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Autore: LittleBunny    20/05/2019    1 recensioni
Passò un lungo istante in silenzio, prima di iniziare a dare delle, seppur lievi, testate sul suo armadietto, sotto lo sguardo incredulo di alcuni studenti che, dopo averlo guardato in maniera perplessa, decisero di allontanarsi.
Smise quasi all'istante, mugugnando parole incomprensibili, un unico pensiero ad invadergli la mente: era un'idiota.
Lo pensava già da un po' , ma ora aveva la conferma definitiva.
Era. Un. Totale. Idiota.
Come diavolo gli era saltato in mente di dire cose del genere ad uno che era il doppio di lui? Non gli bastava quello che stava passando con Flash, doveva per forza stuzzicare uno che poteva prenderlo a pugni, senza trovare la benchè minima resistenza?

[AU! SpideyPool]
Genere: Angst, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Deadpool, Peter Parker
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Irresistible02 ● In questa fanfiction, NON si fa riferimento al Peter Parker della MCU ma è ispirato a quello dei fumetti;
● I personaggi NON sono miei ma della Marvel Comics.


2° Capitolo.




In tutta la sua intera vita, Peter non aveva mai conosciuta una persona logorroica come Wade. Insomma, fra citazioni di telefilm, film e quant’altro, gli stava raccontando la storia della sua intera esistenza e il moro iniziò a domandarsi perché ancora gli stava appresso e perché non se ne andasse, abbandonando l’ingrato compito di mostrare la scuola al nuovo arrivato.
Notò poi, per l’ennesima volta, come quelli che di solito gli facevano lo sgambetto o lo spintonavano o gli davano spallate, – giusto per elencare le cose più 'soft' che solitamente subiva – stavano a debita distanza dal biondo e Peter si ritrovò immediatamente a cambiare idea sul lasciare la sua 'ala protettiva'.
A quanto pare, essere grandi e grossi al liceo, ti aiutava ad avere il rispetto degli altri più facilmente.
E okay, anche il fatto che il primo idiota che aveva osato offendere il più piccolo, era finito con la testa attaccata agli armadietti, forse aveva facilitato il tutto.
Peter non l’aveva fermato dal fare quel gesto – perché era abbastanza palese che quel tipo se lo meritasse – tuttavia lo bloccò dal fare peggio, onde evitare che i professori lo beccassero e lo espellessero. Di nuovo.
Sì, perché fra le varie battutine e gli ammiccamenti, Wade gli aveva raccontato di come nella sua vecchia scuola in Canada era stato più volte ripreso dal preside ,come la volta che era stato beccato nel bagno della scuola in atteggiamenti intimi con una ragazza – e qui il moro dovette stopparlo più volte perché stava dando anche fin troppi particolari, che sinceramente non voleva sentire –  o la volta che aveva rotto un braccio ad un ragazzo che faceva, come l’aveva definito lui, la ‘testa di cazzocon dei ragazzini più piccoli di lui o come— Beh, a dirla tutta, Peter neanche ricordava più tutti gli episodi che gli aveva raccontato, ma non era difficile intuire che ne aveva combinate tante e gravi se era finito a girovagare per tutte le scuole possibili, fino ad arrivare al Queens per poter continuare con la sua istruzione e, da quel che aveva capito, questa era anche la sua ‘ultima chance’.
Non che Peter gliela avrebbe fatta sprecare di certo, visto che il preside sembrava tenerci particolarmente al fatto che aiutasse il canadese ad andare 'sulla retta via' – anche se non sapeva bene come – e fare un favore al preside, stava a significare buone probabilità per una raccomandazione ad un buon college e, sì, era una cosa che il newyorkese teneva particolarmente.

