Storie originali > Soprannaturale > Licantropi
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    13/05/2019    3 recensioni
Clearwater, Canada. 2018.
Il pellegrinaggio forzato di Irish Walsh ha una battuta di arresto a causa di un banale pneumatico forato. Ma, grazie a questo incidente - o al destino -, ciò le permetterà di scoprire particolari di un passato che non conosce e di una vita che non ha voluto ma che le è stata imposta da mani disattente.
Clearwater sarà il punto d'inizio di un viaggio di ri-scoperta di se stessa e delle sue radici ancestrali e, grazie ad altri come lei, depositari dell'antico sangue di Fenrir, i misteri di un passato comune e antico avranno finalmente una risoluzione.
Niente però avviene con facilità, e lunghe ombre si addenseranno su di loro, complicando un cammino di per sé già impervio. Starà ad Iris e ai suoi nuovi compagni di viaggio, riuscire a fare in modo che nulla interferisca con la scoperta della verità. - Segue le storie de La Trilogia della Luna
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

14.

 

 

 

L’aeroporto di Heathrow era, come di consueto, un crogiuolo di persone di tutte le età, etnie e provenienze.

Quel caos a stento controllato era tenuto sotto stretta sorveglianza da poliziotti in borghese, personale dell’aeroporto e doganieri. Il continuo stato di allerta causato dai potenziali attentati, non facilitava il rapido deflusso dei passeggeri, ma tant’era.

Quello scoglio era inevitabile e, un’ora in più o in meno, non avrebbe fatto alcuna differenza, per il gruppo di Iris.

Erano in terra inglese, e nessuno correva loro appresso per mettere fretta ai passi che li separavano dalla verità.

Fortunatamente, il volo era avvenuto senza problemi e, anche grazie alla Dramamina, Dev era riuscito a uscirne sano e salvo, senza ulteriori guai con lo stomaco.

In quel momento, ritto al fianco di Chelsey, protettivo e guardingo come un cane da pastore, Devereux stava studiando le persone in fila come se potessero essere dei potenziali terroristi.

Iris trovava tutta questa attenzione nei confronti della figlia assai dolce, ma si astenne anche soltanto dall’accennarlo, certa che avrebbero sicuramente discusso se Dev avesse saputo la sua opinione in merito.

Era chiaro quanto l’uomo non volesse apparire debole, di fronte alla figlia, e già il fatto di essere stato male in aereo lo aveva demoralizzato. Se Iris gli avesse fatto notare quel suo lato così tenero, l’avrebbe probabilmente sbranata viva.

A volte era così difficile aver a che fare con lui!, pensò con un sorriso esasperato quanto divertito.

Alla fine, impiegarono circa mezz’ora per sorpassare la dogana e, quando si trovarono oltre la barriera dei metal detector e dei controlli passeggeri, Iris si sentì più rilassata e pronta per la loro nuova missione.

Quando, però, una guardia dell’aeroporto le si avvicinò guardingo, si chiese dubbiosa che problema vi fosse. Se erano passati senza alcun guaio di sorta, cosa voleva adesso da loro, quel tizio in uniforme?

«Signorina, può venire con me, per favore? Avrei qualche domanda da porle» le disse con cortesia l’uomo, sorridendole affabile nell’indicarle una porta poco lontana.

«Oh, ma certo» mormorò cauta la giovane, non sapendo davvero che pensare.

Guardando poi i compagni di Iris, che la stavano fissando preoccupati, la guardia aggiunse: «Sono con lei, per caso, i signori?»

«Ehm, sì. Siamo in vacanza assieme» dichiarò Iris, accigliandosi leggermente prima di annusare meglio l’aria, colta da un dubbio.

Purtroppo, l’amalgama di odori presenti in quell’enorme aeroporto pieno di distrazioni sensoriali le creava non poche difficoltà, perciò non fu del tutto sicura di ciò che il suo naso percepì.

La guardia, comunque, li pregò di seguirla in una stanzetta nei pressi e lì, al riparo dall’invasione olfattiva della fiumana di corpi che avevano appena abbandonato, Iris si ritrovò a sorridere come una stupida.

L’attimo seguente, lanciò un’occhiata ai suoi compagni e l’uomo in divisa, ammiccando al loro indirizzo, disse divertito: «Dò per scontato che loro sappiano ogni cosa, vista la sua faccia.»

«Oh, sì. Sì!» assentì allegra Iris, allungandosi per stringere una mano a Chelsey, che sembrava ebbra di felicità, e a Lucas, che appariva raggiante quanto lei.

