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Autore: Chocolate_xxx    23/07/2009    2 recensioni
Sono passati molti anni dalla nascita di Reneesme Cullen, così tanti che la piccola cittadina di Forks si è dimenticata della strana famiglia che quasi un secolo prima abitava in una villa poco distante dal centro abitato, o dell'ex capo della polizia e di sua figlia Isabella. Così tanti che ora, al ritorno della stessa famiglia, nessuno la riconosce, e chi mai potrebbe sospettare che la bella adolescente Renesmee è la figlia di Bella Swan? Nessuno, tantomento Mary Smith, la cui vita sta per ricevere una bella svolta. // No Mary Sue! //
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Little red.

***

Capitolo 1: pancake

 

 

 

 

 

 

In un enorme mare di pesci, relitti, alghe putrescenti e mostri, quel piccolo scoglio che era cittadina di Forks ancora non riusciva a capacitarsi di aver attirato la più bella sirena che l’oceano avesse mai visto. Reneesme Cullen non poteva che essere amata: sembrava geneticamente creata per esserlo dopotutto. La sua risata era un trillare di campane dorate, i suoi occhi sembravano splendere, e una sua parola aveva il potere di scaldare il fortunato interlocutore come un sole primaverile.

Io, nella mia banalità, credevo che non esistesse al mondo nulla di più bello del suo sorriso, finchè non la vidi piangere.

Ero in biblioteca, e mentre giravo per gli scaffali in cerca di qualche cosa che ora non ricordo, fui fulminata dalla vista di quello che non poteva essere altro che un angelo.

Reneesme era seduta sul davanzale di una finestra, con la schiena poggiata al muro, e sembrava che stesse guardando verso loghi lontani e inimmaginabili. La sua espressione non era né triste né rabbiosa, ma le lacrime solcavano il suo volto pallido simili a piccoli diamanti. Non so quanto tempo rimasi lì nascosta a contemplarla, ma so che da quel momento me ne innamorai.

I mesi dopo quell’incontro furono per me una dolcissima agonia: aspettavo con ansia i giorni di scuola, e mi trovavo come in uno stato di trance fino al momento in cui non potevo vedere Reneesme per i corridoi, circondata dal solito gruppo di ammiratori (in che altro modo si potrebbero chiamare quella serie di ragazzi e ragazze idolatranti?), e se per una volta il suo sguardo si posava su di me, anche per caso, mi sembrava di sollevarmi da terra.

Non so cosa mi riscosse, poi, dal mio stato di ammirazione passiva e spasmodica, ma un giorno, svegliatami con un’inquietudine che non accennava a dissiparsi con gli ultimi residui di sonno, decisi che dovevo parlarle.

Dal momento in cui presi atto di ciò tornai, con grande sollievo di Lina e Jelly, che per una volta avevano deciso di fare le sorelle responsabili e preoccupate, ad essere la Mary di sempre, acida e decisamente materiale.

Le settimane successive le passai cercando un modo per avvicinare Reneesme. Non mi passò nemmeno per l’anticamera del cervello che sarebbe bastato salutarla in corridoio, o durate l’ora di storia (l’unica che avessimo in comune, e dunque la mia preferita): ovviamente avrei dovuto trovare una buona scusa.

L’occasione si era dunque, finalmente presentata. Non avrei mai creduto che quello mi sarebbe stato utile. Mio padre diceva che probabilmente era merito della mia memoria prodigiosa, che mi permetteva di ricordare, almeno a livello di subconscio, tutti i dettagli che mi si presentavano davanti, e dunque ricollegare qualunque oggetto al suo possessore con relativa facilità.

La teoria però aveva un paio di falle: in primis avevo la memoria di un colabrodo, spesso non ricordavo nemmeno cosa avevo mangiato a colazione. In secondo luogo molte volte non conoscevo affatto i proprietari dei suddetti oggetti, nemmeno di nome. Le mie proteste, comunque, furono zittite con un “è così che funziona il subconscio!”, dunque decisi di lasciar perdere e godermi i frutti di quella capacità.

Frutti che, fino a quel momento, erano stati ben miseri, ma tutto sarebbe cambiato in una più che mai umida mattina primaverile.

 

***

 

Era l’alba. Era la schifosissima, fredda e orribile alba, ed io ero costretta a strapparmi dalle calde ed apprezzate lenzuola per preparare la colazione alle mie sorelle. Eh, non fosse mai che sporcassero le adorate manine, naturalmente! Avevano di meglio da fare, a detta loro.

“Dormire, per esempio”, pensai mentre mi trascinavo pesantemente giù per le scale, facendo deliberatamente tutto il rumore possibile atto a svegliare quelle due aguzzine.

Arrivata alla cucina imprecai mentalmente contro la pigrizia che mi aveva impedito di preparare la sera prima la pastella per i pancakes, dunque iniziai a tirare fuori gli ingredienti con la dovuta flemma. Mezzora e un meritatissimo cornetto dopo assistetti alla trionfale entrata di Angelica, attirata dall’odore del primo pancake.

