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Autore: Barbra    18/05/2019    1 recensioni
Questa fanfiction è un crossover tra l'Universo di Pokémon Adventures (il manga) e l'Universo di "Avatar, the Legend of Aang"/ "Legend of Korra". La storia si svolge, secondo la cronologia Pokémon, dopo gli avvenimenti di Sole e Luna. Secondo la cronologia di Avatar, dopo la morte di Korra e la nascita della sua successiva reincarnazione.
DAL TESTO: Il Maestro dell'Aria Meelo scese dalla tribuna dei giudici e si diresse verso la sedicenne senza una parola.
Era stato chiamato per controllare che la sua allieva non “sporcasse” la Prova dell'Acqua applicando tecniche del Dominio dell'Aria per tenere d'occhio gli avversari. Sapeva bene che la cieca, nel cui mondo non esistevano né forme né ombre, avrebbe usato il Senso del Sangue al posto del super-udito che i montanari le attribuivano. Tuttavia, non si aspettava uno scivolone così clamoroso da parte sua. || NOTA: canon-divergent || PERSONAGGI PRINCIPALI (non in elenco): protagonista OC, Sird (pg esclusivo del manga), Lunala, Giratina (Pokémon); Raava e Vaatu (Avatar). TERMINATA
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Arceus, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate | Contesto: Manga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avatar e Pokémon'
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17. Luce




 
A Sinnoh


«Gabriel? Gabriel!» chiamava una voce femminile.
Dal momento che nei dintorni sulle pendici del Monte Corona non c'era nessuno, e lei insisteva, il ragazzo dai capelli verde acqua si voltò. Aveva gli occhi a mandorla e il volto simile alle altre Reclute Galassia, con le piccole variazioni e imperfezioni utili a far passare degli androidi per esseri umani.
«Dici a me? Non mi chiamo Gabriel».
Non aveva alcun nome, in realtà.
Fingeva di non ricordarselo, di aver perso la memoria dopo un lavaggio del cervello, ma ormai aveva capito di non avere nulla da ricordare. Era nato così, come unità non biologica, ed era diventato autocosciente dopo aver registrato l'impronta di una vera mente umana. Quella del Comandante Sird.
La sconosciuta che lo aveva chiamato, capelli viola e divisa rossa, gli occhi nascosti da un visore per videogiochi a realtà virtuale, scosse desolata la testa. «Allora perdonami. Ti ho confuso con un altro androide autocosciente».
Il ragazzo si sentì gelare. Lei non stava giocando.
Aveva con sé un Pokémon non autoctono, simile a una spada dorata, con un grande occhio viola sotto l'elsa. Davanti a sé reggeva uno scudo con incisa la variante di una triquetra, segno che per il momento non avrebbe attaccato.
«Il tuo nome è Gabriel. Non te l'avevo detto? Chiedo venia. L'ho deciso poco dopo averti risvegliato».
La ex recluta sgranò gli occhi e fece un passo indietro. Il pericolo era più grande di quanto si aspettasse. Il Chingling sulla sua spalla si fece angosciato.
«Sird...?!» bisbigliò.
La ragazza robot annuì. «Esatto. Il nome di questa unità è Celosia, ma tu puoi chiamarmi Sird. O - perché no? - “mamma”».
Fece una breve pausa aspettando la sua reazione. Lui non reagiva, era immobile e all'erta come se si aspettasse di essere aggredito.
Celosia indicò Chingling. «Quel Pokémon è mio: non sono ancora morta».
Il campanellino assunse un'aria minacciosa e cominciò a saltare agitando la lingua a batacchio: poiché l'aveva abbandonato, non sarebbe tornato con lei tanto facilmente. Avrebbe venduto cara la pelle.
La sua Aegislash di nome Boudicca, la Excalibur spettrale del mondo Pokémon, spostò lo scudo da una parte, reggendolo con un solo braccio e scoprendo la lama dorata che era il suo corpo. Adesso aveva intenzione di attaccare.