Era mai possibile che la loro ricerca avesse già avuto esiti così lieti?

«Prego. Entrate qui. Parleremo più agevolmente, e senza orecchie indiscrete ad ascoltarci» li indirizzò la guardia, chiudendo dietro di sé la porta a vetri satinati della stanza dove li aveva condotti.

«Come… come ha fatto a trovarci?» domandò confusa Iris, sedendosi su una delle sedie presenti per poi guardare l’uomo con espressione speranzosa.

«Abbiamo molteplici sistemi per individuare i lupi in entrata nel Paese ma, massivamente, utilizziamo il naso» indicò la guardia, tastandosi il naso adunco e sorridendo loro. «Siamo così abituati a questo ambiente caotico da aver sviluppato un sistema olfattivo molto recettivo, pronto a scovare la presenza dei lupi nonostante le distrazioni.»

«E’ forse vietato entrare senza permesso in uno Stato in cui ci sono dei licantropi?» esalò Iris, ora preoccupata.

Lucas e Chelsey si guardarono vicendevolmente dubbiosi ma la guardia si affrettò a tranquillizzarli, dicendo: «Sappiamo che in America non vigono le nostre stesse leggi, e che non esistono branchi veri e propri devoti alle antiche leggi. Lady Fenrir ha scoperto questa realtà in un suo recente viaggio, perciò ci ha chiesto di prestare aiuto agli stranieri in visita che avessero avuto bisogno di delucidazioni.»

«Lady… Fenrir?» ripeté confuso e sgomento Lucas, ripensando alle parole che aveva udito a Writing-on-Stone.

La casa mortale di Fenrir…

«Oh, sì, voi non potete certo conoscerla» dichiarò la guardia, sorridendo divertito. «Possiamo dire che è la nostra guida spirituale suprema, qui in Gran Bretagna. Ma passiamo a voi. Siete qui per qualche motivo in particolare, o è veramente per una vacanza?»

Iris ricacciò indietro le lacrime di felicità che stavano per sgorgarle dagli occhi e ammise commossa: «Beh, cercavamo voi… i nostri simili. Non sappiamo nulla del nostro passato, di chi siamo e del perché siamo così, perciò…»

L’ufficiale  sospirò sorpreso e amareggiato e, con occhi che esprimevano una profonda dolcezza e comprensione, le batté una mano sul braccio, chiosando: «Siete a casa, allora. Avrete sicuramente molte domande, ma questo non è il luogo più adatto ove porle. Vi farò accompagnare dal mio capobranco, così che possa parlare con il vostro.»

Iris, a quel punto, sbatté confusa le palpebre e disse: «Noi… non abbiamo un capobranco. Siamo solo noi tre e basta.»

«Beh, lui è sicuramente il vostro Fenrir, il vostro capobranco. Non ho dubbi. Ha un odore che non si può confondere con nessun altro» dichiarò allora la guardia, indicando Lucas con una buona dose di sicurezza.

«Perché mi hai chiamato Fenrir?» si indicò Lucas con aria più che sorpresa.

«E’ il titolo onorifico che spetta a qualsiasi capobranco dalla bianca livrea. Perché il tuo pelo è bianco, in forma di lupo, vero?» lo informò la guardia con un mezzo sorriso.

Iris allora sorrise a Lucas, dicendo eccitata: «Ecco perché sei molto più grosso di me e Chelsey!»

«Le vostre livree di che colore sono?» si informò allora l’uomo.

«Grigie a macchie nere per entrambe» spiegò Iris.

Annuendo, l’ufficiale intrecciò le braccia al petto e, quieto, disse loro: «Il potere nel branco viene gestito da tre lupi, nella maggioranza dei casi. Fenrir, che ha la livrea bianca, Hati, che è la guardia del corpo di Fenrir e ha la livrea nera e infine Sköll, che ha la livrea color ruggine, ed è il secondo in comando.»

«Per il momento, allora, abbiamo solo Fenrir» dichiarò Iris, pensierosa. «E’ un problema?»

«Affatto. Ma ne parlerete meglio con il mio Fenrir. Si chiama Joshua Ridley ed è il capobranco del clan di Londra. Lo chiamo per avvisarlo del vostro arrivo.»

«Non vorremmo disturbare» sottolineò Iris, previdente.

La guardia scosse però il capo, sorridendo affabile. «Siamo un branco di frontiera ed è normale, per noi, accogliere lupi errabondi. Inoltre, essendo americani, abbiamo l’ordine di essere d’aiuto a prescindere, perciò va tutto bene.»

