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Autore: Il cactus infelice    18/05/2019    1 recensioni
La guerra è finita, Harry Potter ha sconfitto il Signore Oscuro e ora tutti si apprestano a tornare alla normalità. Kingsley Shacklebolt è diventato il nuovo Ministro della magia, Hogwarts ha riaperto i battenti apprestandosi ad accogliere nuovamente gli studenti, linfa vitale del futuro della società magica. I morti per la giusta causa vengono ricordati con onore, i Mangiamorte che sono fuggiti vengono arrestati e chi ce l'ha fatta cerca di riprendersi la vita leccandosi le ferite e ricordando i cari persi.
Ci vuole tempo per guarire, per superare i traumi, c'è chi ci mette di più e chi un po' meno. Ma, in mezzo al dolore, tutto il Mondo Magico è felice per la sconfitta di Lord Voldemort. Tutti, eccetto Harry.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, I Malandrini, Il trio protagonista, Nuovo personaggio | Coppie: Harry/Ginny, James/Lily, Remus/Ninfadora, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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FAMIGLIA

 

Prima di impossessarsi dello scompartimento che avevano trovato libero, Harry trascinò Karen da una parte e fece passare gli amici, chiudendo la porta dietro di loro. 
Kiki lo guardò con occhi spaventati. 
“Devo darti una cosa”, disse il ragazzo all’amica, dolcemente. Le prese una mano e le mise sul palmo aperto un pezzetto di pergamena sgualcita. La ragazza guardò le lettere e i numeri che erano scritti sopra, all’inizio un po’ confusa, ma poi capì che si trattava di un indirizzo. 
“Sono riuscito a farmi dire dove abita tuo padre”. 
Karen spalancò gli occhi, indecisa su cosa provare. 
“Come - come hai fatto?” 
“Te l’ho detto. La gente praticamente fa quello che io le chiedo. Ho solo dovuto spedire un gufo”.  
“WoW!” 
“Comunque… Non lo devi fare per forza. Ma tienilo per ogni… evenienza. Magari un giorno, magari quando… Ti sentirai pronta. Tutto qua. Nessuna pressione, nessun impegno”. 
La Grifondoro chiuse un attimo gli occhi e distese le labbra in un leggero sorriso. “Ci tieni proprio tanto, eh?” 
“Tengo a te. E non voglio che tu abbia dei rimpianti. Non voglio che tu ti senta sola”. 
Karen aveva fatto tanto per lui, gli era stata vicino con disinteresse, solo per la sua compagnia e per la semplice voglia di uscire con lui. Lo aveva fatto ridere e divertire nel suo periodo più buio e lo aveva aiutato a uscirne. Era tempo che ricambiasse. 
“Grazie, Harry”. 
Karen prese il foglio e se lo infilò in tasca entrando nello scompartimento. Non era sicura di cosa provare, non era sicura di niente. Non sapeva se voleva rivedere suo padre o se dovesse davvero farlo o se lui l’avrebbe voluta rivedere. 
In quel momento la sua mente vagava all’altra sera e, al pensiero di quello che era successo nella Sala Comune, si voleva seppellire e non guardarsi più allo specchio. Ricordava bene il bacio che aveva dato a Sirius, anche se avrebbe preferito esserselo dimenticato, insieme ad altre parti di quella serata che erano un po’ nella nebbia. Ma il bacio no, il bacio era ben vivido nella sua mente. Ed era così imbarazzante. Non il bacio in sé, ma il fatto che lei lo avesse baciato, così, a tradimento, senza sapere se l’altro lo volesse - anzi, di certo non voleva, perché mai avrebbe voluto? -. Probabilmente non l’aveva respinta subito e non le aveva fatto una scenata solo perché era educato. Anzi, l’aveva pure accompagnata e messa al sicuro. Le aveva prestato la sua giacca! Cazzo! La giacca che stava nel suo baule ora. Gliel’avrebbe dovuta restituire. 
Ora voleva soltanto picchiarsi da sola. Non avrebbe mai più potuto guardare in faccia l’uomo. Ma perché doveva essere così impulsiva?
Eppure… il sapore delle labbra di Sirius sembrava ancora alleggiare sulle sue ed era… era dannatamente buono. 
Avrebbe tanto voluto parlarne con qualcuno, ma non c’era nessuno con cui potesse farlo. Harry era fuori discussione. Per ora almeno. 
Hogwarts diventava un puntino sempre più lontano quando il treno prese velocità correndo sui binari. Non era l’ultima volta che l’avrebbero vista, c’erano gli esami ancora a cui tornare. Ma era l’ultima volta che la vedevano come giovani studenti di una scuola. 

