dalla visuale dell'uomo, ed estrasse dalla tasca il suo telefono, ci posizionò un marchingegno quadrangolare dietro e spinse il bottone, poi se lo mise all'orecchio e cominciò ad ascoltare. 
 
“Mi sembrava che ti piacesse il bdsm”
“Hai dato la mia carta di credito, come fai ad avere il numero della mia carta di credito?”
“E tu allora? Mi hai mandato a casa un ordine di 50 pizze, 30 torte, 4 buffet da matrimonio, per non parlare delle bambole gonfiabili. Davvero divertente. Per non parlare della carne da barbecue, i capperi, un set di bambole di porcellana e le tende coi gufi, sai che non sopporto nulla di tutta questa merda”
 
Kidd riusciva a stento a respirare; era indeciso se scoppiare a ridere o avere un blackout cerebrale. Nel dubbio continuò ad ascoltare. 
 
“Sai, dopo il tuo adorabile scherzo ho pensato ad un modo per ricambiare”
“Non dovevi disturbarti, di cibo ne abbiamo e non ho bisogno di bambole finte per scopare”
“No, immagino di no. Hai bisogno solo di immaginarti qualcun altro per venire, al posto delle troie che usi per passare il tempo”
 
Crocodile sapeva che Doflamingo aveva smesso di ridere. 
 
“Non essere cosí pieno di te, Crocodile. Non è stato nulla di speciale, ho avuto di meglio.”
“Magari se lo ripeti altre sei o sette volte finirai per crederci. Ed ora smettila di usare la mia carta di credito per comprarti vestiti su Zalando che, tra le altre cose, fanno davvero schifo. Perizomi? Scarpe col pelo?? Jeans fosforescenti con buchi dove non dovrebbero esserci??? Giuro che se continui a casa tua smetteranno di arrivarti cose così piacevoli”
 
Crocodile chiuse la chiamata di scatto, rendendosi conto di stare respirando pesantemente dal nervoso. Era da tempo che non perdeva cosí le staffe. 
Sapeva che avrebbe potuto bloccare semplicemente il suo conto e aprirne uno nuovo, senza per questo dover iniziare quella piccola rappresaglia. 
E questo lo sapeva anche Doflamingo, che fissò il telefono digrignando i denti.
Aveva promesso a se stesso che non avrebbe ripetetuto lo stesso errore, figuriamoci con la stessa persona. 
Lo aveva promesso, ma quando sentiva la voce di Crocodile nelle orecchie gli veniva un prurito addosso, simile a quando senti che stai per urlare dalla rabbia, e proprio non riusciva a smettere di provocarlo o di rispondere alle sue di provocazioni. 
Perché doveva essere quell'uomo a farlo sentire così, come se avesse ancora diciassette anni e come se fosse davvero vivo?
Perché aveva ancora tutto quell'ascendente su di lui? 
Non pensava di essere masochista a tal punto.
Mise il cellulare in tasca e inspirò profondamente; se Crocodile voleva giocare avrebbe giocato. 
Provocarlo non era mai stato saggio, ma a quanto pare neanche il bel coccodrillo aveva molto spirito di autoconservazione. 
 
Il moro si appoggiò allo schienale e si passò una mano sul volto; quando perdeva le staffe in modo serio non aveva un controllo così saldo delle parole che pronunciava.
Ed infatti non capiva il motivo per cui avesse detto quelle cose; era ovvio che non le pensava davvero. L'unico suo scopo era stato quello di vedere se riusciva a farlo crollare, a farsi urlare contro. Quello avrebbe potuto sopportarlo, ma non poteva rischiare di ricadere di nuovo in quel vortice. Non poteva rischiare di finire come allora, ora non poteva permetterselo, e la sola idea di sentirsi ancora cosí, fragile e preoccupato per qualcuno tanto da mandare all'aria la sua integrità fisica e morale, gli faceva prudere la mano e accelerare il respiro. Si ricordava cos'era capitato a Icaro, già una volta le sue ali si erano sciolte perché non era riuscito a distogliere lo sguardo dal sole. 
 
Quindi ci aveva messo una pietra sopra tanto tempo fa, eppure era come se quella pietra si stesse sgretolando col tempo. 
Doflamingo era sempre stato una palla al piede, ma aveva sempre avuto un pregio: quando voleva davvero qualcosa non rinunciava per niente al mondo, esattamente come l'acqua scava la pietra con pazienza, il biondo rimaneva fermo nelle sue convinzioni. 
E Crocodile sapeva che era solo questione di tempo prima che arrivassero entrambi ad un punto di rottura.
Peccato che l'unico modo per capire quando ci si è arrivati sia troppo tardi. 






 
Kidd si chiuse in la porta alle spalle di uno degli uffici vuoti. 
“Dottore, credo che di aver bisogno di una consulenza”
Law fissò il cellulare e sorrise riportandosi l'apparecchio all'orecchio. 
“Questa notte credo di essere libero, verrò da te. Spero che questo implichi un controllo alla prostata”
Il moro sorrise sentendo il suono vuoto della chiamata interrotta. 













 
Angolo Autrice:
Ed eccoci qui, nell'angolo a fine capitolo. Come sempre vorrei dire qualcosa di sensato ma preferisco che siate voi a dirmi cosa ne pensate, vi lascio con qualche curiosità:
>
La frase che la madre di Boa le ripete è tratta da Il mio grosso grasso matrimonio greco; Noblesse oblige è un detto e significa ‘La nobiltà comporta obblighi’ ed è pure il nome di un rossetto; Doflamingo che compra la roba su Zalando è ripreso da un'altra mia storia, Matter of Time. 
A presto! 
  
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