Quando, però, la guardia parlò con il suo capobranco, il volto si fece sconcertato e gli occhi verde scuro si puntarono incuriositi su Devereux in primo luogo, e su Chelsey in seguito.

Annuì poi più volte, si batté una mano sulla fronte come ricordandosi un particolare importante e, quando infine chiuse la chiamata, chiosò: «Eravate attesi… da molto tempo, in effetti, tanto che la mia memoria non ha colto subito l’evidenza dei fatti. Scusatemi tutti. Giungeranno subito a prendervi, non temete.»

Mai frase avrebbe potuto sconvolgerli maggiormente.

***

Il loft ove si trovavano era ampio, dai colori tenui, suddiviso su due piani e dalla struttura moderna e minimalista.

L’occhio attento di Dev ne studiò con apprezzamento le fattezze, l’uso interconnesso di legno, ferro e vetro e, quando il padrone di casa si presentò per salutarli, gli strinse la mano dicendo: «Casa davvero magnifica.»

«E’ un piacere saperlo, visto che ho fatto ammattire il costruttore con le mie richieste» asserì Joshua, ammirandoli con orgoglio. «Bene. Tre lupi e due umani. Sono gli abbinamenti che preferisco, perché mi danno l’idea che la guerra sia finita, anche se so che non è così.»

Pregandoli di accomodarsi, Joshua proseguì dicendo: «La nostra lady Fenrir, la guida spirituale dei branchi britannici, si recò a New York, un paio di anni addietro, scoprendo non solo la presenza di licantropi oltreoceano, ma anche la loro totale mancanza di conoscenza del loro passato, o delle gerarchie basilari di un branco. Per questo ci chiese di essere pienamente disponibili, nel caso in cui qualcuno di voi si fosse presentato alla nostra porta.»

«Beh, non posso che essere lieta che l’abbia fatto» dichiarò Iris, annuendo soddisfatta.

Joshua, allora, la osservò con attenzione, sospirò e disse: «Mi spiace che tu abbia dovuto entrare a far parte nella nostra grande famiglia solo perché costretta. Conoscevi almeno il lupo che ti inferse quella ferita?»

«No, non ho mai saputo chi fosse. Scappò subito dopo avermi ferita al braccio» gli spiegò lei, sfiorandosi la ferita sull’avambraccio con aria distratta.

«Anche mia madre fu ferita e divenne un lupo, e io sono diventata così perché lo era anche lei» intervenne Chelsey, prima di domandare con schiettezza: «Posso sapere perché hai gli occhi rossi?»

«Chelsey, ti prego…» intervenne Dev, spiacente. «E’ un’inguaribile curiosa. Scusala.»

«Tutti i lupi sono curiosi, e il mio non è quel gran segreto» replicò Joshua, con un sorriso. «Sono un albino, Chelsey. Il mio DNA è diverso dal tuo, ed è per questo che ho una depigmentazione della pelle e delle cornee. I miei occhi, quindi, hanno assunto questa colorazione rossastra, la mia pelle è più bianca del normale e i miei capelli, al naturale, sono bianchi.»

Nel dirlo, si toccò i capelli a spazzola color cannella.

«Oh, ho capito. Quindi, devi usare tanta crema solare.»

«Esatto» ammiccò Joshua.

Gretchen, la moglie di Joshua, giunse in quel momento dalla cucina con un enorme vassoio pieno di bibite e leccornie e, sedendosi al fianco del marito, aggiunse: «Considera, Chelsey, che spende più lui in creme, della sottoscritta.»

La ragazzina rise divertita e Lucas, intervenendo, chiese: «La guardia all’aeroporto ci ha detto che eravamo attesi. Cosa intendeva dire?»

«Temo dovrò indossare i panni dell’accademico per un po’, perché diversamente non saprei come spiegarvelo. Ma sarò breve e, nel frattempo, voi comprenderete meglio a che famiglia appartenete» ammise Joshua, sorridendo affabile.

Fenrir di Londra, quindi, spiegò loro brevemente la storia del dio da cui la loro razza aveva preso i poteri, e della mortale Avya, che diede vita ai figli di quella stessa divinità.

Parlò delle guerre contro Fryc, fratello di Avya, e della setta di Cacciatori che prosperò dopo la sua morte e che giurò vendetta contro i licantropi.

Narrò delle vicende che portarono la popolazione dei Pitti e quella dei Licantropi a unirsi per combattere i romani e scacciarli dalle loro terre. Da quella guerra comune, nacquero delle alleanze con alcuni clan umani, e questo permise alla loro razza di non soccombere nei secoli per i troppi incroci tra consanguinei.