 
A Johto


Gong fu portata in quello che per le dimensioni sembrava un salottino. Sotterraneo, bontà loro. Avrebbe potuto far crollare l'edificio in un attimo, accedendo alla Forma Avatar. Lì la costrinsero ad inginocchiarsi su un tappetino. Ma forse, quello era il loro modo di sedersi. Usavano la tradizione per metterla a disagio, perché in quella stanza tutti gli altri erano in piedi, sull'attenti. Tranne una persona.
Appena le tolsero il bavaglio, la cieca cominciò a strepitare in cinese: «L'ultimo che mi ha rapita non è più qui per raccontarlo!».
E poi si tappò la bocca con entrambe le mani.
L'uomo inginocchiato davanti a lei, basso ma robusto, una faccia da criminale incallito e i lineamenti nipponici, domandò qualcosa a una giovane recluta. Lei gli rispose immediatamente, tesa, traducendo le parole della cieca in un'altra lingua diversa dall'inglese.
L'uomo accennò una risata. Lui si intendeva di minacce e non riteneva quella credibile. Lo chiamavano Sakaki solo a Johto e Sinnoh. Per l'Occidente, e persino nella sua terra natale, era Giovanni.
Si presentò a Gong con quel nome, mostrandole una gentilezza vergognosamente falsa.
Il suo rapimento era stato un malinteso, i suoi subordinati non avevano seguito i suoi ordini. Sarebbero stati puniti per questo.
Gong ascoltò le sue parole tenendo il broncio. Era ingenua, ma non tanto da bersi certe scuse.
Giovanni continuò a spiegarle le sue ragioni in un cattivo inglese, infischiandosene della sua diffidenza. Il suo nuovo Generale, Sird, gli aveva consigliato di non affrontare l'Ultra Creatura “Queen Ant” di petto come avrebbe fatto con altri mostri meno umani.
«Un uccellino mi ha detto che sei perseguitata dalle autorità locali di Alola e dall'Interpol. Beh... qui a Johto abbiamo raggiunto un accordo con i poliziotti. Loro ti lasceranno in pace, ma solo se diventerai una di noi».
«E se volessi tornare ad Alola?».
«Non vedo perché no. In ogni caso, la tua amica resterà con noi».
Gong sobbalzò. «Quale amica?».
«La ragazza di Sinnoh, Moon».
«Oh... lei non è proprio mia amica. La conosco appena. Piuttosto... Sird? Aveva una vostra divisa, me l'ha data quando mi hanno scambiata per una Rocket. Anche lei è una di voi, giusto? Se è qui, voglio parlare con lei».
Se c'era qualcuno in grado di mediare per la liberazione di Moon, vittima collaterale dei fatti, quel qualcuno era Sird. Gong la considerava un'amica. Aveva rinunciato all'Elisir di Lunga Vita per guarirla, perciò sentiva di aver investito molto su di lei. Inoltre, erano entrambe aliene. Non aveva parlato di lei né a Lunala né a Lorelei per paura di metterla in un brutto guaio. Sird, d'altro canto, si era mostrata grata e amichevole nei suoi confronti.
Giovanni la pensava allo stesso modo: pur conoscendo pochi dettagli del suo passato, perché quella donna sembrava un fantasma sociale e aveva cancellato ogni sua traccia anteriore ai sei anni precedenti, era sicuro di potersi fidare di lei. Di essersi meritato la sua stima e la sua lealtà.
«Al momento non è qui» replicò, alzandosi in piedi. «Avrai modo di parlarci in futuro, se rimarrai».
La commedia tradizionale era finita. L'uomo riprese le sue abitudini occidentali e le porse la mano perché la stringesse. «Allora, affare fatto?».
Gong chiuse i pugni contro il petto. Quell'uomo voleva tentare la sorte nella speranza di rivelarsi un Dominatore. Per questo l'aveva fatta rapire. La ragazza l'avrebbe capito anche se in quella stanza non ci fosse stata una Recluta con un vaso pieno di pietre tra le mani. Un risultato negativo avrebbe scatenato la furia del Boss, noto Specialista Terra di alto livello.
Ma la cieca non poteva rifiutarsi di toccarlo.
Dopo averle stretto la mano, Giovanni ordinò alla recluta di avanzare portando il vaso traboccante di sassi.