 

Dopo cena, Harry prese da parte Sirius e gli chiese se potevano parlare. Il padrino lo guardò con due occhi profondi e preoccupati, ma lo seguì fuori sul portico senza commentare. 
“Che succede?” chiese. 
Harry sospirò, indeciso su come iniziare quella conversazione. Voleva raccontare a Sirius di suo fratello, dell’ultimo gesto eroico col quale si era riscattato, ma non era sicuro di come l’altro l’avrebbe presa. 
“Ecco”, iniziò con titubanza, la voce bassa. Si schiarì la gola. “Si tratta di tuo fratello”. 
Sirius inarcò le sopracciglia. “Cosa c’entra mio fratello?” Harry nemmeno lo conosceva. 
“Quando davamo la caccia agli Horcrux”, disse il più giovane. “Abbiamo scoperto che tuo fratello, Regulus, sapeva degli Horcrux che Voldemort aveva creato per assicurarsi l’immortalità”. Tirò fuori dalla tasca il famoso ciondolo che lo aveva perseguitato tutto l’anno precedente e lo passò a Sirius che lo prese in mano quasi in automatico. 
“Aprilo”. 
L’uomo obbedì e trovò subito il biglietto piegato in più parti che era custodito dentro. Lo lesse velocemente. 
“R.A.B.?” fece, stupendosi della propria voce spezzata. “Mio fratello… Mio fratello ha cercato di uccidere Voldemort?” 
“Più o meno. Voldemort non poteva essere ucciso senza prima aver distrutto gli Horcrux. Regulus non sapeva quanti fossero, probabilmente pensava fosse solo uno…”. Harry si interruppe controllando l’espressione del padrino, che però stava ancora fissando il biglietto scritto con la calligrafia di suo fratello. “Regulus si era pentito… Di essere un Mangiamorte, insomma. E ha cercato di combatterlo dall’interno. Purtroppo, gli è andata male”. All’ultima frase abbassò la voce, gli occhi ancora su Sirius. “Quello l’ho trovato insieme a Silente quando ero al sesto anno. Era custodito in una caverna piena di Inferi e bisognava bere dell’acqua maledetta per prenderlo. Silente ci ha quasi lasciato la pelle, era una missione impossibile da fare da soli. Regulus si è fatto aiutare da Kreacher ma gli Inferi lo hanno… preso. Prima di morire ha affidato il ciondolo, quello vero, a Kreacher e ha lasciato quello falso insieme al biglietto. Quelli che stai tenendo in mano. Kreacher ha tenuto l’Horcrux a Grimmauld Place senza sapere come distruggerlo, poi Mundungus se lo è preso e lo ha venduto alla Umbridge. Io, Ron ed Hermione siamo riusciti a prenderglielo per miracolo”.  
Harry si zittì. Sirius non aveva spiccicato parola per tutto il discorso, ma non aveva nemmeno alzato lo sguardo sul figlioccio. Il ragazzo non avrebbe saputo dire cosa provasse, la sua espressione non lasciava presagire molto. 
A un tratto si lasciò cadere sulla panchina del portico, il ciondolo e il biglietto ancora tra le mani. 
“Quindi mio fratello non era così idiota come credevo, e nemmeno convinto di tutte quelle scemenze sulla purezza del sangue che ci inculcava nostra madre”.
“Già”, sospirò Harry sedendosi accanto a lui. 
“E questo non lo sa nessuno?” 
“No”. 
Sirius strinse i due oggetti in un pugno, sgualcendo il biglietto. Ora la sua espressione si era fatta più dura, quasi minacciosa. 