Ad ogni modo, quell'intensa sessione di socializzazione compulsiva gli aveva permesso di conoscere un po' meglio il canadese.
La prima cosa importante che aveva capito, era che non correva pericolo di essere pestato da lui, in quanto sembrava avere un 'target' ben specifico.
Da quello che si evinceva dai suoi discorsi, tutte le persone che pestava malamente era gente che meritavadi venire pestata, in un certo senso, come chi tormentava pesantemente gli altri senza motivo. In poche parole, tutti i bulli erano un probabile target.
Peter in qualche modo identificò immediatamente Wade come un qualche sorta di 'buono' che non si faceva scrupoli a fare del male ai 'cattivi' – e se fosse stato in un fumetto, il moro era sicuro che sarebbe stato di sicuro un antieroe abbastanza popolare fra i lettori – e dovette ammettere a sè stesso che, per quanto non fosse un amante della violenza gratuita, trovò questo suo lato quasi ammirevole.

Un'altra cosa che aveva imparato è che sembrava odiare enormemente suo padre ma non nel classico modo in cui gli adolescenti odiano tutto e tutti ma sembrava più qualcosa di profondo e viscerale.
Infatti, a differenza dall'aura pacifica e scherzosa che emanava solitamente,  e a differenza di quando attacava al muro i cretini della situazione, – e lì sembrava quasi un animale in preda agli istinti  – quando quelle poche volte aveva lo aveva nominato, era diventato improvvisamente freddo e parlava a monosillabi finchè, come accorgendosi della cosa, sorrideva come se nulla fosse, cambiando drasticamente argomento.
Peter si chiese se quell'atteggiamento fosse dovuto al fatto che il genitore fosse un militare.
Insomma, il carattere ribelle di Wade doveva essere parecchio in contrasto con quello rigido di un membro dell'esercito.
... Non che quelli fossero affari suoi, comunque.

"Comunque, c'è stata quella volta, in cui ero con questa tipa un sacco più grande di me e noi-"

Proprio mentre stava per esplodere da tutte quelle inutili e scioccanti informazioni, suonò la campanella, segno che le lezioni erano finite e che potevano andare a casa e per il più basso voleva dire far riposare il cervello, finalmente.
Non potè trattenere un sospiro di sollievo.

"Beh, si è fatto tardi." esclamò con fin troppo entusiasmo, per poi massaggiardi la fronte. Avevano – Wade aveva – parlato tanto, ma non della cosa davvero importante: farlo andare bene a scuola.

"Domani a scuola ci vediamo per metterci d'accordo con lo studio, okay? O se non domani, quando prefer–"

"Wooooh! Piano piano, piccoletto!" esclamò il canadese, un sorriso storto ed uno sguardo palesemente confuso a contornargli il viso "Tu cosa intendi con 'studio'?"

Ecco che immediatamente il newyorkese alzò il sopracciglio.
Che voleva dire con 'che intendeva con lo studio?' Era abbastanza sicuro che in Canada non avesse un significato diverso.

"Uh, voglio dire quello che ho detto." ribattè, senza battere ciglio "Hai detto che hai 17 anni, giusto? Quindi vuol dire che quest'anno ti diplomi. Sarà un anno difficile per te, per questo il prima possibile dobbiamo programmare un piano di stu--"

"Okay fermo, giovane Hobbit." esclamò, mettendogli una mano sulla spalla – che Peter spostò prontamente "Penso che tutto quel discorso sui problemi di Susan ti abbia confuso le idee. E' vero che è in una situazione complicata, ma cerchiamo di non pensarci al momento, okay?"

Il più piccolo annuì con la testa, con fare solenne: ovviamente, non aveva nessuna idea di chi diavolo stesse parlando ma fece finta di niente.

"Innanzitutto," esordì il biondo " sono stato espulso al terzo anno e quindi devo ripeterlo. Dovrai sopportarmi per altri due anni, contento?"

Il moro sospirò pesantemente, incrociando le braccia al petto, sentendo che stava esaurendo quel bricciolo di pazienza che gli era rimasta.
Erano due anni al posto di uno, okay, un anno in più in cui avrebbe dovuto fare degli appunti capibili anche da una scimmia ma quall'era il punto?

"E poi... Beh. Non sono proprio tipo da 'studio', non so se mi spiego."

Lo sguardo eloquente che gli lanciò l'altro, bastò a far capire al canadese che no, non si era spiegato.