«Fammi vedere come muovi uno di questi».
Gong, tanto per dare spettacolo, li sollevò tutti e li fece vorticare in aria a una velocità virtualmente letale. Istintivamente, le Reclute si agitarono. Si ripararono la testa con le mani e si rannicchiarono per proteggere gli organi vitali. Ma le pietre tornarolo al loro posto senza colpire nessuno.
Poco dopo, la cieca si pentì amaramente del suo esibizionismo.
Giovanni aveva mimato i suoi gesti, ma solo una pietra si era sollevata, e di pochi centimetri. Poi era caduta sulle altre.
«Ci vuole molto allenamento» si affrettò a precisare, ansiosa.
Le Reclute stavano facendo delle smorfie assurde per non ridere. Se qualcuno avesse ceduto, ci sarebbe stato un bagno di sangue.
Fortunatamente il Boss, malgrado il suo ego gonfio e fragile, capiva il valore dell'addestramento.
Era diventato Capopalestra col talento innato e col sudore della fronte. Non pretendeva di avere tutto e subito.
Esibizionismo a parte, Gong si era dimostrata utile. E aveva migliorato il suo umore.
Così fu congedata con la promessa che, passato il periodo di prova, avrebbe scalato in fretta la gerarchia. Lasciò lo studio del Boss per essere condotta nei suoi alloggi.
Un uomo alto come lei la raggiunse e la agguantò per una spalla. La ragazza provò a liberarsi con una mossa, ma con sua grande sorpresa finì per terra. Il suo involontario sfidante doveva essere molto ferrato nelle arti marziali.
Gli occhi a mandorla dello splendido esemplare di Mienshao, impassibile e fiero alle sue spalle, brillarono divertiti. Il Pokémon Marziale, simile a una grossa donnola e più rapido di un serpente, apprezzava solo la compagnia dei lottatori esperti.
«Clair de Lune! Volevo vederti» le disse lo sconosciuto senza presentarsi.
La ragazza era ancora disorientata quando le porse una mano per aiutarla ad alzarsi.
Gong non accettò il favore.
«Volevo vedere la faccia di una moderna untrice» si spiegò il rosso. La sua voce, che prima le era parsa persino dolce, adesso era diventata sprezzante.
Quello non era un uomo gentile. E aveva paragonato il Dominio a una malattia. Probabilmente, se Gong si fosse aggrappata alla sua mano, l'avrebbe scaraventata dall'altra parte.
Il suo giochetto aveva scatenato un vespaio tra le Reclute: non avevano difeso l'Ultra Creatura, la punizione per la loro incompetenza era assicurata.
Giovanni uscì dal suo studio paonazzo di rabbia. Temeva gli atti di insubordinazione più degli attacchi esterni.
Gong era rimasta seduta a terra a gambe incrociate per rimarcare la gravità del torto subito. Così il Boss si sarebbe infuriato ancora più del necessario.
«Io e lei ci siamo già incontrati» si giustificò il rosso, calmo. «Ma probabilmente non se lo ricorda. È stato molto, molto tempo fa».
Appena smise di parlare, le scagliò addosso una potente fiammata generata dal suo pugno, come se la considerasse uno scarafaggio. Gong fu costretta a difendersi con una performance efficace, ma eccezionalmente goffa, e a zampettare via. I suoi vestiti rimasero bruciacchiati.
Saltò su e rimase in guardia. «Voi della Nazione del Fuoco siete un branco di aggressivi guerrafondai!» gridò in cinese, presa dalla foga del momento. In fondo, la sua famiglia si era sempre battuta affinché il Regno o la Repubblica della Terra riannettesse a sé le colonie fondate dalla Nazione del Fuoco durante la Grande Guerra. Sia prima che dopo l'ascesa e la caduta di Kuvira, gli Shan non avevano mai appoggiato la nascita e la legittimazione di un governo indipendente, con al centro Città della Repubblica.
L'uomo davanti a lei alzò un sopracciglio.
Gong dovette fare mente locale per ricordarsi di essere su un altro pianeta e pentirsi di aver aperto bocca. Forse aveva detto troppo. Sperò solo che l'interprete non avesse capito e che il Dominatore del Fuoco non parlasse.