Spiegò quindi loro della presenza delle wiccan, le sagge che avevano preso il loro potere dai discendenti di Avya, ottenuti in prima istanza dall’amore di Fenrir per la sua donna.

Infine parlò delle völur, delle veggenti umane o mannare presenti all’interno dei loro clan e delle Percepenti, le umane in grado di vedere oltre il velo della verità, distinguendo il vero dal falso.

Quando Joshua terminò di parlare, intrecciò le mani in grembo e disse: «E ora che vi ho sconvolto per bene l’esistenza, passate pure alle domande.»

Lucas si passò una mano sul volto, sinceramente sgomento, ed esalò: «Abbiamo una storia così lunga, ed è andata persa interamente, nelle nostre terre…»

Accigliandosi, Joshua ammise: «Non sappiamo molto di ciò che avvenne in America, o del perché le antiche credenze siano scomparse, ma posso azzardare l’ipotesi che, durante la Guerra di Secessione, sia successo qualcosa di assai grave. Che si ricordi, lo sterminio di massa dei Nativi è l’evento estintivo più rilevante degli ultimi secoli, in quelle terre, e potrebbe aver portato anche alla quasi totale scomparsa dei licantropi in terra americana.»

Lucas assentì grave e Rock, torvo in viso, borbottò: «I miei avi dovettero scappare verso il nord per sfuggire alle persecuzioni ma, pur se salvi, vennero comunque obbligati a vivere nelle riserve canadesi. Solo negli ultimi decenni, le cose hanno iniziato a migliorare. E’ quindi possibile che, tra le tribù Native, vi fossero anche i vostri simili?»

«Avrebbe senso. I licantropi avrebbero potuto stabilirsi in seno alle tribù, molto più disposte ad accettare creature ibride come noi e simili a personaggi mitologici legati ai culti animisti di quei popoli. Durante le battaglie combattute nella metà del milleottocento, potrebbero essere stati uccisi in massa dai Cacciatori, conoscitori della loro reale identità. E’ possibile che abbiano approfittato della guerra per fare una strage di innocenti, coperti dal mantello dello Stato» mormorò pensieroso Joshua.

«Non sarebbe strano, visto che molti europei parteciparono al conflitto. Tra di loro, potrebbero esserci davvero stati dei Cacciatori. Non dubito inoltre che, come i nostri antenati si stabilirono nelle terre dell’ovest, così possano aver fatto i Cacciatori stessi per seguire le loro prede» stabilì Gretchen. «La pietra di Writing-on-Stone che vi ha spinti qui e che ti ha parlato, ti ha detto qualcosa in particolare?»

«Mi ha detto che quel luogo era un portale per raggiungere la voce che mi stava parlando, che si è identificata come Colei-che-E’» la informò Lucas.

Joshua sollevò sorpreso un sopracciglio, asserendo ammirato: «Beh, niente di meno! Hai parlato direttamente con Madre, allora, visto che sei finito su un Portale di Bifröst.»

E’ un immenso onore, ciò che gli è stato concesso!, mormorò ammirato Gunnar a una sorpresa Iris.

Tutti guardarono senza parole Lucas che, vagamente imbarazzato, esalò: «Giuro che non l’ho fatto di proposito… e sono stato educato.»

Joshua, allora, esclamò divertito: «Oh, credimi, Madre ha molta pazienza, ma ti saresti senz’altro accorto di un suo eventuale dissenso.»

«Ah, ecco. Quindi, questo portale avrebbe potuto… condurci qui?» domandò dubbioso Lucas.

«Non esattamente. I Portali di Bifröst non si trovano ovunque, e non conducono necessariamente da un capo all’altro di Midgardr, che poi sarebbe la Terra» asserì Joshua, afferrando carta e penna per tratteggiare alcune linee e cerchi e creare così un diagramma.

I presenti si allungarono per curiosare cosa avesse disegnato e l’uomo, indicando loro i vari punti tratteggiati, aggiunse: «I portali di nostra conoscenza, tolto quello che avete scoperto voi, sono diversi. Uno si trova nelle isole Orcadi, e conduce a Niflheimr, il Regno delle Nebbie dove, tra l’altro, esiste la più sicura e impenetrabile prigione magica dei Nove Regni. Un altro si trovava sulla Scalinata dei Giganti, in Irlanda del Nord, e conduceva al pianeta Vanaheimr, che però è disabitato e morto da millenni. Da quello che sappiamo, quel passaggio è stato definitivamente chiuso. Un altro ancora si trova presso il Tor di Avalon, nei pressi di Glastonbury, e conduce a Elfheimr. Ve n’è poi un altro potenziale, di cui però non abbiamo esplorato l’interno, e si trova nei pressi del sito megalitico inglese di Long Meg and Her Daugthers1

Iris ascoltò ogni cosa, ogni parola con il cuore e la mente aperti, ma ciò che Joshua stava dicendo andava ben oltre ciò che lei si era aspettata, iniziando quella ricerca.