"Quello che voglio dire è che, sono bravo in tante, tantissime cose, devi credermi."

Ecco che Wade gli rivolse uno sguardo strano e qualcosa dentro Peter gli suggeriva di non provare a chiedere spiegazioni a quelle parole.

"Ma?" commentò spazientito il moro. Perchè ci doveva essere un 'ma' in quel discorso strampalato, no?

"Ma lo studio non fa parte delle cose in cui sono bravo. E il preside ti ha detto di 'aiutarmi', no? Quindi immagino dovremmo giocare sporco, Petey pie. E parlando di sporco e di giocare, mi chiedevo se io e te--"

"No, aspetta." lo interruppe di colpo, capendo di colpo cosa l'altro volesse dire "Stai dicendo che tu pretendi che io ti faccia i compiti o qualcosa del genere?"

"Beh... Sì?"

Il moro passò dall'essere confuso, dall'essere visibilmente oltraggiato e arrabbiato. Avrebbe tanto voluto dare una testata a quello zuccone ma– Beh sì, era abbastanza sicuro che era così debole che il suo colpo più forte sarebbe stato una semplice carezza per Wade quindi, perchè sforzarsi inutilmente, rischiando di inimicarsi l'altro?
Sospirò pesantemente, posando l'indice e il pollice sulla base del naso, massaggiandolo lievemente: più passava il tempo con il più grande e più si sentiva stupido.

"Allora, mettiamo in chiaro le cose da subito." esclamò, guardandolo dritto negli occhi "Le cose sono due, o ti aiuto a studiare in qualche modo o ti arrangi da solo, molto semplicemente."

Ora fu il turno del canadese di cambiare repentinamente espressione. Dire che sembrava sbalordito era dire poco.

"... Che c'è?" borbottò perplesso il più basso, aprendo in quell'istante l'armadietto per prendere le sue cose "C'è altro? Perchè dovrei andare a casa ora, quindi--"

"Sei stupefacente, Parker." esclamò in tono di pura incredulità "Cioè, mi aspettavo che avresti acconsentito senza fiatare, tremando come un micetto spaurito, terrorizzato dalla vita, ed invece... Sei in piena fase ribelle, figliolo? Ora appiccherai qualche incendio, preso dagli istinti degli ormoni adolescenziali??"

... Micetto spaurito!?

"Avrò sicuramenti tanti difetti." mormorò, cercando di ignorare il commento di poc'anzi "Ma ho i miei principi. Non mi metterò ad imbrogliare per fare un favore a te, al preside o chicchessia, perchè per me è sbagliato."

Peter fece una pausa, aspettandosi da un momento all'altro che il più grande gli facesse qualche commento irriverente ma ciò non accadde e, anzi, Wade si era fatto silenzioso e continuava a guardarlo con uno guardo ricolmo di pura sorpresa.

"E poi non penso di dover aver paura di nessuna ripercussione. So che non sei un cattivo ragazzo." continuò, scrollando le spalle "L'hai detto tu stesso, in quella tua lunga chiacchierata, no? Dai una 'lezione' solo a quelli che 'se lo meritano' e io, beh, sono un bravo ragazzo, non penso quindi avrò problemi con te, no?"

Non sapeva cosa gli facesse dire una cosa del genere, dopotutto conosceva quel ragazzo solo da un paio di ore e si stava fidando solo ed esclusivamente delle sue parole ma qualcosa gli diceva che poteva fidarsi.Non che comunque avesse molta scelta. E non è che l'avrebbe provocato in nessun modo in futuro, ovviamente.
E parlando di provocazioni... Perchè il più grande continuava a non dire niente? La cosa si stava facendo sempre più imbarazzante.

"Uuuuh, beh, mh, fammi sapere poi che vuoi fare per la faccenda studio, mh?" esclamò nervosamente, alzando poi la mano in segno di saluto.

Come se si fosse risvegliato da un lungo sogno, Wade sbattè gli occhi più volte, tornando a focalizzarsi sul più basso.

"Ah, sì, giusto. Uh. Ci vediamo, Peter."