 
A Sinnoh


Celosia si presentò al quartier generale con una gabbia insonorizzata tra le mani. La gabbia era simile a una grossa bolla di vetro, e al suo interno saltava un agitatissimo Chingling.
L'androide passò la bolla alla Toxicroak di Saturno, Rhea1. Era un'orribile femmina dalla pelle spessa come il cuoio e la sacca velenifera enorme. La rana, immune al desiderio di potere, offrì la bolla al suo Allenatore. Il giovane Comandante la prese e andò a posarla su un macchinario cilindrico, concludendo quella bizzarra staffetta. La macchina generò una colonna di energia alta fino al soffitto poco prima che la bolla esplodesse. Era una prigione più sicura.
Inoltre, impediva al povero Chingling di rotolare via spingendo contro le pareti.
«Quello è il Mandato del Cielo di Uxie» comunicò, dal computer, la voce femminile e quasi inespressiva del Comandante Eris. «Chi di voi intende sfidarlo per tenerselo?».
Celosia ridacchiò. Persino la sua Aegislash, la spada dei re, sembrò ridere.
Il Kalosiano Xerosic allungò il collo per vedere meglio la creaturina in gabbia. Era un Chingling identico agli altri. Piccolo, grazioso, col nastro un po' usurato e sbiadito. Lo sguardo di sfida che lanciò ai presenti rivelava un'indole molto diversa dalla sua apparenza fragile.
Lo scienziato si aspettava una rissa. Quel campanellino, offerto da una Eris, era il pomo dorato della discordia. Per lui erano state perse molte vite.
I più onesti l'avrebbero volentieri rinchiuso in un museo pubblico. I più ambiziosi avrebbero cercato di rispolverarne la vecchia gloria per sfruttarla a proprio beneficio.
Nella Città Proibita del nuovo secolo, o erano tutti troppo fedeli, o erano tutti troppo furbi: l'atmosfera tra i Comandanti restò distesa.
«Nessuno vuole tenerselo» tagliò corto Saturno. «Ha già un padrone».
Quel padrone era Cyrus, o così credeva il giovane. Non avrebbe rubato il titolo e il Pokémon proprio a lui. Neppure avendo una possibilità concreta di ripristinare l'Impero.
«Comandante Saturno: in passato hai mostrato segni di megalomania, e hai disubbidito agli ordini. Perché reputi la tua dichiarazione affidabile?» lo interrogò la voce digitale.
«Io non disubbidisco agli ordini» si difese il ragazzo. «Li eseguo a modo mio. E basta. Non come quelle teste di latta delle nostre Reclute. Ma non ho e non ho mai avuto intenzione di pestare i piedi al Capo!».
«Registrato».
«Io passo» si intromise il Comandante Mars. Non sapeva se sentirsi esclusa o lusingata. «Anche se sarebbe un bell'ornamento. C'è chi i Chingling se li nette tra i capelli, sapete?».
Né Celosia né Jupiter le risposero.
«Perché sei così stupida?» le domandò Saturno.
La rossa non si offese, ma la voce digitale lo ammonì. L'aveva preso di mira e sarebbe stato difficile convincerla a desistere, sia perché il ragazzo continuava a fare di testa sua, sia perché Eris doveva essere lei stessa un'intelligenza artificiale. Era rigida, intollerante, e non accettava che ognuno svolgesse i propri compiti secondo le proprie attitudini. Inoltre, doveva sgomitare per essere rispettata al pari dell'altro Capogalassia.
Xerosic non l'aveva mai vista di persona, sempre che avesse un corpo. Il suo avatar virtuale era una maschera semitrasparente, dall'espressione piuttosto spaventosa, che appariva sullo schermo del computer e ne bloccava i comandi come un virus, ogni volta che qualcosa non le andava bene.
Lo scienziato aveva visto quell'inquietante maschera di vetro già un paio di volte. La prima, quando aveva cercato di lanciare una richiesta d'aiuto all'esterno. La seconda, quando si era messo in testa di scoprire se lei fosse un programma o un'hacker particolarmente brava a doppiare un computer. Eris poteva anche essere un uomo, seguendo le vecchie regole del mondo virtuale.
L'altro Capogalassia, Cyrus, Xerosic l'aveva visto solo di sfuggita. Non ci aveva parlato, ma aveva capito che quell'uomo non aveva bisogno di un avatar per incutere timore. Il suo viso era già una maschera di ghiaccio. Inespressivo, torvo, più simile ad un androide di quanto lo fossero le sue stesse Reclute, Cyrus era taciturno e si rivolgeva ai suoi Comandanti con un atteggiamento molto formale. Freddo, malgrado la forza del loro legame. Paradossalmente, l'unica cosa per cui mostrasse qualche traccia di un sentimento umano era la voce del programma Eris.