“Per questo te l’ho detto. Vorrei… Vorrei che questa cosa si sapesse, che venisse fuori. Sai, si parlerà molto di questa guerra, di chi ha combattuto, sia da una parte che dall’altra e vorrei… Insomma, Regulus ha fatto una cosa importante e coraggiosa e dovrebbe essergli riconosciuta”. 
Sirius finalmente si voltò a guardare Harry e questa volta con del luccicchio negli occhi. 
“Davvero? Lo faresti davvero?” 
“È il minimo che posso fare”. 
“Non sei tenuto”.
“No, ma… Anche Piton ha avuto la sua giustizia per quel che vale e anche Regulus dovrebbe”. 
“Grazie”. 
I due rimasero in silenzio per un po’, contemplando la notte primaverile e il cielo scuro sopra di loro. 
Harry avrebbe voluto fare qualcosa di più per Sirius, immaginava quanto quelle parole lo avessero sconvolto, un po’ come quando lui aveva capito che per tanti anni Silente lo aveva cresciuto come un’arma. 
“Sirius, stai bene?”
“Credo di sì”, rispose l’altro un po’ troppo velocemente. “È solo che… Per tanti anni ho trattato di merda mio fratello, l’ho allontanato convinto che fosse come i nostri genitori, che avesse permesso loro di fargli il lavaggio del cervello. E invece… Se magari avessi fatto le cose diversamente, forse ora sarebbe vivo. O comunque non si sarebbe unito a Voldemort”.
“Be’, non puoi saperlo questo. Magari sì o magari no”. 
Sirius fissa un punto di fronte a sé, di nuovo silenzioso. 
“Però… Potrei provare…”, fa Harry titubante. “Ho già fatto tornare in vita te e mamma e papà, magari potrei provare anche con tuo fratello. Non so come funziona ma se l’ho fatto Harry un modo ci sarà”.
“No!” risponde Sirius quasi gridando, guardando il figlioccio grave. “Non ci pensare. Hai sentito la McGranitt, è troppo pericoloso. Potresti morire”.
“Ho riportato in vita sei persone, cosa vuoI -“. 
“Harry, ho detto di no. Non ti farò rischiare una cosa del genere. Sei persone sono già troppe, non sappiamo come potrebbe andare se lo rifai. Non se ne parla”. 
Harry sospira e si lascia andare contro lo schienale della panchina. 
“Quello che vuoi fare è già tanto. Non voglio che riporti in vita mio fratello. Mi dispiace che sia morto, certo, e mi dispiace non averlo… Non essermi comportato con lui come avrei dovuto. Ma preferisco di gran lunga avere questo rimpianto piuttosto che farti rischiare la vita per un mio capriccio”.
Harry sorride mestamente e tira fuori il pacchetto di sigarette. 
“Cerca di non avere troppi rimpianti, però. Ho passato tanto del mio tempo a ripensare a come avrei potuto fare meglio le cose e… credimi, non serve a nulla e ti fotte il cervello”.
Sirius scoppia a ridere, questa volta parve essere sollevato. Tutto il suo corpo si rilassa. 
“Credo che il mio cervello sia già abbastanza fottuto”. 
“Bene, allora non peggiorare la situazione”. 
Harry tira un paio di boccate di fumo prima di parlare di nuovo. 
“Comunque, fammi sapere se te lo vuoi tenere. Quel ciondolo, così faccio una copia. Ho promesso a Kreacher che glielo avrei restituito”. 
“Kreacher?” 
“Sì. Era molto legato a Regulus e quel ciondolo… Be’, a quanto pare è l’unica cosa preziosa che ha”. 
Sirius sbuffò rimettendo il biglietto nel ciondolo e ridandolo a Harry. 
“Non mi serve. Ho già abbastanza con cui ricordare mio fratello”. 