Peter? Wow.
Mentre usciva finalmente dall'edificio scolastico, il ragazzo si chiese cosa avesse mai fatto o detto per zittire in quel modo il canadese. Era riuscito pure a farsi chiamare col suo nome, senza nessun stupido appellativo in mezzo.
Forse, se mai l'altro avesse deciso di prendere sul serio lo studio, Peter avrebbe dovuto analizzare affondo la conversazione appena avuta, per gestire al meglio Wade Wilson.

****************

Nonostante i pessimi soggetti che doveva sopportare, il moro aveva le sue piccole 'oasi' in cui rifugiarsi a scuola.
Il primo fra tutti era l'ora che passava al club di fotografia, dove poteva fare ciò che più gli piaceva, senza doversi preoccupare di essere deriso –  anche se non si fidava ancora di portare la sua macchina fotografica , regalatagli da zio Ben, a scuola.
Il secondo era quel lasso di tempo dovuta alla pausa pranzo. Mentre i ragazzi comuni mangiavano in mensa, il solitario Peter Parker la passava fuori in giardino mentre, in pieno inverno come in quel momento, la passava dentro l'aula di scienze. Soprattutta, quest'ultima era la sua preferita. 
La considerava calma ed accogliente e trovava sempre rilassante quelle piccole cose che riguardavano la scienza: lo faceva sentire a casa, in qualche modo.
Poi, fra un morso al panino – fatto con amore da zia May – e un altro, si poteva portare avanti con gli esperimenti ma il lato migliore era che nessuno, ma proprio nessuno, si avvicinava a quell'aula a quell'ora.
Forse era meglio dire che nessuno immaginava che Peter mangiasse lì.

"Petey, posso disturbarti un attimo?"

O almeno, così credeva.

"Mary J--"

Peter non potè finire di parlare perchè un pezzo di quei meravigliosi panini gli rimase incastrato in gola e si mise a tossire.

"Uh, tutto bene? Vuoi che--?"

Il moro fece di no con la testa, continuando a tossire compulsivamente , con le mani sulla bocca. Ovviamente, se non faceva una figuraccia a giornata non era contento.

"Ti– Ti serve qualcosa?" balbettò in preda al nervosismo, abbassando subito lo sguardo.

Con la coda dell'occhio, intravide la rossa sorridergli e subito sentì le guanche colorarsi orribilmente. La sua cotta per MJ era alquanto imbarazzante.

"Oh Petey, non c'è bisogno di essere così nervosi con me, te l'ho già detto." mormorò la ragazza, ridacchiando appena – e il moro sentì l'urgenza di seppellirsi all'istante "Ti dispiace se parliamo un po'?"

Il ragazzo si ritrovò nel panico per una richiesta così semplice e si ritrovò a pensare quanto imbranato potesse sembrare ai suoi occhi. Di bene in meglio.

"Certo, io- mh, è un paese libero."

...Che diavolo diceva?!

"Giusto." esclamò la rossa con un risolino, sedendosi di fianco a lui e Peter sperò in cuor suo che non dicesse altre fesserie.

"Vorrei chiederti una cosa, se posso."

A quelle parole, il moro alzò lo sguardo, facendole segno che, sì, poteva chiedergli quello che voleva.

"Hai litigato con Harry, per caso?"

Il newyorkese si irrigidì a quella domanda, non sapendo bene che dire, visto che non era così semplice dare una risposta chiara a quella domanda.

"Assolutamente." mormorò, con un sorriso forzato.

"Sì?" esclamò, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio – e l'altro sentì il suo profumo inebriarlo per un istante "Eppure... Eppure Harry non fa che parlare di te, sai? So che siete amici da tanto, però non vi vedo mai parlare. Anzi, sembra quasi che tu lo stia ignorando."