 
Nel Mondo Distorto



Gong si chiuse nel suo nuovo alloggio e discese nel Mondo Distorto. Doveva assolutamente parlare con Lunala, perché l'incontro con il nuovo Dominatore del Fuoco l'aveva allarmata.
Appena il suo Spirito si materializzò nella luce violacea di quella metà di Universo, udì l'assolo sfrenato di un violino. Alzò lo sguardo e non vide niente, si guardò intorno e non vide niente, poi per disperazione si decise a sporgersi e guardare giù.
Su una piattaforma sghemba sotto di lei, i Folletti e la sua Chingling ballavano con Valerie.
Lorelei, lo Shuckle di Sird, il Rockruff Randal, il Mudbray Archie, e, sorprendentemente, Grimsley, li guardavano senza muovere un passo.
Gong si vergognò di aver lasciato i proprio Pokémon a casa di qualcun altro per uscire: nessun vero Allenatore si sarebbe comportato così.
Lunala suonava un violino rubato o preso in prestito allo Specialista Buio, perché lui era l'unico a possederne uno nella loro cerchia.
Gong rimase un attimo in ascolto. Il pezzo in sé non le piacque particolarmente, ma doveva essere difficile da eseguire, soprattutto a quella velocità. Lunala lo suonava senza intoppi e con una certa maestria, di cui sicuramente si vantava.
Il Mimikyu Ming, la Primarina Ondine, la Chingling Qiūyuè e la piccola Togepi Kokachin danzavano spensierati e rallentavano quando la musica si faceva più lenta. Ognuno si muoveva come poteva, aggrappandosi a turno ai nastri del Sylveon di Valerie.
Mr. Mime faceva ballare la sua padrona sulle note del Trillo del Diavolo2.
«Ehi!» chiamò Gong.
La musica si interruppe.
Grimsley e Lorelei commisero il suo stesso errore, ingannati dall'acustica strampalata di quel posto: si guardarono intorno e solo dopo alzarono la testa.
Lunala non c'era cascata e aveva subito puntato i suoi divini occhi rossi su di lei.
Randal si agitò, in bilico tra l'entusiasmo di rivedere la sua padrona e l'ansia di avere accanto un vampiro. La presenza di Lunala lo innervosiva, benché non si azzardasse ad abbaiarle contro. Era piccolo e il suo lato di lupo era ancora assopito.
Abbaiò due volte solo per dare segno di sé.
Lunala, beffarda, gli accarezzò il pelo provocandogli un brivido freddo. «“O where ha' you been, Lord Randal, my son?/ And where ha' you been, my handsome young man?"» intonò. «"I ha' been at the greenwood; mother, mak my bed soon,/ For I'm wearied wi' huntin', and fain wad lie doon.3"».
Randal la guardava interrogativo, un po' come tutti i presenti, tranne Valerie e i Folletti che erano abituati a ballate simili.
Gong era scomparsa e riapparsa sulla loro piattaforma, ma i suoi Pokémon erano troppo presi dalla canzone per darle l'accoglienza che meritava.
Lunala si accompagnava con il violino e aveva una voce strana. I suoi poteri psichici la rendevano impossibile da ignorare, qualsiasi cosa cantasse.
«Non ho capito» ammise Lorelei dopo un lungo silenzio.
Valerie prese tranquillamente la parola: «Io sì. È una vecchia ballata, la conoscevo già. Parla di questo giovane Lord che entra in un bosco incantato. Perciò una Fata prende le sembianze della sua amata e lo avvelena. Perché ciò che è incantato è anche proibito».