Quei nomi, quelle descrizioni così dettagliate, lei le aveva lette nei libri che aveva acquistato alcuni giorni addietro… e appartenevano tutti alla mitologia!

Era mai possibile, dunque, che tutto ciò che aveva letto, appartenesse alla realtà e non al mito?

Ti senti bene, Iris?

“Onestamente? Ho la testa in subbuglio e non so più a cosa credere. Questo Joshua sembra estremamente sicuro di sé e di ciò che dice, ma è tutto così… così…”

Assurdo?

“Sì, come minimo.”

«Caro…» intervenne Gretchen, interrompendo il monologo del marito. «… credo che per oggi sia sufficiente. Devi capire che, per loro, è tutto nuovo, e sono già molte le cose da digerire, senza che tu ti metta a parlare di portali e pianeti sconosciuti.»

Arrossendo suo malgrado, Joshua assentì ed esalò spiacente: «Cielo, scusate! Io ritengo scontato tutto questo ma, ovviamente, per voi non lo è. Attenderemo l’arrivo di Lady Fenrir, per proseguire. Per ora, ritenetevi miei ospiti graditi.»

«Oh, ma, non ce n’è davvero bisogno…» iniziò col dire Lucas prima di venire interrotto dal sorriso affabile di Joshua.

«Lo ritengo un piacere. Sei Fenrir, e lui è il tuo Primo Compagno…» replicò serio Joshua, rivolgendo uno sguardo intenso a Rock. «… perciò, la mia incombenza più importante come padrone di casa è proteggervi, in quanto vi trovate in visita sul mio territorio.»

«Primo… Compagno? Esistono davvero titoli per cose come queste?» domandò Rock, più che mai sorpreso.

«Se fossi stato un mannaro, ti sarebbe spettato il titolo di Primo Lupo ma, essendo umano, esiste la formula del Primo Compagno. All’interno di un branco, vigono delle regole molto precise, sulla Triade di Potere e le loro famiglie, e sono tutte votate alla loro salvaguardia» gli spiegò Joshua, levandosi in piedi. «Ma ora basta. Vi ho tediato e ammorbato con fin troppe nozioni. Faccio ordinare un cinese per tutti? O preferite la pizza?»

Chelsey votò per la pizza e Joshua, ridendo, assentì e ordinò al telefono quanto richiesto.

Era folle pensare a come, pochi istanti prima, stessero discorrendo di dèi e pianeti appartenenti al mito e, poco dopo, si parlasse di salsiccia o funghi come contorno.

***

Iris era stesa sul suo letto – Joshua doveva essere abituato ad avere ospiti, visto che il loft contava sei camere da letto oltre a quella padronale – e, immersa nella semi-oscurità, osservava le travature in legno del soffitto e la fine grana del legno di cedro che era stato utilizzato per costruirle.

La città, all’esterno, era a malapena udibile grazie agli spessi vetri alle finestre e, dal punto in cui si trovava, Iris poteva intravedere sì e no la sagoma tonda della London Eye, illuminata a giorno per i turisti.

Le mani intrecciate dietro la nuca, i pensieri le tornarono a ciò che aveva ascoltato quel pomeriggio, e a come quelle notizie avrebbero avuto delle ripercussioni nella sua vita.

Se ciò che Joshua aveva detto corrispondeva interamente alla verità, loro erano i discendenti nati dall’unione tra un dio e un’umana e possedevano svariate doti fisiche e psichiche, oltre a un unico, subdolo nemico.

Va un po’ meglio, Iris?

“Non so davvero. In teoria non dovrei stupirmi di niente, visto che sto parlando con la mia anima, ma credo di essere arrivata al mio punto di rottura.”

Tutti ne abbiamo uno. Ora, resta soltanto una cosa da fare; porsi dei limiti più alti.

“E se non lo faccio?”

Temo impazzirai nel tentativo di trovare una spiegazione più razionale a ciò che, di razionale, ha poco o nulla.

“Bella prospettiva”, sospirò Iris chiudendo gli occhi e passandosi esasperata le mani sul viso.