-Sogno o son desta adorata sorellina?- Ovviamente: quando si parlava di cibarie era sempre pronta a fare la ruffiana.

-… E ovviamente c’è anche lo sciroppo d’acero, vero?- chiese Angelina comparendo a sua volta in cucina strascicando i piedi e appoggiandosi alle spalle della gemella con evidente sonnolenza. Lei.

Alzai gli occhi al cielo, sistemandomi alla meglio la coda e scodellando i pancakes caldi in un piatto. Mentre le mie amate sorelle si ingozzavano, io preferii salire di sopra a vestirmi. Ci mancava solo che facessi tardi a scuola, di nuovo.

Quando ridiscesi, dieci minuti dopo, trovai però ad aspettarmi una bella sorpresa: Angelina aveva poggiato sul tavolo frettolosamente sgombrato un enorme scatolone dall’aria molto piena. Mi lasciai sfuggire un gemito indignato.

- ‘Lina, sono le sette del mattino! Ti prego, non posso fare tardi di nuovo…-

Per mia sfortuna avevo una tiranna per consanguinea, e a nulla valsero le mie proteste.

-Su su, poche storie, devo portarli alla centrale entro un paio d’ore- Rispose la iena spingendomi su di una sedia.

-E non potevi pensarci ieri sera?- ribattei stizzita, ma ormai arresa, prendendo il primo oggetto dallo scatolone. Storsi il naso di fronte ad un portafogli rosa zebrato, di cui la proprietaria di certo in quel preciso istante soffriva la perdita. Non ci fu nemmeno bisogno di rifletterci, chi altri poteva possedere una cosa così orrenda?

-Vanessa Cherry, ovviamente- Dissi alzando gli occhi al cielo e lanciando l’oggetto in un'altra scatola. Angelina sorrise soddisfatta, e mi passò un cellulare grigio dall’aria malandata, che presi in mano con cautela: in un secondo però il nome del proprietario, stavolta sconosciuto, mi uscì dalle labbra senza che dovessi pensarci su.

–Jeremy Harrow dovrebbe stare più attento alla sua roba, è già il secondo che perde.-

Fu il commento di Lina, mentre anche il telefono fece la stessa fine del portafogli, così come tutti i venti oggetti successivi, che identificai facilmente. A quel punto gettai un occhio all’orologio, e balzai su con uno scatto quasi miracoloso.

-Le sette e venti!- Squittii disperata, ma non feci in tempo a fuggire verso la mia scassatissima mini che Angelina mi afferrò per una manica.

-Dove credi di andare? Manca ancora una cosa, non pensare di svignartela così!- Ordinò ficcandomi in mano un anonimo diario azzurro, ben chiuso da un piccolo ma visibilmente robusto lucchetto.

Per un attimo mi parve che il cuore avesse cessato di battere. Articolai delle lettere mute per qualche secondo, incredula. No. Escluso. Non poteva essere vero, assolutamente! Alzai gli occhi su ‘Lina che mi fissava confusa, e finalmente riuscii a parlare.

-Reneesme!- Strillai, mentre mia sorella non faceva cenno di capire. Avanzai un passo verso di lei, e dovevo avere davvero un’aria da pazza, perché indietreggiò a sua volta di un passo verso il muro. Ritenei lecito spiegarle la situazione, perché evidentemente non era abbastanza sveglia (in ogni senso) per arrivarci da sola.

-Questo… Diario- articolai tenendo in mano l’oggetto in questione come una reliquia. –Appartiene a Reneesme.- il suo cenno di non capire mi esasperò. –Cullen! Reneesme Cullen, dannazione!-

Finalmente vidi gli occhi di ‘Lina sgranarsi, uno specchio perfetto con quelli di ‘Jelly, comparsa al suo fianco.

-Quella Reneesme Cullen?- domandarono all’unisono, puntando uno sguardo famelico sul quaderno tra le mie mani. Annuii e mi affrettai a nascondere l’oggetto incriminato dietro la schiena.

-Spiacente sorelline- ghignai, euforica –l’onore è tutto mio!-

Non protestarono, non ne ebbero il tempo: ero già sparita a bordo del mio macinino, sgommando a tutta birra verso la scuola, per la prima volta da mesi felice che fosse lunedì mattina.

 

 

 


 

 

[NOTE: primo capitolo piuttosto corto, spero si sia capito, più o meno, il messaggio. Ci tengo a precisare che non è una storia Slash, e Mary non è innamorata di Reneesme nel vero senso del termine; la sua è più che altro l’idolatria che una fangirl riserva al suo cantante/attore/vip preferito.

Per chi non l’avesse notato, ho inserito nel prologo la “copertina” della fanfiction (non so perché ma va molto di moda) che in ogni caso consiglio di non guardare a meno che non vogliate un velato spoiler ^^]

 

{RINGRAZIO:  

-Jiuliett_Cullen per la recensione apprezzatissima, soprattutto visto e considerato che si trattava di un prologo assai scarno,

-i 3 preferiti e le 2 seguite.

Wow, mi sento realizzata *o*}

  
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