Il suo Sylveon annuì allegro e Mr. Mime fece lo stesso.
Lorelei parve a disagio.
«Le canzoni che piacciono ai Folletti sono tutte così» le spiegò Lunala. «Musica allegra, ma qualcuno ci finisce sempre male. Di solito è vittima di un inganno... perché i Folletti sono tutti un po' bugiardi...».
Shuckle, irritato, si ritirò nel suo guscio pur di non vederla più. Proibire l'addestramento dei folletti secondo la loro natura era stata la salvezza di Kanto e Johto. Il Campione Lance aveva commesso un errore a seguire la moda di Kalos.
Erano un branco di psicopatici infiocchettati. Tutti, dallo splendente e regale Xerneas ai mezzi Spettri straccioni come Mimikyu. Gli umani non sembravano accorgersene. Trovavano divertenti le loro stranezze.
Per colpa loro, più che dei Tipo Buio, la tradizione Kalosiana comandava di adorare il dio della Distruzione Yveltal da Sauin a Yule4. Complice il calendario, assieme al fatto che il terribile Yveltal dormisse il suo sonno secolare nel guscio di un uovo e il magnifico Xerneas nella forma di un albero morto, i Kalosiani erano abituati a collegare la distruzione alla rinascita e la rinascita alla distruzione. In una relazione biunivoca e inscindibile, come se fossero le due facce di una moneta. Non c'era stata, in tutta la Storia del pianeta, un'ecatombe paragonabile allo sterminio avvenuto tremila anni prima a Kalos. Nessun'altra Regione era tanto a rischio. Persino dopo l'avvento della modernità si respirava aria di follia. La Campionessa Diantha, donna retta e razionale, aveva catturato un Gourgeist per celebrare il Capodanno ad Halloween, e passava ufficialmente la notte del solstizio d'inverno sveglia ad aspettare il sole.
«Portatemi una chitarra acustica e ve ne faccio sentire un altro paio» continuò Lunala.
Grimsley scosse deciso la testa. «Vieni a prendertela tu. Io non so portare qui lo Spirito delle Chitarre. Neppure Meloetta o il suo fidanzato Mesprit ci riuscirebbero».
Era lievemente irritato, e non perché aveva visto ballare una musica da ascolto.
Le labbra di Lunala sbiancarono. Poi, i suoi occhi mandarono lampi.
Meloetta e Mesprit, Pokémon Emozione, erano notoriamente molto, molto vicini l'uno all'altra. Lo spiritello apprezzava il canto del Pokémon Melodia al punto dall'esserne fortemente influenzato. Lui era uno dei tre Avatar parziali di Arceus e ne incarnava il “cuore”. Lei era una delle sue cocche, e qualsiasi sua richiesta veniva esaudita subito. Poco importava che il Creatore la considerasse una figlia e non un'amica: sulla terra, Lunala avrebbe rotto il violino.
Lì si limitò a scagliarlo nel vuoto.
Dispiegò le sue enormi ali assumendo le sue vere sembianze e volò via.
Gong la seguì: era venuta per aggiornarla sulla sua posizione terrena ed era determinata a farlo. Dietro di lei si formò una processione di Pokémon, tutti suoi tranne Mr. Mime che imitava gli altri per vocazione. Camminarono al suo seguito finché la ragazza, come un fantasma, scomparve.