Il profumo di Dev, lieve e mascolino come sempre, le giunse alle narici prima ancora che lui bussasse alla sua porta e, nel levarsi a sedere, mormorò: «Avanti.»

Lui entrò, domandandole: «Stavi già dormendo?»

«No, affatto. Non credo neppure che riuscirò a farlo, onestamente» sospirò nuovamente lei, invitandolo nuovamente a entrare.

Devereux si chiuse la porta alle spalle, alto e imponente quasi quanto la porta che aveva dietro di sé e, nell’appoggiarvisi contro, le chiese: «E’ una mia impressione, o porte e pareti sono insonorizzate? Mi sembra che abbiano degli spessori sospetti.»

«No, non ti sbagli. Non sento assolutamente nulla, ed è un bene, onestamente. Non ho molta voglia di sentire ciò che fanno gli altri, stasera» si lagnò Iris. «E’ sempre stato il mio cruccio più grande, da quando sono diventata così. Ascoltare tutto senza poter fare nulla per bloccare quel flusso indesiderato di informazioni.»

Dev, allora, fece l’atto di uscire, un mezzo sorriso stampato in faccia e lei, accennando un ghigno, lo invitò a sedersi sul bordo del letto, replicando: «Non ti avrei invitato a entrare, se tu avessi fatto parte di chi non volevo sentire.»

«Troppo buona» ammiccò l’uomo, sedendosi. «Non ti ho più chiesto come va la ferita.»

Iris se la sbirciò dal bordo della camicetta e disse: «Per la verità, non pizzica neppure più molto. Il giorno peggiore è stato il primo, ma ora va molto meglio. Grazie.»

Lui assentì, apparentemente soddisfatto, prima di guardarla turbato e chiederle: «Tu credi a tutta questa storia? Sì, insomma, la faccenda dei mondi alieni e di una Madre che può gestire tutto?»

«O questo, o siamo finiti nella tana del Bianconiglio e ci stiamo fumando qualcosa di molto forte col Brucaliffo» scrollò le spalle Iris, accennando un sorriso.

Dev sgranò appena gli occhi prima di esibirsi in una risatina sinceramente divertita, che fece scatenare di conseguenza il riso di Iris, incontrollato e vagamente isterico.

Devereux la seguì a ruota, lasciando andare anche la propria, di risata, fragorosa e sincera e, come aveva detto Chelsey un po’ di tempo prima, davvero bella e piacevole da ascoltare.

Quello sfogo emotivo perdurò per alcuni minuti finché, tergendosi le lacrime dal viso, Iris asserì: «Oddio, ne avevo davvero bisogno. Grazie.»

«Sei tu che hai tirato fuori la faccenda del Brucaliffo» replicò lui, poggiando gli avambracci sulle cosce prima di guardarla più seriamente e domandarle: «Come farò a gestire una cosa del genere, con mia figlia? E’ molto peggio di quanto temessi. C’è un intero universo dietro a ciò che siete, e io ne sono completamente estromesso!»

Iris ne imitò la posizione e, scrutando nel vuoto senza mettere a fuoco nulla in particolare, mormorò: «Ne stavo giusto parlando con Gunnar. C’è da uscirne pazzi, se non si dà credito alle parole di Joshua e, dando loro credito, si finisce in un mondo pazzo. Quindi, qual è la scelta migliore?»

«Io ho sempre pensato che fosse la verità ma, a quanto pare, è un tantino al di sopra delle mie attuali possibilità» ammise Devereux, passandosi nervosamente una mano tra la folta capigliatura corvina.

Iris si accigliò leggermente, di fronte a quelle parole sibilline e, assottigliando le palpebre, borbottò: «Cosa intendi dire per attuali possibilità

«Sai benissimo cosa intendo» replicò lui, squadrandola con i suoi occhi di ghiaccio. «Non posso esserle di alcun aiuto, se non divento come lei e, come padre, devo poterla proteggere sempre

«Oddio, Dev! Ma non ce n’è davvero bisogno. Sarebbe Lucas a prendersene cura, se mai ve ne fosse bisogno, e io…» iniziò col dire Iris prima di bloccarsi, indecisa.

Già. E lei? Lei aveva la sua vita a L.A., che aveva messo in pausa per capirne di più su se stessa ma che, presto o tardi, avrebbe dovuto riprendere.

Suo zio si stava prendendo egregiamente cura della ditta, ma lei non poteva restare lontano da essa in eterno. Inoltre, desiderava comprendere davvero cosa farne della sua vita, oltre a riprendere in mano le redini della propria esistenza una volta per tutte.