 

Un giovedì pomeriggio Harry, Ron, Hermione, Ginny e Kiki si erano ritrovati tutti insieme per una sessione di studio a casa Potter, alla quale ne sarebbero seguite molte altre.
Hermione era intenta a scrivere degli appunti su un foglio di pergamena, il bordo della mano destra macchiato d’inchiostro, mentre Ron sfogliava svogliato le pagine di un libro e Harry leggeva il libro di Difesa contro le arti oscure grattando ogni tanto la testa di Felpato che gli stava sdraiato in grembo. Ginny aveva appoggiato il capo contro la sua spalla e cercava di decifrare alcuni appunti delle lezioni. 
Kiki ad un certo punto si alzò di scatto e con un sospiro annunciò che doveva andare in bagno. 
“Ragazzi, non è possibile che siate già stanchi. Abbiamo appena iniziato”, li rimproverò Hermione osservando le facce degli amici. 
“Ma stiamo studiando da due ore!” le fece notare Ron lamentoso.
“Appunto!” 
In quel momento si udì il Pop di una Materializzazione provenire dal cancello e i ragazzi notarono subito la figura di Sirius avvicinarsi a loro. 
Felpato gli corse subito incontro. In quei giorni in cui Harry non c’era stato, il cane si era affezionato soprattutto a lui, evidentemente riconoscendo un suo simile. 
Sirius lo coccolò non appena questi gli venne incontro poggiandogli le zampe anteriori sulla pancia e reggendosi in equilibrio sulle due posteriori. 
“Come va, ragazzi?” chiese l’uomo, notando i quattro amici seduti al tavolo sotto il portico. Era una bella giornata di sole e faceva abbastanza caldo per stare all’aperto. 
“Andrà meglio non appena avremo superato questo capitolo”, rispose Ginny guardando Sirius da sopra il braccio di Harry. 
“In quale battaglia è morto il Re dei Goblin, Wilfrick III?” chiese Hermione ignorando il nuovo arrivato. 
Gli altri si limitarono a guardarsi tra di loro, come se cercassero la risposta nei reciproci sguardi. 
“Nell’ultima?” le rispose Harry alla fine, con tutta la serietà di cui era capace.
Passarono alcuni brevi istanti prima che Ron, Ginny e Sirius scoppiassero a ridere all’uniscono con una risata nasale; Hermione invece gli tirò un pezzo di carta appallottolato facendo finta di essere arrabbiata ma in realtà anche lei aveva un sorriso divertito stampato sulle labbra. 
“Non lo so, ‘Mione, io non seguo Storia della Magia”. 
Sirius decise di lasciare in pace i ragazzi e rientrò in casa lasciando la porta sbattere dietro di sé. Aveva ancora una risata stampata sul volto quando alzò lo sguardo e si ritrovò Karen ferma in piedi sulla soglia del salotto. 
“Oh, ciao!” lo salutò lei con voce eccessivamente stridula. Lui le sorrise e inclinò il capo come a volerla osservare da un’altra angolazione. Kiki si sentiva fortemente a disagio; Harry le aveva detto che a casa sua non c’era nessuno perché erano tutti al lavoro, ma Sirius doveva essere rientrato prima. 
“Tutto bene?” le chiese lui notando che la ragazza non accennava a dire altro né a muoversi. 
“Sì”, rispose lei troppo velocemente e sempre con quella strana voce. Che doveva fare? Tirare fuori la storia del bacio? Dirgli che le dispiaceva? Sì, era vero che le dispiaceva, ma non per il bacio in sé. Le dispiaceva che fosse stato così, puzzolente di alcol e precipitoso. Ma magari questa seconda parte non gliela avrebbe detta.
Aprì bocca per dire qualcos’altro, quando la porta si spalancò di nuovo e Harry comparve sulla soglia. Lei rimase come un baccalà. 
Il ragazzo osservò i due fermi nel salotto, muti, apparentemente impegnati in un gioco di sguardi, e inarcò le sopracciglia.
“Tutto bene?”
“Sì, sì, tutto a posto!” si affrettò a rispondere l’amica, gratagli per essere entrato e averla salvata da quel momento imbarazzante. Lo avrebbe quasi abbracciato. 
“Sono venuto a prendere una birra. Tu la vuoi, Kiki?”
“No, grazie. Torno a studiare”. E uscì di nuovo sul portico. 
Sirius scrollò le spalle e iniziò ad andare verso le scale. 

 

*** 

 

Altro capitolo di passaggio, lo so, molto leggero. In realtà ora ci saranno un bel po’ di capitoli così… Questa fanfic non è nata per parlare di guerra o battaglie, ma per tutto quello che viene dopo, cioè il dramma e i traumi.
That’s it. 

Fatemi sapere cosa ne pensate, non siate timidi. Apprezzo anche i lettori silenziosi, lo sapete, ma se voleste dirmi la vostra anche in due righe ne sarei molto felice. 

 

Per il resto, passate un bel weekend.

Cactus.

 

   
 
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