 
*




«Che c'è? Non le voglio, le prediche. Va' via».
Lunala era di cattivo umore. Si era messa a testa in giù con le ali raccolte, come se volesse dormire.
«Veramente, mi sono successe delle cose» replicò Gong. «E pensavo ti interessassero».
«Allora, dimmele».
«Beh... sono entrata nel Team Rocket. Mi hanno portata a Johto. Non in quest'ordine. Però ho trovato un problema...».
«Anch'io. Il potere delle mafie e dei ladri di Pokémon, mia piccola scimmietta da monastero, si fonda sui Pokémon. Il Boss Giovanni potrebbe non gradire il tuo punto di vista».
Giovanni ne sarebbe stato lusingato: all'Inferno conoscevano il suo nome.
«Il mio punto di vista su Arceus?».
«Ovviamente. Ma non solo».
«Io non ho un punto di vista. Il Team Rocket può proteggermi e aiutarmi a formare una squadra per sconfiggere Arceus. Quindi, ben venga. Da sola, come Allenatrice, non sono molto brava».
Lulala avrebbe dovuto ribadire che era pessima, invece la studiò in silenzio. «Raava non ti ha detto niente, vero? È solo una coincidenza che tu ti stia circondando di Folletti?».
«No. Minh è venuto da solo, Ondine mi trovava simpatica e Kokachin... l'ho scambiata con uno Spritzee. Perché?».
«Perché se Raava riuscirà a spostare l'Equilibrio Universale verso di sé, non resteranno molti altri Pokémon».
«Che significa?!».
«In un Multiverso ordinato, sotto la Luce spirituale di Raava, possono esistere gli Spiriti, gli umani e gli animali... e anche i Vegetali, i Batteri, i Funghi, i Protisti...».
«Vieni al punto!».
«Possono esistere anche i Folletti, purché perdano la loro essenza materiale e diventino creature di pura Luce. E possono esistere i Draghi, diventando però identici ai loro simili del tuo mondo. Poi resisteremmo noi Spettri, perché siamo già Spiriti. Ma tutti gli altri mostri... beh...». Fece una pausa per cavarsi d'impiccio. «Tranne i Tipo Buio. I Tipo Buio sarebbero, paradossalmente, gli ultimi a scomparire. Perché perdendo il loro corpo diventerebbero pura Oscurità, e andrebbero eliminati attivamente. Con calma, per evitare contaminazioni. Gli altri sparirebbero all'istante, passata la Convergenza Cosmica».
Gong parlò ad occhi bassi. «Quindi... io non sono qui per liberare il mondo dalla tirannia di Arceus. Sono qui per demolire gran parte di ciò che ha creato. Ho capito bene?».
«Sì. Giratina ci sta lavorando. Dobbiamo provocare una Convergenza Cosmica artificiale, facendo allineare i pianeti indipendentemente dalla loro posizione attuale. Ci servono Dialga e Palkia. Ma siccome per Arceus siamo speciali e ci odia più di qualsiasi criminale, sociopatico o psicotico umano, non possiamo forgiare la Rossocatena. Allarmerebbe il Trio Pozzanghera, perché... per comporla servono le pietre sulla loro fronte. Di solito ci giocano a Ruba-Bandiera: rilasciano dei doppioni, e chi è abbastanza bravo da prenderli può tenerseli. Ma con me e Raava non sarebbero così tranquilli. La cosa brutta è... è che quei due bestioni di Dialga e Palkia erano usciti allo scoperto pochi anni fa, ma noi non eravamo pronti. Così... così sono scappati».
Gong tacque.
Lunala, come Giratina, era uno Spirito Maligno e ragionava da Spirito Maligno. Sarebbe stato sciocco aspettarsi il contrario.
Lei però era umana e non aveva scusanti.

 


A Sinnoh


La Principessa Azula era stata rinchiusa in una cella. Ma la cella non era piccola e umida. Era la copia esatta della sua camera da letto nel Palazzo Reale, arredata secondo le usanze della Nazione del Fuoco durante la Grande Guerra, tiepida e lussuosa. Le finestre erano finte, le sue ancelle erano un manipolo di ragazzine identiche l'una all'altra, vestite di rosso, coi capelli scuri e gli occhi dorati. Tutte apparivano straordinariamente anonime e straordinariamente apatiche.
Vide la porta di legno aprirsi sulla realtà senza che nessuno la toccasse. Dall'altra parte, oltre una barriera di luce rosata, si fece avanti una sconosciuta dai capelli viola come il suo sofisticato rossetto. Sugli occhi portava una benda luminosa, una maschera che li nascondeva del tutto.
La prigioniera si avvicinò a lei e toccò la barriera che le separava. Malgrado fosse semitrasparente, era solida. Più solida di un muro. Quindi rinunciò e lasciò cadere il braccio. Non era la prima volta che si imbatteva in una diavoleria del genere, da quando si era risvegliata. Persino le ancelle erano troppo strane per essere reali. Non la temevano, tanto per cominciare.
«Dimmi chi sei e cosa vuoi» intimò, annoiata, la Principessa.
I farmaci stavano funzionando, non sentiva più quella pulsione a distruggere e incendiare tutto, e i suoi pensieri erano lucidi. Voleva raccogliere più informazioni prima di tentare la fuga.
«Il mio nome non è importante. Perché io so dov'è tuo fratello».
«Zuko...?!».
«Sì. sull'isola lo stavi cercando, non è vero? Ma, ahimè... altra vita, altro aspetto, altra indole: non lo riconosceresti, senza il mio aiuto».









 
1Rhea (Rea) è una delle lune di Saturno, mi pare la seconda per grandezza dopo Titano. Inoltre, Rhea è il nome della sorella/moglie di Crono, dio equiparato a Saturno dai Romani.
2Esiste, l'autore è Giuseppe Tartini.
3Sta per “would lay down”. Dice “Sono stanco della caccia e vorrei sdraiarmi”.
4Cioè da Halloween a Natale; è il periodo in cui le notti si allungano.
   
 
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