Questo, però, l’avrebbe condotta a migliaia di miglia di distanza da Chelsey, Lucas e gli altri, lontana una vita da quella piccola realtà che si era costruita a Clearwater, dove aveva trovato le sue prime certezze dopo anni di dubbi.

«… tu tornerai a L.A., l’hai detto più volte, perciò rimarrà soltanto Lucas, e questo è davvero troppo poco, per mia figlia» stava dicendo nel frattempo Devereux, determinato ad avere ragione.

Iris sospirò e, crollando contro la spalla di Dev, vi poggiò il capo e mormorò: «Hai ben visto cosa si rischia, divenendo come me.»

«E’ mia figlia, Iris. Non posso offrirle niente di meno che un padre all’altezza di tale ruolo, visto che la madre se n’è andata, fregandosene altamente di lei» protestò Devereux, con la stanchezza nella voce.

«La odi molto, Dev, per questo?»

Sorridendo mestamente, lui replicò: «Odiarla vorrebbe dire provare ancora qualcosa per lei, ma non è il mio caso. Il mio amore lo ha ucciso del tutto nel giorno in cui ha abbandonato nostra figlia. Ora non c’è più nulla, di lei, dentro di me. Neppure l’odio.»

«Quasi quasi ti invidio. Io non sono mai riuscita a perdonare il ragazzo che uccise i miei genitori, e provo ancora molto odio nei suoi confronti, nonostante sia in galera e stia scontando la sua pena» mormorò Iris, sospirando nel risollevarsi.

«E’ diverso. Lui ti ha strappato due vite a cui forse tenevi più della tua. Julia si è infischiata del mio amore per lei e della vita di Chelsey, abbandonandoci. Non ha portato via la mia fagiolina, se n’è andata lasciandoci senza un se e senza un ma. Perciò non le devo nulla, neppure l’odio» asserì Devereux, con una strana calma nella voce.

Era chiaro che, ciò che diceva, lo stava realmente pensando, e non fossero parole dettate unicamente dal desiderio di chetarla, o apparirle superiore rispetto a ciò che gli era accaduto.

Alzandosi in piedi, Iris allora gli disse: «Sia chiaro. Farà un male cane, perché io non riesco ancora a estrarre gli artigli a comando come fa Lucas, perciò dovrò usare le zanne che, ahimè, rispondono invece benissimo al richiamo della bestia.»

Lui assentì, del tutto padrone di sé nonostante, a conti fatti, Iris gli stesse proponendo di essere morso dalle zanne di un lupo.

Senza attendere oltre, perciò, l’uomo si tolse la maglia di fronte a una sconcertata Iris che, arrossendo di fronte al suo fisico statuario, esalò: «Perché cavolo ti sei tolto la maglietta, adesso?! Sarebbe bastato un polso!»

«Chelsey avrebbe visto la ferita, e allora le sarebbero venuti dei complessi. Quando scoprirà ciò che ti ho detto di fare, non vi sarà tempo per le recriminazioni e accetterà la cosa in quanto dato di fatto.»

«Vorrebbe dire mentirle» sottolineò Iris, spinta come sempre a proteggere Chelsey.

«Vorrebbe dire risparmiarle un dolore» replicò Devereux. «Per favore, Iris.»

Lei allora si coprì il viso con le mani, scosse il capo per l’esasperazione e sbottò dicendo: «Non puoi dirmi per favore con quel tono di voce così accorato, mentre te ne stai dinanzi a me senza niente addosso! Sono fatta di carne anch’io, sai?»

Devereux, allora, sorrise divertito, oltre che un tantino compiaciuto, e replicò: «Oh… ma davvero?»

«Piantala, Devereux!» gli ringhiò contro lei, mostrando le zanne, già lunghe un paio di centimetri.

Lui sgranò un poco gli occhi, mormorando colpito: «E’ la stessa voce di quella notte… succede quando stai per trasformarti?»

«Quando cerco di tener frenata la lupa» replicò Iris, reclinando all’indietro il capo e muovendo la mandibola con secchi scatti dell’osso, mentre le zanne continuavano a crescere lentamente.

Ogni desiderio di fare dell’ironia scemò, in Devereux che, non più tanto sicuro di sé, esalò: «Cristo, …con quegli affari potresti perforarmi un polmone…»

«Credi che non lo sappia?» sibilò Iris, cercando di controllarne la crescita. “Coraggio, lupetta mia, datti una calmata… non dobbiamo sventrarlo, è chiaro?”

Vuoi una mano?

“Se potessi, Gunnar, sarebbe ben accetta. Puoi tenermi un po’ a bada?”