A quelle parole, gli si strinse il cuore preso dai sensi di colpa: era vero.
Per quanto non avessero avuto una vera e propria litigata, Peter aveva iniziato ad allontanarsi, fino ad isolarsi del tutto. Harry era il suo migliore amico sin da quando erano bambini ed era una di quelle persone a cui doveva davvero tanto, per vari motivi, ma... L'aveva ferito.
Era una cosa stupida e di poco conto, ma aveva bisogno di un po' di tempo per accettare quel 'colpo basso'.

"... Penso solo che abbia bisogno di un po' di tempo per se stesso." mormorò, cercando di tranquillizzare la ragazza davanti a sè "Insomma, per voi due. Ora state insieme, no? E' giusto che abbiate un po' di tempo per fare i piccioncini."

Ugh, che dolore.
Era come se si fosse dato un calcio da solo all'altezza dello stomaco.

"Oh, che carino che sei." disse la rossa con un sorriso, non accorgendosi per niente dei veri sentimenti dell'altro "Ma sai, a lui... A noi, farebbe davvero piacere averti intorno come prima. Magari possiamo organizzare un'uscita tutti e tre, come una volta, che dici?"

Il newyorkese si irrigidì nuovamente, non sapendo davvero che scusa inventarsi anche perchè, sinceramente, non si sentiva ancora di parlare con lui ma non voleva rattristare la ragazza.

"Vado a chiamarlo." disse con fare entusiasta, prima che l'altro potesse dire o fare qualcosa "Aspettami qui."

Dopo che vide la ragazza sparire dall'aula, il panico iniziò ad invaderlo, tant'è che prese velocemente le sue cose ed uscì poco dopo dall'aula.
Dove poteva andare? Nei bagni, forse? ... Okay, no, aveva capito che nei bagni attirava gente strana.
Forse in qualche aula vuota? Ma quale? E se l'avessero trovato anche lì?
Ugh, è dire che dopo avevano una lezione assieme, quindi sicuramente Harry gli avrebbe chiesto perchè–

"Ouch!"

Preso com'era da quei pensieri, non si accorse dello studente che aveva appena girato l'angolo e a cui andò addosso.

"Scusami, non ti avevo vist–"

"Oh– Ecco il mio nerd preferito!"

Ed eccolo lì, con un sorriso sornione a contornargli il viso ed un tacos mezzo mangiato in mano, l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento: Wade Wilson.

"Oh, Wade, ciao. " esclamò nervosamente, guardandosi in giro "Ora non ho tempo, possiamo fare un'altra volta, mh?"

Come il moro cercò di sorpassarlo, subito l'altro lo fermò prendendolo dal colletto del maglione.

"Fermo, fermo, fermo" disse il canadese con aria sospettosa "Non me la racconti giusta. Che succede? Non è qualche altra testa di cazzo che ti tormenta, vero?"

"Che?!" esclamò esasperato il newyorkese, non sapendo come toglierselo di dosso "No. Niente di tutto ciò. E' che... Ci sono degli amici che– devo scappare da loro, è complicato."

"Mh." mugugnò il più alto, addentando un pezzo del suo tacos "I tuoi amici sono una rossa da urlo e un tizio super serio?"

"Ehi, non parlarle in questi term– No, aspetta, come lo sai?"

"Sono esattamente dietro di te, amico."

Peter si voltò di scatto e, il tempo di riconoscere i due, che subito girò l'angolo, portando con sè anche il più grande, che non oppose per niente resistenza.

"Wow, quanta audacia." mormorò Wade , dischiudendo le labbra dalla sorpresa "Quindi, dopotutto, non è vero che non sei un cattivo ragazz–"

"Wade, non è il momento." lo interruppe nervosamente Peter, in preda al panico.

"Ehi, rilassati, quei due sono ancora fermi lì, a discutere di... Buh. Non penso ti abbiano visto, ancora." disse l'altro, facendo poi spallucce. Riportò poi l'attenzione sul più piccolo, osservandolo con fare curioso "Fammi indovinare: ci hai provato con lei ed a lui non è piaciuta la cosa?"

"Assolutamente no, ti sembro il tipo?!" ribattè, con fare oltraggiato.

"Okay." Il canadese si prese un attimo di pausa ma riprese poco dopo, con sguardo stranamente serio. "Quindi, ci hai provato con lui e a lei non è piaciuta la cosa?"

"..Che – Cosa? NO."

" Oh beh, in ogni caso." lo interruppe, facendo spallucce "Stanno arrivando, principessa. Che hai intenzione di fare?"

Preso com'era dal panico, Peter manco badò all'ennesimo soprannome discutibile di Wade.
Non sapeva davvero che fare. Era ormai troppo tardi per fuggire da qualche parte e se l'avessero visto correre, si sarebbero insospettiti, ed avrebbe confermato l'ipotesi che ce l'aveva con Harry.
Anche se non ce l'aveva con lui, davvero.
Insomma, un po' sì.
Era complicato.
Era complicato e non voleva affrontare la cosa ora, detto più seriamente.
Ma, a quanto pare, pareva che non avesse altra scelta: era in trappola.

"D'accordo Petey pie. Mi si stringe il cuoricino a vederti in difficoltà quindiii indovina chi ti darà un aiuto non richiesto? Anche se il mio metodo non ti piacerà, credo."

Dette queste parole, Wade mangiò in un sol boccone il suo tacos – e Peter immediatamente si chiese come diavolo aveva fatto metà di quel tacos enorme ad entrare nella sua bocca – e gli si avvicinò velocemente, stringendolo a sè, facendo poggiare la schiena sugli armadietti davanti a loro.

".. Che diavolo–"

"Sssh, se non ti vedono, non succederà nulla, no?" gli sussurrò al suo orecchio, con tono tutt'altro che dispiaciuto.

Il moro si ammuttolì, ritrovandosi immediatamente senza parole.
Si ritrovò in un istante con la testa vuota ed il cuore che gli martellava dolorosamente sul petto.
Non gli piaceva quella vicinanza. Odiava quella vicinanza.
Voleva solo scappare ma i suoi muscoli sembravano non rispondere ai suoi commandi. Neanche la sua voce sembrava voler collaborare.
Non riusciva in nessun modo a dire che 'no', quello non lo voleva per niente e si sentiva terribilmente frustrato perchè quella brutta esperienza non gli aveva insegnato niente.
Era di nuovo lì, indifeso, senza fare nulla.

"Okay, sembra che siano andati. Sei libero!"

Come promesso, il canadese lo lasciò e Peter si ritrovò a trovarsi in seria difficoltà a rimanere in piedi, visto come gli erano diventate molli le gambe.
Le sue condizioni non erano certo delle migliori: era diventato estremamente pallido, aveva iniziato a tremare e sembrò guardare un punto non preciso.

"... Peter? Tutto bene?"

Nonostante il tono preoccupato, appena il moro vide nuovamente la mani dell'altro avvicinarsi a lui, istintivamente le cacciò via, tremando ancora di più.

"Non mi devi toc–"

Al più piccolo uscì la voce incrinata ed ebbe come l'impressione che, se avesse continuato a parlare, avrebbe pianto sul serio. Non poteva di certo permetterlo.
Abbassò lo sguardo e, dopo aver stretto le labbra, si spostò, avviandosi a passo svelto verso la prossima aula.
Ebbe comunque parecchia difficoltà ad ignorare lo sguardo preoccupato e al contempo dubbioso di Wade, che non l'aveva abbandonato nemmeno per un secondo.




~~Note dell'autrice~~

Ehi! Grazie a tutti quelli che hanno letto anche il secondo capitolo e grazie a tutti coloro che stanno seguendo al momento la mia storia.
Eeeee sì, la situazione fra i due pargoli è abbastanza complicata (e il comportamento di Peter è abbastanza strano, vero?) ma vedrete che con calma andrà meglio (sono una persona orribile che si diverte a far stare male i personaggi delle storie, ops).
Okay, piccola precisazione: in America le scuole superiori durano 4 anni (quindi ciò che ho scritto non è sbagliato, giuro!)
Quindi niente, sentitevi liberi di scrivere per qualsiasi cosa e continuate a seguirmi se ne volete sapere di più uvu)/ <3
   
 
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