Farò quel che posso, anche se non sarà affatto facile. La tua lupa è piuttosto caparbia.

“Oh, bene… è come la sua controparte umana, allora. E io che pensavo che qualcosa fosse diverso.”

Temo di no.

Iris cercò di concentrarsi su qualcosa di positivo, di calmo e rilassante e, pian piano, le zanne si ridussero di un poco, assestandosi su una lunghezza di tre centimetri.

A quel punto, controllata solo dai suoi istinti di lupo, cominciò a tastare l’addome di Devereux alla ricerca di un punto non vitale e l’uomo, in perfetto silenzio, la lasciò fare.

Era perfettamente chiaro che, in quell’esame attento, non vi fosse nulla di malizioso. Gli occhi di Iris, in quel momento, non erano del suo consueto verde foglia ma di un freddo, glaciale azzurro ghiaccio.

Era la lupa che lo stava esaminando, scegliendo dove mordere… e come mordere.

Non appena la lupa che era Iris ebbe deciso, lo sospinse verso il letto senza alcun problema, aprì le imposte per fare entrare l’aria della notte e mormorò in un sibilo: «Confonderà l’odore del tuo sangue, così che i lupi della casa non si allarmino.»

«Oh, è chiaro» annuì teso Devereux, sedendosi.

Lei allora gli si inginocchiò dinanzi, gli allargò le gambe per sistemarsi meglio in mezzo a esse e, senza dargli alcun preavviso, lo morse a un fianco, poco sotto la linea delle costole.

Dev dovette fare appello a tutte le sue forze per non svenire per il dolore e, aggrappandosi alle coltri del letto, strinse i denti e serrò le palpebre, sperando che tutto avesse un termine alla svelta.

Iris, in effetti, impiegò solo qualche secondo prima di scostarsi, leccare la ferita per eliminare il sangue e afferrare in fretta il suo beauty case.

Da lì, estrasse quattro cerotti, che appose sui quattro fori di zanna presenti sulla sua carne dopodiché, rialzatasi, lo spinse a sdraiarsi e disse: «Ora dormi

Era ancora la lupa a parlare per bocca di Iris e Devereux, sdraiandosi e coprendo le ferite con una mano, mormorò: «Cosa avresti intenzione di fare, esattamente?»

«Lei non può aiutarti, ma io sì, perciò, finché Gunnar e Iris mi permetteranno di avere il predominio, potrò aiutarti» disse la lupa, sdraiandosi dietro di lui prima di apporre una sua mano sopra quella di Devereux, che ancora tratteneva sulla ferita.

«Le… vi farà male?»

«» disse senza alcuna acredine la lupa-Iris. «Ma lo ha deciso lei, e io sono d’accordo, perciò a te non deve interessare, Devereux

«Beh, a me interessa, perciò tornatene a cuccia» sottolineò l’uomo, cercando di scansarla.

Lei, però, non si scostò di un millimetro e, ringhiando, sibilò: «Non sei tu a comandarmi, umano, ma noi, e noi vogliamo aiutarti a non sentire dolore. Ora, stai zitto e fammi agire. La mia aura allevierà il male, ora che hai il mio genoma mescolato con il tuo sangue.»

Sapendo di non poter far altro che accettare – mettersi a discutere con un lupo non era un’idea saggia, …con una lupa, peggio ancora – Dev sospirò e chiuse gli occhi, rimanendo immobile sul letto mentre Iris si sistemava meglio contro di lui.

Il sonno lo colse inaspettatamente, e più in fretta di quanto avrebbe pensato, trovandosi a letto con una donna dopo tutti quegli anni di rigorosa astinenza.

Fu come cadere tra le braccia di un’amante ma, al tempo stesso, ritrovare la pace dopo un lungo e insostenibile oblio doloroso.

Per tutta la notte restò così, fermo accanto a Iris, assorbendone l’aura benefica e pregando dentro di sé che, alla prossima luna piena, tutto andasse per il meglio.

 

 

 

 

N.d.A.: ed eccoci finalmente a casa, per così dire! I nostri amici scoprono finalmente parte del loro passato e conoscono uno dei membri più titolati tra i branchi inglesi.

Ben presto, anche Brianna e soci faranno parte della partita, e vedremo come andrà a finire per Dev e quali sorprese ci porterà la sua Mutazione. A presto!

 

1.     1. Long Meg and Her Daughters: sito megalitico nel Low England incrociato da Brianna nel suo primo viaggio da Glasgow verso Matlock (primo libro).

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Licantropi / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark